Chi ha rotto il salvadanaio?
SERIE: STORIA DEL PROGRESSIVO ITALIANO
Se c'è una domanda che spesso si pongono i cultori del Prog, è questa:
"quando e perché è finito il Pop Italiano"?
In molti attribuiscono il suo tramonto all'avvento del Punk, al cantautorato, all'esplosione della disco-music, o ancora, al naturale disinteresse per un genere musicale che ormai aveva alle sue spalle oltre un lustro di visibilità. Non poco per un movimento artistico moderno.
Ora: non voglio remare contro chi sostiene teorie del genere perché in fondo sono in parte vere.
In questo caso però, quelle che vengono ritenute "cause", in realtà furono solo gli "effetti ultimi" di una serie di eventi ben più influenti e radicati nella politica e nella società di fine anni '70.
Andiamo con ordine stabilendo una data: il Prog Italiano cessa di esistere martedì 29 giugno 1976, ultimo giorno della sesta festa del Proletariato Giovanile al Parco Lambro di Milano.
Il movimento della Controcultura è finito: smembrato dalle troppe contraddizioni intestine e vinto dall'incapacità di comporsi organicamente in un programma comune a tutte le sue varie soggettività.
Verranno di colpo meno "l'ideologia della festa", i grandi raduni collettivi a base di musica e dibattiti, e soprattutto, l'enorme appoggio che sino ad allora il "Movimento" aveva dato a tutta la musica più conflittuale: Progressive in particolare.
I giovani nati nei ghetti urbani costruiti negli anni '50, hanno ora vent'anni e non si accontentano più dei "pow-wow" collettivi o di "sognare il futuro". Lo vogliono subito!
Il linguaggio "della festa e del Prog" non sono più adatti alle loro esigenze e la soluzione sta nella militanza e nell'azione. Al limite, nella negazione di ogni ideale o nel ricorso all'utopia regressiva e all'autogestione.
La territorialità e l'immediatezza prendono insomma il posto della progettualità e della coscienza collettiva.
Che questo non piaccia alle leve del potere è ben chiaro: difatti, in capo a pochi anni le città verranno invase da "quintali di eroina per minare una generazione" (cfr: Finardi) e le nuove rivendicazioni surclasseranno di gran lunga le ingenue celebrazioni della "Dolcissima maria".
Su un secondo fronte, è invece già aperta da qualche anno la lotta per l'accaparramento degli spazi in cui fare musica, nel momento in cui le leve del capitale si conquisteranno a suon di milioni i "palazzetti", le "feste partitiche", gli stadi e qualunque metro quadro in cui smerciare decibel.
La selettività del commercio che prevede sempre meno "cultura" e sempre più "danaro", da un lato addomesticherà qualunque realtà locale alle regole del mainstream e dall'altro, condannerà i gruppi meno allineati ad ambiti di nicchia.
In altre parole, non furono il Punk o la Disco ad affossare il Progressive (nel senso che non vi fu realmente una diretta concorrenza tra questi tre generi), ma semmai un cambiamento epocale nella politica, nella società e nel modo di comunicare le sensazioni attraverso la musica.
Al limite, ciò che "ruppe davvero il salvadanaio" fu il consolidarsi del linguaggio cantautorale.
Si perché, oltre che musicale, sappiamo tutti che la potenza del Prog fu sostanzialmente semantica ed evocativa, ma in un contesto di crisi ideologica come quello iniziato nel 1974, era naturale che i termini "fiaba", "evocazione" e "narrazione" dovessero gradualmente essere sostituiti da concetti quali "interazione", "indicazione", "sovversione", "partecipazione diretta".
Bennato, Finardi e Manfredi furono solo tra i più noti cantautori di un rinnovato stile musicale che, pur se debitore al Prog, ne aveva limato ogni orpello a vantaggio di una comunicatività più propositiva e a tratti, quasi unidirezionale.
Il "racconto socio-metropolitano" di Finardi, la "cronaca poetica" di Manfredi, la "fiaba allegorica" di Camerini, l'inspessimento sociale della poetica di Guccini, si sostituivano piano piano a una generazione sospesa tra sogno ed azione, provocandone le istintualità più concrete.
Si aggiunga anche la rabbia per il dissolversi di un sogno politico (il PCI non riuscì a scavalcare la Democrazia Cristiana che, travolta dagli scandali avrebbe lasciato di lì a poco lo scettro ai socialisti di Craxi. Di male in peggio quindi.) ed è presto detta la ragione per cui terminò l'iperuranica stagione del Prog nazionale.
In ogni caso, il fatto che oggi il Progressive sia tornato, è segno che esso rappresenta realmente una "zona artistica temporanea" (rif: Hakim Bey) che avrà ancora molti corsi e ricorsi.
Personalmente mi auguro che tutta la partecipazione che oggi gli ruota intorno, rappresenti concretamente un nuovo stimolo al cambiamento e, perché no, alla rivoluzione.
In musica, ma soprattutto in politica.
44 commenti :
Bellissimo articolo John, soprattutto nella parte finale.
Tuttavia temo che la Società italiana attuale sia terribilmente e forse irrimediabilmente imbarbarita.
L'altra settimana sono tornato in Italia per qualche giorno e vedere spezzoni di TV mi ha depresso: per far ridere ormai si ricorre solo al pecoreccio e al grottesco, mentre ovviamente nessuno cerca di dire o di fare qualcosa di intelligente nel mondo delle suonerie idiote dei cellulari.
Certo c'è interesse nel prog, ma è un interesse di nicchia, molto più di nicchia che negli anni '70 (almeno credo, non c'ero ancora :-).
Sogni una "rivoluzione culturale" in musica, ma soprattutto in politica... ma sai benissimo che chi governa all'Estero (per esempio nella tua Inghilterra) non si sarebbe neppure potuto presentare alle elezioni, mentre da noi gode ancora di solidissima maggioranza... Cito Zucconi che nel suo blog oggi ha scritto parlando della cosiddetta "Italia sana" che forse non esiste o è minoritaria: "come quel padre che diceva della figlia un po’ zoccola: che ci vuol fare, mia figlia è stata sfortunata, sa, ha sposato un marito cornuto?"
Concordo in pieno con la tua visione,John...è un po' quello che ho sempre cercato di dire anche io:cioè che le caratteristiche ITALIANE di questi movimenti musicali erano comunque diverse da quanto esprimevano altri paesi(Inghilterra in testa)e che certe peculiarità erano davvero nostre e sono ancora oggi quelle che ci rendono interessanti ma limitati al tempo stesso.
E' vero che c'è comunque interesse attualmente,non solo per il prog ma un po' per tutti i fenomeni rilevanti del passato...questo credo che sia dovuto al fatto che di ATTUALE e di innovativo in giro c'è veramente poco...personalmente credo che se nel futuro si potrà prospettare qualcosa di diverso da tutta questa monnezza imposta e preconfezionata dai media (mi auguro che non duri molto a lungo,altrimenti è la fine!)si dovrà tornare a fare i conti con gli insegnamenti della cultura e dei suoni esplosi negli anni 60 e 70...cioè:NON SARA' la sessa cosa di allora,ma avrà qualcosa in comune con le ricerche di quegli anni,con quello spirito che ad un certo punto si è assopito,ma che sotto sotto scava ancora...e chissà che la vecchia talpa non ritorni fuori prepotentemente:IO ME LO AUGURO,anche in quanto portavoce dei NO STRANGE,una band che come tu sai ha sempre cercato di far riemergere quelle vibrazioni.
Prossimamente : CRISTALLI SOGNANTI.
