Arti e Mestieri: Tilt (1974)

arti e mestieri_01 Come abbiamo già accennato, il 1974 fu un anno di transizione contrassegnato dalla progressiva atomizzazione della galassia Controculturale.

Il profondo mutamento dello scenario Pop che ne seguì, vide da un lato l'inasprimento del sound di certe bands nell'intento di fotografare le tensioni socio-politiche dell'epoca (Area, Dedalus) e dall'altro, l'avvicendamento di quei gruppi che non ressero al cambiamento con formazioni nuove che proponevano sonorità sempre più articolate e distanti dal Progressive originario.

Trai gruppi più rilevanti di questa nuova ondata ci fu sicuramente il sestetto degli "Arti e Mestieri", fondato verso la fine del 1973 a Torino dall'ex batterista dei Trip Furio Chirico insieme a Gigi Venegoni, Giovanni Vigliar e Arturo Vitale che avevano precedentemente militato nel gruppo Prog-Jazz "Il sogno di Archimede". Completavano la formazione il bassista Marco Gallesi e il tastierista Beppe Crovella.

Battezzatisi inizialmente solo "Arti", i sei musicisti intrapresero da subito una notevole attività live trovandosi a suonare con PFM, Gentle Giant e soprattutto con gli Area, coi quali approdarono al Festival del Parco Lambro a Milano nel giugno '74, suscitando l'entusiasmo di critica e pubblico.

Mutato il nome in "Arti+Mestieri", pubblicano poco dopo il loro primo album, "Tilt", prodotto dallo stesso Paolo Tofani degli Area, distribuito su scala nazionale dalla Dischi Ricordi e dotato di una lussuosa veste grafica che, all'interno della leggendaria copertina con l'imbuto tra le nuvole, conteneva anche due gadgets promozionali (un imbuto di cartone e un poster).
arti e mestieri_02L'accoglienza al disco è unanimemente positiva e, cosa ancora più straordinaria, lo è anche da parte delle frange più radicali del movimento, di norma diffidenti e poco benevole verso la Cramps di Gianni sassi, considerato da alcuni troppo "imprenditore" per essere credibile.

Comunque sia, gli "Arti e Mestieri" non solo propongono un prodotto molto ben curato ed eseguito, ma diventano in breve tempo anche una band di culto grazie al loro impegno politico e sociale.

Pur ricordando i Soft Machine di quel periodo - ed evidentemente debitore al Miles Davis di "Bitches brew" - il sound di "Tilt" si presenta come una mescola tra Jazz e Rock sufficientemente personale per distaccarsi dai suoi contemporanei.

Veri e propri marchi di fabbrica sono per esempio, le esecuzioni all'unisono di più strumenti dei temi principali (es:"Gravità"), la passionalità della sezione ritmica che crea essa stessa un secondo livello percettivo e la grande ricchezza di ambienti proposti: lunghe composizioni hard jazz ("Articolazioni"), brevi intermezzi sonori che dinamizzano la sequenza dei brani ("Scacco matto", "Tilt"), e qualche pezzo cantato ("Strips") che, pur non eccellendo in poetica, completa il panorama dell'album.
arti e mestieri_03Numerose anche le parti soliste che si alternano nei vari passaggi con particolare riferimento alla bravura del fiatista Arturo Vitale che in "In cammino" da il meglio di se.
Con lieve autoreferenzialità, il sito degli Arti e Mestieri ci ricorda inoltre che: "oltre alla funzione orchestrale ogni strumentista nella band ha larghe possibilita' di intervento solistico. all'interno comunque di strutture armonico-ritmiche-contrappuntistiche manifestate del resto della band oppure in spazi pseudo acustici o solistici all'interno dei concerti."


In sostanza, potremmo dire che, al di là di ogni ulteriore valutazione musicale, l'importanza di questo lavoro risiedette anche e soprattutto nell'aver ulteriormente consolidato all'interno del movimento giovanile il linguaggio del Jazz che, di lì a poco, avrebbe contaminato il Prog sino a creare linguaggi totalmente inediti.

In più, la sua mistura con l'elettronica e il Rock - già portata avanti dagli Area e dalle estreme provocazioni dei Dedalus -  l'ulteriore conferma di quel cambiamento che già da un anno a quella parte, iniziava ad essere veicolato con un certo riscontro dalle prime edizioni di "Umbria Jazz".
I giovani stavano insomma introitando nuove sonorità, e il Progressive andava loro sempre più stretto.

