Milton Nascimento: Clube da esquina 2 (1978)
SERIE: I PREFERITI DI JJ JOHN
Salvo per rare eccezioni, la nostra musica d’autore raggiunse negli anni ’80 i vertici più discutibili della sua creatività, riflettendo per molti versi il devastante processo di ricomposizione capitalista.
Tuttavia, è consolante pensare che dall’altra parte del globo, un’intera nazione grande quasi 30 volte l’Italia e appena uscita una terribile dittatura militare, avesse invece approfittato del nuovo corso democratico per produrre le sue cose migliori, almeno dal punto di vista musicale.
Prendiamo per esempio il caso del cantautore brasiliano: Milton Nascimento.
I suoi sforzi per sfuggire alla censura fascista avevano già partorito opere straordinarie quali “Milagre dos Peixes” (1973) e almeno altri cinque album di enorme spessore come “Travessia” del ‘67 e il primo “Clube da Esquina” del 1972.
In altre parole, mentre a partire dal 1978 la maggior parte dei nostri cantanti iniziava a licenziare misticiume di infimo ordine, Milton non solo elevava la sua arte al sublime con il doppio album “Clube da Esquina 2”, ma avrebbe continuato per tutti gli anni ‘80 a sfornare un gioiello dietro l’altro: “Caçador de mim”, “Anima”, “Sentinela”, “Yauaretè”, “Encontros e despedidas” e l’incommensurabile “A barca dos amantes”.
In quello stesso periodo in Brasile, pubblicarono tra l'altro lavori seminali anche Caetano Veloso, Chico Buarque e tutto un altro esercito di compositori finalmente liberati dalle costrizioni del regime.
Eppure, non era solo quella ritrovata libertà che rendeva la musica brasiliana universale. In essa si potevano carpire non solo valori sociali e spirituali di origine ancestrale, ma i frutti di una consolidata democrazia religiosa e razziale, il rispetto per la propria memoria storica e il proprio “genius loci”, l’interazione tra classi sociali (anche se, per altre ragioni sofferta e non esente da violenza), una relativa indifferenza popolare ai meccanismi del capitale e un fortissimo desiderio di contaminazione artistica che restituisse in ciascuna opera la sommatoria dei valori precedenti. Tutti items che in Italia erano ben lungi dall’essere stati assimilati.
Milton Nascimento (detto "Bituca" dal nome del suo inseparabile copricapo) , nativo di Rio de Janeiro, diventa presto orfano e viene adottato da una professoressa di musica e da un Dj che lo trasferiscono a tredici anni nel cattolicissimo stato del Minas Gerais dove comincia a farsi notare cantando sia canti di fede nelle chiese, sia la musica dei Platters e dei Beatles nei locali di Tres Pontas e Belo Horizonte.
All’età di vent’anni incide il suo primo disco “Barulho de trem” (un 78 giri!), affiancato da alcuni collaboratori che diverranno suoi sodali per tutta la vita.
Verso la fine degli anni ’60 si accorge di lui la futura superstar brasiliana Elis Regina che promuove in tutto il Brasile la sua “Cançao do sal” e ne esalta la straordinaria vocalità (“Se Dio cantasse, avrebbe la voce di Milton”, diceva Elis).
Da quel momento in poi, ognuno dei successivi dischi dell’artista mineiro saranno un successo sia in patria che in America dove nel 1975, intraprende una tournée a fianco di Wayne Shorter, allora sassofonista dei Weather Report.
Nel 1978, Milton è una stella di prima grandezza e dopo 10 albums e 10 anni di carriera professionale, decide di sintetizzare in un solo lavoro tutte le sue esperienze musicali ed umane, avvalendosi di tutti i suoi amici e di una produzione artistica impeccabile.
Risultato: uno degli album più raffinati della storia della musica contemporanea, “Clube da esquina 2” inciso per la prestigiosa discografica Emi.
Il disco è doppio, presentato in una sontuosa copertina apribile con foto, testi e credits e comprende 23 canzoni di cui solo 9 portano la firma di Nascimento. Dunque, un lavoro collettivo in cui la splendida voce di Milton cementa e organizza un universo di pulsioni difficilmente compattabile se non da un genio. In questo senso, azzarderei a paragonarlo con il Miles Davis di “Bitches brew”.
Il groove è imperniato sostanzialmente su canzoni autorali, laddove però la novità si espleta nella personalissima compenetrazione di riferimenti.
Ci sono gli arrangiamenti orchestrali classici di Wagner Tiso (“Que bom amigo”) , le citazioni al Samba popolare e alla raffinatezza della Bossa Nova (“Reis e Rainhas do Maracatu”), momenti elettrici e rock (“Maria Maria”) ed evocazioni di altissima spiritualità (“Paixao e fé”).
