Nova: Blink (1975)

Una delle tendenze discografiche proprie degli anni Settanta, fu quella di esportare il Pop italiano all’estero, e di sicuro gli ex Osanna Elio D'Anna e Danilo Rustici presero la cosa molto sul serio.

La loro nuova formazione, i Nova infatti, rappresentò addirittura l’unico caso di gruppo nostrano che sviluppò la sua triennale carriera esclusivamente oltreconfine e in modo totalmente avulso dalle dinamiche del mercato italiano: discografica americana, marketing e promozione inglesi, ospiti inglesi (Pete Townshend degli Who e il paroliere Nick J.Sedwick) e soprattutto, l’adozione di un sound molto più simile ai Soft Machine, alla Mahavishnu Orchestra o ai futuri Brand X che non al Prog di casa nostra.

Del resto, sin dai tempi di “Landscape of life” si era capito che i due fondatori degli Osanna, rimasti a Londra dopo la fallimentare esperienza degli Uno, preferissero la scintillante tecnologia britannica al provincialismo italiano, anche se nessuno poteva prevedere che la loro affezione alla terra d’Albione potesse radicarsi così profondamente.

Costituitasi a Londra nel 1975 la band comprendeva oltre a D’Anna e Rustici, il batterista Dedè Lo Previte (ex Circus 2000), l’ex Cervello Corrado Rustici (fratello di Danilo) e l'allora venticinquenne bassista Luciano Milanese, già sostituto di Vittorio de Scalzi nei Trolls.

 
Ottenuto un contratto con la statunitense Arista Records, il quintetto si mise subito al lavoro presso gli “Eeel Pie Studios” di  Peter Townsend e nell’arco di pochi mesi partorì il primo album “Blink” che venne distribuito, oltre che in Inghilterra, anche in Olanda e in Francia


danilo rustici elio d'anna novaPer inciso, “Blink” sarà anche l’unico Lp dei Nova ad essere stampato in Italia (edizioni Ariston, 1976), pur se con una promozione talmente effimera da renderlo quasi irreperibile (valore al gennaio 2010: circa 150 euro per una copia mint).
Musicalmente parlando, sin dalle prime note si percepisce subito che l’anglofilìa trasuda da tutti i solchi ed è talmente marchiana che ancora oggi sono in molti a chiedersi perchè un prodotto del genere venga spesso citato negli annali del Prog italiano.

In effetti, se si eccettua l’inconfondibile impronta del sax di D’Anna e il familiare tocco chitarristico di Danilo Rustici, per il resto, di italiano non c’è proprio nulla.
Acluni potrebbero rimarcare che l’aggressività del groove richiama un po’ quella dei primi Osanna (“Mirror Train”, “Non sei vissuto mai”) ma in realtà, ci troviamo al cospetto di un selvaggio jazz-rock tipicamente angloamericano che certi critici associano per esempio ai i Nucleus o ai Colosseum.
Il tutto, condito da delle occasionali spruzzate di funk (es: "Nova parte 1”) che rendono il sound ancora più esotico.


Tra l’altro, a dispetto di molte produzioni nostrane per l’estero, il disco era non solo cantato con un’invidiabile pronuncia inglese, ma gli stessi testi di Sedwick aderivano perfettamente sia alla musica che al mercato d’oltremanica, al punto che, chi non conosceva i trascorsi italiani del quintetto, poteva tranquillamente confondere i Nova per una band straniera.

Composto da sei movimenti divisi in due tracce, “Blink” è un vinile che non concede un attimo di respiro, rivelando la straordinaria tecnica dei musicisti che sembrano ricalcare il leggendario "wall of sound" di Phil Spector.
I brani sono tutti "tirati" dall’inizio sino alla fine e anche la stessa chitarra di Townsend, cristallina e preponderante negli Who, viene inglobata dal marasma sonoro che in certi momenti diventa anche un po’ pesante da digerire.

nova vimana
Ill costante regime di piena orchestra spezzato appena in pochi punti qualche break di sax e chitarra (“Something inside keep you down”), fa si che il lavoro risulti alla lunga monocorde, malgrado la mirabile quanto vorticosa ritmica di Milanese e Lo Previte che però riempie incessantemente tutte le frequenze disponibili (es: “Stroll on”).

Al di là delle plausibili pecche di un gruppo esordiente comunque, “Blink” destò una certa attenzione presso la stampa europea al punto che i futuri lavori sarebbero stati editi anche in Usa, Canada, Germania, Cile e Argentina. Ma, come abbiamo detto, non più in Italia.

Da noi i ragazzi ottennero un riscontro men che minimo e non solo presso il pubblico e gli addetti ai lavori, ma soprattutto agli occhi del movimento giovanile che li ricambiò con altrettanta snobberia.


Dal successivo album  “Vimana” (1976) poi, la band di D’Anna e Rustici creò addirittura un abisso tra se e il pubblico italiano che, a parte qualche eccezione, non avrebbe più neppure sentito il bisogno di acquistare i loro dischi.

77 commenti :

Anonimo ha detto...

Gruppo decisamente esterofilo.....e mi sembra che questo si noti lungo tutto il disco.

Attraverso lavori come questi, mi son reso conto nel tempo dell'importanza di altri gruppi jazz-rock nostrani, come ad esempio i Perigeo, che a conti fatti molti continuano a paragonare ai gruppi anglo-americani del periodo, ma che invece hanno portato avanti un discorso sincero ed originale.....

Qui l'originalità latita sicuramente, ma nonostante tutto è un album che mi ha colpito, per la bravura tecnica dei componenti, per una buona amalgama sonora di gruppo, che permette, secondo me, a questo disco di non avere cali e tempi morti.

Grandi i fratelli Rustici, che ancora una volta dimostrano la loro capacità alla chitarra. Bravo anche il bassista, che dimostra grande tecnica, nonostante sia alla sua prima registrazione degna di nota.....(o almeno non mi pare abbia avuto esperienze precedenti a questo disco).

alex77

Marta ha detto...

Io odiavo loro come ho odiato gli Uno. Gentaglia che si è sottratta al bisogno di intelligenza che avevamo qui da noi, per poi produrre Zucchero e Boccelli.

piccic ha detto...

"Gentaglia" forse è un termine offensivo senza appello; esprime un giudizio sulla persona, più che sull'operato.

Io trovo queste operazioni poco comprensibili, perché non siamo di fronte a componenti, il cui desiderio di varcare confini di lingua e cultura, li porta a trovare una sinergia creativa con artisti di altri paesi (in questo caso britannici). A parte produzione, testi, registrazione, qui mi pare che sia un gruppo *interamente* italiano.

Se diventa solo una questione di "mercato", non mi pare cosa così buona rigettare la propria cultura, senza valorizzarla in qualche modo, almeno se questa non è presente nei contenuti. Poi magari mi sbaglio, ma naturalmente è una considerazione a carattere generale, non su questo disco, che non conosco.

Anonimo ha detto...

Beh, si, questi Nova, gli Uno, i pfm di Chocolate Kings, gli Ibis di Sun supreme, ecc, son quanto di più provinciale si possa trovare qui da noi, visto la scopiazzatura fatta ai danni dei più "blasonati" gruppi inglesi, ma questo disco mi pare abbia qualcosa che si può salvare......la bravura dei fratelli Rustici, e il fatto che ci siano pochi cali di tensione durante il disco.....

Sicuramente non è molto, visto il calibro dei partecipanti, ma meglio di niente....

alex77

piccic ha detto...

Non vorrei dire delle stupidate, Alex, ma mi sembra che la PFM, con tutti i limiti, abbia scritto i propri testi, magari discutibili, "pensando" sì all'America, in Italiano.

Io poi purtroppo non faccio testo nel valutare la musica: se i testi sono brutti, per me un disco perde buona parte della sua attrattiva.
Se si devono mettere testi tanto per metterli, tanto vale fare un lavoro strumentale, mi pare.

Anonimo ha detto...

Ciao piccic, io parlo della PFM di Chocolate Kings solamente.

Qui per me il provincialismo sta soprattutto nella parte strumentale....e vocale. Qui i riferimenti al prog inglese sono davvero eccessivi, soprattutto per una big come la PFM.

Son errori che potevano e dovevano essere evitati.....per forza che poi siamo considerati da una parte degli "ascoltatori" esteri come degli spaghettari.

