Piero e i Cottonfields: Il viaggio, la donna, un'altra vita (1972)

piero cotto cottonfieldsIl cantante - chitarrista Piero Cotto nasce ad Asti nel 1944 e a circa vent’anni si trasferisce negli States dove inizia la sua avventura professionale suonando la chitarra nel gruppo Majority One con lo pseudonimo di Peter Cook.

Intorno al 1971, terminata l’esperienza americana, decide di proseguire nella sua carriera fondando il sestetto dei “Piero e i Cottonfields” che nel giro di un anno, esordirà al “Disco per l’estate” del 1972 con il 45 giri in stile balneare “Due delfini bianchi” per l’etichetta Joker.
Intanto, parallelamente al buon riscontro del singolo, si concludono anche le incisioni di un album che vedrà la luce nello stesso anno con il titolo di “Il viaggio, la donna, un’altra vita”, stavolta per l’etichetta Music, futura discografica dei Dalton.
Oltre al primo single, l’LP includerà altri sette brani tra cui
Il viaggio, la donna, un altra vita" e "Cantico”, che verranno pubblicati su 45 giri, ma senza ottenere lo stesso esito di "Due delfini bianchi".
Per dovere di cronaca, la sola title track comparirà anche sulla compilation della JokerDelta Queen” (1972).

Ritenuto da molti un esempio di rock progressivo, in realtà "Il viaggio, la donna..." lo è solo fasi alterne e con modalità piuttosto particolari.
La prima track “Due delfini bianchi” per esempio, è quanto di più distante dal Prog si possa immaginare e presumiamo sia stata collocata come apripista solo per motivi commerciali.
Tuttavia, sin dalla successiva “E mia madre”, si comincia ad assaporare la vera anima del lavoro in cui, dalla solida trama di un blues cadenzato, affiorano ritmiche ritmiche molto moderne e coraggiosi arrangiamenti che regalano almeno due breaks di rilievo e un timido ma intenso assolo.

Proseguendo, “Regina d’Oriente” può invece essere invece considerata la parte più rock dell’album miscelando con gusto heavy e boogie.
La voce di Cotto - a mezza via tra Fella, Spitaleri e Fossati - è estremamente coinvolgente e malgrado l’incisione leggermente costipata, i Cottonfields si rivelano una solida backing band, specie nella sezione ritmica dove risalta senza sosta l’incessante batteria di Luciano Saraceno. Le parti corali di chiara matrice spiritual sono invece probabilmente il patrimonio dell'eredità americana di Cotto.

compilationMalgrado le buone intenzioni però, in molti brani la melodia più classica è sempre in agguato (es “Via Mazzini 31” e la stessa title track) quasi come se l’autore non fosse realmente convinto se intraprendere una strada più innovativa o strizzare l’occhio al mercato.

Ne risulta un prodotto ibrido che, malgrado diverse nobili citazioni (es: “Il viaggio...” ha un deciso sapore di Aphrodites Child e “Silvia” sembra quasi uno standard di rock americano) non riesce a catturare l’attenzione di critica e pubblico, complice anche la distribuzione discografica non proprio impeccabile.

Un vero peccato perchè, al di là di alcune ingenuità di fondo, certi brani come “Cantico” - con la sua encomiabile progressione finale - avrebbero potuto essere tranquillamente associati ai migliori Delirium del periodo Fossati.

A conti fatti comunque, “Il viaggio, la donna, un’altra vita” risulta nel complesso un lavoro più che dignitoso in stile underground in cui si mischiano con agilità stilemi blues, rock, melodia, ballate e "forma-canzone".

musicNon dico che avrebbe potuto competere con l’innovatività di certi suoi contemporanei quali Banco, Garybaldi o Osage Tribe, ma credo che con una promozione più agguerrita avrebbe potuto agevolmente conquistarsi un posto d’onore nel mainstream più raffinato, anche se infelicemente non andò così.

I Cottonfields non raccolsero sufficienti riscontri e dopo due 45 giri sfortunati (“Oh nanà” del 1973 e “Gardenia Blu” del 1974) si sciolsero.
Il genio del leader però sopravvisse meritatamente al suo primo 33 giri e l’artista astigiano proseguirà la sua carriera con molta più soddisfazione sin dal 1975.
Lo ritroveremo infatti al Festival di Sanremo nel 1975, in un suo album solista “Eleven” nel 1978, e in un lungo tour in Venezuela nel 1977.
Questo per non parlare di una pletora di collaborazioni negli anni 80 e 90 che lo vedranno affiancato ad artisti e attori del calibro di Walter Chiari, Astor Piazzolla e Morris Albert, l’autore di “Feelings”.
Per cui, anche se mai e poi mai potremo annoverare “Il viaggio, la donna, un’altra vita” in un contesto movimentista, Prog o pre-politico, è necessario riconoscergli il suo indubbio valore autorale.
Forse troppo poco per il 1972, ma sicuramente un disco onesto.

4 commenti :

Caiusbe ha detto...

Beh, vista dall'interno del gruppo la disamina mi pare onesta. In effetti c'era anche una certa differenza di età tra noi e Piero, lui usciva da esperienze + classiche, come Hengel Gualdi, mentre noi, di 5 o 6 anni più giovani, eravamo figli del rock. E , ovviamente, i discografici puntavano più sul pop che sul rock. La prima (ed inedita) versione di due delfini bianchi aveva un arrangiamento rock, giustamente bocciato dai discografici.
Aldo Russo

J.J. JOHN ha detto...

Grazie Aldo.Io cerco sempre di ricostruire il tutto più onestamente possibile, ma le informazioni partecipate rimarranno sempre uno dei punti di forza di questo sito.

pino ha detto...

adoro questo elleppì pieno di poetico estro genialoide (Pino Scognamiglio)

Anonimo ha detto...

A mio avviso un disco carino anche se un po' datato .

Michele D'Alvano