30 commenti :

taz ha detto...

Con loro e con questo disco ho poco da dire, é uno dei miei preferiti...la musica le atmosfere le sospensioni dei suoini la voce i riff...io l'ho sempre preferito a Giro di Valzer che quasi tutti indicano come capolavoro della band... ancora oggi quando ascolti i loro pezzi ri-arrangiati nelle loro tourneè asiatiche ti accorgi della stravalidità del lavoro fatto in quegli anni....pezzi attualissimi...insomma io lo promuovo alla grande per questo'74

Anonimo ha detto...

La prima metà è ottima, la seconda metà perde un pò di smalto ma rimance comunque piacevole.

Anonimo ha detto...

X me questo è un gruppo dotato di grande tecnica e di sufficente originalità (come dice JJ), ke propone un ottimo esordio......debitore però nei confronti del jazz-rock internazionale del periodo.

Certo essere originali nel campo del jazz-rock nei 70 non era facile; probabilmente solo gli Area (.....e si alla fine sempre loro) han veramente proposto qualcosa di realmente originale in questo campo nella ns. penisola.

Altra nota dolente: il canto.....non all'altezza, fa perdere qualke qualkosa ad un opera dal punto di vista tecnico veramente eccellente.

Ci penserà la bella voce di Gaza a porre rimedio a questo limite, peccato ke io trovi il successivo album una copia del presente TILT.

Comunque gran gruppo, a dimostrazione ke torino negli anni 70 possedeva veramente dei gruppi validi, in grado di dire la loro....

alex 77

JJ JOHN ha detto...

Ma nessuno pensa che questo disco sia stato un po' sopravvalutato?
I Perigeo avevano già iniziato lo stesso discorso due anni prima e non mi pare che "Tilt" sia molto meglio o molto più originale.
Forse il Perigeo ha pagato lo scotto di essere una novità, mentre gli A&M avevano la strada già spianata.
C'e qualcuno che ha qualche opinione in merito?

Anonimo ha detto...

A conti fatti preferisco i PERIGEO, ma forse gli ARTI & MESTIERI avevano azzeccato il nome.

Andy

taz ha detto...

Secondo me già l'uso del violino...un batterista e un chitarrista più rock...le atmosfere sono diverse, nel perigeo sono più acide negli arti più soft, opinioni personali...il fatto che mi ricordi qualche ritornello mi da l'impressione che il loro lavoro sia stato più armonioso del perigeo...ciao

URSUS ha detto...

Miei concittadini,alcuni di loro conosciuti in famiglia,ma non mi hanno mai fatto impazzire...bravi si,ma anche io preferisco i nomi già citati.

Anonimo ha detto...

I perigeo avevano secondo me una maggior raffinatezza e sensibilità a livello compositivo. E alla fine anke io preferisco loro agli arti e mestieri.

Tra l'altro nella produzione di Tilt si sente un tocco di areazione di quel genietto di Tofani.....e della cramps; insomma alla fine non è tutta farina del proprio sacco.

Gli ARTI mi sembrano superiori a livello tecnico, ma la tecnica da sola non basta alla fine dei conti.

alex77

taz ha detto...

Di Pietro direbbe "che ciazzecca"...Perigeo mi sembra lontano parecchio dalla musica degli Arti...due strade parallele ma diverse, non chi é più bravo di chi, ma chi pensa e sviluppa in maniera differente una stessa idea...io ved due "svolgimenti" ben differenti..ciao

Anonimo ha detto...

Thomas Milian (ovvero "er monnezza") direbbe: "Ao ma ke te stà a inventà...."

Alla fine dei conti però mi sa ke il discorso di JJ è giusto....il perigeo avevano da noi iniziato il discorso già 2 anni prima. Son stati i primi, subito superati dagli Area.....invece gli Arti e Mestieri (pur bravissimi) li trovo 1 gradino sotto i Perigeo e i Dedalus e almeno 2 sotto........indovina ki?......rullo di tamburi please.....gli Area (e ki sennò?)

Diciamo ke ciò ke mi ha veramente colpito degli ARTI è la tecnica (davvero tutti bravissimi, di caratura internazionale)....più ke la capacità compositiva.....

alex77

taz ha detto...

