Atlantide: Francesco ti ricordi (1976)

Atlantide Francesco ti ricordi 1976Gli Atlantide sono un gruppo "ex familia" costituitosi nei primi anni '70 a Cirigliano in Basilicata.
Emigrati nel 1973 nella Germania sud occidentale, i quattro fratelli Sanseverino (Mimmo, Leonardo, Matteo e Mario) continuano in quel di Rottweil la loro attività musicale iniziata in Italia, assurgendo tra l'altro anche ad una certa notorietà come backing band degli Scorpions.

Dopo tre anni di esibizioni live e qualche sporadico contatto con alcune discografiche, i quattro decidono di autoprodursi dando alle stampe il loro unico album "Francesco ti ricordi" (su etichetta "S", come Sanseverino e interamente cantato in Italiano) con l'appoggio, si dice, di una label tedesca che alcuni suppongono sia la Ohr.

Pur se stampato in qualche migliaio di copie, il disco venne reputato per anni introvabile non solo perché all'epoca vendette poco o nulla, ma soprattutto per la sua limitatissima distribuzione confinata ai concerti e a qualche magazzino locale.
Tuttavia, intorno agli anni '90 quei magazzzini tedeschi che si erano accorti di averne in giacenza centinaia di copie, le rilasciarono di colpo sul mercato abbattendone il valore collezionistico a livelli molto più modesti (oggi, aprile 2010 è quotato 350 euro M/M), con buona pace di chi aveva sborsato milioni per averlo.
Malgrado ciò, è comunque da considerarsi ancora rarissima la prima stampa promozionale del disco con copertina bianca e corredata di un libretto pieghevole di 4 pagine 14x21 cm.

All'ascolto, l'ellepì presenta un hard rock granitico e levigato a forte dominante chitarristica e nobilitato dall'ottima voce del cantate Mimmo Sanseverino, malgrado essa risulti sempre ipermodulata rispetto alla base.

Atlantide Francesco ti ricordi SanseverinoFatto salvo l'indiscutibile affiatamento della band e il buon impatto acustico, il groove generale del disco non è propriamente tra i più originali. A parte l'immediata riconducibilità a formazioni storiche dell'hard rock europeo quali Deep Purple, Atomic Rooster e Black Sabbath, molte soluzioni armoniche proposte dagli Atlantide sembrano veramente già sentite.
Per esempio, nel primo brano "L'uomo e il cane", emerge drammatica la somiglianza del tema portante con il finale di "Starship Trooper" degli Yes.
L''apertura della seconda traccia poi, ("Sporcandosi di sangue") sembra effettivamente una rivisitazione di Preety Woman di Orbison.
Infine, volendo essere davvero maligni, "Quando la luna" sembra una fotocopia di "Paranoia" di Battiato.

Leggermente più personali suonano invece i brani a maggior prevalenza di tastiere (es: alcuni passaggi di "Quando la luna") e quelli dove si tenta una contaminazione più decisa con il Prog ("Il pagliaccio" e "Francesco ti ricordi").
Anche nelle soluzioni più complesse però, molte delle progressioni stilistiche dell'album sembrano abusate e alla lunga, conferiscono a tutto l'insieme una certa monotonia.

Atlantide Francesco ti ricordi 03Di fatto, il sound degli Atlantide non cambia mai e anche se questo potrebbe essere considerato un motivo di coerenza stilistica, ad album concluso pesa davvero la mancanza di variazioni timbriche, strumentali e tonali, nonché di quella "alternanza tra pieni e vuoti" che fu una delle caratteristiche fondamentali del Prog classico.

Niente di nuovo neppure per quanto riguarda la poetica che si colloca nel filone dark-esistenzialista dei primi anni '70: la difficoltà della comunicazione interpersonale, la fuga e il delirio come soluzione alle proprie colpe, l'ipocrisia a cui occorre spesso ricorrere per sopravvivere ad una società malata ("Il pagliaccio"); l'esaltazione della vita rispetto alla morte ("Se perdessi la vita così"); il rifugio nell'irrealtà, nel passato o nell' amore. ("Francesco ti ricordi").

Derivativa al 90%, l'unica opera degli Atlantide resta comunque piacevole all'ascolto e, soprattutto, molto particolare per l'abnegazione con cui è stata realizzata.
Per nulla inscrivibile nel movimento Prog italiano ed al relativo movimento controculturale con cui il gruppo non ebbe contatti, intenerisce
in un certo senso la volontà dei Sanseverino di evocare l'Italia con un linguaggio proprio e orgoglioso, senza per questo cadere nella retorica tipica degli emigranti.
"Francesco ti ricordi" è stato ristampato in CD dalla Mellow Records nel 1994.

