Storia del Rock Progressivo Italiano - Le origini (parte prima)
1968-1969: LE ORIGINI DEL PROG ITALIANO (parte prima)
Il Rock Progressivo Italiano è un genere musicale che si diffuse lungo tutta la nostra penisola a partire dal 1970 sino al 1976, anno in cui vennero meno le condizioni necessarie alla sua sopravvivenza.
Inizialmente al ricalco di quel progressive rock inglese che ebbe tra i suoi artefici principali Procol Harum, Moody Blues, Nice e King Crimson, il Prog italiano riuscì tuttavia ad assumere rapidamente una propria fisionomia: contaminando gli originali modelli d’oltremanica con sonorità mediterranee e balcaniche, sviluppando un linguaggio in grado di veicolare le aspirazioni una generazione altamente rivendicativa, e allo steso tempo di rifletterne le inquietudini.
Ma se il progressive britannico, nato nelle art schools e nei colleges borghesi, rimase appannaggio di platee selezionate, il nostro Pop attecchì invece ovunque, ambasciato da una maggiore stratificazione sociale dei suoi interpreti, e potendo contare sin dagli inizi su un circuito alternativo consolidato, proclive alle novità, e avvezzo a quelle pratiche trasgressive che avevano caratterizzato la contestazione del 68-69: disobbedienze civili, controinformazione, autogestione di spazi sociali (es: la “cava” dei Beat a Milano o “la casa degli artisti” all’Eur di Roma), e persino qualche significativa occupazione come quella dell’ex Hotel Commercio a Milano.
Ciò che però distinse maggiormente il Rock Progressivo italiano da tutti gli altri suoi omologhi europei, furono le eccezionali condizioni sociopolitiche in cui nacque e si sviluppò, ossia quegli anni di piombo innescati dagli attentati del 12 dicembre 1969 a Milano e a Roma, i cui effetti sconvolsero sia l’assetto sociopolitico dell’intera nazione, sia quello della galassia alternativa dalla quale il nostro Prog attinse pubblico, ispirazione e linfa vitale.
Di fatto, mentre in ambito produttivo la strage di Stato acuì lo scontro tra classe operaia, sindacati e padronato, il fronte antagonista si spaccò invece in due tronconi ben distinti a seguito di una decisa verticalizzazione di stampo terzinternzionalista:
- da un lato i gruppi politici che si occuparono di gestire lo scontro con lo Stato e le istituzioni,
- dall’altro, un nuovo movimento a matrice creativo-esistenzialista che accorpò tutte le ipotesi libertarie legate al biennio 68-69 (beat, freaks, studenti, libertari, anarchici, situazionisti ecc.), e si concentrò su quegli aspetti pratici e teorici non toccati dalla politica: ricerca del sé, educazione, comunicazione, sessualità, spiritualità, religiosità, rapporti familiari e soprattutto l’arte, intesa come massimo veicolo di espressione collettiva. Ambito in cui, naturalmente, musica e scrittura rivestirono un ruolo fondamentale.
In sintesi: a partire dal 1970 e sino alla fine del 1972, quando cioè le mutazioni dello scacchiere politico imposero nuove trasformazioni, politica e creatività viaggiarono su due binari separati. Il primo, identificabile nella Lotta di classe condotta principalmente dai gruppi extraparlamentari (in particolare: Avanguardia Operaia, Lotta Continua e Potere Operaio), e il secondo, in quel Movimento alternativo concentrato sul sociale, che il suo leader Andrea Valcarenghi avrebbe battezzato Underground.
E fu proprio nel contesto libertario e creativo dell’Underground che mosse i suoi primi passi quel Rock Progressivo italiano che nel giro di sette anni avrebbe radicalmente innovato la nostra musica contemporanea.
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Non c’è da stupirsi dunque se in nel triennio 70-72 il Pop italiano fu ancora prevalentemente apolitico, stilisticamente analogo a certi modelli di importazione angloamericana, e corredato da una poetica onirica, introspettiva, o talora del tutto disimpegnata. Ciò in quanto si riteneva che, almeno inizialmente, le priorità musicali fossero sorattutto: sovvertire gli schemi della forma-canzone di retaggio ottocentesco, superare la melodia classica, e soprattutto produrre cultura e comunicazione con uno stile che fosse, come si diceva all’epoca, “nuovo ad ogni costo”.