Se a questo si aggiunge che la PFM voleva far breccia nel mercato americano, ridicolizzando la loro società , per forza che han fatto un buco nell'acqua.

Ti presenti in America con un disco nuovo, che dovrebbe confermare il tuo statuto di star internazionale, ed hai il coraggio di proporre Chocolate Kings, con un vocalist che se pur bravo si rifà "incredibilmente" a Gabriel e Chapman, con una parte strumentale che si rifà pesantemente agli Yes, e dei testi che deridono il sistema americano....se non è provinciale questo.....

alex77

Anonimo ha detto...

God bless you Marta.
E' vero che non si può andare avanti a fare Palepoli e Melos tutta la vita, ma neanche svendersi così.

Bounty ha detto...

Elio D'Anna & company avevano semplicemente visto che in Italia non c'era spazio per produrre musica. L'era del prog era finita e nel nostro paese non c'erano fermenti musicali: il rock non aveva spazio e si stava affogando nel cantautorame. Bene hanno fatto ad andare in Inghilterra, dove hanno potuto produrre musica di alto lvello collaborando con grandi musicisti.

JJ JOHN ha detto...

Però Bounty, molti qui proponevano ancora cose molto innovative, che so: Napoli Centrale, Area, Arti e Mestieri, Goblin, Etna, Opus Avantra.

A questo punto mi chiedo: perchè allora certe nostre intelligenze (Uno, Nova, Pfm)hanno dovuto per forza rivolgere le loro attenzioni all'estero, privando l'Italia di un loro contributo?

Bounty ha detto...

Il fatto è che c'erano cose indubbiamente innovative ma gli spazi si stavano chiudendo.
In Italia in quel periodo era difficilissimo suonare dal vivo. L'Italia era esclusa dai tour internazionali. Quello che andava da noi era il cantautore (obbligatoriamente "impegnato).
Non credo che dobbiamo biasimare più di tanto D'Anna e i fratelli Rustici.

Anonimo ha detto...

Certo che se avessero fatto tutti come loro in italia non srebbe rimasto più nessuno

piccic ha detto...

Una precisazione per Alex: io intendevo dire che un disco come "Chocolate Kings", nonostante l'Inglese, è un disco che parla della cultura anglofona "dal di fuori", o almeno questa è l'impressione che mi dava.

Dalla recensione di John, sembra invece che i Nova, pur essendo tutti Italiani, abbiano fatto un "finto disco Inglese". Poi magari va tutto ascoltato, ma l'impressione è che quando succedono cose simili si rinunci alla propria cultura (non parlo solo di quelle influenze musicali del rock anglosassone che dici per la PFM).

A me che non ho seguito dei gran concerti viene da chiedermi: ma se uno non fa attività dal vivo non può avere visibilità?
Io poi non faccio testo, perché credo non capirò mai chi abbraccia certe scelte solo per accumulare soldi, rinunciando alla propria ricerca artistica, che è poi anche crescita personale.

Anonimo ha detto...

X piccic:

Si hai ragione, però alla fine secondo me è stato un peccato presentare dei testi validi come quelli di "Chocolate kings" al momento sbagliato, nel posto sbagliato e con la musica sbagliata.....

A questo punto era meglio se cantavano i testi di quell'album in italiano, con una musica prog più originale, puntando magari sul mercato nazionale invece che su quello americano....è qua che sta il provincialismo della PFM....ed è un peccato, perchè avevano grande tecnica ed un buon livello compositivo.....insomma un'altra occasione del prog italiano gettata via....

alex77

Bounty ha detto...

Il fatto è che nel 1975 la spinta propulsiva del prog era ormai spenta (in Italia come all'estero), ma mentre all'estero c'era comunque una scena rock (hard rock, jazz rock, elettronica e i primi vagiti del punk/new wave), in Italia non c'erano più spazi.

Anonimo ha detto...

Si verissimo. Il ROCK vero e proprio in Italia è nato e morto con il progressive. Per chi è arrivato dopo la strada è stata decisamente più in salita.

Secondo me la dimostrazione sta nei tanti big italiani del prog dei primi 70 (banco, pfm, battiato, orme, ecc) che proprio a partire dal 75 hanno iniziato a perdere i colpi, producendo dischi nella quale si denota un'indecisione di fondo sulla nuova strada da intraprendere.

I Banco si assestarono su un pop di classe con innesti prog (ex. l'ultima cena o canto di primavera) o altri lavori dediti maggiormente alla classica (come l'album "di terra"), la pfm prima si butto sul jazz-rock (jet lag) poi sulla musica pop (passpartù), le orme si piazzarono su un pop molto semplice e melodico (verità nasoste e storia e leggenda), battiato produsse album tra il 75 e il 78 al limite dell'ascoltabile, ecc ecc....

Solo una formazione si salvò....gli Area, ma qui secondo me si sta parlando di un grandissimo gruppo (e non solo a livello nazionale)....gli altri sopra citati avrebbero dovuto forse seguire la strada di Stratos & co., cercare un nuovo linguaggio....ma alla fine chi li avrebbe prodotti? Chi li avrebbe incoraggiati?

alex77

piccic ha detto...

Scusa un attimo Alex, però, cosa intendi con "rock vero e proprio"?
Perché per un "new waver" ignorante come me (seppur del 1969) mica tutta la musica progressive, seppur suonata ai massimi livelli, interessa allo stesso modo di altri generi.

La distinzione di fondo che faccio non è forse strettamente "musicale", ma un conto è criticare una banalizzazione della ricerca artistica, e un conto è fissare un canone di "rock vero e proprio". Occorre capire cosa intendiamo.

Anonimo ha detto...

Intendevo dire il processo (il movimento) del rock italiano, non i gruppi rock....che sono continuati ad esistere (ringraziando fino ai giorni nostri).

Ad un certo punto qui da noi, più o meno dal 75 in avanti, i discografici son diventati sordi davanti ai nostri artisti rock.

Non deve essere stato facile campare per chi veniva dal progressive.....e deve essere stato ancora meno facile per chi cercava di emergere e soprattutto ottenere uno straccio di contratto da qualche casa discografica per poter mettere su vinile le proprie idee rock.

Invece abbiamo visto che nel periodo che va fino al 73 (nel boom progressivo) le case discografiche, all'opposto, facevano registrare con una certa facilità anche gruppi scarsi, senza potenziale.....

alex77

J.J. JOHN ha detto...

Qualche ragionamento:

Brothers, mi raccomando: non fatemi morire il progressive nel 1975 perchè altrimenti rimango discoccupato :-)

Scherzi a parte: non è vero che nel '75 gli spazi per fare musica si stavano assottigliando o la spinta del prog si era spenta, anzi. Stava solo mutando.
La stagione dal vivo visse uno dei suoi momenti più felici con il Festival di Rè Nudo a Milano (la sua edizione più riuscita)e Licola. Poi ancora il Palasport di Roma, Rubiera, Taranto, i primi Centri Sociali Occupati.
Credo che, per almeno il 75, non si debba ancora confondere un processo di trasformazione con la fine del movimento.
C'è tempo ancora un anno.
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Sui Nova mi è piaciuto il commento di Piccic, sul fatto che è diverso essere un gruppo italiano che "si esporta" per motivi personali o di mercato, e uno che che diventa "residente" in terra straniera senza più riferimento alcuno con la madrepatria.
Il primo caso posso anche capirlo, sul secondo mi sento molto vicino a Marta, senza naturalmente discutere gli aspetti tecnici.
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La PFM ha commesso proprio un errore madornale.
Era il gruppo meno "provinciale" e cosmopolita di tutti. Aveva già l'America e l'Inghilterra in pugno. Tutte le carte in regola per tenersele a lungo ed è andata a fare uno strafalcione come "Chocolate Kings".
Ogni tanto mi sorge il sospetto che Pagani l'abbia quasi fatto apposta: non voleva più passare per "americano" (comunista com'era) e ha spinto il linguaggio sino all'ultima provocazione.
Penso anche che quando il management gli ha dato picche, non gliene importasse poi più di tanto.
O forse, aveva previsto tutto, visto che se ne andò poco dopo.
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L'importanza dei concerti dal vivo è sempre stata fondamentale.
Il problema è che a un certo punto è cambiato il marketing e, di conseguenza, il modo di proporsi da parte degli artisti.
Un conto è rivolgersi a una platea "sodale" che viene per "interagire" nel bene o nel male.
Un altro è "proporsi come merce" (cosa che accade oggi) che a mio avviso allontana sempre più il pubblico dall'artista.
Io sono per la prima opzione. Difatti, oggi faccio fatica a buttarmi in mezzo a 80mila persone per assistere a uno spettacolo circense.
Sarà l'età (mi dico io), ma è anche vero che oggi certi spettacoli assomigliano sempre di più ai loro DVD.

piccic ha detto...

