Picchio dal Pozzo: Picchio dal pozzo (1976)

picchio dal pozzo 1976I PdP si formano come quartetto a Genova intorno al 1973 per opera di Andrea Beccari, Paolo Griguolo, Giorgio Karaghiosoff e Aldo De Scalzi, fratello di Vittorio dei New Trolls e co-proprietario della discografica Grog presso il Forte di San Martino di Genova-Sturla.

Pur suonando costantemente insieme dal 1973, i ragazzi però decidono di essere pronti per un disco solo verso la fine del 1975 e una volta entrati in studio, le matrici vengono terminate in relativamente poco tempo.

Tuttavia, per il lancio ufficiale, mancano ancora due elementi fondamentali: una copertina e un nome da dare sia al disco che al gruppo.
Per il nome fu deciso per Picchio dal Pozzo ispirandosi a una figura misteriosa (che sembrava proprio il pennuto vicino ad un pozzo) che Karaghiosoff aveva incollato su un foglio a tergo di una sua poesia.

La copertina fu invece presa a prestito da un calendario per bambini dell’editrice Heinrich Ellermenn Verlag di Amburgo, e il gioco fu fatto.

Certamente Zappa, Henry Cow, e Hatfield and the North devono aver insegnato molto ai quattro musicisti, ma non solo: nel loro album d’esordio c’è anche un marcato retrogusto di Weather Report specialmente nell’uso di fiati e tastiere e soprattutto di Gong e di Soft Machine nel riproporre con disinvoltura quelle atmosfere oniriche che furono care al Canterbury.

Malgrado le autorevoli citazioni però, il risultato è tutt’altro che derivativo, anzi: l’isieme funziona a meraviglia e nel complesso prevale una matrice autoctona davvero interessante e ben equilibrata, specie negli interventi vocali che restituiscono una vena sarcastica e moderna tale da inserirsi pienamente nel suo momento storico.
D’accordo che in “Seppia” sembra quasi ascoltare i deliri cosmici di Gilly Smith, ma il sound che sta alla base e i breaks che lo connotano, sono nostrani al 100%: c’è una certa violenza timbrica che richiama quella sociale in corso nel 1976, uno spiccato gusto ironico, jazz e dulcis in fundo, un dadaismo letterario che anticipa con lungimiranza quello che sarebbe stato almeno in parte lo stile del movimento ’77.


picchio dal pozzo sturlaL’immagine sonora è compatta ed è davvero sorprendente come tutte le sue diverse digressioni rientrino infine in un solo kernel tanto destrutturato quanto narrativamente stabile.

Grazie ad un costante uso dell'ironia, nulla di questo disco “spaventa” l'ascoltatore: nemmeno gli interventi concreti o free.
Prendiamo per esempio albums come “Fetus” o “Pollution” di Battiato: in quel caso la provocatorietà, il “nuovo ad ogni costo”, l’esasperata sperimentazione potevano impensierire, sconvolgere, far quasi pensare che l’artista ci stesse schiaffeggiando. In “Picchio dal Pozzo” invece no.
Qui la trasgressione è se vogliamo “amichevole” nella sua eccellente sintesi tra elementi: quasi se fossimo comodamente seduti a teatro per assistere a una rappresentazione futurista.

La contaminazione regna sovrana ma senza mai annullarsi nella ripetitività o nell’autocelebrazione.
Il dosaggio degli elementi sonori è perlomeno avvincente e alla fine dell’ascolto, forse, rimane una sola domanda: “Come mai tutto questo?”

Personalmente mi piace pensare che "l'articolata complessità" di questo gruppo fosse realmente il “risultato estremo” di un percorso nato nel lontano 1973 e che ha sintetizzato nel migliore di modi quasi un lustro di musica antagonista: una sintesi talmente faticosa che ci vollero due anni per perfezionarla e almeno 3 anni per produrne una nuova.

picchio dal pozzo aldo de scalziDel resto, certi capolavori non possano nascere su commissione c’è bisogno di concentrazione, assimilazione, ragionamento.
Occorre fare un grosso lavoro su se stessi e sulla propria collocazione all’interno di una società in transizione.
Bisogna restare freddi, ma allo stesso tempo sensibili rispetto a ciò che ci piace e cosa no; tradurre in note un insieme di percorsi che nemmeno i migliori sociologi potrebbero disvelare e, in questo senso, mi si permetta di dire che i PdP furono perfetti.


