Bella Band: Bella Band (1978)
Il disco d’esordio dei fiorentini Bella Band, capitanati dall'ex batterista del Campo di Marte Mauro Sarti, è l'ennesima dimostrazione di come nei due anni successivi alla fine della controcultura, il prog avesse lasciato carta bianca al jazz rock, alla fusion e a tutti i loro universi paralleli.
Il tutto, anche se in Italia l’assimilazione della potenza eversiva del jazz da parte del panorama antagonista giovanile fu tutt’altro che facile.
Di fatto, fino almeno al 1978 le sue forme più “pure” (swing, rag, bebop, cool ecc), o rimasero territorio di pochi cultori o, se non venivano filtrate da esponenti del movimento, non solo stentavano ad attecchire, ma venivano snobbate se non addirittura rifiutate.
In altre parole, anche se il progressivo si nutrì massicciamente di scale jazz, queste erano bene accette solo se “contestualizzate” all’interno di un sistema rivoluzionario e poco importava se il jazz era nato esso stesso come musica rivendicativa, libertaria e reazionaria, al punto di diventare uno degli strumenti fondamentali della lotta di classe dei neri americani.
Sta di fatto che sino almeno al 1978, l'antagonismo italiano lo trattò certamente con rispetto, ma anche con quell’ostilità dovuta alla sua estraneità politico-culturale ed alla sua complessità dialettica, anche malgrado questa rappresentasse un perfetto connubio tra solismi e tecnica collettiva.
Dunque, anche se formazioni come Area, Perigeo, Etna o Dedalus lo avevano già proposto con successo alle masse giovanili, dopo la fine della controcultura nel 1976 si pose il non indifferente problema di ricollocare il Jazz ben oltre i limiti del movimento e per farlo, ci vollero almeno due anni di paziente lavoro.
In un primo periodo infatti, senza più riferimenti ideologici e progettuali che lo tenessero a freno, l’originario senso di diffidenza e di estraneità per il Jazz classico, esplose in tutta la sua contraddittorietà all’edizione di Umbria jazz del 1976, dove alcuni tra i suoi massimi esponenti tra cui Art Blakey, Chet Baker e Dizzy Gillespie vennero ferocemente contestati provocando addirittura la sospensione della manifestazione per ben due anni.
Nel contempo però, l’inarrestabile spirito contaminatorio di una musica che in fondo da noi era già ben radicata dal dopoguerra e che ora stava liberandosi da troppe sovrastrutture, non potè che emergere in maniera costante, anche e soprattutto grazie a grandi innovatori il cui senso di ricerca era pari se non superiore a quello dei primi sperimentatori pop degli anni ’70: Enrico Rava, Franco d’Andrea (ex Perigeo), Marcello Melis, Liguori, Centazzo, Di Staso, Schiano, Mazzon e molti altri.
Le infinite varietà del “free-form” si sostituivano insomma alle rigidità strutturali e tematiche del prog e la duttilità esecutiva del Jazz (eseguibile praticamente ovunque) potè germogliare indisturbata proprio nel momento in cui gli “spazi liberati” per il prog rock si stavano assottigliando.
E mentre dunque il Jazz italiano viveva quella che i molti critici chiamarono la sua “stagione incantata”, molti degli epigoni del pop nostrano non poterono che prenderne atto approfittando essi stessi della nuova onda.
In questo senso, la lettura dell’unico album dei Bella Band (1978) risulta assai interessante, soprattutto per quella sua ricchezza armonica che andò ad aggiungere alle desuete forme del prog-jazz movimentista un tocco di novità ben percepibili sin dal primo brano del loro album eponimo per la storica etichetta Cramps.
Ciò che salta immediatamente all’orecchio ascoltando “Fadiesis” infatti, è a mio avviso una sorta di motus liberatorio da qualsiasi schematismo, ben evidenziato da un’orchestrazione impetuosa e da un’impiego quasi melodico dei fiati che sino a qualche anno prima avrebbe messo in dubbio l’onestà di qualsiasi gruppo esordiente.
Eccellente anche la successiva “Promenade” dove tra poliritmie, classicismi, e impeti free si respira ancora un po’ di sana aria controculturale, ma questa volta meno timorosa di dogmatismi critici, più libera nel suo fluire espressivo che non si fa alcun problema nell’interrompersi, nel riprendersi e nel mescolare le carte dell’armonia, strizzando l’occhio anche ad atmosfere più rilassate.