John: splendido riassunto, hai il dono dell'insegnamento… :-)

Sulla PFM non so commentare, non li conosco, ho solo applicato una riflessione generale al caso specifico.
Probabilmente un disco di "satira" come sembra Chocolate Kings poteva essere tranquillamente proposto in Italia (senza urtare la sensibilità ebraica americana e senza rischiare fraintendimenti nelle critiche al capitalismo), facendo un altro disco in Inglese. Dopotutto nel 1972 Herbert Pagani mutò il suo "Megalopolis" nell’edizione italiana, omettendo diverse cose (tra cui "Le P.A.P.E. e "Nì Marx, Nì Jesus"), la cui inclusione invece forse avrebbe favorito uno scontro dialettico proficuo tra cultura cristiana nella sua critica fase post-conciliare, comunismo nei suoi valori civili, e pensiero sociale o filosofico antireligioso. Ma c’è da dire che negli anni del beat (e del prog rock poi), mi sembra fossero poche le persone – da ambo le parti – di sensibilità culturale e profondità, capaci di mettersi in gioco senza riserve, come lo fu quello straordinario personaggio di Giovanni Maria Colombo (che, non per niente, nel 1969 pubblicò un libro intitolato “Soffrire insieme il Vangelo”, una raccolta di omelie che indirizzava in maniera partecipata e pregnante i tantissimi problemi nati dai numerosi mutamenti sociali e culturali dell’Italia, soprattutto del mondo giovanile).

Certamente se Demetrio fosse vissuto, un gruppo come gli Area non avrebbe rinunciato ad alcuna sfida, e non avremmo Sanremo come lo abbiamo ogggi. Poi, ripeto, spesso c’è altrettanto bisogno di melodie stringate, e di pezzi più accessibili in “forma-canzone”.

Sui concerti, penso tu abbia focalizzato il motivo incosciente, che io non mi ero mai saputo spiegare, per cui non mi ci sono mai affezionato. Certamente sono rimasto molto soddisfatto di aver potuto sentire i Diaframma per ben due volte nel 2007 (e ringraziare Federico Fiumani).

piccic ha detto...

P.S. Non è l'età, qui sono proprio tutti storditi, tipo Fahreneit 451, per intenderci… ;-)

taz ha detto...

Non deve esser stato facile negli anni '70 arrivare ad incidere un disco che nessuno voleva incidere...L'uomo(giudicato invendibile dall'ABC records..)...ma essendo dei Napoletani veraci non si sono persi d'animo, meno male dico io, e andarono a Milano a bussare alle case discografiche...ma nessuno aprì....solo dopo vari festival e vincendone uno con PFM e Mia Martini che la Fonit si accorse di chi erano gli Osanna...insomma non partii bene il progetto Osanna...parliamo poi della difficoltà della Fonit, inquanto a studi di regsitrazione... e della "penosa" incisione di Palepoli...e forse anche nel caratteraccio di Elio e della sua polemica con la Fonit...da lì ad arrivare nel Regno Unito il salto è breve...no??...la polemica continuò anche in UK dopo la registrazione di UNO(disco che era improponibile in Live..)...da lì la separazione e la fuga definitiva dall'Italia...C.Rustici:..la situazione in UK non era affatto facile, riuscimmo a vivere per un mese senza nemmeno una lira in tasca e mangiando le lumache del giardino.....Io trovo il disco ardito e troppo veloce per i miei gusti, ma capisco anche che all'epoca il fenomeno musicale era la fusion, non più il prog...e cmq la vera rottura con l'Italia avviene dopo Nova(accolto poco e male qui da noi..) con la separazione dell'Ariston e con il sodalizio con l'Arista...Chiedete a Manuel Insolera o Franco Schipani cosa pensavano di Elio e Rustici..chi a ragione?..Ascoltando i risultati seguenti e vedendo con che musicisti suonarono io dico che la ragione fù di Elio e Rustici...il sogno di un'artista è anche quello di suonare o far parte di un giro di musicisti che restando in Italia puoi solo sognare...Se poi un certo J.McLaughlin ti consiglia di andare in America, perchè ogni musicista europeo dovrebbe andare in America(e viceversa) per capire come funziona la musica e vivono gli altri artisti...Bè io dico viva i Nova e il loro viaggio verso il sole..Ciao

JJ ha detto...

Taz, sei perfetto.
Mi permetto però di richiamare questa osservazione di un anonimo che mi ha colpito. Anche politicamente intendo:
"Certo che se avessero fatto tutti come loro, in italia non sarebbe rimasto più nessuno"
Cosa ne pensate?

Anonimo ha detto...

Secondo me il prog in Italia è esistito almeno fino alla fine dei 70.....dal 75 al 80 però le gemme son meno visibili e comunque quantitativamente inferiori rispetto al lustro precedente.

Ci sono dischi che spero tu JJ approfondirai, come ad esempio il primo di Pagani, il disco dei Carnascialia, il Canzoniere del lazio del periodo cramps, gli Stormy six dell'apprendista e di Macchina Maccheronica e gli Art fleury del primo disco.....insomma mi sembra che il materiale su cui dibattere ancora non manchi.....

Riguardo alla folle corsa all'"oro anglo-americano", meno male che di gruppi come i Nova non c'è ne furono molti. Un gruppo almeno inizialmente italiano, che fa finta di essere americano rinnegando le proprie origini.....mah, dove volevano andare a parare? Non si resero conto che essere dei cloni, snaturalizzarsi non avrebbe portato a niente? Se in Inghilterra come anche in America avevano già gli originali, cosa se ne dovevano fare di un gruppo come i Nova?.....

Mi spiace alla fine per i Rustici e D'anna, grandi artisti di caratura internazionale, che dopo Palepoli non sono riusciti a riproporre nulla di anche lontanamente paragonabile a quel capolavoro.....oltretutto dall'effimera esperienza Uno in avanti D'Anna & co. misero proprio da parte la propria napoletaneità, che in Palepoli trasudava in ogni secondo del disco, per cercare di essere la copia di star internazionali jazz-rock in voga in quel momento....

Davvero un peccato......

alex77

J.J. JOHN ha detto...

@ Piccic
La PFM ha fatto un azzardo e su questo non ci piove.
Sulle dialettiche "omesse", specie nel beat e nel post-beat, occorre anche considerare che le case discografiche e il mainstream erano ipercontrollati dalla censura e molte "modifiche" dei testi non erano certamente imputabili all'artista (ricordi Morandi, Paoli, Tenco, De Andrè o il Dalla di "4 marzo"?).
Che poi quelle provocazioni avessero potuto potenzialmente aprire nuovi orizzonti poetici o perlomeno un dibattito, temo che al sistema democristiano non gliene importasse un accidente.
La cosa tristissima è che a distanza di quasi mezzo secolo, le cose non sono poi cambiate di molto.

@ Alex
Per recensire il gruppi dal '75 in poi dovrò fare attenzione perchè da quel momento in poi, le contaminazioni si fanno veramente pregnanti.
Bisognerà parlarne e comunque già da ora, vedo che posso contare sul vostro appoggio.
Per il momento, da come si può notare nella sezione "discografie", la strada è ancora lunga.

Anonimo ha detto...

Dal 75 per me è un po più difficile mettere a fuoco la situazione vissuta in Italia nel progressive.....o nelle diverse forme di ibrido che si vennero a formare. Certo definire prog gli Art fleury, piuttosto che il Canzoniere del Lazio, piuttosto che i Nascita della Sfera, o altri gruppi sconosciuti e nascosti, non è cosa semplice.....però il bello forse sta proprio nelle contaminazioni che questi gruppi fecero dopo la fine del periodo sinfonico.....