IL 1968-69 CONTINUA NELLA SECONDA PARTE >
22 commenti :
Un ottimo lavoro il tuo, sia per i temi sociali che musicali, ho un acerta età e ho vissuto in pieno quegli anni, però vorrei segnalarti che l'Equipe 84 nel 1968 publicò "Stereoequipe", secondo me un ottimo lavoro degno di figurare nella lista insieme alle Stelle, si allontanavano dal Beat e si immergevano in pieno nella nascente psichedelia, per poi produrre almeno altri due dischi di prog "Id" e "Sacrificio", tra l'altro Vandelli produsse anche RADM.
Ciao
Bene nel 1968 a Roma ho cominciato a vedere i gruppi storici inglesi ed americani senza elencare i nomi.Poi tutto fini per dei mascalzoni che a Milano nel 1971 fecero quel gran casino alla venuta dei Led Zeppelin facendoci rimanere a bocca asciutta per anni e anni.Quindi i ragazzi dal 1971 non hanno potuto piu' avere una cultura musicale ma solo canzonette all'Italiana salvo il progressivo Italiano ispirato dai signori musicisti inglesi e americani.Ho avuto la fortuna di vedere questi gruppi Italiani progressivi e ne sono contento.Oggi quelli che sono stati le ombre del 1971 sono nominati come i rocker storici all'italiana.Non e' vero ,solo il progressivo e stato l'unico risultato della buona musica Italiana.ciao
Ciao e complimenti al fondatore di questo sito/blog.
Mi chiamo Nello e ti ho trovato per caso cercando info sul prog italiano mentre dalle casse dello stereo partivano note del primo album dei biglietto per l'inferno...
spero venga pubblicato il mio commento.
Buona serata,
Nello
Grazie Nello! Commenta quando vuoi, alza il volume al massimo e continua ad esplorare il magico mondo del prog Italiano.
We'll stay behind you.
JJ John
(il "fondatore" di Clasic Rock)
Già già, quello del "mitico" concerto dei LED a Milano, sommerso da pietre e lanci ecc. ecc. (quindi mai nemmeno iniziato) la dice lunga su quegli anni! Io ho vissuto l'identica situazione, per fortuna finita meglio (ma nel senso che il concerto siamo riusciti a vedercelo) a Bologna con i JETHRO TULL (supporter i GENTLE GIANT, all'epoca quasi sconosciuti da noi) una roba indescrivibile (subito dopo venne il mitico TICK AS A BRICK, per me il migliore album dei J.T.) un concerto da far accapponare la pelle (anche perchè nelle pause sentivamo i fischi/botti/colpi venire da fuori: i pula e caramba stavano caricando a più non posso! Ma con il senno di poi, una cosa la voglio dire: posso capire che DAVID ZARD facesse soldi a palate, forse, ma a questi chi li pagava per venire in Italia (che era sempre una tappa secondaria dei loro tour)? Non è che si campa di aria fritta, eh???!!! E quelli di fuori volevano entrare gratis!!! Ma questo solo con il senno di poi...
CIAO JOHN PRIMA DI PARTIRE PER LTUE "HOLIDAYS" PERCHE NON CI LASCI CON UNA BELLA SCHEDA? LASCIO A TE LA SCELTA UGO
Ugo, ne ho fatte 4! Hai da leggere sino alla befana...
Interessantissimo questo "excursus storico" sul progressive fatto da J,J.. Infatti, ne coglie anche gli aspetti più legati alla situazione sociale dell'epoca e focalizza la fase (musicalmente interessante) di passaggio dal beat al prog. Personalmente ritengo che il "beat" ed il "prog" abbiano rappresentato due fasi diverse dell'antagonismo giovanile. Il "beat" era contestazione per lo più ironica (anche se Guccini aveva innestato nel beat temi davvero scottanti quali guerra, Olocausto ed addirittura "la morte d Dio"), un po' sfottente, di sicuro incosciente e politicamente poco schierata. Aveva conquistato una gioventù stufa di bacchettoni e bigotti, una gioventù che desiderava una vita "a colori" invece che "in bianco e nero". Quella stagione è finita con Piazza Fontana, quando ci si è resi conto che in Italia c'era una seria e vera volontà da parte di certi ambienti ultra-conservatori di portare una svolta autoritaria e liberticida sul modello di quella dei colonnelli greci. Con Piazza Fontana è anche finita definitivamente la stagione "beat".
