Saint Just: La casa del lago (1974)
Dopo il lusinghiero riscontro ottenuto con il primo Lp, la Emi pensò di premiare i Saint Just affittando loro una casa sul Lago di Bracciano (RM) dove lavorare indisturbati per qualche mese sul loro secondo album.
Evidentemente la discografica credeva molto nelle potenzialità del trio Sorrenti-Verde-Fix e il gruppo non lesinò in apparizioni promozionali dal vivo tra cui il “Be-In” degli Osanna, Civitanova Marche e il Nettuno Pop.
Ciò nonostante, poco prima di entrare nella tenuta romana, il sassofonista Robert Fix diede forfait per iniziare una brillante carriera di session man e riducendo momentaneamente i Saint Just a duo.
Per nulla scoraggiati, Toni Verde e la Sorrenti, allora compagni anche nella vita, trasformarono la casa sul lago in una vera e propria Comune aperta, calamitandovi tutti i migliori musicisti dell’area napoletana. Tre di essi, il chitarrista Tino Rinesi, il tastierista Andrea Faccenda e il batterista Fulvio Marras entreranno stabilmente nell’organico, mentre il milanese Vince Tempera (all’epoca tastierista de “Il Volo”) vi collaborerà sia suonando gli archi, sia in veste di arrangiatore di tutti i brani.
Il risultato vede la luce nel 1974 ed è un prodotto assai distante dalle atmosfere del primo album, riflettendo in gran parte quel clima di serenità che si respirava durante la sua stesura.
La copertina non propone più visioni ovattate ma, non a caso, un fotomontaggio della villa e dei musicisti, quasi a voler confermare la biunivocità tra i due elementi, cosa confermata anche dalle parole della Sorrenti:
“La casa divenne una sorta di ritrovo, un laboratorio in cui trovavano accoglienza giornalisti, produttori e strumentisti italiani e stranieri. Diversi musicisti inglesi venivano a trovarci la sera, quando ci riunivamo davanti al grande camino per provare i nuovi brani. Io penso che La casa del lago sia stato il primo esperimento in Italia di progetto musicale in cui si suonava e si aveva contatti con artisti esteri, mettendo in atto un vero e proprio scambio di culture”. (fonte: wonderoustories.it)
Ad essere onesti, il secondo lavoro dei Saint Just non fu l’unico nato da un’esperienza comunitaria: prima arrivò il Balletto di Bronzo, ma ciò che scaturì dal “buen retiro” di Verde e soci, diede risultati sicuramente meno tossici.
Musicalmente il mentalismo del primo ellepì, venne bypassato da un sound più diretto in cui la mescola tra l’originale amore per la West Coast e un certo gusto Prog, diedero vita a nuovi scenari musicali.
Tecnicamente, si percepisce che venne data molta più importanza all’interattività umana che non alle reali capacità tecniche e proprio a questo proposito, ricorda ancora Jenny Sorrenti:
“Fulvio era in realtà un percussionista che con noi si mise a suonare la batteria. Si accodò senza capirci assolutamente niente, spesso sbagliava i tempi però come persona ci piaceva. Tito Rinesi era il più chiaro: lui aveva in mente la West Coast e nient’altro. [...] Andrea Faccenda invece era completamente fumato, non sapeva neanche cosa stavamo facendo” (fonte: wonderoustories.it)
Malgrado l’atmosfera dichiaratamente freak però, il risultato fu straordinariamente organico e spensierato.
Per esempio, il brano “Tristana” che apre l’album, è un rock inizialmente terzinato che dapprima lievita in un vulcanico crescendo, e infine sfocia in una liberatoria piena orchestra che abbraccia vorticosamente tutti i contributi energetici di ogni singolo componente del gruppo.
I vocalizzi di Jenny (che, fateci caso, qui sembra la musa ispiratrice di Antonella Ruggiero) cementano ogni misura sino ad arrivare allo scherzo finale in cui il brano si dilata in un buffo quadretto dal sapore mediterraneo.
“Nella vita, un pianto” riprende il tema finale di “Tristana” e, pur essendo più lineare, sembra essere il punto di maggiore contatto con l’album precedente e fu proprio a causa di questo paragone, che i critici più malevoli accusarono i Saint Just di un’indesiderata semplificazione del sound che, a tratti, sembra più riferirsi a certi It’s a beautiful day che non a un’ispirazione realmente autoctona.