Puntiamo tutti su di te. Questi gruppi da me menzionati prima li ho inseriti perchè vedo che mancano nella tua discografia essenziale 1967-77. Ma credo che nonostante non si possano definire prog in senso stretto, siano comunque un'importante testimonianza del fatto che, nonostante la crisi discografica del periodo post 75, di gruppi validi che ricercavano una propria identità ce n'erano.....per nostra fortuna.

Spero che tu li recensisca tutti, perchè apprezzo in modo particolare il tuo giudizio, visto che lo trovo il più possibile imparziale.....al di là dei tuoi gusti personali. Mi è bastato vedere come hai recensito i Pholas Dactylus.....in maniera obiettiva, nonostante, come da te detto più volte, il gruppo non ti piaccia.

alex77

taz ha detto...

Una cosa è certa...in un paese come l'Italia non è stato facile suonare certa musica è imporsi come gruppo "originale"...se si ascoltava Radio Luxemburg per capire cose c'era dall'altra parte...vuol dire che qui da noi i tempi non erano facili per suonare prog...Caro JJ meno male che molti non fecero come gli "Osanna"...mi viene da dire...(paragone ardito il mio:..si è sempre pensato che l'Italia fosse la patria del bel calcio...ma da qualche hanno a questa parte non è più così...e diversi giocatori vanno all'estero, ancora pochi certamente...ma se non trovano spazio qui sono costretti a provare là...) nella musica non è così... se non ti chiami Area puoi benissimo pensare che un'esperienza all'estero possa essere fondamentale...Domanda?..è meglio essere primi in patria o decimi ventesimi in UK o USA ???...Rustici, a parte le produzioni con artisti Italiani, è considerato uno dei maigliori produttori al mondo...e devo dire che si diverte ancora egregiamente con la chitarra...magari se restava in Italia, cercate di capire l'esempio, sarebbe potuto diventare "solo" un Pagani(per me grandissimo artista)...ma rimanendo sempre in Italia.....Per Alex....Tu preferivi una variante continua di "pulcinella" ....ma sempre restando pulcinella ...?..ciao

piccic ha detto...

Mi piace molto vedere come una riflessione sulle scelte di dislocazione culturale/georgrafica ci abbiano portato a riflettere sulle motivazioni profonde dei musicisti.

Leggendo gli ultimi commenti a me sono venute due domande: è possibilissimo che una realtà politica come la democrazia cristiana abbia complicato la problematica di vedere realizzato “un certo tipo di mondo ideale” qui sulla terra, che per inciso è anche l’equivoco alla base del sionismo, sin dai tempi profetici di Isaia (ma cosa è stato poi in fondo il “sistema democristiano”?). Ariel Zilber, musicista mite e di carattere gioviale, e protagonista del prog israeliano (i famosi “Tamouz”, di cui lui era l’anima più pop), di recente ha inasprito il suo atteggiamento in un senso nazionalistico che appare piuttosto estremo. Il tema involontariamente riguarda anche “Chocolate Kings”, perché per il sentire del popolo ebraico, l’appartenenza culturale e la religiosità sono così interconnesse che è quasi impossibile separarle. L’antisemitismo resta comunque un gran mistero, che percorre tutta la storia.

L’altra domanda, ma non vorrei metter troppa carne al fuoco, riguarda la riflessione di taz sul fatto, innegabile, che comunque, anche l’attività più artistica deve “funzionare”, ovvero scegliere un tipo di compromesso che gli permetta di essere comunicativa e di arrivare al pubblico, e questo a volte è difficile, se pensiamo che il lavoro deve darci da mangiare. Forse nell’antichità c’era una maggiore coesione tra arte e vita, non si viveva “a compartimenti stagni”, e la musica era parte della vita quotidiana, arte capace di toccare le corde profonde del cuore umano, ma anche comune occupazione.
Io, se devo rispondere a lui, avrei preferito restare in Italia, anche se non ero gli Area. Da ignorante del prog, arrivo a scoprire dischi minori che a me comunicano tanto, ma questi Nova, da quel che dite, non sono molto invogliato a sentirli.

Anonimo ha detto...

Ciao taz.
Secondo me abbiamo prodotto lavori migliori come pulcinella che non come copia carbone di una qualsiasi "star" commercialotta americana.

Gli stessi Rustici son stati più prolifici in Italia (lavori come Palepoli o Melos ne son uno splendido esempio), che non come copie di una qualsiasi jazz-rock band anglo-americana del periodo.

Credo che si snaturalizzarono troppo, mettendo da parte la loro latinità per produrre lavori magari buoni dal punto di vista tecnico, ma scarsamente originali.

Poi che Rustici in Italia non sarebbe riuscito a diventare uno produttore stimato a livello internazionale, questo è fuori dubbio, però se ci fai caso nè lui nè D'Anna o suo fratello Danilo riuscirono nell'impresa di produrre all'estero un lavoro anche solo lontanamente paragonabile a Palepoli o Melos.

Tra i pochi lavori di gruppi italiani dei 70 cantati in inglese ed esportati, personalmente salvo solo l'abum dei Banco del 1975 e i Perigeo. Questi erano i due gruppi che secondo me avrebbero potuto realmente dire la loro anche all'estero.

Avevano tecnica, raffinatezza compositiva, sufficente personalità per divincolarsi dai gruppi inglesi del periodo e soprattutto una vena melodica non comune che avrebbe permesso loro di far breccia da più parti.

I perigeo dimostrarono di non essere da meno dei Weather report in numerosi concerti esteri (ottennero riconoscimenti sia dalla critica che dal pubblico), mentre i banco, nonostante le indubbie capacità,secondo me pagarono il fatto di essere stati lanciati in ritardo....nel 75 il prog stava finendo.

Alex77

lenz ha detto...

@ alex:
francamente dubito che ai rustici ormai fregasse qualcosa di produrre altri palepoli o melos. forse semplicemente erano interessati a qualcosa di diverso e così hanno fatto. in effetti di cloni ce ne sono stati anche tra quelli che jj ha citato citato come originali (vedi tilt degli arti e mestieri) e alla fine credo che quasi nessuno di loro avrebbe sputato su di una carriera internazionale e vorrei vedere cosa avrebbero fatto pur di ottenerla.

@ marta:
ognuno ha diritto di fare le proprie scelte senza poi dover essere ostracizzato o definito "gentaglia" da chi non ne sa un cazzo della altrui vita e delle eventuali difficoltà che ci si trovi a dover affrontare. tantomeno hanno il diritto di metterci bocca offendendo gratuitamente.
e questo al di là della musica si chiama rispetto.

loro almeno hanno fatto qualcosa di ottimo e che resterò nella storia prima di "svendersi" come dite voi. magari si sono semplicemente innamorati di altri generi e di altri paesi che non fossero questa buca senza opportunità che è l'italia e che è più pronta a sputare in faccia ai propri meritevoli figli che ad abbracciarli e sostenerli (il risultato lo si vede benissimo al giorno d'oggi con tutte queste tristi cover e tribute band). io non li posso biasimare.

scusate se sono stato molto diretto ma è quello che sento.

marta ha detto...

Io ho vissuto da militante un periodo paticolare e conosco ogni suo risvolto. Tu non lo so.
Per noi il rispetto significava continuare una lotta da compagni, spacie nel momento del bisogno, e non dare via il culo al primo americano che passava.
Sapevamo che Elio era un fascista, ma non ci facevamo troppo caso fino a dopo il Be In perchè in fondo vivevamo anche molte contraddizioni ed eravamo alla ricerca di noi stessi.
I ragazzi i hanno dato delle prospettive ma non delle soluzioni e a me, solo la prosecuzione della ricerca nel movimento delle donne mi ha dato modo di salvarmi.
Io e molte compagne.
Per il resto, al di là della tua individuale interpretazione, credimi: è molto difficile sentirsi soli.

Anonimo ha detto...

Io non credo che i Nova si siano svenduti....almeno in Blink.

Semplicemente ritengo che i Rustici e D'Anna, cercando di diventare star internazionali, si siano snaturalizzati troppo, proponendo alla fine con BLINK un lavoro troppo debitore nei confronti del jazz-rock inglese, anche se rimane un lavoro interessante e neanche troppo commerciale, visto che non sono pezzi facilissimi....o comunque son meno facili di ciò che proporranno da Vimana in avanti.