Da lì inizia un'altra stagione: più radicale e più determinata nell'alzare la barriera a difesa delle libertà democratiche. E qui, la Musica si radicalizza abbandonando l'energia e la semplicità del beat per diventare qualcosa di più complesso, più strutturato, meno fruibile, ma artisticamente più valido: il prog appunto. Che in Italia è stata la colonna sonora di un decennio splendido e tormentato, pieno di idealità e di violenza insieme. Io sono sempre stato più attento ai valori musicali che a quelli puramente antagonisti (penso che tutti lo abbiano ben capito), ma francamente ho nostalgia di quella stagione così difficile ed appassionante. Della sua colonna sonora, indubbiamente, ma non solo. Se penso che la stagione successiva è stata quella dei "paninari", di Craxi, di Gelli, di Berlusconi dei Duran Duran e della "disco" rimbambente, francamente mi viene da piangere! Pensando a quella brutta stagione, dico: viva sempre il prog, ma anche il caro vecchio beat che l'ha preceduto!
Fantastiche queste schede di JJ che, come dice sempre lui, 'restituiscono' il periodo del prog, e la sua funzione aggregativa nella società di allora. Volevo anche dire che possiedo e ho divorato il 'libro del prog italiano' di giunti in cui... John hai fatto lo stesso percorso, ma qui mi sembra che tu stia usando un linguaggio molto meno "censurato"... insomma... un vero 'compagno'... o sbaglio?
Grazie di esserci!
Giulio
"Compagno si, o compagno no...", chissà...
Diciamo che ho una certa visuale "situazionista" delle cose su cui competo, e mi piace metterla a disposizione. O, parafrasando il mio maestro Primo Moroni, "provocare cultura senza creare potere".
Com'è stato possibile che si unissero realmente, a partire dal 72, " i gruppi politici che si occuparono di gestire lo scontro con lo Stato e le istituzioni" con la parte creativa e spirituale?
Com'è stato possibile unire due linguaggi tanto diversi?
E che cosa intendi quando scrivi "che si occuparono di gestire lo scontro con lo Stato"?
Comunque sia, oggi, quali istanze hanno prevalso?
Di che cosa parliamo quando parliamo di politica? Parliamo di quello che c'è e c'è già stato o di ciò che potrebbe essere?
La creatività parla per sua natura un linguaggio sempre nuovo.
La creatività vuole misurarsi con l'infinito, non con la vecchia politica.
E allora, se le persone diventano più consapevoli, si muoveranno in un modo migliore: vivranno meglio, e la qualità della vita si alzerà per tutti: non è questo un atto POLITICO? Forse il più bello e anche il più efficace di tutti: perché se si alza il livello collettivo di coscienza, avremo anche governanti migliori, più saggi.
Finchè, un giorno saremo così saggi che non avremo nemmeno più bisogno di governi e di eserciti.
Ravatto,
so che sei una persona molto spirituale, come in un certo senso lo siamo tutti noi. Ma analizzando QUEL periodo storico, non devi usare i parametri del TUO pensiero contemporaneo, quanto quelli che attraversarono le masse di allora. Che avevano ben ben altri metri e ben altre rivendicazioni da sostenere.
E questo credo di averlo spiegato abbastanza bene nella prima parte del mio racconto sul sito. In sintesi: quando la componente operaista impegnata nelle lotte di fabbrica e di classe, estromise dal conflitto le ipotesi esistenzialiste.
Dal 1972 però, in seguito alla radicalizzazione del conflitto contro uno Stato iperaggressivo e aparentemente colluso con i servizi segreti, anche l'ala situazionista-libertaria, decise di sposare la causa dell'operaismo.
E questa è storia.
Io, però, non riuscirò mai a spiegare dei percorsi così complessi in questo sito. Posso solo riassumerli. Ma posso consigliarvi un libro da cui capirete tutto. Anzi due.
1)Primo Moroni, Nanni Balestrini: "L'Orda D'Oro", SugarCo Edizioni, Milano, 1988
2)John Martin, Primo Moroni: "La Luna sotto casa, Milano tra rivolta esistenziale e movimenti politici" Shake Edizioni, Milano, 2007.
A quarant'anni di distanza, possiamo, però guardare gli effetti di tutto ciò e trarne delle lezioni per ciò che sarà.
