Murple: Io sono Murple (1974)

Il gruppo nasce a Roma nel 1971 da un nucleo di due amici fraterni, il bassista Mario Garbarino e il batterista Duilio Sorrenti, a cui si aggiungono successivamente il tastierista Pier Carlo Zanco e il chitarrista-vocalist Pino Santamaria.
Ispirandosi allo psicodramma di un comune amico americano che si immaginava di parlare con un pinguino invisibile di nome Murple, il quartetto decide non solo di adottarne il nome, ma di fare dell'animale una vera e propria mascotte del gruppo.
Di fatto, tutti i concerti che la band terrà dal '71 al '73, saranno sempre caratterizzati dalla presenza di un pinguino gonfiabile sul palco e dalla sua figura stilizzata riprodotta un po' ovunque.

Dopo due anni di attività, il quartetto viene finalmente messo sotto contratto discografico dopo l'esibizione al "Be In" di Napoli, grazie al manager della Fare Records Roberto Marsala.
Nasce così "Io sono Murple", album d'esordio della band prodotto nel 1974 tra Roma e Milano e distribuito dalla discografica tedesca Basf di cui la Fare è una sottoetichetta.

Sulla serietà della produzione non ci sono dubbi: la copertina laminata apribile ci offre una delle più belle grafiche del Pop Italiano e il ricco inserto di sei pagine in sottile carta marroncina, chiarifica esaustivamente tutti gli aspetti tecnici e artistici del disco.
Nondimeno, è da ricordare che la band si presenterà in studio con un'artiglieria di tutto rispetto: Hammond , Arp Odissey, chitarra Gibson, Fender jazz bass e batteria a doppia cassa Ludwig.

"Io sono Murple" è un concept-album imperniato su due lunghe suites divise in 6 movimenti ciascuna che narrano la triste storia del pinguino Murple che, per sottrarsi alla immutabile quotidianità della sua vita, decide spontaneamente di allontanarsi dal branco e dal suo habitat naturale.
Purtroppo, non farà in tempo a godersi le meraviglie del mondo che verrà catturato dall'uomo ("Nessuna scelta") e costretto ad esibirsi dapprima in un circo ("Tra i fili") e infine nello zoo "Antarplastic" dove finirà i suoi giorni abbracciato a un piccolo iceberg di plastica.

Malgrado il buon canovaccio e una potente resa acustica però, diverse incoerenze stilistiche minarono alla base la conflittualità dell'opera.
Primo esempio: da un lato il racconto esclude sin dal principio l'esistenza di una "morale univoca" rimettendo all'ascoltatore ogni possibile interpretazione; dall'altro però, si conclude nel più dogmatico dei modi:

"Questa è una favola antiecologica ed anche colonialista. Però Murple è felice e voi no. […] E' vero che vive abbarbicato a un piccolo iceberg di plastica […], ma quanti hanno almeno la finzione di ciò che desiderano?".

Un linguaggio davvero disarmante per quel pubblico giovanile che nel 1974 cercava costantemente nuovi territori liberati e collettivamente praticabili.

Inoltre, il personaggio di Murple non solo viene forzosamente assimilato all'uomo perché ritenuto "l'animale più simile alla nostra specie" (perché non una scimmia allora?), ma impersona una figura ingenuamente qualunquista e addirittura orgoglioso del proprio servilismo: è stato fatto prigioniero, costretto a ballare e inchinarsi, vive in condizioni disumane, ma è felice di farlo.
Una metafora sicuramente attuale, ma che all'epoca suonava decisamente fuori luogo, anche perché nessuno degli autori previde una benché minima forma di dubbio o di ribellione che sarebbe stata sicuramente più verosimile per i tempi.

Non sappiamo se l'album passò inosservato per via di queste amenità dialettiche, per un sound non certamente originale (un buon Prog-rock ma molto ribollito) o per l'indubbia latenza della distribuzione. Certo è che i componenti della band romana ebbero molto più riconoscimento come turnisti che come gruppo.
Tempo ancora di partecipare al Festival di Villa Pamphili nel 1974, e almeno tre dei componenti originali furono reclutati come backing band per l'album "Donna circo" di Gianfranca Montedoro (ex Living Music) e per ben sette anni da Mal dei Primitives.
Poi, dopo vent'anni di prestigiose collaborazioni (Branduardi, Venditti, Gazzè, Davide Spitaleri), Sorrenti, Garbarino e Zanco riformeranno la band nel 2008.
Il pinguino Murple tornerà a rivivere per la gioia di tutti noi e... speriamo che oggi sia un po' più politicamente cosciente di allora.