Area= non commerciali
Perigeo= non commerciali
Dedalus= non commerciali
Arti e Mestieri= un po' più commerciali....ecco per me la differenza, quando per commerciale intendo suoni un po' più sporcati da una melodia...poi alla fine ognun o ha un suo orecchio....Suoni per un orecchio...chi se lo ricorda?

Anonimo ha detto...

Ma no taz, alla fine anke i perigeo erano un pò più commerciali di Area Dedalus & Co.....però a me i perigeo sembrano comunque superiori agli Arti e mestieri.....di poco magari, ma superiori. I perigeo avevano una raffinatezza nella composizione superba e per di più mi sembra ke sian riusciti a dare un bel tocco di mediterraneità ai loro lavori. Non conosco benissimo la scena jazz rock inglese del periodo e quindi non posso affermare fino a ke punto i perigeo fossero originali, ma io ritengo ke dopo Area e Dedalus proprio loro abbiano dato un qualcosa di personale al jazz rock.

Alex 77

Anonimo ha detto...

Gran bel disco, ben suonato e sempre piacevole.
Forse il gruppo è un po piu commerciale tra gli altri jazzisti, ma rimane sempre tra i miei preferiti.
Giusto la voce nn mi convince molto (secondo me se fosse stato strumentale sarebbe stato molto piu bello).
voto 8/9.
ciao francesco

Anonimo ha detto...

Curiosa questa faccenda di dare il voto in noni. MRX

Moludd ha detto...

Per me questi vari gruppi hanno avuto un modo sempre differente di affrontare il Jazz Rock.
I Perigeo più "tradizionalmente" Fusion-Jazz
I Dedalus più sperimentalmente vicini a musica contemporanea, free ed elettronica.
Gli Area con quel gusto popolare nonché vicino alla canzone, ma tradotti in linguaggio Free-Jazz-Rock.
Gli Arti & Mestieri più incentrati sull'arrangiamento ricco di incastri timbrici e melodici, nonché dalla ritmica altamente ricercata (si può dire che sia sul filo della "sboronaggine", ma almeno in questo disco e nel successivo Chirico mostra più il lato creativo di quello puramente tecnico).
Personalmente trovo siano quattro direzioni splendidamente riuscite, anche se su scale diverse. Secondo me gli Arti & Mestieri sono riusciti ad essere sia JazzRock che "sinfonici" senza essere particolarmente né uno né l'altro, senza prendere gli aspetti banali di nessuno dei due, ma vincendo in entrambe le "categorie". Almeno all'inizio.

Anonimo ha detto...

E' vero Moludd, gli A&M hanno raffinato ciascuna delle loro categorie ma, come direbbe JJ, sono stati allo stesso tempo, i protagonisti di quella decontestualizzazione che ha poi sostituito il Prog.
Per questo quando li ascolto divento triste. marta

Moludd ha detto...

Scusate la mia ignoranza, ma quale decontestualizzazione? Se è spiegato in uno dei post "storici" di John, potete indicare quello, così posso leggerlo per capire.

J.J. JOHN ha detto...

Gli arti e mestieri non mi fanno questo effetto, ma posso capire la Marta.
-
Caro Moludd, dunque: ho parlato di questo aspetto nella "Storia del rock progressive Italiano" (icona in alto sx) ai capitoli 8 e 9 cercando di renderlo il meglio possibile.

Anonimo ha detto...

Ho scoperto da poco un album che mi sembra veramente molto valido:

RUMORE ROSSO di VENEGONI & Co. del
1977......un ottimo mix di jazzrock e musica etnica, che tra l'altro mi sembra anche abbastanza originale. Tu JJ che ne pensi dell'album?

alex77

J.J. JOHN ha detto...

Musicalmente preferivo gli "Arti e Mestieri", anche se meno digeribili.
Gigi però era un vero compagno e quando le cose mutarono, non si è mai tirato indietro.

Unknown ha detto...

Debitori della creatività dei King Crimson, suonano un contesto jazz rock non privo di gradevole melodia tipicamente italica. Senz'altro da tenere in valida considerazione rispetto al nutrito panorama di quegli anni.

massimo ha detto...

Ciao John. Complimenti per il tuo meraviglioso blog . Una domanda: che ne pensi del terzo disco degli A&M, Quinto Stato?

JJ John ha detto...