Caro Dario, che ci sia un imbarbarimento politico è più che evidente. Ciò che mi preoccupa è l'indolenzimento di quelle culture antagoniste che dovrebbero capovolgerlo.
L'Italia sana c'è, ma non è più quella operaia degli anni '50: è una nazione che al momento sopravvive a se stessa, sfiancata per scelta politica e senza rilevanti controculture.
Almeno nella "mia Inghilterra" le cose non vanno cosi' male.
Ursus, credo tu abbia ragione. Una società che guarda troppo al passato, specie nei termini con cui lo si fa oggi, è sintomatica di una grave anomalia progettuale.
Io vengo spesso accusato di essere fuori moda perchè associo dei "valori trascorsi" alla musica ma, nella realtà, sono l'unico che cerca di spiegare come quelle pulsioni, anche politiche, fossero il cuore di una società culturalmente sana: l'innovazione, la trasgressione, il desiderio di mutamenti e la sua realizzazione.
E' logico che rivitalizzando quei concetti oggi sarà diverso, ma sorgeranno anche movimenti più moderni, dinamici e consci di tutte le potenzialità tecnologiche che hanno in mano.
Al momento, l'orologio della storia si è resettato. E' quindi il momento buono per fare qualcosa di costruttivo.
Ai "Cristalli sognanti" però, preferirei i "sanpietrini volanti"... ma forse non è un titolo adatto a voi... :-)
Wow i "sanpietrini volanti"!
Temo che al giorno d'oggi sia impensabile, John...
Personalmente vedo un vuoto da parte di chi dovrebbe essere antagonista.
Non si propone nulla di realmente "alternativo" al "padrone", limitandosi allo scontro frontale aprogrammatico (quindi vuoto per definizione) oppure alle blande proposte di un centro-sinistra troppo accondiscendente, diviso e privo di personalità.
Probabilmente manca la figura carismatica in grado di ergersi ad alternativa reale (un Obama? un Berlinguer?)... se pensi che Prodi (Prodi!!!) è riuscito a vincere 2 volte...
E comunque, parlando di musica... un gruppo tipo il Banco o la PFM (senza voler arrivare agli Area) se uscisse oggi, credi che avrebbe un minimo di popolarità?
Io temo che finirebbe sepolto dalle "immondizie musicali" (cit.) e non sarebbe cagato da nessuno.
Al giorno d'oggi la "musica di protesta" (perdonami) la fa CHECCO ZALONE (e con questo ho detto tutto)!
Questo è il livello dell'Italia di oggi... De profundis!
Analisi che condivido dalla prima all'ultima parola...scritta da uno che c'era/c'è/ e ci sarà...Io sono nato in provincia e le "cose belle e brutte" della città arrivavano con qualche semana de retardo...Negli anni '70 il fermento musicale non era solo Italiano era anche e forse soprattutto straniero...cioè si aveva qualcosa da dire perchè si era figli dei fiori prima e..arrabbiati dopo...l'aria che respiravi non era sola pulita ma era anche "fumogena"...se avevo voglia di dire qualcosa a qualcuno quel qualcuno mi ascoltava...ora se voglio dire qualcosa a qualcuno....devo prima trovarlo quel...qualcuno...oggi ci sarà anche un'Italia sana il problema è che c'è ne una parte, maggioranza?, che se non sei figo...non hai il nodo alla cravatta gigante l'audi tiri di polvere portafoglio con carte di credito lavoro spinto da papi etc etc...insomma se oggi non è tutto easy...non m'interessa...almeno io la vedo così...la musica che ci gira intorno non è un gran che?..non solo in italia però...se vuo ascoltare roba interessante ascolti i soliti "gruppi" che fanno i soliti dischi...io l'unica "musica" che trovo sempre interessante è la musica soul, si aggiorna sempre...Da noi quello che ti piace, parliamo di prog,l' ascolti solo "tra pochi intimi"..pochi ma buoni sicuramente!!!...secondo me ci sono dei grandi gruppi in Italia che fanno ottima musica prog ma....i suoni non sono li stessi(oltre che le idee...)...non so se mi sono spiegato...cosa ha interrotto il prog..il benessere che da poco a lì stava arrivando...benessere non solo per i cittadini ma anche per chi suonava..ciao JJ
Io sono solito ripetere che “un movimento musicale non può esistere senza una massa che lo sostenga”.
Dunque, è anche logico che un sistema a maggioranza socialdemocratica, finto-borghese e a bassissimo livello di interscambio sociale come il nostro (i modelli li avete giustamente citati voi), non produca nulla di alternativo.
Allo stesso modo la risposta a Dario, “ se uscisse oggi un “Banco” credi che avrebbe un minimo di popolarità?”, sarà dipendente dall'eventuale suo interfacciamento con un nuovo movimento sociale.
In caso contrario, qualunque antagonismo è destinato ad essere assorbito in breve tempo dalle maglie del capitale.
Non so se sia corretto affermare che il Prog sia stato affossato dal benessere perché, in effetti, nel ’76 si era in piena austerity, le fabbriche stavano operando una riconversione padronale, la lira veniva svalutata del 12%, le tasse aumentavano, la scala mobile veniva bloccata e molte delle storiche festività nazionali vennero abolite per legge aprendo le porte quello che di lì a poco sarebbe stata una gestione “atemporale” dell’orario di lavoro.
Più che di “benessere” quindi, direi piuttosto che fu la percezione di un imminente “svolta capitalista” (ossia il benessere di pochi secono una legge di “divisione di classi”) ad interrompere una fase artistica come il Progressive.
In altre parole, non tanto il ”benessere” in se, ma la consapevolezza che, di lì a poco, la società sarebbe mutata e occorreva cambiare linguaggio.
Come sappiamo tutti il capitale ebbe la meglio e l’illusione collettiva della ricchezza consolidò definitivamente quei modelli artistici controrivoluzionari che furono propri degli anni ’80 e, da lì in poi, sarebbe stato tutto più difficile.
In sostanza concordo con la tua analisi e sopratutto per quanto concerne il LINGUAGGIO credo che,se non vogliamo cadere negli anacronismi e riciclare i soliti revival che durano sempre meno di una stagione,dobbiamo proprio rivedere tutto il linguaggio di quegli anni in modo disincantato e renderci conto che molti "slogan" che magari diamo per scontati perchè li abbiamo vissuti nella nostra adolescenza,oggi non sono più proponibili...perciò sottolineo il fatto che ANCHE IO preferirei parlare di "Sanpietrini volanti" (magari non proprio di quelli,ma comunque di una lotta creativa e liberatoria) ma non lo faccio per rispetto a molti giovanissimi che non ne capirebbero il senso e preferisco usare la forma poetica più sottile,per non sembrare scontato ma stimolare lo spirito critico di chi ascolta senza formalismi...è difficile,lo so,ma non vedo altra strada attualmente,visto anche che chi faceva apertamente propaganda ideologica con la musica (cosa che non ho mai amato,in verità) è finito da tutt'altra parte,magari pentendosi di certe "marachelle" giovanili (ogni riferimento ai CCCP è spudoratamente voluto).
Sogno ancora una comunicazione che non sia solo sloganismo brutale e rozzo,è un mio vizio atavico oramai...eh ! eh!
Ursus condivido, però ho una curiosità: quale sarebbe secondo te oggi, una strada percorribile da artisti e intellettuali per reagire ad una maggioranza volgare e para-fascista, ed eventualmente metterla in crisi?
Tu parli giustamente di una potenziale "lotta creativa e liberatoria" riferita a giovanissimi, che però non capirebbero i modelli pregressi.
Come allora stimolarli verso vie più creative? Quali modelli dovremmo adottare per una comunicazione che sconfigga lo "sloganismo brutale"?