Quello che avvenne a Parco Lambro nel 75 mi sembra un'allegoria della situazione generale: per alcuni era diventato "un gioco a spaccare tutto": ma non c'è cambiamento vero senza una presa coscienza vera, non parziale o imbeccata dall'esterno.
Non c'è rivoluzione vera e duratura senza una base solida di pensiero, di coscienza.
Come a dire: oggi non abbiamo bisogno di un politico che non sia anche uno scienziato: non abbiamo bisogno di uno scienziato che non sia anche un filosofo: non abbiamo bisogno di un filosofo che non sia anche un poeta.
Non puoi sperare di dialogare con Andreotti e sperare di cavarne qualcosa: lui è così. Non puoi sperare che il Governo ad un tratto ceda, o comprenda: è così. Non puoi sperare che i sindacati siano leali: non sempre lo saranno. Se vuoi lottare, devi cambiare te stesso.
Pensa a cosa stai facendo: anche noi contribuiamo in maniera silenziosa, pulita, innocente allo Stato di Cose: viviamo più o meno di malavoglia, accettando le regole della società.
Cambiamo noi stessi e cambieremo la situazione generale, con un miracoloso effetto a catena!
D'accordissimo sull'ultima parte, perchè è vero che, come diceva Moroni "le rivoluzioni partono dal basso".
Però, una volta che si ha un'idea, bisogna anche essere abbastanza conflittuali da mettere in gioco masse che, una volta costituite, resistano ai mutamenti della storia: un processo evolutivo che, come abbiamo visto, non è affatto semplice o scontato.
in poche parole: assolutamente d'accordo che il "personale sia politico", ma poi devi fare i conti non solo con la storia, ma anche con altri tipi di "personale" e di "politico". E lì nascono i conflitti.
Come per esempio quello tra due posizioni molto forti e storicamente consolidate come l'"ideologia della ricostruzione" del PCI e l'operaismo militante che segnarono tutta la storia italiana degli anni Settanta.
Il Lambro del 76(non 75)fu si in parte violento, ma non proprio "un gioco allo spaccare tutto". Le tensioni derivarono principalmente dall'incapacità del Movimento di assorbire un nuovo soggetto politico (l'Autonomia operaia Organizzata) , ma di questo ne parleremo ampliamente proprio l'anno prossimo, a quaranta anni esatti di distanza.
Intanto grazie per le risposte!
Le rivoluzioni partono dal basso, è vero, ma anche da dentro. Soprattutto da dentro.
Io purtroppo o per fortuna sono convinto che non possono esistere rivoluzioni di massa che siano autentiche e quindi dall'effetto duraturo.
Credo che la rivoluzione sia sempre dell'individuo e non delle masse.
Ogni rivoluzione dell'individuo è una evoluzione.
Le masse sono composte da individui; ma finchè ognuno non guarderà dentro di sé, non ci ritroveremo mai tutti insieme.
Ogni male nasce dalla mancanza di Consapevolezza.
Qualcuno gridava Viva Mao Tse Tung! Dov'è la libertà in questo nome?
Questo era un assassino seriale legalizzato! Quanti milioni di morti ha provocato quest'uomo? Quanto sangue ha versato? Che infinito dolore ha provocato Mao Tze Tung? Chiediamolo ai tibetani. Invasi ed Espropriati della propria terra. Massacrati e torturati per decenni.
Chi gridava Viva Mao non sapeva cosa stava dicendo.
L'ignoranza è una delle cause principali della sofferenza.
https://www.youtube.com/watch?v=0-z2xxq80jI
1)Quando parliamo di Mao, caro Ravatto, pensa che un mio carissimo amico cinese (ormai da tanti aanni mio fratello) mi dice sempre "Mao assassino!". E io non lo contraddico mai.
Un po' perchè credo che Mao di casini in Cina ne abbia combinati non pochi, ma soprattutto perché non ho vissuto sul posto la 'rivoluzione culturale' come hanno fatto i suoi nonni e i suoi genitori.
Su una cosa però io e Jun Li (il mio amico) siamo d'acccordo: Mao ha fatto uscire la Cina dal medioevo. E oggi, che lo si voglia o no, è la prima potenza mondiale a livello produttivo.
Io sono rimasto molto più legato alla nostra cultura: a me Mao piace immaginarlo "con i capelli lunghi" come diceva Valcarenghi. Pur convinto che, fortunatmente, nell'Italia degli anni Settanta la sua mitizzazione fu molto più "soft" che non in patria.
