1969: L'ANNO IN CUI TUTTO CAMBIO'. (1/3)

Quando si parla di grandi rivoluzioni contemporanee, si cita solitamente il Sessantotto, anno in cui studenti e libertari sfidarono ovunque baronie e istituzioni, e la fantasia si candidò a giustiziare privilegi e ipocrisie: il classismo nelle scuole innanzitutto, storico garante di quella subordinazione ideologica tanto cara alle classi dirigenti, poi lo sfruttamento sul lavoro, volano della crescita capitalistica ma non di quella salariale e non ultimo quel moralismo di matrice catto-borghese che costituiva ancora un formidabile strumento di controllo sulle masse. 

ALBERGO COMMERCIO, Piazza Fontana, Milano 1969
L’immaginazione al potere”, gridavano i giovani ribelli italiani, e di fatto fu proprio nelle strade e nelle accademie che decine di migliaia di ragazzi ipotizzarono dovunque le basi di un imminente cambiamento: da Valle Giulia all’Università Cattolica, dalle contestazioni alla Scala e alla Bussola, sino alla mastodontica occupazione dell’ex Albergo Commercio di Milano, prima applicazione nazionale del concetto: “I diritti non si chiedono, si prendono”.

Nelle maggiori officine italiane invece, accanto al moltiplicarsi delle pratiche organizzate contro un padronato sempre più ingerente, nascevano nuove modalità associative, ideologicamente disallineate dal partito-guida e dai sindacati (es: i Comitati Unitari di Base della Pirelli), e quasi sempre rappresentative di forti disagi politi e sociali. Elementi totalizzanti che persino l’illustre filosofo Jean-Paul Sartre ritenne in grado di stravolgere Stati e sistemi, e infatti così accadde. 

Fu solo nel Sessantanove, però, che tutte le teorie onirico-desideranti formulate l’anno prima si tradussero in forma e sostanza, complici il protrarsi delle agitazioni studentesche; l’escalation delle lotte operaie; lincapacità dei sindacati di dialogare con una base descolarizzata ma risoluta e pragmatica e soprattutto il definitivo consolidamento di tutte le componenti in lotta. Un processo spontaneo che dopo due anni di cauto avvicinamento, accorpò studenti, operai, libertari e creativi in un solo, gigantesco movimento di contropotere
Una congiuntura unica al mondo che coinvolse l'Italia intera, ma che in assenza di pacieri sociali - ad esempio sul modello gollista - la trasformò rapidamente in un campo di battaglia.

Impreparato a gestire la crisi, ma anche refrattario a qualsiasi compromesso
lo Stato scelse l’intransigenza e già dalle prime ore dell’anno nuovo la situazione precipitò. 

Viareggio 1969 Scontri alla BussolaDurante il veglione di Capodanno le forze dell’ordine aprirono il fuoco davanti alla Bussola di Viareggio contro un gruppo di giovani dimostranti, il 9 aprile gli scontri di Battipaglia lasciarono sul selciato due morti e duecento feriti e sedici giorni dopo due bombe esplosero a Milano di cui una nel visitatissimo stand Fiat della Fiera Campionaria. Il 12 maggio ne esplosero altre tre a Roma e a Torino, all’inizio dell’estate si verificarono i primi scontri davanti alla porta 2 della storica Officina 54 di Mirafiori (nel frattempo protagonista del primo sciopero auto-organizzato) e nella notte tra l’otto e il nove agosto si registrarono ben otto attentati ferroviari lungo tutto la penisola. 
 
Autunno Caldo, 1969Durante l’autunno caldo poi, tra scioperi, licenziamenti, picchetti e blocchi delle merci, venne fatto un uso sempre più indiscriminato delle forze dell’ordine, ma a quel punto il proletariato era diventato imbattibile, rafforzato non solo dai due nuovi gruppi filo-operaisti Lotta Continua e Potere Operaio, ma anche dal più eversivo CPM (= Centro Politico Metropolitano, emanazione dei CUB e ritenuto uno dei primi nuclei costitutivi delle Brigate Rosse) che ipotizzò per la prima volta in Italia l’uso delle armi come via principale alla lotta di classe.