E' una domanda che rivolgo a tutti perchè credo fermamente che un'idea sensata potrebbe davvero spingerci verso una maggiore consapevolezza.
Difficile dirlo oggi,ma vedo frequentando forum e blog che un certo malcontento serpeggia anche tra i più giovani,quel che conta è saperlo interpretare...poi con un approccio maturo ma non paternalistico si può tentare anche di comporre un nuovo linguaggio(che poi è nuovo fino ad un certo punto,come si sa)ma credo che alla fine nasca nel modo più naturale e sereno,come è stato già in passato:anche nei momenti apparentemente statici e passivi nasce sempre un seme di ribellione,storicamente anche il 68 nacque in un clima di perbenismo e di apatia sociale...credo che da quelle esperienze si dovrebbe trarre solo il meglio,superando i limiti che una visione strettamente ideologica aveva prodotto.
Nel mio piccolo(ed è veramente piccolo,purtroppo)io conto molto sull'IRONIA e sulla spontaneità,armi che già in una certa onda "creativa" degli anni 70 stavano appena nascendo(tutti i vari indiani metropolitani,neo-situazionisti ,DADA o pre-punk di quegli anni...)ma che sono state abbandonate con il riflusso degli anni 80 e con quell'ondata reazionaria che ha criminalizzato tutto allo stesso modo,come se qualunque cultura antagonista fosse riconducibile al terrorismo,si sono inventati questa menata degli "anni di piombo" per cancellare tutto questo,che secondo me era molto più pericoloso per lo staus-quo del "produci,consuma e crepa" piuttosto che 4 pazzi isolati e malati di mitomania,figli di un'ideologia suicida e che non avevano alcun contatto con la società reale(anzi,io sono pure convinto che li abbiano manovrati a dovere,ma qui il discorso sarebbe MOLTO più lungo)...mi riserbo dal dare ricette immediate,mi auguro che nel tempo si vedano alcuni frutti,magari anche piccoli ma che si vedano.
Le vostre analisi sono condivisibili...analisi serene e oneste di chi ha "vissuto" e oggi vive...dico una cosa che non vuole essere un punto su una chiacchierata che di cose da dire ne ha a migliaia ma....se non avessero avuto più niente da dire?...se l'idea si fosse esaurita?...e perchè oggi gli stessi gruppi di allora per campare fanno centinania di concerti chi in memoria di De Andrè...o concerti in Messico Giappone Corea propopnendo ri-ri-ri-arrangiamenti dei loro dischi degli anni 70?....allora il progressive si è fermato in quel lontano giugno del '76???....Trovare "soluzioni" ?...si meno Televisione - meno radio - praticamente se vuoi vedere o ascoltare qualcosa...te la vai a cercare..ritornare al Tam Tam della "giungla" o a rileggere le riviste musicali per risentire quell'odore che ormai si è perso ed è stato sostituito dal virtuale...o come diceva Battiato:...ci vuole un'altra vita. ciao
Il tam-tam della Giungla di oggi si chiama internet,mi pare ovvio...e non è un caso che da parte di certa cosidetta "informazione" si stia facendo una vasta campagna denigratoria in tal senso:io ho spento la tv da tempo,non ho neppure preso il decoder tra l'altro ma mi dicono che c'è un tale Emilio Fede che ogni sera pianta giù un sermone contro i blog e i social forum,dove spesso si dicono cretinate ma in mezzo a tante cretinate si ha anche il coraggio di dire cose che vengono taciute dai monopoli tv e carta stampata...è chiaro che si spazia in un campo che va ben oltre la musica,che investe la società nel suo insieme,per cui se si vuole creare un'informazione davvero alternativa ormai internet è un punto di forza,non lo si può lasciare solo in mano alle chiacchiere da bar o ai battibecchi volgari...qualsiasi mezzo è utile quando se ne fa un uso intelligente e siti come questo ne sono la prova.
Già... e se il prog si fosse esaurito molto semplicemente perchè non aveva più niente da dire?
JJ ha una capacità analitica straordinaria ma forse non ha considerato questo aspetto...
Non sono completamente d'accordo con l'ultima affermazione.
Probabilmente perché nasce da quello che a mio avviso è il grande equivoco filologico ddel prog: il prog secondo me non è un "genere" musicale, ma un'"attitude" sperimentale, avanguardista, progressiva appunto, che dovrebbe tendere a nuove ricerche e nuove sintesi musicali.
Per questo motivo non amo molto il "neo-prog" manieristico dagli anni '80 in poi che ripropone solo schemi consolidati ma apporta veramente poco e manca assolutamente di freschezza.
Per cui dire che il prog "non avesse più niente da dire" potrebbe contenere in sé una realtà ben più "drammatica": non c'era più nessuno che avesse dentro la necessità di esplorare "oltre", di ricercare nuovi linguaggi musicali?
Se la risposta è "no, non c'era più nessuno", allora è chiaro anche l'imbarbarimento "capitalista" di cui parlava John che ha portato agli anni '80 (e ai '90 e ai 2000 e al berlusconismo, ecc. ecc.)
Caro Anonimo, innanzitutto grazie del complimento: sono contento che ti piaccia il mio lavoro.
Beh, a ben guardare ho menzionato un “naturale disinteresse” per un tipo di musica che aveva già almeno cinque anni di vita. Nella realtà poi, il Prog ha continuato ad esistere ancora per qualche anno, ma semplicemente non aveva più un movimento alle spalle. Gradualmente gli artisti si sono resi conto che quel linguaggio era obsoleto (o se vuoi, non più conflittuale) e hanno voltato pagina. PFM e Banco sono stati gli esempi più lampanti.
Io penso che se il PCI avesse vinto o se la Controcultura fosse sopravvissuta come entità sociale, probabilmente anche il Prog Italiano (anche in quanto ad "attitudine" e stimoli) sarebbe durato più a lungo, magari in termini diversi.
Con il senno del poi però, non si fanno ne la storia ne le analisi.
A parte la data del 29/6/76 che ho citato, e che è un idea del tutto mia, si consideri che l’offensiva padronale e poliziesca di fine anni ’70 fu davvero pesante: gli anni di piombo c’erano eccome ed avevano radici profondissime (che se volete posso spiegarvi più ampiamente).
Lo Stato era fermamente intenzionato a smantellare tutta la costellazione antagonista -cosa che fece- e la fine di un certo tipo di controcultura era questione di mesi.
Non fu solo inerzia artistica quindi, ma un radicale mutamento della società, della cultura giovanile e del suo linguaggio.
Il Salvadanaio si è rotto da solo. Non di omicidio, ma di suicidio si è trattato. Il prog italiano, ma ancor prima quello inglese, si è avvitato su se stesso. Terminata la spinta propulsiva, si è voluto passare dal complesso al complicato oppure, in altri casi, riproporre il già fatto in maniera non più convincente, e senza l'iniziale freschezza.
L'aria di Controcultura l'ho percepita in due memorabili performances live degli Area (c'era ancora Tofani!), non nei concerti delle Orme che pure con Collage hanno praticamente aperto la strada del prog in Italia. Non tutto all'epoca era così schematico e categorico: ad ascoltare gli Area o il Perigeo dal vivo non ci andavano solo gli extraparlamentari di sinistra e miei amici di LC avevano tutti i dischi dei New Trolls, Orme e Formula Tre. Nel 1971-72 purtroppo (significa infatti che ho già 55 anni) già suonavo la batteria in un gruppo rock (il termine prog è stato coniato successivamente)e la musica che amavamo era Black Night dei Deep Purple ed Il Giardino del Mago del Banco, The Wizard degli Uriah Heep e l'Uomo degli Osanna.