La classe del gruppo non si discute, nè tanto meno la tecnica....è l'originalità compositiva che manca. Cosa se ne dovevano fare in UK o in USA di un gruppo come loro, se avevano già gli originali in casa?

Decisamente un peccato.....ma è andata così purtroppo.

alex77

piccic ha detto...

È interessante vedere come la musica, sia come professione che come passione, sia in grado di catalizzare aspettative ed ispirazioni, in maniera forse più elevata, e comunque percepita come tale, rispetto ad altre arti e mestieri.

Questo spiega anche come troviamo assai deludente una esperienza musicale che escluda la nostra personale.
Il "manifesto programmatico" degli Area in questo senso era molto buono: azzerare la differenza tra musica e vita.
Il fatto è che non è possibile azzerare le aspirazioni di chi avverte un ideale escludendolo dal quadro a favore di altri ideali.

Mi viene da pensare a questo per il semplice fatto che non possono esistere dittature (come il fascismo), senza che dietro di esse si celi un ideale male inteso. Questo aggiungendo poi tutta la mala fede che si vuole, a posteriori.
Il fascismo era sovvertibile, il nazismo no. Peccato che in Italia si continui a riferirsi a termini invece che cercare soluzioni costruttive, gli uni per gli altri. E peccato che dalla dittatura fascista si sia imparato così poco.

Forse è un atteggiamento simile che Marta ravvisa nei Nova, di "abdicazione" dal proprio ambiente. Ma se i Nova fossero andati in Africa anziché negli Stati Uniti?
In effetti il fascismo, come tutte le condizioni critiche, ha diviso l’Italia in due. Ma non sono le due metà che abitualmente si ritengono. L’ha divisa in due interiormente.

Anonimo ha detto...

Cazzo vuol dire Il fascismo era sovvertibile, il nazismo no. Cosa c'era poi da imparare da una dittaura infame e totalitaria come il fascismo? Mario X

piccic ha detto...

Ciao Mario,
con “sovvertibile” intendo esattamente la parola nel suo significato, ovvero di sovversione, di ritorno sui propri passi, e disfacimento di quanto di dannoso o cattivo è accaduto. Risanare e non distruggere.
Secondo te il fascismo ha preso forma perché c'era qualcuno che si divertiva? Oppure ci potrebbero essere delle motivazioni profonde un attimino più complesse?
Stesso dicasi per il nazismo, con tutti gli orrori che si è portato dietro, e in questo parlo di “non sovvertibilità”.

Tutte le dittature sono “infami”, ma se rileggi il mio intervento forse cogli il senso di ciò che cercavo di lumeggiare.

E capisco benissimo anche se ti esprimi in maniera civile, le parolaccie non aggiungono niente al discorso, tantopiù che la scrittura su Internet rischia sempre di essere irriflessiva.

JJ JOHN ha detto...

Brothers, per cortesia,
restate nello spirito del sito.

Non ho volgia di moderarvi su argomenti che vanno trattati in un'altra sede e con maggiore consapevolezza.
Vi ringrazio.

lenz ha detto...

marta io credo di capirti. confusione e solitudine sono pane di tutti noi, se non sempre almeno in certi determinati momenti della vita. credimi che ne sò qualcosa anche io. non avrò vissuto il tuo particolare momento ma ti assicuro che il culo agli americani (e non solo loro) non l'ho mai dato via e non lo farò mai. e non certo solo per motivi musicali. e credimi che sono anche felice che tu abbia trovato il tuo proprio personale piano di fuga. lo auguro a tutti questo.

alex non ti do torto, capiscimi bene, sono solo decisioni personali e come si dice "ogni testa è tribunale". io adoro il disco degli Etna per esempio, ma sono cosciente del fatto che per quanto bello non sia certo un genere inventato da loro. ma resta un disco da sogno per me, che vorrei averne scritto uno a caso io di quei pezzi, tanto mi piacciono. nel caso degli osanna, storcerete il naso, ma Suddance io lo amo e non lo considero un disco da venduti, nonostante sia jazzrock e contaenga canzoni melodiche e commerciali. è comunque una bella dimostrazione di stile, non solo di tecnica.
cosa dovevano farsene dei nova dici? e noi cosa dovremmo farcene di film americani girati in italia dove ci scimmiottano e ci fanno il verso come a dei beoti? e di vasco rossi, dei ligabue e di tutti quelli che fanno "gli amerigani" o dei cloni di tizio, caio e sempronio dei quali siamo strapieni oggi.. è un discorso assai vasto a parer mio, ma ci sono ben altre persone da malconsiderare per la loro "musica" rispetto a sti ragazzi che con coraggio e rischiando, hanno voluto provarci nel mondo, fuori da questa italietta che alla fine va stretta a tutti noi, non ti pare?

piccic in un certo qual modo trovo interessante il tuo discorso. hai idee particolari vedo.

grazie a tutti voi

piccic ha detto...

Vorrebbero essere idee generali… :-)

Grazie anche a voi, e a John che sarebbe dovunque un gran moderatore (e non lo dico certo per fargli piacere, o per invogliarlo a moderare discorsi del tutto extramusicali…)
Che spesso su Internet, proprio dove si potrebbero imparare tante cose che non si conoscono, trovi gente che non sa moderare.

Chiudo lasciando un link a un testo interessante, che ho trovato grazie a questa divagazione:
http://digilander.libero.it/secondaguerra/gandhi.html
(si tratta di una lettera di Gandhi a Hitler)

Anonimo ha detto...

X lenz:

son ben contento che negli anni 70 qualche gruppo rock italiano abbia provato a varcare i confini nazionali.....il problema sta però nel fatto che per quanto fossero bravi i Nova (io apprezzo ed ascolto spesso Blink e Vimana) mi sembra che alla fine propongano un discorso musicale già ampiamente usato dagli inglesi e dagli americani.

Comunque son daccordo con te che noi italiani ci siamo fatti propinare di tutto dagli americani....tra film mediocri e gruppi musicali scadenti....il problema è che loro non han fatto lo stesso......si son comportati da snob nei nostri confronti, anche al cospetto di gruppi di indiscusso valore.

Il problema è che gli americani si sentono superiori e son riusciti a farcelo credere anche a noi. Basta vedere in campo prog quanti italiani ancora oggi son pronti a dire che il prog straniero è stato superiore a quello italiano. Molti peccano di esterofilia. In realtà credo che gruppi rock validi ci siano stati sia in Uk, sia in USA, sia in Italia, sia nella maggior parte degli altri paesi. Semplicemente bisogna avere orecchio e essere liberi da pregiudizi....per rendersene conto.....

alex77

marta ha detto...

C'era anche di mezzo il Piano Marshall.
Al di là che negli States avessero più mezzi e più tecnologia - anche perchè molti dei migliori cervelli europei (ed ebrei) ripararono là durante la guerra - l'Italia post-fascista ha dovuto sottostare agli Usa sin dal 45.
Alchè abbiamo assorbito tutto: dal Rock'n'Roll al movement.
Con lo stesso spirito abbiamo poi accolto il Beat e il Prog e, fortunatamente, in quest'ultimo caso abbiamo alzato un pochino la testa.
John, so che hai già scritto un libro, ma per noi dovresti fare un post su questo argomento.

piccic ha detto...

Certamente, Marta ha ragione: quando si verificano certi eventi, che poi è difficile inquadrare con equilibrio, si subisce una certa "sudditanza culturale". In misura diversa ciascuno ha amato ed odiato quel che ci veniva dagli Stati Uniti.

Ma certamente, al di là di quel che si pensi, il paese attualmente non è certo in condizioni migliori della nostra tanto disprezzata Italia.
Continuano ad esserci gruppi e singoli che cercano di sostenere un discorso musicale originalmente italiano. Il problema di oggi sono i grandi agglomerati e le multinazionali e tutto il sistema economico ammalato che si è venuto a stabilire, per cui, come diceva John, non appare più pensabile incidere e distribuire un disco se non si entra negli ingranaggi di questo meccanismo così dannoso (mi verrebbe da dire “quasi diabolico”).