A conferma di tanta conflittualità, canzoni quali Il rosso è diventato giallo del protest-singer Ivan Della Mea, che nell'omonimo album declamerà severo: 
Il fucile è come un compagno del popolo che lotta nella scuola, in fabbrica, a casa e nel campo

WOODSTOCK 1969
JIMI HENDRIX - Woodstock  Free Festival
Queste furono grosso modo le avvisaglie che prelusero al dramma finale,ma non tutti ci fecero caso.
Nella quotidianità infatti, chi non era coinvolto nelle rivendicazioni accademiche, sociali o produttive (ossia la maggioranza della popolazione), trascorse la vita nella più quieta delle normalità, o per dirla come il musicologo Franco Fabbri, allora leader degli Stormy Six: “Il 1969 fu semplicemente la continuazione del Sessantotto”. 
Per molti, le dissidenze in atto erano giusto deplorevoli fastidi da sopportare pazientemente, tant’è che mentre un flusso ininterrotto di rivolte solcava il pianeta da San Francisco a Istanbul, da Rio de Janeiro a Rabat, da Belfast ad Harlem, da Detroit a Praga, l’Italia sembrò quasi non accorgersene.

STONEWALL 69 (foto: Harward University)
Nell’inverno in cui i Beatles ci salutarono dal tetto di Savile Row, Jan Palach s’immolò per la sua Cecoslovacchia e Jim Morrison venne arrestato a Miami per atti osceni, noi incoronavamo a sovrani delle classifiche Zum Zum Zum, Al Bano, Romina e Gianni Morandi
Mentre centinaia di ragazzi morivano ad Hamburger Hill, Brian Jones soccombeva all’eroina, i Pink Floyd lasciavano Syd Barrett e l’uomo approdava sulla Luna, tutti acquistavamo felici il 45 giri Eloise di Barry Ryan, ottantaseiesimo in America ma curiosamente primo nel Belpaese. 

Allo stesso modo, mentre diecimila Lgbt si ritrovavano a Stonewall per difendere i loro diritti, in decine di migliaia invadevano Woodstock e Wight, gli Hell’s Angels insanguinavano Altamont e la Manson Family Cielo Drive, sempre noi ci lasciavamo cullare dai pensieri d’amore di Mal, dalla Lisa di Mario Tessuto e dalle rose di Massimo Ranieri. Icone di un’Italietta apparentemente sbarazzina e permissiva, ma all’occorrenza inflessibile nel silenziare capolavori della modernità quali Medea e Je t’aime… moi non plus

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6 commenti :

ugo ha detto...

bellissimo post com'è nel tuo stile john mi fa molto piacere che tu abbia citato lo sciopero del 9 aprile e pensa tu mio padre(buonanima)mi raccontava spesso di quel moto cittadino e lui che era operaio fieramente comunista lavarava presso lo zuccherificio che avevamo qui in battipaglia dove in più di un occasione fu vinto il mercurio d'oro per via dell'alta qualità e raffinatezza del prodotto stesso.e papà spesso mi raccontava dei due giovani che persero la vita un maschio e una femmina e data l'importanza dell'evento fu spesso citato nei vari telegionali dell'epoca!poi dopo quell'evento lo zuccherificio sospese la produzione e i vari operai dovettero scegliere un altro stabilimento dove lavorare e mio padre scelse di fare il pendolare presso MELFI località divenuta famosa per la FIAT
non nascondo che mentre scrivo mi sto commovendo perchè hai saputo rimuovere vecchi ricordi dai noi lettori tutti aspettiamo con voglia che tu finisca le altre due parti per ora grazie e a risentirci ugo

mox ha detto...

caro John,
sei un cerimoniere di cultura: di persone come te la storia ha e avrà sempre bisogno. Grazie ancora per la tua osservazione e divulgazione.

vorrei tanto poter dire, in questo caso, "io c'ero"... ma sarebbe vero solo in parte, perche sono nato in maggio.

un abbraccio.

claudio_65 ha detto...