Le occupazioni e la controcultura c'erano eccome, ma la musica non era soltanto la colonna sonora di partecipazioni politiche. La musica la si ascoltava in soggiorno in religioso silenzio, la si suonava con il gruppo, ove possibile si andavano a vedere i musicisti dal vivo... Si amava la musica per la musica: Atom Heart Mother ed Echoes dei Pink Floyd non erano inni rivoluzionari, ma ammalia(va)no per l'incredibile bellezza.
L'equazione crisi della controcultura-fine del prog italiano mi sembra il frutto di un'analisi fatta a tavolino, perchè le cose all'epoca non erano proprio così...
Ciao. Ezio
..o semplicemente nessuno è più riuscito a fare un bel disco di musica pop(prog in seguito)...radicale mutamento della società cultura giovanile e del suo linguaggio..questo mi sembra il concetto più vicino a quello che fù....ciao...Per URS:..il tam tam è la rete, però a me hanno fatto pagare il canone solo perchè avevo la parabola e l'adsl con conseguenza internet e occupazione degli spazi aerei etc etc belinate..ma io pago! e per cosa?...ciao
Ciao JJ e ciao a tutti sono il Mario. Ho anch'io un bel cinquanta e rotti sulle spalle, non ero di Lc, ma qualcosa la devo dire.
1. Innanzitutto Ezio dovrebbe spiegare come mai con il Parco Lambro finì veramente anche il Prog Italiano.Sentivo oggi il John che sta scrivendo su "Maledetti" degli Area e mi sembra che la sua analisi vada di pari passo anche con quella di Stratos e compagni. Non mi sembra un'ipotesi così azzardata.
2. Non è vero che i tutti gruppi prog si sono complicati la vita.
Molte situazioni anzi hanno ammansito il loro linguaggio. Il problema è che non era più una lingua parlata dalla collettività. e questo anche quelli di lc lo sapevano bene.
3. Siamo alle solite: non vuol dire niente "amare la musica per la musica". A me piacevano i Corvi prima e il Perigeo poi perchè erano gruppi che "parlavano" direttamente a noi.
Poi gli altri si ascoltavano eccome ma non mi davano le stesse amozioni degli area. Non sarebbe stato certamente quella merda di animals a cambiarmi la vita.
Rispetto la tua opinione ma dire che quella di john è un'analisi fatta a tavolino mi sembra davvero una puttanata, così com la tesi de suicidio. Alzi la mano chi ha mai visto un movimento che si uccide da solo.
Mario Anselmo
E IO PAGO !!! Diceva Totò...ovviamente viviamo in una società capitalistica e dobbiamo pagare qualunque cosa,tra poco anche l'aria che respiriamo(ammesso che di aria vera si tratti)ma questo è necessità IMPOSTA (ahimè!)... Voglio solo dire che internet è un fatto straordinario comunque,un mezzo che solo a una decina di anni fa sembrava impensabile...non è mica la rivoluzione totale,ma un MEZZO che può essere utile per molti aspetti,considerato che negli anni di cui parliamo sempre per inviare un giornaletto underground ciclostilato da Torino a Napoli ci voleva una settimana+spese postali,non è mica cosa da poco scrivere,impaginare e ricevere risposte,commenti ecc...nel giro di pochi secondi. O NO?
Anche quanto diceva EZIO non mi pare che strida con il concetto di fondo qui ben espresso da John:la passione,la creatività,tutto ciò che fa parte di un grande mezzo di espressione come la musica ecc...non sono mezzi comunicativi avulsi dalla vita sociale...io sono anzi convinto che quelli fossero i veri messaggi più importanti da cogliere anche oggi,gli aspetti più strettamente politici e ideologici vanno consegnati alla storia e di quelli ognuno può dare il giudizio che vuole,mentre su molti altri aspetti il terreno è ancora tutto da esplorare.
Non vorrei sembrare troppo psichedelico(guarda caso!)ma io non ho ancora smesso di pensare in tal modo,malgrado tutto.
Non è che il prog è finito anche perché, con le radio "libere" che prendevano piede sempre più, la "suite" di 20-25 minuti era diventata una forma troppo lunga e non trasmissibile? La canzone doveva durare poco per essere trasmessa, essere sintetica....Cioè alla fine il prog è morto per motivi economici e non per motivi politici? Cosa succederà ai giovani d'oggi, invece? Che s'incazzeranno, con o senza prog: quando si accorgeranno che gli è stato fregato il futuro. E non solo i giovani d'oggi.
(ofvalley)
@ Ezio - E' troppo comodo e antistorico pensare che un movimento si estingua per inerzia o per autolesionismo. Non esistono conflittualità che si sono "suicidate": al più, si sono spente perchè mancava loro la linfa per proseguire e quella del Prog Italiano risiedeva in quell'antagonismo sociale che ben conosci.
Non pretendo che tu accetti l'equazione "Lambro '76-Fine del Prog" (che comunque è in parte provocatoria ed è da intendersi in senso più ampio), ma perlomeno formula un'alternativa plausibile.
Classic Rock cerca di oltrepassare "il religioso silenzio" che alberga nei soggiorni.
@ofvalley:
Non so OfValley, perchè da un lato le radio private democratiche non si curavano molto di queste gabbie e dall'altro l'etere era un arricchimento dell'informazione locale.
Come ben sai, caro John, il declino del Prog italiano era già a buon punto ben prima del 1976. Quasi tutto ciò che musicalmente è ancora oggi memorabile (per innovazione e per intrinseca bellezza) è stato prodotto prima.
Concerto Grosso, Storia di un minuto, Salvadanaio, Darwin, Caronte, Atlantide, Felona e Sorona, Contaminazione... tutta roba scritta e suonata dal 71 al 73.
Che la controcultura di quegli anni ed il prog italiano siano andati di pari passo nessuno lo mette in dubbio. La musica "prog" di livello si sarebbe però arenata ugualmente, a prescindere dalla crisi dell'antagonismo sociale più o meno organizzato. Difatti è successo così. Anche il rock'n'roll era nei 50/primi 60 a suo modo conflittuale, ed è stato spazzato via in un paio d'anni (63-64) dalla nascente proposta beat: i ragazzi con il caschetto e con nuovi linguaggi facevano apparire vecchi e nostalgici personaggi musicali molto seguiti solo pochi anni prima. Beat che a sua volta di è gradualemnte evoluto in psicadelia (primi Pink Floyd), West Coast (Jefferson), e poi figli dei fiori, e poi Underground (Vanilla Fudge, Canned Heat)per approdare alle prime opere prog (Crimson, Colosseum ecc). Dopo il prog, il fenomeno punk come si sa è nato e morto in un paio di anni. Perfino la prima DiscoMusic, pur segnando una evidente involuzione sul piano musicale, è rapidamente cambiata - in peggio - dagli 80 in poi. Nei primi dischi delle Ritchie Family e di Alec Costantinos suonavano infatti fior di musicisti...
A me dispiace che il "buon" prog abbia chiuso la sua parabola in pochi anni, ma così purtroppo è stato! Dire che è successo unicamente in conseguenza, e dunque a causa, della crisi della controcultura mi sembra un pò troppo schematico e riduttivo, tutto qua.
TUTTI ascoltavano il prog, in quegli anni: ricordo che a scuola (medie superiori) all'uscita nel 72 del primo della PFM e solo dopo qualche mese (!) del primo disco del BMS c'era una generale eccitazione nel scambiarsi i dischi di questi nuovi "fenomeni" italiani, abituati come si era ad ascoltare solo i gruppi stranieri.
Ragazzi, e ragazze, che magari non facevano parte di alcuna realtà antagonista apprezzavano, e molto, il nuovo "pop" italiano, che dunque non mi è mai sembrato monopolio di nessuno.