Grazie Massimo. Credo che "Quinto Stato" sia musicalmente migliore dei precedenti. Meglio inciso, più dinamico, più variegato, più maturo.
"Torino nella mente" di Marco Cimino vale tutto l'album.
I testi però sono datati. Siamo nel 1979 e tutto è finito: il Prog, il Punk e il Movimento del 77, ma sembra che gli autori non se ne rendano conto. Insistono su un linguaggio che poteva andare bene due o tre anni prima, ma che ora è scollocato, non più significante, quasi retrò ma senza averne il fascino.
Meglio sarebbe stato a mio avviso un lavoro strumentale, là dove gli A&M furono indiscussi maestri, ma col senno del poi non si fa la storia.

massimo ha detto...

Grazie John. sí, in effetti è un disco che trasmette "spaesamento ", comunque piú che accettabile. mi piacciono questi dischi " fuori luogo " come per esempio "tic & tac" degli Area!

JJ ha detto...


Colpito e affondato! E tu mi parli del tanto vituperato "Tic & tac" degli Area... Ma lo sai che ancora oggi "La luna nel pozzo" riesce a commuovermi? Chissà perché, ma ci sento dentro un anima gigantesca.
Chissà se Demetrio avesse potuto cantarla... ma sai che capolavoro?

massimo ha detto...

Sai John, i dischi maltrattati dalla critica ufficiale e ignorati dal pubblico, sono soliti riservare gradite sorprese. Il tuo appassionato e competente giudizio su Tic&tac la dice lunga Sui tuoi gusti e indipendenza di criteri. Mi vengono in mente un'infonità di band anglosassoni e del resto d'Europa autrici di splendidi lavori puntualmente stroncati nel corso dei decenni da critici musicali che, al massimo, gli dedicarono un frettoloso ascolto prima di esprimere un giudizio negativo. Sic transit gloria mundi!

JJ John ha detto...

Sarà che sono sempre stato un disallieato nella vita così come nella musica, ma non ho mai dato molto peso né a chi stronca né a chi troppo elogia.
È vero che ci sono in giro dei capolavori così come delle emerite schifezze, ma si può anche impostare una critica senza prendere necessariamente posizione. Tanto il risultato è lo stesso: se un disco piace lo si compra, altrimenti lo si lascia dov'è. Sembra lapalissiano ma da alla fine è il gusto soggettivo a portare la gente alle casse.
Per cui, dicevo, alle critiche benevole o malevole, preferisco quelle che inquadrano un'opera nel suo contesto storico, e possibilmente ne valutano l'aderenza. Che mi spiegano poi o dove, come e perché è stata realizzata; che mi acclarino le differenze con i lavori precedenti dell'artista (se si tratta cioè di un'evoluzione o di un'involuzione), o in caso di opere prime, che le contestualizzino nel panorama esistente.
Graditissimi i dettagli tecnici, e in ultima istanza, e solo a quel punto, mi sta bene anche il parere dell'estensore, perché in fondo è suo diritto darlo.
Ma ricordiamoci sempre che, fosse stato per certi critici, i Black Sabbath sarebbero ancora nelle catacombe di Birmingham.

Anonimo ha detto...

Bellissimo esordio per gli Arti e Mestieri

Un Jazz-Rock meravigliosamente suonato e arrangiato da musicisti di grandissimo livello tecnico .

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Sicuramente questo è il mio disco preferito degli Arti e Mestieri

Michele D'Alvano

ugo ha detto...

certo il primo disco TILT del 74 mi risulta più ostico ma allo stesso tempo più aderente al periodo storico del prog mentre questo secondo disco pur rimanendo "impegnato" tecnicamente una caratteristica tipica dei gruoppi jazz.prog lo sento un pò più digeribile non fosse altro per la stupenda voce del suo cantante GAZA che nei PROCESSION incise due bellissimi dischi.
ad avercene gruppi cosi forse se in questo disco avessero inserito più brani cantati e meno strumentali sarebbe apparso ancora più comunicativo
ma,fateci caso,tutti i gruppi jazz-prog degli anni 70 richiedevano un certo impegno on sede di ascolto vedi pure il PERIGEO che però profumava il suo sound di quella mediterraneità che qui invece manca poi gli AREA hanno spinto al massimo il loro sperimentalismo non solo per il loro jazz-prog di attacco al sistema ma specie per via del suo cantante unico nel suo sperimentalismo vocale.bello il cameo lasciato da eugenio finardi sul brano RINUNCIA