Ottimo post! La musica di quell'anno è stata indimenticabile. La cosa più bella? Forse Je t'aime ... moi non plus del grandissimo Serge!
1969, l'anno più complesso e difficile della nostra storia contemporanea. Io ho studiato un po' la storia di quel periodo turbolento e mi sono fatto una convinzione, magari sbagliata, ma che riassumerei in questo concetto: allora in Italia c'era un Partito del Caos che intendeva rovesciare il tavolo. Per fare che? A Destra, sicuramente, volevano fare il colpo di stato militare sul modello greco. Ma, in quel partito dell'Armageddon non c'era solo gente di Destra. Oramai la Storia ha acclarato connessioni inconfessabili tra opposti piani eversivi, dove servizi segreti dell'Ovest e dell'Est pescavano in fondo al pozzo nero. Se in Italia le istituzioni della Repubblica del '46 fossero collassate, cosa poteva derivarne? A senso, un governo dei colonnelli, come in Grecia. Ma, ricordatevi anche della storia del generale Kornilov che, con il suo tentativo di golpe, di fatto spianò la strada alla Rivoluzione d'Ottobre ... Secondo me, alcuni, che non avevano colori politici diversi e riferimenti internazionali diversi, hanno giocato, in quel 1969, la carta del caos, la carta della spallata. Possiamo ricordare che Giovanni Ventura, riconosciuto colpevole della strage di Piazza Fontana, era sì in Ordine Nuovo, ma aveva una casa editrice dove parecchi intellettuali di Sinistra pubblicavano i loro libri? Vogliamo ricordare le istantanee di Valle Giulia che ritraevano i caporioni rossi e neri, insieme a menare i poliziotti? E quel Corrado Simioni, che nel 1969 tentò, senza successo, di mandare Mara Cagol a farsi ammazzare in Grecia in un finto attentato anti-colonnelli e poi nel 1975 fonda insieme a Mario Moretti quella strana roba chiamata Hyperion? E poi, quello stesso Simioni nel 1991, lo ritroviamo a stringere la mano in udienza privata a Giovanni Paolo II? Troppe cose strane, troppe coincidenze imprevedibili ...
Forse non sarete d'accordo con me, ma io penso che Piazza Fontana ed il tentativo di spallata violenta non sarebbe stato concepibile senza questi torbidi intrecci. Poi, la spallata violenta è fallita e la guerra d'assalto è diventata guerra di trincea per i successivi nove anni. Gli strateghi dell'arrmageddnon erano stati sconfitti, secondo molti (ed anche secondo me) perché dagli USA, che pure erano parte attiva di quegli intrighi, era arrivato un netto stop. Forse perché avevano paura di un Vietnam nel Mediterraneo. Forse perché avevano pensato che la DC era meglio dei colonnelli. O forse, a Washington D.C. temevano che si ripetesse la storia del generale Kornilov? Questo nessuno lo sa e, forse, lo saprà mai. E noi restiamo qui con i nostri dubbi e le nostre ipotesi. Finché non si aprono gli archivi rimarremo a fare dietrologia e basta. Come ho fatto io in questo commento.

claudio_65 ha detto...

PS al precedente commento.
Un'errata corrige: ho scritto: "alcuni che non avevano colori politici diversi...", intendevo: "alcuni che avevano colori politici diversi..."
E poi, vorrei ricordare un fatto di quel 1969: l'arresto in una discoteca della Costa Smeralda di Mimì, ovvero di Mia Martini, che io chiamo sempre Mimì, come facevano i suoi amici più stretti. Come andarono le cose quel giorno è stato raccontato dal discografico Lucio Salvini. In quel locale c'era pieno di VIP dai nomi altisonanti, tra cui la principessa Margaret, sorella della Regina Elisabetta e, si sussurra, qualche altro membro di casa Windsor (il bel Carletto, allora ventunenne? Non si sa ...). Sta di fatto che tutti fumavano canne, non solo Mimì. Poi, arriva una telefonata. In maniera discreta, si svuota il locale di tutti i VIP, Windsor first of course. Nel locale rimangono quattro ragazzetti ignari, quando fa irruzione la Polizia. La più famosa dei ragazzetti ignari era Mimì, che viene subito sbattuta in prima pagina con le manette ai polsi, come il "Mostro". Finisce dentro come una criminale, si becca una condanna senza sospensione condizionale della pena, tenta di appendersi in cella, la salvano per miracolo e la liberano dopo quattro mesi. Anche questa era l'Italia del 1969.