Poi ognuno ha le sue storie e le sue esperienze personali, ed un po' ragione le hanno tutte le interpretazioni. Certo è che in quegli anni davvero si percepiva una forte volontà/libertà di fare, e pure una smisurata fiducia nel futuro(...) Inkazzati ma fiduciosi.
Oggi invece.
Per ofvalley: nel 1976, le prime radio "libere" trasmettevano anche e soprattutto LP e suite intere, senza alcuna interruzione. Ricordo di aver così registrato la Valentine Suite del Colosseum (12-13 minuti mi sembra) e tutta Close To The Edge degli Yes (oltre 15')senza interruzioni vocali. Poi in breve tempo le radio da libere sono divenute "commerciali" e tutto è cambiato, anche la musica.
Ezio
Caro Ezio, ribadisco che la mia datazione della fine del Prog Italiano è indicativa e provocatoria e mi aspettavo prima o poi che qualcuno me lo facesse notare. Leggo questo anche come un segno di attenzione e rispetto per il mio lavoro, e te ne ringrazio. Ora ho dei problemi di sopravvivenza e scrivo poco, ma pensa che il mio prossimo progetto verte sul rapporto tra i movimenti musicali e l’evoluzione socio-urbanistica delle città. Una bella sfida, no?
E’ vero che, come dici, molti generi hanno avuto la loro vita. Per esempio il Rock’n’Roll è stato complessificato dal Beat in Europa e dalle “Garage Bands” in America (che se ci pensi è stato un movimento enorme ancora prima della West Coast), ma queste transazioni vengono sempre comunque catalizzate da un enzima sociale. Se il rimpasto è conflittuale si produce una “contaminazione”, se non lo è, assisteremo all’estinzione di quello che noi analisti definiamo un “panico sociale”. Ma questo avviene di norma per le mode.
Hai anche ragione nell’affermare che in Italia il Prog entrò in crisi anche prima del ’76 (ti rimando al mio capitolo sul 1974 nella “Storia del Progressive Italiano”) eppure, ascoltavo qualche giorno fa Fariselli: fu proprio in quell’anno che si verificò una crisi complessiva che non poteva avere ritorno.
Mentre cioè nel ’74 il Prog si “complessificò”, si “ramificò”, ma non “finì”, nel 1976 si portarono a compimento tutte quelle istanze ne resero sorpassato il linguaggio: controffensiva padronale, crisi economica e soprattutto, la riconversione degli spazi per i concerti da una gestione “democratica” a quella mercantile. In questo senso, anche secondo gli stessi Area, il Parco Lambro fu una soglia storica.
Mi sono appropriato di queste indicazioni, le condivido, e spero di averne fatto un buon uso che sono ulteriormente disposto a dibattere.
Oggi.
Oggi stiamo vivendo uno dei periodi più bui del dopoguerra. La soluzione starebbe in una ricomposizione del dialogo tra classi, ma questo non è al momento agevolato dalla prevalenza di localismi dissennati. Sarebbe la redistribuzione globale del reddito al fine di calmierare – aumentandolo - il potere d’acquisto, ma la maggior parte dei governi è evidentemente per la concentrazione dei beni. La democratizzazione delle culture a fronte dei conflitti d’interesse.
Io penso che, un passo alla volta, riusciremo a ripensare “i mezzi come opportunità” e non come “feticci”; a sbrigliare nuovamente arte e tecnologia dalle maglie in cui sono state ingabbiate dal capitale (un po’ come fecero gli Area in “Caos II”), ma questo ha bisogno di una costante di pensiero che ci spinga oltre l’uso utilitaristico che abbiamo oggi rispetto alle potenzialità che possediamo.
Non serve un solo sito intelligente dove confluiscono 2.000 comments che nessuno leggerà mai. Ne servono 100 concentrati su precise aree di lavoro con trenta comments al massimo. Ecco perché esiste Classic Rock.
Radio Libere e Prog.
Concordo con Ezio. Non ci fu una “causa-effetto” così immediata sulla tempistica dei brani. Ricordo che quando preparavo i famosi “nastri per la notte” ci ficcavo dentro addirittura albums interi, da “Close to The Edge” a “In a Gadda Da Vida” sino addirittura ai Laibach o i Maxophone! Chiunque poteva registrarli agevolmente: cosa mai successa prima! Il problema si pose quando qualcuno mi disse: “lo sponsor ha detto che se non la smetti di passare queste merd*** devo sbatterti fuori”.
Il problema fu dunque se accettare o meno l’omologazione del linguaggio, non i suoi tempi tecnici che ebbero all’epoca uno spazio mai consentito prima d’ora.
...parto dall'ultima frase tua JJ, quella riguardo le radio...esperienza simile:..fui cacciato dopo aver messo Ethica Fon Ethica di Battiato...mi presero per un fascista..era il 1974 e lui s' allontanava dal rock...Ritorno a qualche affermazione che io trovo forse un pò troppo "politica"...in fin dei conti solo gli Area e gli Stormy six(di quelli famosi) erano impegnati nel discorso musicale-politico...la maggior parte dei gruppi pensava solo a fare musica... era il contorno che voleva più impegno, se sia stato giusto o no dipende da dove lo guardi, in uno degli ultimi concerti degli Area a Sanremo al teatro Ariston fù una serata da dimenticare...il "discorso" politico interessava a loro e ad altre poche persone...in un ITW Tofani, ricordando quella serata, disse che presero a suonare solo dopo molto e solo perchè il pubblico era freddo...prima la provocazione(imparammo dai contemporanei, Marchetti ci disse che era stanco della musica...e noi gli andammo dietro) e poi la musica...arrivammo a un punto che del pubblico non c'interessava più...suonavamo per noi e basta...E siamo verso la fine dell'onda POP...Concludo dicendo che dopo il periodo Beat ci fù l'onda prog(sorretta da un grande movimento) che durò poche stagioni per poi lasciare spazio a quello che in italia andava "di più" cioè il cantante...JJ non farmi preoccupare. ciao
'azz, John, il "rapporto tra i movimenti musicali e l'evoluzione socio-urbanistica delle città"? Tanto interessante quanto... impegnativo!
Io non saprei, sinceramente, da dove cominciare!
Ciao Ezio
Taz, La tua descrizione del concerto Area a Sanremo è un pò sintomatica di ciò che si diceva prima: "è difficile essere intellettuali se non ti ascolta più nessuno".
Cmq, sta per arrivare la scheda di "Maledetti" e ne riparliamo.
Ezio guarda, dopo "La luna sotto casa" mi piacerebbe pubblicare qualcosa che riguardi la musica.
Sarà che sono un analista, ma io penso che molti dei movimenti musicali che conosci bene anche tu (e che mi hai anche citato) fossero davvero legati a dei precisi sistemi urbani... a dei luoghi.
Pensa al Punk nella Bowery Street di Manhattan, o a tutto ciò che ha prodotto Detroit.
Ci deve essere stato pure un motivo per il quale queste culture si sono sviluppate lì e non altrove...
Ma nel senso che i luoghi urbani influenzarono la musica e il modo di farla? Bello! La sfida sarebbe però di dimostrare il contrario: e cioè che i gruppi, la musica e le nuove tendenze CREARONO nuovi luoghi urbani e modificarono l'assetto di quelli vecchi. Attendo con ansia il post, JJ...