Il groove generale richiama a tratti lavori quali quelli del Baricentro, ma con atmosfere decisamente più articolate e propositive: in sostanza un lavoro organico, piacevole, tecnicamente ineccepibile e nondimeno, più che gradevole per gli appassionati del genere.
Cinque stelle, direi, e non una di meno.
7 commenti :
Cd Acquistato a Tokyo: soldi spesi BENISSIMO.
Pulizia esecutiva, missaggio eccellente, brani melodicamente e ritmicamente coinvolgenti.
Batteria di ottimo livello con poliritrmie precise e ben dosate.
Sebbene il gruppo sia fondamentalmente strumentale, non mi dispiacerebbe ascoltare, nel mezzo del turbinio di note, anche qualche parola, qualche frase...Una voce, insomma.
Bel disco, ma andrei cauto a considerarlo "da cinque stelle".
La Bella Band è un ottimo gruppo, ma alla fine presenta un lavoro....derivativo.
Mi sembrano comunque più validi (a livello compositivo) di altri gruppi italiani loro contemporanei, come ad esempio i Baricentro.
L'unico lavoro nostrano del 1978 che ho ascoltato è che considero (ad oggi) un disco "a cinque stelle" è il primo lp omonimo di Mauro Pagani.....praticamente world music, suonata con grandissimi strumentisti e con alla voce Stratos e anche la grande De Sio.
alex77
Oddio Alex, se pensi a quello che faceva il Baricentro nel '78...
c'è da farsi venire un colpo.
Se invece parli di "Sconcerto", beh io lo adoro al di la di ogni decenza, ma quello si che era "Weather report".
"Bella Band" almeno ci hanno messo un po' più di farina del loro sacco e poi, penso abbiano "osato" molto di più a livello armonico.
Comunque, stelle a parte kai ragione: il lavoro di Pagani è davvero su un altro pianeta.
Alle volte si adorano alcuni album oltre ogni tipo di decenza.
Io ad esempio ho letteralmente consumato i cd (nn gli lp, ma bensì i cd) dei Perigeo....gruppo che adoro oltre ogni ragionevole "decenza" (per l'appunto)....e tra l'altro tra i loro album in studio....ho "divorato" nel corso degli anni "la valle dei templi", proprio un album che da te in questo stupendo blog....ho bocciato, inquanto poco innovativo rispetto ai loro lavori precedenti.
Quindi stai tranquillo, che ti capisco. Un conto è essere un critico (o almeno cercarlo di essere)....ed un conto è seguire il proprio cuore....
Oltre ai Perigeo negli anni ho consumato (in questo caso anche qualche lp oltre ai cd).....anche molti lavori dei New trolls della prima metà dei 70....anche qui Concerto Grosso, Ut e Searching sono lavori che personalmente adoro molto....anche se li ho quasi tutti stroncati qui nel tuo blog, inquanto per me spesso erano derivativi, poco omogenei e nn sempre riuscivano a proporre un album tutto su alti livelli....
In ognuno di noi regna il cuore da una parte e la ragione dall'altra....
alex77
Ma infatti. Come ho detto più volte: un conto è il ruolo dell'analista, un altro è quello dell'essere umano che si rilassa sul divano di casa o che sta cucinando per gli amici come spesso mi accade.
Personalmente non mi sono mai sbilanciato molto ma, per restare nel prog io ascolto spessissimo Alluminogeni, Errata Corrige, Baricentro, Adriano Monteduro ("Mezzogiorno" che carina quelle canzone), Alphataurus ("La mente vola"... la canticchio in tram), RDM La Bibbia, Rustichelli e Bordini ("Natività"... che potenza!), Garybaldi ("Martha Helmuth"... impareggiabile), piuttosto che altri gruppi ben più blasonati.
Mi fanno stare bene e a quel punto chi se ne frega dell'analisi critica. Gli Area per esempio mi innervosiscono perchè mi richiamano alla mente certe situazioni. Allo stesso modo mi piace addormentarmi col Banco.
"La conquista della posizione eretta" e mi faccio delle dormite così!
Poi ovvio... non toccatemi Sergio Endrigo, i Popol Vuh o i Weather Report perchè lì scatta la dimensione cosmica :-)
Ottimo disco di jazz-rock !
Piacevole da ascoltare e tecnicamente mirabile
Michele D'Alvano
Riascoltato oggi, si conferma un disco eccellente, gradevolissimo e raffinato, musicalmente esaltante e coinvolgente .
Michele D'Alvano
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