Anonimo ha detto...

Non cambierei le mie esperienze di allora, né sarei quello che sono, se non fosse per quel periodo.

ORION 555 ha detto...

Caspita JJ, ho fatto una fatica immane a tenere le mani ferme e non mettere le dita sulla tastiera…; poi, però, non ho resistito… Però leggo i commenti lasciati sotto questo titolo «L’anno in cui tutto cambiò» e rifletto… rifletto su ciò che ci siamo lasciati alle spalle e che, nel bene e nel male, ci riguarda come italiani ed è parte della nostra storia. ★ Se devo dirla tutta gli accadimenti di quel tempo mi sono arrivati addosso con un “lieve” ritardo quando raggiunsi l’età per poterli recepire con la dovuta maturità per cui, mentre gli OMD impazzavano nelle classifiche europee con “Enola gay” il sottoscritto, come un topo, si muoveva nelle biblioteche e ne usciva con pile di libri salvo poi accorgersi, a lettura ultimata, che dentro questi ultimi vi trovava esclusivamente verità parziali e che per rintracciare quelle imparziali avrebbe dovuto approvvigionarsi ad altre opere che le biblioteche non avrebbero mai acquistato. Per cui, a differenza di Claudio_65 «che apporta fatti che nessun altro sa» (come quello del Generale Kornilov), e fa bene, io preferisco continuare a studiare credendo fermamente che vi siano ancora aree caliginose che necessitano di luce piena e soddisfacente mancando la quale molti fatti avvenuti nel contesto temporale da te citato non possono essere archiviati come “storicizzati”. ★ Punterei invece sull’àmbito della musica, del quale questo blog si è sempre fregiato poter disquisire con puntualità e rigore. E se è vero (com’è vero) che le canzoni sono lo specchio dei tempi invito a riavvolgere il nastro tornando indietro di tre anni a quel 1966 in cui prese a soffiare anche in Italia un vento di protesta che cominciò a ribollire nei testi delle canzoni. Quella del beat fu una stagione fertilissima perché esordirono i “complessi”, realtà aggreganti che si si formarono unendo più anime in una euforia d’intenti, di emozioni e di opere con fortissima interazione tra i componenti. Di uno di questi vanno citati i versi di una canzone: «Per quelli come noi c’è solo il vento, parlate anche di noi, solo un momento; se l’erba gelerà sarà soltanto il tempo di sparir, senza rimpianto». Nella lapide commemorativa di una generazione che oggi anagraficamente viaggia verso gli ottanta anni, questi emblematici versi la dicono lunga per il significato profondo che sottendono. Si parla di vento (e non è quello dell’Est !); si parla di erba (ma non da fumare); si parla di sparizione (e non è lupara bianca). Insomma, sono pochi versi che, a voler essere provocatori, valgono l’intera discografia della band. Eppure per essa, che dai suoi amplificatori sparava frasi così impegnative, e per tante altre di quel tempo, il 1969 fu un anno emblematico che impose un cambio di rotta. Paradossalmente, si lasciavano alle spalle i moti del sessantotto e già l’establishment discografico dettava nuove regole; al bando la protesta, al bando i fiori nei cannoni: adesso il tema principale da trattare era uno solo: l’amore ! Molte formazioni prog italiane citate nel tuo blog, JJ, esordirono in questo contesto, allorché molti musicisti di quel tempo imboccarono itinerari che non erano quelli di piazzare i loro dischi in Hit Parade …