FOTO DEL GRUPPO TRATTA DA WWW.MURPLE.IT

9 commenti :

Regolo ha detto...

Il fatto che i testi fossero apertamente in contrasto con quanto andava di moda allora, a me li rende particolarmente simpatici (sono sempre dalla parte degli anticonformisti, qualunque schieramento appartengano).
Il pinguino felice del proprio servilismo mi ricorda la figura di Mongoloid dei Devo : "era un mongoloide, più felice di me e di te". Chissà, forse in questo senso i Murple erano in anticipo netto sulla new wave degli anni '80 (vabbè, la cazzata l'ho detta).
"Amenità dialettiche" a parte il disco in questione non è affatto male: d'accordo con te che non è nulla di particolarmente originasle ma, al contrario di molte delle produzioni minori di quel periodo, è un disco vario che diverte e non lascia tempo alla noia. Oltretutto è anche ben suonato, i ragazzi ci sanno fare e si sente. Avrebbe meritato miglior sorte commerciale.

JJ JOHN ha detto...

Ho tralasciato appositamente l'analisi musicale che mi sembrava superflua: la struttura del disco è gradevole, molto ben eseguita e sicuramente migliore di molte produzioni contemporanee.
L'aspetto dialettico invece, credo avrebbe precluso al gruppo qualunque sviluppo futuro. Così com'è stato.
Il "mongoloid" dei Devo è vittima di una forma patologica, Murple era cosciente dela sua condizione:
sta lì, la differenza.
Mostrarsi remissivi nel 74 non era una buona idea.

Armando ha detto...

Io l'ho sempre trovato molto piacevole. In certi passaggi sopra la media italiana del periodo: belle certe accelerazioni del batterista, ad esempio.
Sui testi: un'angolazione inconsueta, esattamente opposta a quella che uno si aspetterebbe, appunto. Perciò interessante, sebbene discutibile.
Non ho altro da aggiungere.
Saluti al capo.

Anonimo ha detto...

La mia storia di questo disco la conosci, e poi come dici tu forse il nostro modo di affrontare questi dischi è complementare, anche se spesso con viste diverse. Beh io l'ho affrontato solo dal punto di vista musicale, l'aspetto ideologico e politico visto oggi lo trovo molto demodè.

Andy

JJ JOHN ha detto...

"Demodès" saranno oggi alcuni concetti di allora. Non i miei.
E comunque si ricordi che la storia non è una moda. Guai se lo fosse.

taz ha detto...

Due lati per un disco che reputo notevole per il 1974, si era già detto tutto??...io preferisco il lato B, anche se forse è il lato più influenzato, lo trovo più scorrevole...ma non disprezzo il lato A..nella mia pagella, dove non esistono bocciati, li promuovo alla grande...li trovo buon interpreti dei loro strumenti, peccato che per fare un secondo disco abbiano aspettato 34 anni...certo non per colpa loro...un buon ultimo colpo di coda...ciao

Filippo ha detto...

Non ho ascoltato attentamente il disco, ma mi sembra bello. La recensione è precisa come sempre. Niente da dire ne' sulla loro musica ne' sulla recensione, volevo solo commentare l'intervista a Mario Garbarino, il bassista, che è stata pubblicata su Italian Prog. Si vede che essendosi abituato per 35 anni a non vedere riconosciuto il suo lavoro adesso si è ritrovato con un sacco di cose da dire. Ma la cosa che mi sembra importante è che i Murple hanno pubblicato ora un disco dove hanno rifatto i Quadri di un Esposizione di Mussorgsky. Io nell'intervista mi aspettavo giusto due parole tipo: "l'idea non è nuova nel prog ci hanno già pensato gli Emerson Lake & Palmer però noi abbiamo deciso di mettere in risalto qualcos'altro" o che so io. Mi sembra del tutto secondario il fatto che loro hanno fatto un disco senza chitarra in un'era dove la chitarra la fa da padrone. Anche negli anni '60 la chitarra la faceva da padrone, ma alcuni gruppi prog (Elp, Egg, anche i Trip) hanno avuto delle formazioni dove non era presente un chitarrista.
NB: Non so come sia il cd nuovo, parlo solamente dell'intervista.

Anonimo ha detto...

Disco musicalmente ben suonato ma un po' ingenuo nei testi

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Tutto sommato, disco molto godibile e ottimamente arrangiato

Michele D'Alvano