1969: L'ANNO IN CUI TUTTO CAMBIO'. (2/3)

Alighiero Boetti: "METTERE AL MONDO IL MONDO"
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Fortunatamente, a bilanciare tanta socialdemocrazia provvidero le nostre avanguardie che, coerenti al contesto socio-produttivo, si abbandonarono alle più ardite sperimentazioni: artisti che provocarono un sisma creativo tale da investire qualunque ipotesi espressiva, e anche se meno sfacciatamente degli inglesi e degli americani, assursero anch'essi a punto di riferimento dei processi di modernizzazione occidentale.

 Qualche esempio? Mario Schifano e Lucio Fontana che negarono qualsiasi specificità del visus estendendo all’infinito le porte della percezione, i registi Pasolini e Visconti che schiaffeggiarono prepotenze e ipocrisie con Medea e La caduta degli Dei, la body art di Vito Acconci, l’Arte Povera di Germano Celant che con Baj, Kounellis, Boetti, Merz, Paolini, Pesce e Pistoletto fece da contraltare alle serialità massificate di Andy Warhol e non ultimo quell'Emilio Isgrò che tradusse in arte le cancellature grafiche tipiche delle censure d'oltrecortina. 

MARIO SCHIFANO
Una fucina straordinaria insomma, che non solo nobilitò l'arte e la cultura del proprio tempo, ma per certi versi preluse persino al grande Made in Italy degli anni Ottanta, essendo i suoi maggiori protagonisti formatisi proprio in quegli anni

Ricordiamo lo chef Gualtiero Marchesi, profeta italiano della Nouvelle Cuisine che a quei tempi prendeva le redini del suo leggendario ristorante milanese di via Bezzecca; l’architetto Achille Castiglioni che conseguì la libera docenza sdoganando anche a livello accademico il miglior design industriale italiano; il maggior designer italiano di copertine discografiche Luciano Tallarini (sue, tutte le cover del periodo aureo di Mina), che esordì anch’egli nel ’69 firmando la cover di Ad Gloriam delle Orme e, dulcis in fundo, l’allora trentunenne cartoonist Bruno Bozzetto la cui colonna sonora del suo cortometraggio Ego, composta da Franco Godi, anticipò di quattro anni la sveglia di Time e lo stesso heartbeat di Breathe dei Pink Floyd in THE DARK SIDE OF THE MOON. Incredibile a dirsi, ma è proprio così. 

Un frame di EGO, il visionario cortometraggio di Bruno Bozzetto.
E, anche per quanto riguarda la musica il nostro Sessantanove fu un anno di frontiera, proteso in avanti ma ancora sospeso tra desideri e nostalgie, diciamo un passo avanti e due indietro.

Avanti” perché non era più possibile ignorare i continui segnali provenienti dall'estero che molti cercarono di tradurre in una sorta di "via italiana al rock" e “indietro” perché la drammatica persistenza della melodia ottocentesca, il bigottismo censorio e il pragmatismo del mercato discografico ostacolavano senza sosta qualunque ipotesi di modernizzazione

Solo cinema e letteratura seppero restituire e divulgare appieno orizzonti e aspettative di una generazione in mutamento: Easy Rider, Un uomo da marciapiede, Il mucchio selvaggio, Papillon, Il Padrino, ma musicalmente poco o niente arrivò della straordinaria messe di capolavori prodotta all’estero, incluso il nuovissimo progressive rock che, ambasciato dai britannici Moody Blues, Nice e King Crimson, condensò le storiche utopie del flower power con la grande tradizione narrativa inglese, da Shakespeare a Tolkien. 

Da noi il mercato si limitò a registrare il declino del Beat (sia a livello di moda che di protesta sociale), e solo qualche avanguardia carbonara osò orientarsi sulla sua complessificazione: la Psichedelia, un genere già vecchio di tre anni in Gran Bretagna ma che almeno dimostrò quanto i nostri musicisti volessero rimanere al passo coi tempi.

Pionieri accreditati del nuovo corso furono senza dubbio i New Trolls che, prima di passare al rock sinfonico, esternarono intuizioni di notevole acidità (Sensazioni e Visioni); accanto a loro Le Orme, il cui primo Lp conteneva gustosi frammenti lisergici quali Fumo e I miei sogni, e anche gli irreprensibili Stormy Six di Claudio Rocchi e Franco Fabbri che nel loro vinile d’esordio LE IDEE DI OGGI PER LA MUSICA DI DOMANI, inclusero la sfacciatamente sperimentale Schalplattengesellschaft mph (mai più inclusa nelle numerose ristampe del disco).

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1 commento :

Anonimo ha detto...

Articolo interessantissimo come sempre !
È un piacere leggere le tue disamine politiche e culturali
Un saluto

Michele D'Alvano