I.P. Son group: I.P. Son group (1975)
Dopo un convincente esordio come discografico e produttore nel 1974 a fianco degli Albero Motore, il popolare rocker Ricky Gianco conferma le sue doti artistiche e manageriali creando una nuova etichetta discografica a distribuzione Ricordi, l’”Ultima Spiaggia”, allo scopo di diffondere le realtà più innovative della musica d’autore italiana.
Ideologicamente vicina allla sinistra autonoma ed estremamente sensibile alle problematiche sociali, la nuova label si distinguerà sin dai primi due dischi in catalogo: lo straordinario “Quelli che...” di Enzo Jannacci e il caustico “Uoaei” che lancia il giovane e promettente Ivan Cattaneo e passa alla storia per essere stato il primo album di gay-rock degli anni ’70.
Negli anni successivi poi, l’Ultima Spaggia produrrà altri piccoli gioielli quali i primi lavori di Roberto Colombo (oggi compagno dell’ex Matia Bazar Antonella Ruggiero, ma allora collaboratore di Patti Pravo), l’epocale “Ma non è una malattia” del poeta Gianfranco Manfredi, “Rapsodia Meccanica” di Francesco Currà, “Disoccupate le strade dei sogni” di Claudio Lollli e uno splendido “uno-due” dello stesso Gianco con “Alla mia mam...” (1975) e il suo capolavoro assoluto: lo struggente “Arcimboldo” (1978).
Sempre dotati di una grafica intelligente e personale, i dischi dell’Ultima Spiaggia si distinsero per abbracciare nei loro solchi qualunque “diversità sonora” potesse risiedere nel panorama delle nuove creatività, sino ad arrivare, nel caso degli I.P. Son Group, al uno dei primi esperimenti di miscellanea interrazziale.
Certamente già alcune bands del passato avevano ospitato musicisti di colore nei loro dischi (pensiamo solo al percussionista indiano Ramasandiran Somusundaran che suonò nei Procession e nella Bambibanda e Melodie o al brasiliano Mandrake nei Perigeo), ma di norma si trattava solo di “contributi esotici” ad una musica che rimaneva fondamentalmente bianca.
Inoltre, anche là dove le note si facevano più “africane” come nel caso di Nadma e Aktuala, la maggioranza degli esecutori era sempre di origine europea.
I.P.Son Group, fu invece un gruppo realmente misto dove ai tre musicisti milanesi Marco Rossi, Marco Merilli e Alberto Tenconi, si affiancavano i due percussionisti africani Nick Eyok e Mohammed El Targhi.
Non solo: tutto il primo album della band (inciso due anni prima ma pubblicato solo nel ’75 quando il quintetto si era già diviso) restituiva un sound marcatamente extra-europeo e dotato di una certa fascinazione, praticamente inedita considerato l'anno di pubblicazione.
Purtroppo però, al di là delle buone intenzioni e dell'indubbia sincerità artistica, l’album non funzionò, procurando alla discografica di Gianco il suo primo flop commerciale, tanto da essere ancora oggi assai ricercato nel mondo dei collezionisti.
A parte il precoce scioglimento della band che ovviamente ne impedì la promozione, il problema principale fu che “I.P. Son Group” non riuscì nemmeno per un attimo a restituire quella modernità che ci si aspettava.
Questo perchè tutti e nove brani del disco, sembravano (ed erano) di fatto delle altalenanti sequenze in stile meticcio che richiamavano largamente quelle già stra-abusate e stra-sentite in migliaia di raduni freaks (si immagini un misto tra gli Aktuala e i Grateful Dead) o comunque, richiamavano un groove che avrebbe potuto essere attendibile due o tre anni prima, ma non certamente nel 1975.
In questo senso, anche i pezzi a struttura più variegata (“Raggio di sole”) non riuscirono a scrollarsi di dosso le loro radici post-underground appesantendo non poco tutto il lavoro.
Ci si aggiunga anche una certa noia timbrica (es. in “Sahara”) dovuta un po’ all’incisione leggermente cavernosa e un po’ alla limitatezza della line-up , e si otterrà un disco infelicemente prolisso e non del tutto attraente.
Detto ciò non vorrei che si pensasse che la scelta di Gianco di produrre questa band non fu quantomeno originale o coraggiosa, ma come abbiamo già spiegato nella scheda storica del ’75, il linguaggio controculturale aveva preso tutta un’altra piega rispetto alla cultura freak, ormai quasi completamente dimenticata.
8 commenti :
Eh già, L'Ultima Spiaggia...gran bella etichetta, forse dopo la Cramps la più importante delle indipendenti degli anni 70. Peccato non durò molto. A parte qualche eccezione non mi risulta che i dischi di questa label siano stati ristampati in CD, col risultato che gli originali siano scambiati a cifre ragguardevoli.
Parlando degli IPSon Group, devo dire che mi è piaciuta la tua definizione di un misto fra gli Aktuala e i grateful Dead, magari non del tutto precisa ma rende bene l'idea. A me personalmente il disco piace anche se forse ci sono alcune forzature etniche di troppo.
Comunque la tua ultima frase è illuminante: effettivamente non era più il tempo dei fricchettoni.
ma a parte tutto jj, che ne pensi del disco "ultima spiaggia (disco dell'angoscia)" di gianco e manfredi?
a me è piaciuto molto.
Anche a me. Ne parleremo.
Ti confido per ora che sino a "non si può smettere di fumare" sono stato un fan più che accanito di Gianco e Manfredi.
ho anche gli altri, si.. compreso "fumare" . devo solo trovare il tempo di ascoltarli tutti. gianco mi è sempre rimasto simpatico ma devo dire che questo disco mi ha davvero sorpreso. non immaginavo..
MAI SENTITI TIPO AKTUALA/NADMA O COS'ALTRO? CIAO JOHN ATTENDO UNA TUA RISPOSTA GRAZIE UGO
Fai conto degli Aktuala un pò più acidi, ma meno raffinati.
Lavoro discreto
Michele D'Alvano
ho trovato una copia di I.P.Son Group , quanto potrebbe valere ?
Posta un commento