Sulle radio: Alex, JJ e gli altri, comunque un po' confermate...Le esigenze commerciali alla fine portarono a ridurre in radio i tempi di trasmissione. Poi credo che un po' fu anche che la musica prog divenne sempre più ampollosa, astrusa, con contenuti "freddi", lontana dalla realtà sociale, troppo "colta"-forse- (richiedeva una cultura e un ascolto da "musica classica", che forse le nuovissime generazioni di allora mal sopportavano). Inoltre occorre pensare che la musica dei "movimenti giovanili" è sempre molto legata al corpo, alla "fisicità", al BALLO...E il prog si prestava poco a questa funzione sociale aggregante...Così una musica più a contatto coi tempi soppiantò, e rapidamente, anche, il prog nelle preferenze giovanili.
(ofvalley)
Of, non è un post, è proprio un libro... quando mai avrò il tempo e soprattutto la serenità per scriverlo.
Comunque guarda,l'interazione funziona così: la città "produce" movimenti e i movimenti "utilizzano" il tessuto urbano. Raramente accade il contrario per la diversa struttura dinamoca dei due elementi.
Ne riparleremo.
Rimani uno dei massimi storici del Prog-Rock che abbia mai letto... anzi, sinceramente sul Prog-Italiano sei il migliori storico che abbia mai letto, profondo, esperto, oggettivo ma anche coraggioso nelle sue tesi e al solito chiaro e lineare. Grazie di tutto questo lavoro, John!
E' un onore e un piacere lavorare quando si hanno questi riscontri.
Grazie davvero anche a te, sei molto gentile. JJ
Complimenti per l'analisi, John, al solito lucida e precisa. La rivoluzione di cui parli forse non ci rimanda che al sogno delle atmosfere progressive... o forse possiamo davvero attuarla. C'è bisogno di una coscienza civile che, però, sta scomparendo. Riusciremo a salvarla, a riscoprirla come stiamo facendo con questa musica; e ad effettuare il parallelismo che auspichi? Sono convinto che sia possibile, tutto sta nel riconoscere se stessi all'interno di una molteplicità, non nel disperdersi in essa come stanno tentando di fare; distruggere la nostra capacità di pensare liberamente per omologarci all'ideologia dello stile di vita occidentale che ci vuole automi da consumo.
Un saluto, Marco
PS: Devo tuttavia muoverti un appunto: non puoi considerare Craxi e la sua ghenga dei socialisti. E' proprio nel socialismo, quello vero, quello di Turati prima e di Nenni e Pertini poi, che si può trovare la "via della rinascita".
Ho definito Craxi "socialista" in quanto ex-dirigente del Psi. Tutto lì.
Il rock italiano, che aveva avuto grande sviluppo con l'affermazione del prog nei primi anni '70, ha bloccato il suo sviluppo per l'ambiente sociale/politico che chiuse tutti gli spazi ai gruppi per affermare la superiorità del messaggio politico dei cantautori, che nella maggior parte dei casi erano assolutamente mediocri musicalmente.
Fortunamante tutto questo castello sociale/politico è crollato miseramente alla fine degli anni '70, ma in quegli anni si è perso molto a livello musicale, cinematografico, letterario e culturale in senso lato.
Chiedo scusa perché non ho letto tutto, ma leggendo il tuo post mi è venuta in mente una canzone di De Gregori dall'ultimo album, che si intitola "Celebrazione".
Io non avevo mai ascoltato De Gregori e mi ci sono avvicinato perché folgorato da canzoni come "L'Aggettivo Mitico", "L'Agnello di Dio" e "Mayday".
Così sono diventato un fan di De Gregori fuori tempo massimo, ma dei suoi ultimi dischi, e ti segnalo questa canzone perché mi pare emblematica di quello che dici nell'articolo, anche se penso abbia una valenza più profonda e non si riferisca solo ai malintesi delle ideologie. Se l'hai sentita mi piacerebbe sapere che ne pensi.
Ho sentito "Celebrazioni" e ne ho letto il testo su tuo consiglio.
Sai, qui non si tratta solo di "ideologia".
Il pre e il post 68 italiano ha investito politica, arte, cultura, urbanistica, moralità e coscienza civica.
Ha generato certamente anche contraddizioni ma, se oggi siamo ancora una democrazia è anche per merito della consapevolezza acquisita in quegli anni.
Le canzoni di 4 accordi le lascio volentieri a De Gregori che comunque amo moltissimo. Fosse solo per "Le storie di ieri" gli farei un monumento, ma se pereretti, io me ne torno a parlare di psichiatria, di fotografia e di terrorismo.
Certamente tu sei in grado di cogliere i riferimenti culturali di De Gregori in tutte le sfumature: a me è venuto così, a ciel sereno, che poteva riferirsi a quegli anni.
Ho però anche l'impressione che invece lui critichi proprio i malintesi, e non i valori positivi per i quali tanta gente ha lavorato, escludendo gli aspetti negativi delle diverse ideologie (non solo comunista).
Non intendevo riferirmi infatti solo al comunismo, ma alle derive idelogiche, e in questo senso qualunque proposta civile o politica penso non sia immune dal rischio di cadervi.
Può darsi che rischi di leggere la canzone nella chiave di una critica un po' sterile. L'album recente più bello secondo me è Calypsos, quello precedente, lo trovo davvero straordinario.
Con "le canzoni di quattro accordi" allora cosa intende? Purtroppo non mi intendo di musica, intende quindi quelle dei cantautori degli anni 1970 in genere (escluso il rock progressivo)?
Grazie ancora! :-)
Si, in effetti si riferiva sicuramente a quegli anni e il tono della canzone è critico: un po’ come in “Vecchi Amici” insomma.
Detto da lui sembra anche vendicativo, visto quello che il movimento gli ha fatto passare.
De Gregori ha tutto il diritto di criticare i malintesi, però c’è anche da dire che lui stesso ha contribuito a crearne parecchi con tutti gli ermetismi che hanno costellato la prima parte della sua carriera.
Molti problemi poi, sono ancora irrisolti e certe “sale fredde in cui si parla” sono necessarie ancora oggi: io stesso le frequento con gran piacere.
Non capisco poi come possa ironizzare sui “brani di quattro accordi” uno che ha cominciato al Folkstudio cantando Dylan, che di accordi ne aveva al massimo tre.
Fossi in lui mi farei un po’ di autocoscienza. D’accordo sottolinearne le contraddizioni, ma io non mi permetterei di svilire un percorso di lotta che ha provocato sin troppi martiri. Da ogni parte, s’intende.
Ti ringrazio molto per le spiegazioni, mi pare di capire un pochino meglio le dinamiche di quegli anni, anche se resto molto ignorante al riguardo.
In effetti a me non era mai piaciuto De Gregori proprio per l'ermetismo che dici, e perché mi dava l'impressione di avere un atteggiamento snobistico. Non avrei mai detto che mi sarebbe venuto a piacere così, e più ascolto musica più mi rendo conto che alle cose ci si arrivi al momento giusto, quando si è capaci di comprenderle (non intendo solo una comprensione "intellettuale").
Adesso non so se tu abbia familiarità con gli altri album recenti, ma all’ermetismo si sostituisce una sorta di "intelligenza poetica" delle cose, mi verrebbe da dire un po' come “gettare delle sonde” nel mistero.
“In Onda” è una canzone incredibile, ma anche "Il Vestito del Violinista" (dall'album "Pezzi"), e dietro all'apparente semplicità anche altri brani come "L'Angelo" o "Tre Stelle".
Penso che anche una canzone come "Celebrazione" in realtà vada oltre una semplice critica, anche risentita, come dici.
Comunque condivido in pieno il tuo approccio alla critica musicale per la parte che vede la contestualizzazione come elemento centrale: è anche una mia fissazione, perché sono convinto che sia fondamentale.