In “Viaggio nel tempo” è sempre evidente la mano “californiana” di Rinesi mentre la title track e “Messicano” sono probabilmente le canzoni più rappresentative della gioiosità che permeava il lavoro collettivo.
“La casa del lago” insomma, spazzò via l’immagine intimista e sperimentale dei primi Saint Just, offrendocene un’altra più libera e dilatata: segno tangibile di una sopraggiunta indole comunicativa che tuttavia non riuscì più a slegarsi dalla dimensione che l’aveva generata.
Di fatto, la rottura sentimentale tra Jenny e Tony sancì la fine del gruppo malgrado l’ottimo riscontro dei concerti promozionali. Da quel momento, i due avrebbero proceduto separatamente.
“Nulla di strano” direbbe qualcuno. E’ vero, ma l’amore, in qualunque forma si presenti, è anch’esso una componente dell’arte.
12 commenti :
Il primo dei Saint Just è nella mia personale classifica dei primi 10, forse dei primi 5, dischi italiani più belli di tutti i tempi. A confronto con tale capolavoro "La casa del Lago" è 'soltanto' un ottimo lp.
Concordo con la tua analisi; disco più aperto e solare rispetto al precedente...ma la magìa è andata persa.
Ecco, appunto.
E'difficile replicare un disco come il primo dei Saint Just, anzi impossibile.
Resta comunque la testimonianza di un'ottima vena creativa, durata purtroppo molto poco.
Concordo con te sul fatto che la voce di Jenny abbia in qualche modo influenzato la Ruggiero, e forse anche qualcun'altra
Personalmente ascolto ancora volentieri questo disco...
Due dischi, due capolavori
e poi Jenny Sorrenti...
MUSICALMENTE QUESTO DISCO è PIù VARIO E RITMATO MA LA VOCE LA TROVO DISTANTE(FORSE X UN PROBLEMA TECNICO NEL MISSAGGIO)ED ANCHE I TESTI SI CAPISCONO MENO RISPETTO AL PRIMO DISCO.A MIO AVVISO LA MAGIA DELL'ESORDIO è ANDATA PERSA(AD ECCEZIONE DEL BRANO "NELLA VITA UN PIANTO")E ANCHE IO AFFERMO CHE L'ESORDIO RESTA TRA I DISCHI + BELLI E SINGOLARI DEL PROG 70'S!
Salve a tutti, nonostante ascolti molto molta musica la prima volta con la casa del lago è stata oggi... vinile ristampa della akarma. Ho fatto due osservazioni, cioè che la voce si sente male (ho dato la colpa alle vituperate ristampe) e poi ho pensato "oddio sembra il modo di cantare della ruggero, soprattutto anni 70". Venuto a scrivere di queste di impressioni noto che sono già state enunciate, e allora mi accodo e ribadisco.
Ciao John e continua così,
Simone
JOHN DEI DUE DISCHI POSTUMI DELLA JENNY(CHE NON HO MAI SENTITO)QUALE RITIENI MIGLIORE?SUSPIRO OPPURE QUELLO OMONIMO?UGO
scusa mi son espresso male quando ho detto postumi intendevo quale dei due dischi post saint-just visto che il disco è postumo quando vienepubblicato svariati anni dopo la sua incisione.dunque quale dei suoi due dischi solisti? mi scuso per l'errore ugo
"Suspiro" tutta la vita.
"Saint Just", il primo, invece oggi è sempre più quotato presso i collezionisti. Specie se EX.
Mint, non ne parliamo.
Lavoro discreto .
Dei Saint Just ho sempre preferito il magnifico esordio
Michele D'Alvano
Anche per me Suspiro è il miglior disco di Jenny Sorrenti da solista !
Michele D'Alvano
Di Jenny Sorrenti carino anche il disco omonimo del 1979
Michele D'Alvano
In definitiva, La casa del lago è un disco gradevole e ben suonato .
Nella vita, un pianto è il mio brano preferito di questo buon lavoro .
Michele D'Alvano
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