Io credo che i veri appassionati di musica dovrebbero incoraggiare maggiormente gli sforzi di artisti italiani che non accettano sostanziali compromessi. Riscoprire il rock progressivo è senz’altro un tassello essenziale.

Ringrazio tutti per i costruttivi confronti, e spero di potere proseguire più avanti, perché in questo periodo quaresimale intendo relegare l’uso di Internet solo al lavoro.

J.J. JOHN ha detto...

Ecco, faccio una precisazione che Marta ha già raccolto.

Il mio discorso sui Nova era legato alla situazione del movimento italiano nella seconda metà degli anni '70.
Ovvero: bisogna tenere presente che alla contaminazione del Prog, corrispondeva anche una nuova diversificazione del movimento.
Le fasce più giovani e il sub - proletariato iniziavano le nuove lotte che poi sarebbero sfociate nel '77 e quindi, avevano già un'altra concezione del sociale e della cultura.
I militanti storici però, quelli che avevano vissuto il periodo 69-74, non vedevano affatto di buon occhio la tendenza anglofila dei nostri prodotti.
Figuriamoci poi se degli ex-compagni come gli Osanna decidevano di stabilirsi in Inghilterra e di suonare come degli americani!

So che oggi è difficile capire questo percorso, ma non è possibile ometterne la valenza.

DogmaX ha detto...

Visto che c'erano opinioni contrastanti su questo lavoro, l'ho ascoltato, e dico solo che mi ha fatto una grandissima impressione... oddio forse un po' freddino nel senso che mette in mostra soprattutto la tecnica che il resto, però è sicuramente un bel disco.

Ekphrasys ha detto...

Non c'erano fermenti musicali???? Ma tu hai un'idea di cosa c'era in Italia nel 75/76? Da Lucio dalla a juri camisasca, da de Gregori a Ivan Cattaneo, da Eugenio fidardi a Claudio rocchi... Passando per Rino Gaetano, Ivan Graziani, branduardi, bennato e Battiato.. Più decine di altri .. La
Verità è che il prog in quella forma, anglofono o meno aveva esaurito la sua espressione ed i giovani cercavano altro... Ci sono stati cantautori e gruppi che come dico sempre lo hanno ripreso, riplasmato, a volte (spesso) asciugato, ma proponendo un linguaggio nuovo, avulso dagli stereotipi angloamericani e consegnando al paese una sua forma di pop/rock (chiamalo come
Ti pare) originale! Come
Fece Battisti un decennio prima. Saluti

Anonimo ha detto...

Come al solito siete VOI I provinciali italianotti meezze tacche sempre a giudicare le nostre eccellenze sputate sempre dove mangiate voi potete ascoltare musica inglese od estera ma i Nova nn potevano suonare come una band inglese ma la musica e un linguaggio universale i NOVA HANNO FATTO questa manovra proprio per gente come voi che conoscete piu la musuica inglese che quella italiana Che correvate a comprare dischi d oltre manica ditemi la verita all epoca quanti gruppi italiani conoscevate? 90 PER CENTO DEGLI ITALIANI CONOSCE PIU MUSICISTI STRANIERI CHE ITALIANI CHIEDETE IN GIRO QUANTA GENTE CONOSCE GRUPPI COME IL BALLETTO DI BRONZO opp i libra opp il volo opp aria diSorrenti opp seansescion fix ecc ecc ecc allora di cosa stiamo parlando? voi avete la sindrome dell italiano medio tutto cio che e al di sopra della vostra portata fa schifo.

claudio65 ha detto...

Quello di "Anonimo" mi sembra un commento ingiusto e scorretto, specie per chi scrive su questo blog. Se fossimo tutti "esterofili" questo blogspot nemmeno esisterebbe. Il fatto che esista indica che c'è una grande attenzione e considerazione da parte degli appassionati italiani per il pop ed il rock di qualità, scritto e pensato nella nostra lingua. Che poi, televisione, stampa, radio e media in genere non facciano nulla per valorizzare il grande patrimonio del rock tricolore, affondando costantemente nella palude della rancida melodia sanremese, è vero. Che l'esterofilia sia soprattutto presente in una certa stampa musicale che si dice "specializzata" è altrettanto vero. Ma, non credo proprio che queste colpe siano da attribuire a coloro che scrivono in questo blogspot.

UGO ha detto...

questo è il solito ANONIMO che scrive e rompe le p@@@e senza nominarsi!ma cosa c'entra questo continuo paragone fra la ns.musica progressiva e quella straniera?sarà pur vero che l'ispirazione alcuni gruppi l'abbiano presa in prestito dall'uk vedi LE ORME di COLLAGE oppure dai LED ZEPPELIN tuttavia ispirarsi non significa copiare.voglio riocrdare che il BALLETTO DI BRONZO fece SIRIO 2222 nel 70 dunque giusto un anno dopo i LED ZEPPELIN ma io non ci vedo un ricalco pari pari avendo loro(il gruppo) una ben definita personalità!e poi io sono ultraorgoglioso dei gruppi prog italiani.unica critica che potremmo fare è che non tutti,quando hanno inciso in lingua inglese,lo hanno pronunciato alla perfezione e il disco delle ORME lo dimostrò ma al livello musicale i ns.gruppi non erano secondi a nessuno compresi inglesi ed americani senza considerare gli elementi tipici della melodia italiana che ha reso unico e personale il ns.prog con il BANCO su tutti!UGO(e FIRMATEVI QUANDO LASCIATE UN COMMENTO CRITICO OK?)

Anonimo ha detto...

Guarda che diciamo la stessa cosa forse nn hai capito quello che ho scritto sei proprio fuori strada

Anonimo ha detto...

Guarda che era la risposta ad alcuni che sopra sostengono che i nova hanno fatto una operazione provincialotta ad incidere quei dischi. nn era riferita a tutti la risposta

Anonimo ha detto...

Parlare di ispirarsi o oddirittura copiare i Led Zeppelin, mi fa sorridere perchè si parla dei più grandi plagiatori che la storia della musica conosca. Loro si che ricalcavano anche intere canzoni e testi, praticamente non c'è nulla di loro produzione che non sia copiato in parte o in toto da altri.

Ho notato troppo spesso nel corso del tempo un accanirsi degli italiani nel giudicare esageratamente in negativo la produzione italiana, descrivendola come tristi tentativi di imitare dei "geni" che hanno più che altro avuto la fortuna di nascere in altri paesi. Anche se nessuno osa criticare la scarsa perizia di quel furbone di Page, personalmente gli Zeppelin li sento molto sgonfi (nonostante una buona sezione ritmica) e posso tranquillamente dire che i ragazzi del Balletto erano assai più grintosi, tecnicamente abili e con idee sicuramente più personali dei 4 inglesi che hanno saccheggiato il blues e il folk in lungo e in largo, avendo le spalle ben coperte da managers senza scrupoli e potenti case discografiche.

Sono molto propenso a dare ragione ad Anonimo, l'italiano è malato di esterofilia, tarlo orribile che distrugge le potenzialità di un intero popolo.

Fin troppo comprensibile che artisti italiani con ottime capacità, abbiano scelto di mollare questa barca stantia per altri paesi e ben altre possibilità.
E' ridicolo sprecare la propria vita per continuare a sbattere la testa in un paese affondato dai poteri forti (e dai suoi stessi abitanti) e che ti trascina con sè nel fallimento.

Assontis

ugo ha detto...

lunga vita al PROG ITALIANO e lunga vita ai LED ZEPPELIN che avranno pure "saccheggiato" il blues il folk ma la loro magia resta indiscutibile e poter assistere ad un loro concerto sarà stata un esperienza davvero indimenticabile!ispirarsi non vuol dire "copiare" poi sul fatto che in italia i geni non siano sempre apprezzati mi trovi pienamente d'accordo e ce lo dimostra il PROG ITALIANO che prima di essere riscoperto da noi stessi abbiamo dovuto assistere alle ristampe made in japan.io personalmente(che ho 50 anni)possiedo alcuni dischi da quando avevo 16/17 anni e poi nel decennio dei 90 ho approfondito il tutto e poi grazie pure al ns.john ho finito per arricchire il mio catalogo!fortunatamente è proprio grazie a qualche cervello illuminato come quello di john che poi noi tutti siamo riusciti ad approfondire un genere stupendo!peccato che il balletto abbia inciso solo due dischi ma son bastati a lasciarci una traccia imperdibile ugo

Anonimo ha detto...