La musica è un continuo mash-up ante litteram e persino il senso di fede (pur se basicamente cattolica) oltrepassa ogni religione mischiando sacro e profano, natura e divino, immanenza e casualità, esattamente così come fecero i nativi brasiliani e gli schiavi importati dall’Angola.
“Todo que move è sagrado” (= ”Tutto ciò che si muove è sacro”), dirà più tardi Milton sintetizzando questa filosofia nel brano “Amor de Indio”.
Capisco sia difficile per chi non ha dimestichezza con la musica e la cultura brasiliana cogliere l’assoluto valore di questo disco ma, siccome so di parlare a una platea attenta e consapevole, spero che la mia parzialità vi conduca a procuravi immediatamente questo inestimabile capolavoro del 1978.
Nel frattempo, noi stavamo aprendo il portafoglio per acquistare “Tu” di Umberto Tozzi, “Heidi” della Viviani, “Tarzan lo fa” di Nino Manfredi e “Meteor Man” di Dee Dee Jackson.
7 commenti :
Tanti cari auguri di Buona Pasqua a te JJ e a tutti i naviganti di questo fondamentale blog progressivo.....alex77
Testo assolutamente IRRETOCABILE a rispetto di un artista ed un disco da non dimenticare mai, perfetto dal punto di vista musicale e del contesto storico politico e culturale... complementi!
Buona Pascoa anche a te dal Brasile
Grazie Dearest Brothers... da parte mia anche un buon dopo-Pasqua!
John che ne pensi del fenomeno Italo Samba?
Dopo il colpo di stato del '64 molti artisti brasiliani scelsero l'Italia come luogo in cui esiliare e collaborarono con i nostri artisti del momento, Mina e la Vanoni per ricordarne due...i generi samba e bossa esplosero in Italia e diedero il via a tutto quel filone di colonne sonore che si potrebbe definire "lounge cinematica"...
Non solo Morricone, Trovajoli e Piccioni si cimentarono ma anche Piero Umiliani, Stelvio Cipriani, Berto Pisano, Alessandro Alessandroni, Francesco De Masi.
È un Brasile solo immaginato, sognato nel giardino di casa ma non per questo meno evocativo, profumato da brezze mediterranee...
Aggiungerei le raffinatissime traduzioni di Sergio Bardotti, una significativa parte del repertorio di Sergio Endrigo, lo stesso Lp "Chico Buarque em Italia", e anche due gioielli preziosissimi di Jannacci che solo loro valgono una vita: la versione italiana di "A Televisao" ("Nove di sera" dall'album "Quelli che"), e quella di "Construçao" ("La Costruzione", non mi ricordo più da quale Lp, comunque immensa).
Caetano Veloso riserverà invece all'Italia almeno tre omaggi straordinari: "Giulietta Masina", "Piove" e "Luna Rossa" mentre tra i "brasiliani d'Italia" ricordiamoci di quel Fossati il cui testo italiano di "O que serà" lambisce a nmio avviso la bellezza dell'originale.
Per contro, la ripugnante "Canzoni e momenti" della Mannoia è riuscita nella difficilissima impresa di devastare l'originale di Milton Mascimento, mentre la Mina e la Vanoni le ho sempre viste come due figure che hanno sfruttato il Brasile piuttosto che valorizzarlo. Passi "La Banda" con la traduzione di Amurri, ma tutto ciò che di brasiliano ha fatto la Vanoni mi è sempre sembrato strumentale per non dire altro di poco elegante.
Massimo rispetto quindi a chi ha diffuso il Samba.
Chi poi ne ha fatto sinonimo di culi, tette, twerk e canevale, va bene lo stesso.
Ma non è cool.
Perché noi rocker puntiamo all'essenza. Nella vita e nell'anima.
Até logo.
JJ
Grazie John , andrò sicuramente ad ascoltarmi i brani che hai citato...
Figurati, grazie a te. Comunque dimenticavo.
- la versione italiana di "Aguas de março" ("Le piogge di Marzo") di Jobim che nelle parole di Ivano Fossati s'illumina di bellezza inclassificabile.
- "Jazz" della Berté che poi sarebbe "Sina" di Djavan, che la nostra Loredana riempie di soul e di sole mediterraneo.
Se poi impazzissi per questo brano, ascolta anche la versione di Gil dall'album "Parabolicamarà" che è di una poesia superlativa, e la divertente cover dei Manhattan Transfer, "Soul food to go", ma questa la conosci già :-)
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