L’album, è vero, non ebbe un gran riscontro di vendite, ma in fondo qui ci occupiamo di culture sommerse e almeno in questo caso, poco importano i dettagli perchè qui il lavoro svolto è stato talmente caratterizzante da diventare col tempo un "cult".

Personalmente dunque, annovererei tranquillamente “Picchio dal pozzo” tra i migliori album del ’76 accanto a “Maudits” degli Area: due sistemi altrettanto validi di leggere una disgregazione sociale, con la sola differenza che gli Area furono analisti duri e puri, mentre i “Picchio” prelusero a un altro tipo di futuro con due anni d’anticipo sui movimenti più sarcasticamente destabilizzanti.
Il dibattito, naturalmente, è aperto.


SI RIGRAZIA IL SITO UFFICIALE DEI PICCHIO DAL POZZO PER LA GENTILE CONCESSIONE DELLE IMMAGINI

7 commenti :

taz ha detto...

Non voglio sottoscrivere tutto quello che dici ma...lo sottoscrivo!!!...e credo che anche Aldo, se leggesse quanto hai scritto, sottoscriverebbe...lo dico con certezza perchè molti mesi fa ebbi l'occasione di parlare con lui di questo lavoro...e quello che dici me lo disse anche lui...Per me lavoro non facile da digerire subito...ma col tempo da apprezzare propio per quel "futuro" che si respira nelle loro composizioni..Grandi complimenti cmq ad Aldo...uno dei migliori compositori di musiche da films in Italia...ciao

Anonimo ha detto...

Per la serie...."quando prendere ispirazione da qualcuno non vuol dire necessariamente scopiazzare".

L'album è molto bello, ben suonato, ben registrato ed evidenzia la spiccata personalità compositiva del gruppo. Pur prendendo spunto dalla scena di canterbury, non si limita ad emulare il genere, ma prende spunto da esso per proporre un lavoro originale.

E' sicuramente uno dei migliori lavori del 1976. Grande merito ai Picchio dal Pozzo e ad Aldo De Scalzi, fratello meno conosciuto di Vittorio, alla quale va anche il merito di aver portato in sala di registrazione un gruppo come i Pholas Dactylus....

Alex77

zeuggio ha detto...

Ciao JJ, come mai non è stato considerato CAMERE ZIMMER ROOMS?

JJ John ha detto...

Questo sito si occupa di Prog italiano anni '70 (quindi dal 1970 al 1976) con strizzate d'occhio ad albums particolari per valenza artistica o collezionistica che vengono immediatamente prima o dopo.

"Camere zimmer" è un album antologico di registrazioni inedite tra il 1977 e il 1980 pubblicato nel 2001.
Al momento quindi è un "side-project" come dicono i manager...
Però magari arriverà anche lui.

ravatto ha detto...

In questi giorni, riascoltavo "Abbiamo tutti i suoi problemi" del 1980.
JJ, ero io quell'utente che ti chiedeva una scheda su Camere Zimmer Rooms: secondo me solo per "Il presidente", la meriterebbe! ;)
I PdP hanno la capacità di estraniarmi dalla realtà: mi ristabilizzano!

Più in generale le atmosfere, le sonorità del Canterbury mi rilassano, mi fanno viaggiare nella coscienza...ci sono brani come Licks for the Ladies degli Hatfield, R.F.D. dei Quiet Sun, Arriving Twice dei Gilgamesh che fanno parte della mia personale colonna sonora.

Ascoltiamoci questa versione di Arriving Twice cantata da Clara Zucchetti..

https://www.youtube.com/watch?v=5Zp8nbvgqJQ

Anonimo ha detto...

Disco straordinario questo esordio omonimo del Picchio dal Pozzo !

Atmosfere oniriche e cangianti danno vita a una sorta di Canterbury italiana .

E anche Abbiamo tutti i suoi problemi del 1980 è un grandissimo lavoro , forse ancora più complesso per via delle influenze derivanti dal Rock in Opposition ma non meno affascinante e intrigante .

Un gruppo davvero eccellente

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Indubbiamente il capolavoro di questo grande gruppo !

Michele D'Alvano