In realtà ci sono molti documenti anche su youtube di quanto gli Zeppelin non solo si ispirassero ma copiassero di sana pianta musiche, testi e addirittura interi brani già editi, facendoli passare per loro composizioni. Ripeto, si trattava di un'industria musicale, quindi tutto normale così.

Saluti e auguri di buone feste,

Assontis

AL COOPER ha detto...

il prog italiano chiara derivazione anglofana è stata una stagione,noi non abbiamo inventato niente ci siamo limitati a farci scivolare addosso quello che già c'era in giro.Personalmente vedo la cosa in altro modo.Non sto a crearmi le varie menate è meglio questo o quello,personalmente amo la musica che si parli degli zeppelin,di mozart,di rava bollani davis zappa ecc.ecc.nella muica è la forza morale che essa contiene ciò che conta perchè questa forza regola il mondo.

Pietro55 ha detto...

È vero, noi italiani non abbiamo inventato niente, ma neanche copiato. Al limite abbiamo un po' annusato. Chi non l' ha fatto? Gruppi come AREA, OSANNA, BANCO, PFM, PERIGEO, BATTIATO, non sono secondi a nessuno anzi, spesso evolentieri li preferisco ai più blasonati inglesi.
Se poi fai certi nomi tipo ZEPPELIN, MOZART, RAVA, BOLLANI, DAVIS, ZAPPA, c'è solo da in chinarsi.

JJ John ha detto...

Mah, secondo me più che una critica, quello di Lupo era solo un modo per sgombrare il campo dalle polemiche riguardo alla derivatività del prog italiano, o comunque dai troppi onanismi che girano intorno alla musica.
Come dire "io dalla musica astraggo la sua meravigliosa energia, e tanto fa". Il che mi sembra giustissimo.

E poi... non crediate che il vostro JJ ascolti tutti i giorni Prog italiano dalla mattina alla sera. Questo per esempio è un periodo in cui mi pero di Neil Young e Weather Report (mi tolgono il nervosismo), e stasera vado pure a vedermi Alice Cooper alla faccia vostra :-)

Però poi è ovvio: se uno (come me) ha scelto di specializzarsi in un determinato periodo storico, non può esimersi da quelle che il Lupo chiama "menate".
Io le chiamo "analisi" o "approfondimenti", ma almeno parlo a ragione ampiamente veduta e con un'esperienza di almeno trent'anni. Che non è poco.

Pietro55 ha detto...

Effettivamente ho risposto di getto. Quel "noi non abbiamo inventato niente" del Lupo l'ho letta come una bestemmia. E siccome è grande l' amore che nutro per i gruppi sopra citati...

Alice Cooper a Milano? Che goduria.
School's Out è una vera bomba.

UGO ha detto...

io invece che ho sempre adorato l'HARD'N'HEAVY,pur riconoscendone la paternità come padre dello shock-rock molto teatrale,non mi ha mai entusiasmato più di tanto però diversi suoi dischi li possiedo....ma manco me li ricordo!
un pò come PIETRO55 non riesce ad amare YS del BALLETTO tutto qui.
invece all'opposto il gruppo che mi fa letteralmente impazzire restano i RUSH ai quali affianco questi due dischi che adoro oltre ogni misura ossia:
-OPERATION MINDCRIME dei QUEENSRYCHE che sono il perfetto connubio tra lo stile dei RUSH e l'effettismo dei PINK FLOYD!
-METAL CHURCH il loro primo disco ritengo sia tra le cose migliori del METAL MODERNO chitarra pulita ritmo veloce ma con intelligenza e classe ascoltare per credere ed infine
-MERCYFUL FATE MELISSA mai nessun disco è riuscito ad eguagliare il suono dei SABBATH ma con una voce delirante davvero scioccante che al confronto ALICE COOPER gli fa una sega e se lo dico io è così ascoltatelo per favore e poi datemi una voce CIAO UGO

Anonimo ha detto...

Ciascuno può pensarla come gli pare, ma sono i buoi che tirano il carro, non viceversa.

Pietro55 ha detto...

A me, invece, caro Ugo, di Alice Cooper, qualcosina che mi piace c'è.
È School's out, l' album, ma principalmente il brano, con quel suo attacco di chitarra,
l' andamento, la voce...per il resto è un personaggio che non stimo affatto. Un po' com'è accaduto per Mark Farner dei Grand Funk Railroad, che da una buona cosa, ne diventò un'altra e delle peggiori.
Dei Sabbath sono ottimi i primi due e, per una questione sentimentale, ci aggiungo il VOL. IV. Per il resto sono un' industria di riff scontati.

ugo ha detto...

guarda pietro che dei SABBATH dovresti perlomeno aggiugere ai primi due SABBATH BLOODY SABBATH non fosse altro perchè dentro ci suona un certo RICK WAKEMAN che figura solo nei credits e della seconda fase(quella con R.J.DIO) HEAVEN AND HELL mentre del terzo periodo quello con TONY MARTIN IO TI CONSIGLIEREI HEADLESS CROSS il resto è bello ma su questi qui non transigo.sarà perchè dei sabbath nutro un amore viscerale mentre gradirei citare i mitici URIAH HEEP spesso dimenticati e che la scorsa estate ebbi la fortuna di vederli LIVE nel MOLISE dentro un campo per motociclisti sopra una montagna pensa un po tu e facevano ancora male di brutto!
perlomeno il disco dei QUEENSRYCHE prova a scaricarlo da YOUTUBE oppure da SPOTIFY ti garantisco che ne resterai sbalordito

Pietro55 ha detto...

Non so chi ha detto: "Se mai questi avranno successo , mi suicidero'."
Forse un giornalista, e chissà se poi si sarà suicidato per davvero.
Spero di no, perché anche io ho sempre pensato che gli URIAH HEEP, a
parte la straordinaria voce di David Byron, fossero degli scarpari.
Eppure, caro Ugo, dimmi che c'è un' isola disposta ad accogliermi, e
DEMONS AND WIZARDS di certo verrà con me, meglio se accompagnato dal
suo fratellino MAGICIAN'S BIRTHDAY. E sai perché non ne potrei fare a
meno? Perché la vita è fatta di misteri.
Dei Black Sabbath, ti dico solo che siamo cresciuti insieme, e che RICK
WAKEMAN stava bene negli YES, e che anche CLOSE TO THE EDGE merita l'-
isola.
Con simpatia

ugo ha detto...

si fu un critico che lo disse mentre su RICK WAKEMAN be si avverte nelle poche tastiere presenti sul disco.circa gli URIAH HEEP be io salverei i loro primi 5 dischi ossia:
-VERY HEAVY con la stupenda GYPSY
-SALISBURY che a parte la title-track lo adoro tutto specie nel brano THE PARK gemma di una poesia inarrivabile
.LOOK AT YOURSELF il piu heavy del lotto con una JULY MORNING da brividi
.DEMONS AND WIZARD il loro capolavoro come pure MAGICIAN'S BIRTHDAY disco quasi simile all'altro poi dopo questo disco la fase calante è stata costante ma come spesso ho scritto pure qui sopra il miglior gruppo inglese dei 70 assieme ai tre classici ZEP/PURPLE/SABBATH ovviamente.

Pietro55 ha detto...

GIPSY,che splendido ricordo mi hai fatto venire in mente, Ugo.
Pensa che lo scoprii per caso a Torino, nel '74, in un bar.
Infilai la monetina nel jukebox e selezionai...
Una ragazza, a un certo punto, si alzò e venne a chiedermi chi erano.
"URIAH HEEP, se vuoi io abito a due passi. Ti faccio ascoltare l'intero album..."
Rispose che "purtroppo" stava aspettando il suo ragazzo, e menomale penserai tu.
Invece io dico che se mi trovi un'isola libera, anche per 24 ore, parto immediatamente:
io e GIPSY, da soli.

J.J. JOHN ha detto...

Allora: per cominciare credo che non si possa neppure lontanamente paragonare un artista con quarant'anni di carriera come Alice Cooper - oltretutto iniziatore di uno stile spettacolare già nel 1970 - con quattro fessacchiotti come i Queensryche o i Metal Church che all'epoca avevano si e no 10 anni.
Che poi Cooper possa non piacere è un conto perché in effetti alla lunga è un po' noioso. Ma che si facciano almeno dei paragoni sensati.