Ti faccio di nuovo i complimenti, perché scrivi veramente benissimo, spero di poter continuare a confrontarmi con te… :-)
Grazie Piccic.
Io ti confido che certe cose del Francesco non le ho capite ancora adesso ma, in fondo, non ho mai afferrato bene nemmeno gli Yes :-)
Ciò che contava era la loro conflittualità, ecco perchè mi preme così tanto il rapporto tra quel tipo di arte e la storia.
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Le dinamiche Italiane tra il 69 e il 77 sono di una complessità eccezionale rispetto al resto dell'Europa per l'esclusiva alleanza che si generò tra studenti, controcultura e classe operaia.
Se riesci ancora a trovarlo, ti consiglio il libro di Primo Moroni e Nanni Balestrini: "L'Orda D'Oro" (Sugarco Edizioni, Milano"., nonchè il mio: "La luna sotto casa" (Shake Edizioni, Milano, 2007).
Una volta letti, dovresti farti una buona idea. Sono libri "di parte" ma estremamente severi nella loro storicità.
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Sul De Gregori più recente, preferirei bypassare essendo "off topic" in questa sede.
A presto.
Ciao a tutti.
Premetto che non mi sono letto tutti i post, quindi mi scuso se sono off topic. In più ho 22 anni, quindi io ai tempi del prog non ero manco uno spermatozoo. Volevo solo dire che secondo me, da quel poco di storia che ho studiato, quasi tutte le controculture o comunque i movimenti legati alla sinistra in Italia, hanno da sempre storicamente avuto problemi a coalizzare tutte le varie correnti in un movimento unico capace di avere un potere contrattuale. Successe prima del fascismo, è successo con gli anni di piombo come diceva John (anche se sicuramente la repressione poliziesca e la paura da parte degli USA di una presa di potere rossa in un paese alleato hanno contribuito parecchio alla dissoluzione del movimento) e succede anche oggi, con una sinistra che non è più sinistra e un antagonismo al governo che non ha una linea guida. Io credo che sia dovuto, e parlo più che altro delle generazioni più vicine alla mia, ad un cambiamento della coscienza politica, in quanto sì è andati verso un atteggiamento di disinteresse per il "pubblico" per andare sempre di più verso il proprio "orticello", creando così una situazione in cui ognuno si fa gli affari propri e si stabilizza in una specie di limbo, mentre chi protesta affari suoi se sta male. Questo ha portato un graduale venir meno di una coscienza collettiva, e ha attecchito una mentalità individualista su cui poi si sono installati tutta una serie di status symbol ed atteggiamenti "preconfezionati", in cui si è inserita la droga come strumento da utilizzare per "stare al passo" con la società. Da qui c'è stato tutto un processo politico di diffamazione del dissenso, quindi chi dissente è un "comunista", "bolscevico" o chissà cosa, e le manifestazioni di piazza sono diventate un motivo di scocciatura e noia per chi deve andare a fare compere e si trova le strade chiuse al traffico o le strade piene di manifestanti. Quindi sicuramente è un cambiamento di coscienza, che ha permesso alla cultura in Italia di diventare arida, quindi il mercato musicale è diventato sempre più un fenomeno di vendita di un prodotto preconfezionato, di una formula che già funziona riproposta all'infinito, tant' è vero che alla radio passano sempre i soliti 4, per suonare in giro e guadagnare qualche soldo devi fare le solite cover, e inoltre i movimenti come il punk, che ai tempi aveva shockato o comunque scosso, al giorno d'oggi fanno addirittura tendenza, la cresta va di moda. L'"antagonismo" attuale usa gli slogan e metodi che ormai non sono più sostenibili nè tanto meno utili ad un "risveglio" collettivo. Per metterla giù semplice: dei vegetariani che parlano ad altri vegetariani di quanto sia etico e vantaggioso essere vegetariano. Lo vedevo col movimento di protesta studentesco ai tagli della Gelmini. Sempre le stesse persone, sempre le stesse parole/idee e, quando c'era da farsi sentire, un alto disinteresse da parte dei miei coetanei, e la gente più anziana si mostrava scocciata dai metodi e da chi protestava perchè per esempio gli bloccava il traffico. Quindi sicuramente urge un cambiamento nei metodi.
Musicalmente parlando in Italia se non fai le cover di Liga o Vasco o proponi scalette di un certo tipo è molto difficile avere opportunità e spazi, quindi questo la dice da sè, come fa un gruppo a sperimentare se, presentandosi come tale, non riesce a suonare in giro o comunque non riesce ad avere visibilità?
Rimane tutto nell'underground, ma anche nell'underground c'è un problema di spazi, e, secondo me, il problema dell'aridità culturale, porta ad un'imitazione di vecchi modelli piuttosto che ad un'innovazione.
Quindi non sono d'accordo con chi precedentemente diceva che non esistono movimenti che si suicidano. Secondo me è proprio questo che è successo, anche se è stato un suicidio indotto anche da cause esterne.
Il mio discorso può suonare un po' pessimista ma sono convinto che questi tempi confusi e caotici porteranno ad un cambiamento, sia di coscienza, sia in senso più generale, visto che sembra che sotto molti aspetti non si possa più andare avanti nella direzione odierna.
Mi scuso per la lunghezza dell'intervento.
Grazie a John per il suo blog e la completezza degli articoli e degli interventi, un lavoro curato e ben fatto.
Negli anni 80 per fortuna ce' chi ha cercato di pubblicare album degni per puro amore verso questo genere. Gruppi che non per lucro (che vuoi lucrare a fare prog?) ma per vera passione verso un certo tipo di musica hanno dedicato tempo e denaro. Mi piace ricordare tra tutti i piu "seventy" e a mio parere anche i piu interessanti cioe' i Nuova Era che contro ogni moda e tendenza sono riusciti a pubblicare ben 5 album degni di essere ascoltati e che nulla hanno da invidiare a certi album del prog originale dell'epoca.
Francesco
Chi ha rotto il salvadanaio, bella domanda! A parte il fatto che QUEL salvadanaio è sempre intatto a distanza di 43 anni, forse necessiterebbe per rispondere un pizzico di autocritica e non sempre addossare agli altri le colpe dei propri fallimenti.
Ho letto nel libro del Prog Italiano che, a partire dal 1972, si è fatto coincidere in maniera esplicita e forzata l'area contro-culturale hippy, pacifista e psichedelica, nata dai tempi del beat e che aveva generato il "progressive" con l'area dell'estremismo politico della Sinistra extraparlamentare che aderiva a posizioni terzo-internazionaliste, ovvero filo-sovietiche. Mi chiedo, da persona che non ha vissuto quegli anni, cosa le due entità avessero realmente in comune. Cosa avevano in comune l'ingenuo idealismo di giovani vestiti a fiori e pieni di entusiasmo per le nuove musiche con l'operaismo intransigente di chi vestiva l'eskimo ed occupava le fabbriche in nome di una rivoluzione impossibile?
La bomba di Piazza Fontana non era ancora riuscita a fare macerie del vecchio sogno hippy di un mondo di Pace e di Amore, come i primi raduni pop avevano ben testimoniato ancora nel 1970 e nel 1971. Era forse un sogno ingenuo e vano? Probabilmente, si. Ma era stato proprio da quel sogno ingenuo e vano che era nata l'utopia psichedelica del progressive rock! Non certo dalle occupazioni di fabbriche e dalle rivendicazioni operaie, le quali avevano la loro dignità di battaglie sociali sacrosante, ma nulla e sottolineo nulla avevano a che spartire con la musica pop.
