Festival del Proletariato Giovanile. Milano, Parco Lambro, giugno 1976 - Parte terza

proletariato giovanile
Copyright: Enrico Scuro
LE GIORNATE DEL FESTIVAL - 1

Sabato 26 giugno 1976 

Sin dal giorno prima dell’inaugurazione del Festival, migliaia di persone e centinaia di tende sono già installate dentro e anche fuori dal parco: senza luce, senza acqua potabile e sotto una pioggia pressochè continua
Tessera d’ingresso: 1.000 lire di cui un 50% viene trattenuto dai gruppi politici. I gestori degli stand invece pagano all’organizzazione un affitto di 150.000 lire al giorno. Quelli macrobiotici 50.000

Si lavora alacremente per supplire alla mancanza di elettricità, di servizi e soprattutto per alimentare il palco centrale corredato di relativo megaschermo sponsorizzato dalle sigarette Muratti Ambassador, gestito da una troupe di Telemilano, ma che farà le bizze per tutto il festival.
Intanto, nell’area del prato piccolo riscuotono grande successo gli esercizi collettivi di yoga, meditazione, respirazione naturale, i massaggi e i dibattiti sull’alimentazione naturale
Le neonate radio libere Monte Stella, Radio Milano Centrale (di lì a poco Radio Popolare) e Canale 96 trasmettono in diretta l’evento. 

Parco Lambro 1976
Eugenio Finardi 27.6.1976
I concerti cominciano alle 23. Apre Gianfranco Manfredi con tre pezzi, segue Ricky Gianco con le sue Un amore, Mangia insieme a noi e Questa casa non la mollerò, cui fa seguito Eugenio Finardi con Musica ribelle e La radio
La successiva esibizione delle Nacchere Rosse si chiude sotto un violento temporale che impedisce ai Napoli Centrale di esibirsi. Si aspetta che il tempo migliori, e a chiudere la nottata provvederanno tra una goccia e l’altra i siciliani Taberna Mylaensis. La pioggia riprenderà poi incessante sino alla mattina dopo. 

Al Festival segnaliamo infine la presenza di Alberto Grifi che con quattro telecamere e una troupe di 18 persone girerà circa 30 ore di filmati, poi condensate nel celebre film-documentario di Angelo RastelliNudi verso la follia”. 

Domenica 27 giugno 1976 

Il Parco è ormai saturo, ed è a questo punto che si aggravano sia i problemi tecnici che quelli di convivenza tra le varie anime politiche e sociali
Femministe e donne sole vengono importunate o aggredite; spacciatori ma anche eroinomani subiscono processi sommari, quando non picchiati o cacciati a forza dal parco; un happening gay è interrotto da un gruppo di provocatori e la postazione del F.u.o.r.i. (Fronte unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) viene totalmente rasa al suolo

milano parco Lambro 1976
L'esproprio del camion-frigorifero della Motta noleggiato da Re Nudo.
Framestop dal film "Nudi verso la follia"
Le contestazioni al caro-prezzi dei cibi, nel frattempo sciaguratamente aumentati per sfruttare l’enorme afflusso di clientela (una lattina di birra o un insalata di riso vengono portate a 350 lire. I polli arrosto da 700 a ben 1.500 lire), cagionano scontri fisici con gravi danni agli stand tra cui quello di Re Nudo che subisce il saccheggio del suo camion-frigorifero noleggiato dalla Motta e pieno di polli surgelati, alcuni dei quali verranno utilizzati per giocarci a pallone. Totale: sei milioni di danni. 
Immediata la reazione del servizio d’ordine che armato di bastoni inzia a perquisire le tende a caccia del pollame residuo. 

Della giornata passeranno alla storia anche l'esproprio alla “Capanna dello Zio Tom”, storico chiosco all’interno del parco, e il famoso pow-wow nudista in cui, sotto gli occhi delle telecamere e delle macchine fotografiche dei curiosi, centinaia di ragazzi e ragazze si spogliano integralmente dando vita a girotondi ed esternazioni assortite. “Nudismo miltante” verrà definito, anche se nel suo libro “Prima pagare, poi ricordareFilippo Scòzzari ricoderà che in almeno in cinquecento si riuniranno sulla collinetta di fronte alle buche delle latrine per urlare: “vogliamo la figa!”.

I concerti serali iniziano dopo le 21 a causa del solito temporale con la cantante celtica Veronique Chalot, coadiuvata da un gruppo di musicisti locali. Seguono Jenny Sorrenti, Patricia Lopez e il gruppo jazz-rock degli Agorà finchè un altro acquazzone fa nuovamente fuggire parte del pubblico. 
Riprendono sotto una pioggia sottile i Lyonesse, all’epoca a Milano per registrare il loro terzo album, e infine i Napoli Centrale che termineranno verso le due del mattino. 
Per evitare di passare la notte sotto la pioggia, alcuni partecipanti al Festival si insediano, occupandole, nelle aule del vicino Istituto Molinari.

Special: La Festa del Proletariato Giovanile, Milano, Parco Lambro, 26-29 giugno 1976 
Vai alla QUARTA e ultima parte, oppure torna alla PRIMA PARTE o alla SECONDA PARTE

7 commenti :

Anonimo ha detto...

John, grazie innanzitutto per questa tua bellissima ricostruzione, ma volevo chiederti questo: spesso quando sento parlare del lambro 76 vedo che tutti danno la colpa del suo fallimento ai provocatori, ai violenti, all'ignoranza becera del sottoproletariato che sapeva solo spogliarsi, rompere le palle alle donne e spaccare tutto. Ma secondo te è andata veramente così o c'è dell'altro? Grazie se vorrai rispondermi
Flavia.