Detto questo, il concerto di ieri sera è stato piacevolissimo. Alice in forma smagliante considerato che tra poco compirà 70 anni, coreografie shock come solo lui sa fare, e soprattutto una band di fenomeni alla quale è stato dato ampio spazio.
In particolare alla bentornata Orianthi Panagaris che avrebbe dovuto accompagnare Michael Jackson in "This is it" e che, per fortuna, è stara riaccolta da Alice a braccia aperte. Per inciso, ha fatto un assolo da panico.
Graditissimi anche gli omaggi a quattro "rock friends" di Alice: Keith Moon (Pinball Wizard), Jimi Hendrix (Fire), David Bowie (Suffregette city), Lemmy Kilmister (Ace of spades).
Finale al fulmicotone con "Elected".
Questo si chiama Rock'n'Roll da cui gente come i Queensryche hanno tutto da imparare. E infatti così è stato.

Pietro55 ha detto...

Una curiosità, JJ, ma che fine ha fatto il pitone?
Comunque un concerto di Alice dev'essere per forza spettacolare.
Quelli come lui daranno tutto sul palco, fino all'ultimo.

JJ John ha detto...

Ah dunque si, spettacolare! Ma non come i gigs di oggi basati su architetture megalomani e schermi digitali. Tutto vero! Tutto ruspante! Insomma.. tutto rock 'n'roll!. Ci sono stati botti, fumi, bare, ragni, streghe, mostri di tre metri, sarcofaghi, cambi scena che neanche Zeffirelli, la famosa ghigliottina... e il pitone???
Gia... il pitone mi chiedi tu?

Allora, io non so bene perché ero un po' indietro rispetto al palco: sai com'è, noi cinquantenni abbiamo bisogno di ossigeno.
Però, fonti attendibili mi hanno riferito che lui (il pitone, appunto)sebbene non calchi più le scene da qualche anno per problemi di salute, aveva comunque un tavolo riservato nell'area Vip dove appunto si godeva il concerto del suo vecchio amico in compagnia di due pitonesse minorenni e visibilmente goduriose.
Alché, mi sono fatto largo tra la folla, ho raggiunto l'area Vip, e pur se bloccato dalla security sono riuscito a vederlo.
Era aggomitolato a una delle due pitocine in posa seduttiva, leggermente ingrigito rispetto al bel colore verde che aveva da giovane, soreggiava da un calice di cristallo un Mojito-menta-lime-sangue di topo, ed era visibilmente soddisfatto della serata.
Altro, mi spiace, non ti so dire perchè la sua guardia del corpomi ha ricacciato nel parterre.



Pietro55 ha detto...

E così, il vecchio Alice, ha rinunciato al suo bel pitone.
Eppure una volta erano inseparabili.

UGO ha detto...

ovviamente stavolta non son affatto d'accordo con te john sul "quattro fessacchiotti" come li chiami tu ma ognuno esprime quello che pensa.
tra l'altro entrambi i due gruppi(METAL CHURCH e QUEENSRYCHE) assieme agli americani SAVATAGE sono quanto di meglio il metal americano abbia espresso negli anni 80/90 e questo non lo dico io ma i numerosi critici che si occupano di HARD'N'HEAVY.
tornando ad ALICE COOPER ho sempre pensato che la sua bravura sia stata più scenografica che artistica dato che ha pure una brutta voce e il suo ROCK-HARD
poi METAL(egli 80) sia stato piuttosto scarso eccetto quei tre lp che incise negli anni 70 e,non a caso,il disco LIVE ALICE COOPER SHOW è quanto di meglio abbia inciso e,non a caso,li dentro c'era tutta la line-up che stava pure sul grande R'N'R ANIMAL del mitico LOU REED.
RIPETO GRANDE ARTISTA AL LIVELLO SPETTACOLARE DIREI IL + ORIGINALE MA IL SUO RESTA SOLO UN BELLISSIMO SHOW è LA MUSICA CHE NON MI HA MAI CONVINTO! UGO

ugo ha detto...

.... a proposito vista la scarsa vendita dei suoi dischi degli anni 80(quelli dei 70 nessuno li discute)non sarà che per sfamarsi abbia ucciso il suo pitone per farselo fritto....magari con due patatine...scherzo eh aaahhhh.

JJ ha detto...

Ugo, pitone a parte che - come ho detto a Pietro - ho visto ieri sera nell'area VIP e sta benissimo, l'errore che stai commettendo quello di accostare artisti, stili, contesti ed epoche totalmente differenti.
Questo perché difficilmente resisti al tuo vezzo di esprimerti a 360 gradi. Ecco perché ti perdono tutto.
Che poi il disco migliore di Alice sia quello dal vivo, anche questo a mio avviso è tutto da discutere... però, ripeto... se lo dici tu...

ugo ha detto...

dai che la mia era pure una provocazione benchè ALICE non mi ha mai fatto impazzire ma questi son gusti personali però resta sempre un artista unico ed originale!riguardo il gruppo dei QUEENSRYCHE per il quale ho una specie di fissa specie per la loro fase iniziale posso garantirti che il loro disco del 88 è davvero grandioso sin dalla copertina molto di "sinistra" che ti consiglio vivamente di visionare oltre all'ascolto del disco davvero superbo e non a caso il produttore di quel disco è stato un certo TERRY BROWN già produttore degli immortali RUSH poi mi darai una voce e ti consiglio pure di tradurre i testi un vero pugno nello stomaco di fronte al capitalismo americano dell'epoca ciao UGO.
sul confrontare epoche e stili diversi be qui hai ragione e te ne chiedo scusa per l'accostamento!

Wall ha detto...

Stupendo sito questo. Il disco dei Nova secondo il mio insignificante parere è notevole per intensità e non solo... il vero valore della musica prog dell'epoca, andava e va contestualizzato nel grado di originalità e contributo artistico dato, su questo non ci sono dubbi e John docet... però quando un album a distanza di oltre 40 anni risulta sempre così fresco e attuale come sound, beh allora qualcosa vorrà dire... e questo disco senza dubbio non ha perso tali qualità, stesso discorso non lo si può fare per molti altri album nostrani indubbiamente molto più celebrati dalla critica e non solo.

massimo ha detto...

Blink è interessante, Vimana e Wings due lavori Di jazz rock coi fiocchi.

massimo ha detto...

vimana andrebbe recensito, credo. O no.

Davide ha detto...

Vimana è un disco stupendo di una classe con pochi eguali in Italia. Andrebbe recensito eccome. Vimana,Night games,Poesia sono fantastiche. Un disco registrato benissimo oltretutto. Il migliore Dei Nova.

Anonimo ha detto...

x Aex77

Non puoi scrivere ".. il bassista, che dimostra grande tecnica, nonostante sia alla sua prima registrazione degna di nota.....(o almeno non mi pare abbia avuto esperienze precedenti a questo disco)."

Il bassista è Luciano Milanese...probabilmente il più grande bassista e contrabbassista italiano mai esistito...prima di scrivere, informati !!

Anonimo ha detto...

Buon disco, ottimamente suonato anche se musicalmente troppo esterofilo

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Da Italianprog di Augusto Croce

"Il secondo album, Vimana, vede il gruppo ridotto ad un trio, con i componenti originari Elio D'Anna e Corrado Rustici assistiti dall'ex tastierista dei New Trolls Atomic System Renato Rosset e di nuovo la collaborazione di alcune star internazionali come Percy Jones (basso), Narada Michael Walden (batteria), Phil Collins (percussioni).
Anche se alcuni elementi familiari del tipico suono mediterraneo di Osanna e Cervello sono ancora presenti (ad esempio il sax di Elio D'Anna o la prorompente chitarra di Corrado Rustici), il genere musicale è ormai un jazz-rock abbastanza commerciale con venature funky, e gli album successivi proseguono sulla stessa strada, con un livello qualitativo inferiore.

Il quarto ed ultimo, Sun city venne registrato negli USA nel 1978 e mostra a tratti un suono più hard, con la magica chitarra di Corrado Rustici (uno dei migliori chitarristi italiani di quegli anni) in grande evidenza."

Michele D'Alvano