Questo far coincidere a tutti i costi rock con politica in chiave di rigorosa ideologia marxista-leninista ha fatto sì che un movimento formidabile e degno della massima ammirazione come il progressive rock italiano finisse etichettato come "sovversivo" e "terrorista", senza peraltro esserlo. Certo è che le contestazioni agli artisti, i lanci di pietre e molotov sui palchi, i processi stile De Gregori non hanno giovato ad eliminare questa scomoda etichetta.
Alla lunga, finita l'onda politica favorevole con il 1976, ci siamo ritrovati con i cantautori, un pop melodico sempre più melenso, i gruppi-fantasma, il massacrante martellare della Disco-Music, la negazione della Musica chiamata Punk, che ha aperto la strada ad ogni sorta di imbecillità. Poi sono arrivate le TV commerciali di un certo personaggio milanese che ha la testa dipinta e cammina su zeppe assai alte più di quelle che portava la Rettore e penso che, con questo, il quadro sia completo. E così siamo finiti negli anni ottanta, dai quali (musicalmente) non siamo ancora usciti. E meno male che qualche "giapponese" come Vasco continua a tenere in mano, non si sa ancora per quanto, la bandiera di un po' di rock come si deve, ancorchè non certo originale ed innovativo.
Detto questo, per riattaccare i pezzi del salvadanaio, ci vorrebbero giovani coraggiosi, disposti a sporgersi nel vuoto e rischiare l'osso del collo per fare qualcosa di nuovo e proporlo, senza paura di fallire, ad un pubblico di massa. Giovani com'era stato il mio concittadino Nico di Palo dei New Trolls, che al Festival di Sanremo del 1969 non ebbe paura di steccare due volte in diretta tentando di salire di due ottave nella parte finale di "Io che ho te." Al giorno d'oggi, non stecca più nessuno, perché nessuno trova più il coraggio di salire di due ottave dal vivo. Tantomeno a Sanremo. Ma è così che si cambia la Musica e si crea un nuovo genere di successo: anche con gli errori e le stecche in diretta TV. Possibile che giovani come questi non esistano più? Dobbiamo davvero rassegnarci a sorbirci tre mostriciattoli della Clerici, che cantano "O Sole mio" ? Dobbiamo rassegnarci, per forza, a Suor Cristina? Forza, ragazzi, chi c'è batta un colpo (o un riff)!
Chi ha rotto il salvadanaio, bella domanda! A parte il fatto che QUEL salvadanaio è sempre intatto a distanza di 43 anni, forse necessiterebbe per rispondere un pizzico di autocritica e non sempre addossare agli altri le colpe dei propri fallimenti.
Ho letto nel libro del Prog Italiano che, a partire dal 1972, si è fatto coincidere in maniera esplicita e forzata l'area contro-culturale hippy, pacifista e psichedelica, nata dai tempi del beat e che aveva generato il "progressive" con l'area dell'estremismo politico della Sinistra extraparlamentare che aderiva a posizioni terzo-internazionaliste, ovvero filo-sovietiche. Mi chiedo, da persona che non ha vissuto quegli anni, cosa le due entità avessero realmente in comune. Cosa avevano in comune l'ingenuo idealismo di giovani vestiti a fiori e pieni di entusiasmo per le nuove musiche con l'operaismo intransigente di chi vestiva l'eskimo ed occupava le fabbriche in nome di una rivoluzione impossibile?
La bomba di Piazza Fontana non era ancora riuscita a fare macerie del vecchio sogno hippy di un mondo di Pace e di Amore, come i primi raduni pop avevano ben testimoniato ancora nel 1970 e nel 1971. Era forse un sogno ingenuo e vano? Probabilmente, si. Ma era stato proprio da quel sogno ingenuo e vano che era nata l'utopia psichedelica del progressive rock! Non certo dalle occupazioni di fabbriche e dalle rivendicazioni operaie, le quali avevano la loro dignità di battaglie sociali sacrosante, ma nulla e sottolineo nulla avevano a che spartire con la musica pop.
Questo far coincidere a tutti i costi rock con politica in chiave di rigorosa ideologia marxista-leninista ha fatto sì che un movimento formidabile e degno della massima ammirazione come il progressive rock italiano finisse etichettato come "sovversivo" e "terrorista", senza peraltro esserlo. Certo è che le contestazioni agli artisti, i lanci di pietre e molotov sui palchi, i processi stile De Gregori non hanno giovato ad eliminare questa scomoda etichetta.
Alla lunga, finita l'onda politica favorevole con il 1976, ci siamo ritrovati con i cantautori, un pop melodico sempre più melenso, i gruppi-fantasma, il massacrante martellare della Disco-Music, la negazione della Musica chiamata Punk, che ha aperto la strada ad ogni sorta di imbecillità. Poi sono arrivate le TV commerciali di un certo personaggio milanese che ha la testa dipinta e cammina su zeppe assai alte più di quelle che portava la Rettore e penso che, con questo, il quadro sia completo. E così siamo finiti negli anni ottanta, dai quali (musicalmente) non siamo ancora usciti. E meno male che qualche "giapponese" come Vasco continua a tenere in mano, non si sa ancora per quanto, la bandiera di un po' di rock come si deve, ancorchè non certo originale ed innovativo.
Detto questo, per riattaccare i pezzi del salvadanaio, ci vorrebbero giovani coraggiosi, disposti a sporgersi nel vuoto e rischiare l'osso del collo per fare qualcosa di nuovo e proporlo, senza paura di fallire, ad un pubblico di massa. Giovani com'era stato il mio concittadino Nico di Palo dei New Trolls, che al Festival di Sanremo del 1969 non ebbe paura di steccare due volte in diretta tentando di salire di due ottave nella parte finale di "Io che ho te." Al giorno d'oggi, non stecca più nessuno, perché nessuno trova più il coraggio di salire di due ottave dal vivo. Tantomeno a Sanremo. Ma è così che si cambia la Musica e si crea un nuovo genere di successo: anche con gli errori e le stecche in diretta TV. Possibile che giovani come questi non esistano più? Dobbiamo davvero rassegnarci a sorbirci tre mostriciattoli della Clerici, che cantano "O Sole mio" ? Dobbiamo rassegnarci, per forza, a Suor Cristina? Forza, ragazzi, chi c'è batta un colpo (o un riff)!
1) Qui non si tratta di addossare le colpe a qualcuno, ma solo di interpretare dei dati storici incontrovertibili: il movimento finì per la sua incapacità di compattare in un solo progetto politico i nuovi soggetti Autonomi nati dopo il 74 con la linea dei gruppi. Una crisi che trascinò con se anche "l'ideologia della festa" e con essa, anche tutte quelle forme espressive che vi venivano veicolate (prog incluso).
2) La ricomposizione tra ideologia e idealismo - separati dopo la strage di Piazza Fontana - non fu un processo forzato, ma avvenne nel 73 quando, a fronte di alcuni segnali precisi (principalmente la consapevolezza dell'Undeground di non poter incidere sulla rivoluzione perseverando in una linea isolazionista, e l'apertura dei gruppi a nuove strategie creative a fronte dell'incomunicabilità con le forme di rappresentanza primarie) si optò comunemente per "centralizzare la lotta", recuperando le ipotesi del 69 e accogliendo tutte le istanze possibili. Si ridiscussero i ruoli e nacque così la stagione della Contocultura.
Non fu una convivenza facile, è vero, ma comunque cementata da una comunanza libertaria che aveva dato i suoi primi segnali nell'occupazione dell'Hotel Commercio del 69 e nelle analisi underground sul "tempo libero" e sul "tempo liberato".
3) Sulle contraddizioni del rapporto tra gruppi e movimenti, sui servizi segreti e sulle quinte colonne, prferisco non dilungarmi ora.
PS: ti prego, firmati. "Anonimo" è prprio "out"
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