15 commenti :

Anonimo ha detto...

ma ricordo che aveva visionato molti anni indietro il disco im Stuttgard dove vivevo e costava nontanto. accesi complimentazioni per questo website così interessante. Heinz

Moludd ha detto...

Sì, questo disco -derivativo o no- è comunque abbastanza bruttino. Si può fare benissimo a meno di sentirlo.

Anonimo ha detto...

Mah.....alla fine è un album ke mi ha lasciato un pò perplesso. Tutto già detto e ridetto, e secondo me la voce dopo un pò diventa monotona e noiosa.

Mi sembra ke gli HERO, altro gruppo italiano degli anni 70 emigrato in germania (mi pare più o meno nello stesso periodo), abbiamo fatto un album decisamente migliore di questo.

alex77

Anonimo ha detto...

COME SI PUO' DEFINIRE BRUTTINO UN LAVORO SICURAMENTE ACERBO MA DECISAMENTE GENUINO,VERO E CHE NON SCENDE A COMPROMESSI.LA VOCE IN FALSETTO A TRATTI COMMUOVE MENTRE LA SEZIONE RITMICA E'COINVOLGENTE A 360°.
OTTIMO DISCO.VORREI PARLARE CON CHI LO DEFINISCE ..BRUTTINO!!!

JJ JOHN ha detto...

Non oso remarti contro, ma con tutta la buona volontà non riuscirei a definirlo "significante".

"Bruttino" proprio no (devi parlare con Moludd), ma sicuramente lo trovo un lavoro più "emozionale" che non "integrato" in un contesto come quello italiano del 1976 dove il linguaggio antagonista aveva già preso tutta un'altra strada.

taz ha detto...

Ogni orecchio a un suo sistema per interpretare i suoni...Paolo Barotto dice:.."può essere degnamente accostato ai migliori lavori italiani quali Ibis e Biglietto per l'Inferno"...alcune volte ho condiviso alcuni pareri suoi...qui faccio fatica a dire che questo disco "voglia dire qualcosa" tranne a chi la suonato...nel 1976 si poteva rischiare di ripetere delle idee e "suonarle" male...ma anche il rischio di ripeterle e farle bene...ciao

Anonimo ha detto...

Riverman61 says:
Disco GRANDIOSO altro che bruttino! magari fossero tutti così i dischi italiani dell'epoca.... ma l'avete sentito o tirate ad indovinare?

Anonimo ha detto...

Questo disco è una grande opera! è stato registrato in soli due giorni alla Ton Studio di Stoccarda il 13 e 14 luiglio 1976! l'accostamento dell'accordo di quinta (sempre presente in tutte le canzoni dell'album) alla musica di Debussy da parte del maestro Paolo Curatolo è fondamentale! io mi chiedo:come mai nessuno ha mai parlato di questo? nessuno si è mai accorto delle quinte in tutta l'opera? Voglio aggiungere che non ci sono in tutta la musica progressiva italiana dei GRANDI ED INCREDIBILI RIFF COME NEGLI ATLANTIDE! Quando gli Atlantide si esibirono a Rottweil il 28 agosto 1976 davanti a 25.000 spettatori io c'ero! chiunque decide di esprimere un proprio giudizio su quest'opera lo ascoltasse tre quattro volte a MASSIMO VOLUME si ricrederà! peccato che non ci siano altri album degli ATLANTIDE! HANNO COMPOSTO OLTRE TRECENTO CANZONI PIù BELLE DELLE SEI CHE CONTIENE " francesco ti ricordi"!
Chiedete scusa umilmente a questi quattro ragazzi che hanno onorato la musica rock Italiana in Germania!

JJ John ha detto...

Dunque, capo primo: io prima di chiedere le scuse altrui, avrei perlomeno la decenza di firmarmi.

Secondo:l'appoggio sulla dominante è evidente ma forse nessuno ne ha mai parlato perchè nel 76 non rappresentava una novità nel mondo rock.

Terzo: personalmente questi "grandi e incredibili riff" di cui parli non li vedo.
Ci sono delle belle soluzioni ma nulla rispetto a cinque anni di prog italiano sul quale gli Atlantide arrivarono tra l'altro in netto ritardo.
Sento invece molti riffs ispirati ad altri: quello si.