2)La rivoluzione.
Qui io e te dovremmo metterci d'accordo.
Che PARTA dal "dentro" o dal basso" degli individui, questo è certo: nel momento in cui intendiamo entrambi "dai bisogni primari" di un qualunque soggetto sociale.
Ma, una volta stabilito il terreno del conflitto, la rivoluzione HA NECESSARIAMENTE BISOGNO DELLE MASSE. Sia che venga catalizzata da un solo individuo, che da più detonatori sociali.
In alcun modo si può fare la rivoluzione da soli perché negheremmo la sua stessa cartteristica di conflittualità.
E questo è un dato di fatto comune a tutte le grandi rivoluzioni avvenute sinora: da quella industriale sino all'era post-quinaria di cui siamo protagonisti sia io che te.
E dietro questi mtamenti, c'è stato chi ha "guardato dentro sè" eccome. Ed anche a costo della sua vita per cambiare l'umanità.
E lo ha fatto.
Mao ha fatto uscire la Cina dal Medioevo per farla entrare in un altro Medioevo...ha cercato di cancellare ogni traccia di religiosità e spiritualità..ha cacciato Dio e al suo posto ha messo sé stesso..
E ora, certo, la Cina è la prima potenza mondiale..
ma a quali prezzi?
Ogni Paese vuole i suoi 15 minuti, o anni di gloria...ricalcando l'ormai morente modello capitalistico americano...è così anche per l'India e altri paesi; è stato così anche per noi...e poi?
Noi italiani abbiamo già vissuto quel momento e ora siamo nella fase di "ritorno"...ci siamo resi conto che quello che pensavamo un "miracolo" italiano era solo un sogno che non può stare in piedi...
ma i Paesi che sono sulla cresta dell'onda questo non lo possono capire...sono lanciati..forse non vogliono capirlo..
Ogni Paese vorrebbe essere l'America, almeno per un po'.
E pazienza se tutti hanno visto la sua crisi.
Ma come dice Natalino Balasso: "è utile imparare dai propri errori: ma è meglio imparare dagli errori degli altri" :))
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Hai scritto "la rivoluzione ha necessariamente bisogno delle masse"..
io credo che il problema di "creare delle masse" sia sempre stato posto e attuato con una mentalità errata, che infatti ha poi generato disgregazioni e occasioni perdute.
La rivoluzione di massa, sarà una *naturale conseguenza* di un'Autentica Evoluzione Individuale...
...non lo porrei come il primo problema, quello del "quanti siamo", ma semmai quello del "chi siamo"..
*CONOSCI TE STESSO*
Un uomo ha il diritto di sapere cosa sta facendo, diceva il Militina.
E questo vale non solo per il lavoro, in fabbrica, negli uffici o negli ospedali, ma anche per il lavoro su di sé.
Come dice Battiato: ma se tu non hai il piacere di dire a te stesso "Ma tu chi cazzo sei?", "Cosa fai?" "A chi appartieni?"....non ci sarà mai Evoluzione, quindi Rivoluzione..
... almeno in questo senso l'Underground fu molto introspettivo.
Buon Natale a tutti!
Buon Natale a John e a tutti gli amici "Prog" del blog!
Buon Natale e buon anno a tutti gli amici del blogspot. E che il 2016 porti qualche novità positiva in termini musicali (ad esempio un gruppo rock giovane e di talento che sappia imporsi e diventare famoso grazie alla propria personalità artistica e non grazie a raccomandazioni, spintarelle politiche o mediatiche : un sogno, chissà ...)
...quando verrà natale tutto il mondo cambierà...quando verrà natale tutto sorriderà recitava A.VENDITTI in un suo brano del 74.
io spero che le ns.vite continuino per lungo tempo ancora con una postilla ossia che delle tre SSS sulle quali si basa l'umana esistenza la prima resti quella della SALUTE poi ahimè ci metto i SOLDI senza i quali non fai un cazzo e per buon terzo il SESSO di tutti i tipi etero omo bisex purchè sia SESSO condito però da una buona dose affettiva!
tanti auguri a tutti gli amici proghettari del blog un saluto UGO
Buon Natale...
sulle note di Wes Montgomery...
https://www.youtube.com/watch?v=HldQ6-RZr5g
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