J.J. JOHN ha detto...

Ciao Flavia. Che ci siano state tensioni e violenze, questo è vero. E infatti quelle furono il motivo per cui finirono col Lambro 76 anche l'ideologia della festa e un certo tipo di comportamento unitario.
Non credo però che si possa parlare di "colpe" quanto di un naturale "processo storico". Voglio dire: se due diversità non possono costituire un'unità per un qualsivoglia motivo, se due progettualità per quanto complici non possono convivere, allora è perfettamente inutile cercare di tenerle insieme.
E questo è ciò che nel bene o nel male accadde al Lambro quando per effetto di una normalissima ricorrenza, tutte quelle realtà si trovarono necessariamente a coagire. Da un lato lo spontaneismo e l'immediatezza dei Circoli e dall'altro il carettere più temperante e assembleare dal Movimento e dei gruppi storici.
Ma non si può dare la colpa al sottoproletariato solo perchè esprimeva bisogni differenti, perchè comunque faceva una vita di merda e proveniva da situazioni altamente disagiate. E questo perchè anche il sottoproletariato come tutte le realtà sociali è un prodotto della storia. Che lo si voglia o no.
Quindi, quello che mancò al Lambro 76 (cioè la vera ragione della crisi) fu piuttosto una comune capacità progettuale: di "ascoltarsi a vicenda", di convertire la rabbia in una prospettiva possibile, di ragionare maggiormente sulle differenze. E magari accettarle come nel caso di gay, femministe o piuttosto di chi si bucava. Che non era un "pericolo" o un "reietto della società", ma prima di tutto una "vittima": nè più nè meno di quelle delle stragi di Stato. Ma questo allora non venne capito.
Per cui, io dico sempre: "non diamo mai colpe", ma impariamo piuttosto dalla storia per non commettere nuovamente gli stessi errori.
E comunque, chiudo dicendo che se al Lambro fosse filato tutto bello e liscio, prima o poi le contraddizioni sarebbero emerse comunque.
Diversamente, con altre modalità pratiche, ma sicuramente c'era un nuovo che bussava e non poteva essere bypassato.

ugo ha detto...

potremmo dire che il PARCO LAMBRO fu la ns. piccola WOODSTOCK giusto JOHN?
poi gradirei che tu mi facessi,al livello storiografico,o meglio mi spiegassi la differenza(però esprimiti in maniera semplice)che c'è stata tra il movimento del 68(quello studentesco per intenderci)e quello del 77 che è poi immediatamente successivo al periodo del PARCO LAMBRO.
e viste le tue conoscenze storiografiche credo tu possa farlo appena vorrai grazie ugo

ugo ha detto...

ah un ultima cosa qual'è secondo te il disco che meglio ha rappresentato il 1976 o comunque il festival del PARCO LAMBRO o tutti e due separatamente insomma fai tu!

JJ John ha detto...

@ Ugo:
1)il PARCO LAMBRO fu la ns. piccola WOODSTOCK?
Si, ma tieni conto che all'epoca tutti i raduni pop venivano chiamati "le "Woodstock d'Italia": Villa Pamphili, Viareggio, Caracalla, Palermo Pop, il Be In di Napoli, Licola ecc.

Il Lambro del 76 invece fu il penultimo dei sette festival autogestiti e organizzati da Re Nudo tra il 71 e il 77 : Ballabio (1971), Zerbo (1972), Alpe del Vicerè (1973), Parco Lambro (dal 74 al 76) e infine Guello (1977). Il Lambro 76 però fu l'ultimo al quale partecipò tutto il Movimento, in cui si tennero dei concerti dal vivo, e i cui effetti determinarono sostanzialmente la fine del periodo Underground-Controculturale.

2)La canzone che meglio rappresentò il Parco Lambro è l'ormai storica "Un tranquillo festival pop di paura" (1977) di Gianfranco Manfredi. Un gioellino tra cronaca e poesia.

JJ John ha detto...

@ Ugo parte seconda

3)Differenze tra 68 e 77
Ti consiglierei il libro "L'Orda d'Oro" di Primo Moroni - Nanni Balestrini, e li e lì capisci veramente tutto. Io tento solo un'estrema sintesi.

Il 68 (italiano) fu un movimento di contestazione "desiderante" a matrice socio-culturale composto prevalentemente da studenti, libertari (beat, anarchici, provòs ecc.) e operai che si prefisse di denunciare e infrangere le ipocrisie della cosiddetta "società dei consumi", della massificazione e del neocapitalismo. Ciò intervenendo a 360 gradi su tutti i valori e le tematiche ancora preda di una mentalità borghese-paternalista di stampo ottocentesco: scuola, cultura, istruzione, sanità, controinformazione, sessualità, antirazzismo, anticlericalismo, antimilitarismo e quant'altro.

Quello del 77 fu invece un movimento più specificatamente politico e rivendicativo che, a fronte della disgregazione della classe operaia minata ormai da anni di riconversione produttiva, coinvolse studenti, intellettuali, militanti, nonché quell'Auotonomia Operaia Organizzata che si era formata nei Circoli e che tra l'altro era apparsa con grande fragore al Parco Lambro 76. Non più dunque un movimento creativo-desiderante e collettivo come quello del 68, ma una "rete di soggettività" ciascuna a modo suo pragmatica, ideologicizzata e soprattutto operativa anche con modalità estreme. Mi fermo qui per evitare di apparire riduttivo ma, a chiunqua voglia fare un primo approfondimento, consiglio il libro: "Settantasette, la rivoluzione che viene" di Lanfranco Caminiti e Sergio Bianchi, Edizioni Derive & Approdi, 2004.

ugo ha detto...

grazie john sei "brillante" come sempre