Ancora: i 250.000 spettatori di Rottweil erano tutti per loro? Non credo.
E se questi ragazzi erano così bravi perchè hanno dovuto autoprodursi e non sono mai andati avanti pur essendo così prolifici?

Detto questo preciso: non ho nulla di nulla contro gli Atlantide, anzi, mi stanno davvero simpatici.
Cerchiamo però di dare loro una giusta collocazione senza esagerare, please.

DogmaX ha detto...

Storia del primo ascolto di quest'album:

1) Intro aggressiva, e io penso: "woa che aggressività!"

2) Parte il canto, ed ecco la mia faccia: http://static4.fjcdn.com/thumbnails/comments/+_c6a6114d_4570_d743.jpg

alastair ha detto...

Ok,ok nulla di nuovo come sound, daccordo. Ma per me il valore di un disco non è solo dato dalla tecnica di esecuzione e/o dall'originalità. Un disco vale anche se riesce a darti delle emozioni, e questo è il caso di questo lavoro degli Atlantide: pochi come loro riescono a produrre un suono che rievoca l'atmosfera di quegli anni a metà settanta. A me piacciono molto.

UGO ha detto...

BE MUSICALMENTE PUR ESSENDO UN DEJA VU NON è MALE HA UNA BELLA CARICA SE NON FOSSE PER QUELLA VOCE SGRAZIATA FUORI TEMPO E UN Pò PAESANOTTA GLI AVREI DATO UN BEL 7+ MA GLI DO UN 6- PROPRIO PER LA VOCE CHE FA QUASI RIDERE IN CERTI PUNTI!

U G O ha detto...

e comunque questo degli ATLANTIDE con tutti i suoi difetti resta uno dei 4 dischi hard + belli dei 70 italiani gli altri tre sono SIRIO2222 del BALLETTO LA BIBBIA DEL ROVESCIO E QUELLO DEI TEOREMI CHE SE AVESSE AVUTO UNA MIGLIORE INCISIONE SAREBBE STATO A MIO AVVISO IL MIGLIORE DEL MAZZO E QUELLO PIU VICINO AI MITICI LED ZEPPELIN.AL RIGUARDO VI CONSIGLIO L'ASCOLTO DI "DIALOGO DI UN PAZZO"DAVVERO ENERGETICO!UGO

Anonimo ha detto...

Lavoro musicalmente dignitoso ma cantato in maniera imbarazzante e fastidiosa

Michele D'Alvano

Pasquale Doria ha detto...

Il sogno dei fratelli di Atlantide, fratelli non in senso lato, è davvero notevole. Può essere considerato il loro capolavoro, la loro grande vittoria: quella dei fratelli Sanseverino, quella di ragazzi partiti con un sogno da Cirigliano, il più piccolo centro della montagna materana, che oggi conta poco più di 300 abitanti. Con loro ha ripreso vita il senso del mitico sogno dell'isola di Atlantide. Un sogno ad occhi aperti, che in questi caso ha rotto l'isolamento, riemergendo dagli inverni nevosi e dalle brume degli antichi boschi lucani. È diventa band, incisione, si è incarnata in un long play, l'agognato vinile e si manifestata, nemo propheta in patria, su un palco lontano, un concerto in Germania e, aspetto non marginale, quasi eroico, cantando in italiano.
Difficile non apprezzarlo come un traguardo tagliato e divenuto realtà tra i mille e uno complessi musicali di quegli anni. Un'impresa epica, considerate le difficoltà e le ristrettezze non solo economiche dell'epoca - che sarebbe il meno - praticamente un miracolo. Un bel salto, non c'è che dire, per questi ragazzi dal cuore impavido, palpitante in un Appennino profondo, pieno di straordinari e impenetrabili boschi, dove il rock è tuttavia riuscito a fare breccia e a coniugare il suo universale e vibrante verbo. A me, che vivevo gli stessi sogni giovanili, immerso nelle stesse criticità territoriali, non sembra poco e, ancora oggi, questa intensa vicenda, che non è solo musicale, suscita grande rispetto, soprattutto una sana meraviglia mista a sincera ammirazione per la forza e il coraggio dei fratelli Sanseverino e una storia che ho scoperto quasi casualmente in una torrida giornata dell'infuocata estate del 2023, quasi mezzo secolo dopo l'uscita del loro 33 giri, quando ero un ragazzo pieno di buone speranze anche io.
Pasqua Doria