Cincinnato: Cincinnato (1974)

cincinnato_01Questo quartetto di Malnate in provincia di Varese, approdò agli studi di registrazione della discografica PDU nel 1974, dopo ben quattro anni di gavetta, di cui i primi due con un altro bassista e sotto il nome di "Eros Natura". L'alone di mistero che aleggiava su di loro, era reso ancora più denso dal fatto che, con la sola eccezione dei Logan Dwight nel 1972, l'etichetta svizzera di non si era quasi mai occupata di Pop Italiano e dunque sembrava strano che desse corda a dei perfetti sconosciuti che, per giunta, non avevano neppure molta esperienza dal vivo. La sorte però arrise ai "Cincinnato" quando un amico della band gli segnalò che la PDU stava cercando nuovi gruppi, e il loro demotape venne scelto per essere prodotto su vinile. Morale: nell'arco di sette giorni la band fu convocata a Lugano negli studi della famiglia Mazzini (i genitori di Mina, N.d.R.) per le sessions d'incisione che, secondo la testimonianza del tastierista Urbanelli, durarono tre giorni. Ciò che ne uscì, furono circa diecimila copie del primo ed unico album omonimo dei Cincinnato, corredato da una simpaticissima copertina laminata apribile e quattro soli brani per una durata complessiva di circa 40 minuti. Se si presta attenzione al sound tuttavia, si potrebbero già fare alcune supposizioni sui motivi che spinsero la produzione ad accollarsi un lavoro simile. Di fatto, il trend del gruppo è un Jazz Rock molto particolare con diverse citazioni cosmiche (genere in cui la PDU era specializzata avendo pubblicato in Italia alcuni importanti lavori della Ohr e della Kosmische Kuriere) e numerosi rimandi a quello che fu il grande successo di Mike Oldfield, "Tubular Bells", pubblicato appena un anno prima. cincinnato_02In più, la mistura timbrica del gruppo Varesino suonava praticamente inedita in Italia, restituendo non solo una straordinaria alternanza tra passaggi Rock e Jazz, ma attraverso un suono molto profondo ed elettrico che poteva essere letto come una versione addolcita della Mahavishnu Orchestra, un misto tra i Cream e i Gentle Giant o, volendo, di un Perigeo in formato power-quartet. Infine, l'utilizzo di coloriture prettamente mediterranee rendeva tutto l'ellepì estremamente stimolante per gli amanti del genere. Assolutamente avulso alla Controcultura e distante anni luce dalla realtà del movimento, i Cincinnato realizzarono dunque un disco a sé stante nel panorama Pop, che gli appassionati amano ricordare più per la sua rarità (ce ne sono in circolazione circa mille copie) che per il suo valore artistico. Un vero peccato perché l'album è davvero ineccepibile sin dal primo pezzo: timbrica bilanciata, ottima incisione e capacità esecutiva molto al di sopra delle righe. In questo senso, davvero avvincente è la leading track "Il ribelle ubriaco" che, nei suoi dieci minuti, riesce a spostare più volte l'attenzione dell'ascoltatore: dal fill iniziale di batteria ad una breve parentesi free; dalla successiva ambientazione fusion, ad un groove hard rock con tanto di assolo jazzato di pianoforte, da momenti di grande respiro evocativo a indiavolate atmosfere festaiole sul modello di "Celebration" della PFM. La delicata "Tramonto d'ottobre" poi, evidenzia non solo tutte le qualità del pianista Giacomo Urbanelli, ma anche la sua perfetta armonia con il bassista Vannetti e con il batterista Donato Scolese (foto a sx), che, rispetto agli altri tre, sarà l'unico ad avere una certa notorietà dopo lo scioglimento band. Chiude il primo lato "Esperanto", che rappresenta probabilmente il momento più fusion del disco. 

Tutti i 20 minuti del lato B sono invece occupati dalla suite "L'Ebete" che, oltre a consolidare gli stilemi del lato precedente con un pizzico di Pink Floyd in più, offre anche una buona performance vocale dello stesso Urbanelli. Come era prevedibile però, data la scarsissima visibilità del gruppo e la loro completa estraneità al circuito Controculturale, le ottime critiche ricevute e qualche selezionato passaggio radiofonico, non bastarono a tenere in piedi i Cincinnato che si divisero nei primi mesi del 1975 a seguito dell'abbandono di Urbanelli e Vanetti. La loro testimonianza discografica, rappresenta comunque un inconsapevole marcatore storico che confermava come nel 1974, (al di là dell'aspetto qualitativo, in questo caso eccellente), non tutta la musica Pop appartenesse più al circuito della Controcultura e come tale, fosse sempre più abbandonata alle estemporaneità ed ai capricci voluttuari delle discografiche.

6 commenti :

Anonimo ha detto...

Da recuperare e da salvare, un buon lavoro a mio parere.

Andy

Armando ha detto...

Sicuramente un disco che meriterebbe una riscoperta. C'è qualità tecnica e una certa personalità nella proposta.
Solite storie di (sfigatissimo) pop italiano...
Saluti.

taz ha detto...

Il pop si allontana e il jazz non muore mai...suonano bene e fanno parte di quei gruppi che avrebbero meritato un'altra incisione...Tramonto d'ottobre ha veramente un suono autunnale...il pianista mi sembra quello con le idee più chiare...il cantato "forzato" di Urbanelli,nel pezzo "L'Ebete", mi piace, forse la parte pop che loro avranno amato di meno...chissà...io li metto in cima alla piramide del sole...ciao

ugo ha detto...

un disco da rivalutare sicuramente!

Anonimo ha detto...

Buon disco jazz-rock

L'ebete è un brano che mi ha sempre affascinato !

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Riascoltato oggi, davvero un gran disco, godibile, raffinato e ottimamente suonato, stilisticamente sinuoso ed intrigante .

Michele D'Alvano