Osanna: Landscape of life (1974)
Chissà cosa passava per la testa del batterista-pittore Massimo Guarino quando decise di stilizzare una balena in decomposizione sulla copertina di “Landscape of life".
Probabilmente non si trattò di una scelta casuale perché il quarto album degli Osanna fu realmente quello che preluse alla fine del gruppo, sia per l’acuirsi di gravi tensioni personali, sia per il rapporto non proprio idilliaco con la Fonit che sino ad allora aveva prodotto tutti i loro album.
La crisi però non fu repentina. Già dai primi mesi dopo l’incisione di “Palepoli” accaddero diverse situazioni che minarono alla base la stabilità della band.
Innanzitutto, fondamentale fu il fallimento economico del “Be-In” - il festival pop che gli Osanna organizzarono al Villaggio Kennedy di Camaldoli tra il 19 e il 21 giugno del 1973 - che vide come protagonista la créme del Prog Italiano, ma che fu allo stesso tempo un disastro economico, dovuto principalmente ai numerosi sfondamenti perpetrati dai fautori della “musica gratis”.
Ricorda Vairetti: “Ci fu il totale crollo finanziario e da allora anche le cose tra di noi non andarono più bene.[...] Noi che avevamo preso impegni con numerosi artisti, ci trovammo nella condizione di non riuscire a pagare musicisti e lavoranti. [...] Per recuperare la perdite, negli anni successivi eravamo sempre in giro a raccattare concerti.”
In secondo luogo, Elio d’Anna e Danilo Rustici erano entrati in conflitto con la casa discografica, colpevole secondo loro di non aver dato sufficiente considerazione sia agli Osanna, sia al loro progetto solista (gli “Uno”), poi concretatosi in Inghilterra.
Sempre in quest’ottica, la perseveranza collettiva nel non voler pubblicare 45 giri non aiutò affatto a risanare le tensioni con la produzione.
Infine, le divergenze umane e professionali che si crearono nel quintetto, portarono anche al distacco di Lino Varietti e Massimo Guarino (i due “artisti plastici” del gruppo) che avrebbero ricostituito l’anno successivo i “Città Frontale”.
Morale, “Landscape of life” venne sostanzialmente pubblicato più per obblighi contrattuali, che non per un reale trasporto artistico e, siccome lo scisma avvenne proprio durante le registrazioni, ci si dovette avvalere di due collaboratori esterni che le portassero a termine: il percussionista Enzo Valicelli che suonò in “Promised Land” e “Fog in my mind” e il chitarrista cantante Corrado Rustici, fratello di Danilo per alcuni interventi in “Promised Land” e “Fiume”.
A a parte la splendida copertina di Guarino, nobilitata da un dipinto interno di Varietti, “Landscape of life” soffrì moltissimo di questa separazione e basta un solo ascolto per rendersene conto.
Già la scaletta dei sette brani presenti, per un totale di circa 36 minuti, palesa una certa indecisione su quale strada si volesse intraprendere: cinque pezzi sono cantati in Inglese - segno ineluttabile che l’album avrebbe dovuto essere prodotto anche per il mercato estero - e due in Italiano.
Inoltre, i tre brani che furono completati da collaboratori esterni, “Fog in my mind”, “Promised Land”, e “Fiume”, vennero curiosamente messi in sequenza, quasi a volerli separare contestualmente dal resto della tracklist.
La fragilità di “Landscape of life”, tuttavia, non è percepibile ascoltando i singoli brani (alcuni dei quali come “Somehow, somewhere, sometime” si reggono perfettamente da soli), ma dalla sua visione d’insieme che accusa il peso di troppa carne al fuoco.
Non è insomma la complessità di ciascuna canzone ad abbattere il valore del disco, ma la complessiva frammentazione stilistica (proporzionale a quella umana), che lascia un sapore di incompiutezza.
Per esempio, “Il Castello dell’Es” che apre il disco (in Italiano), pare un centrifugato delle prime ispirazioni ai tempi de l’Uomo, la title track ricorda anche nella vocalità i New Trolls dei primi anni ’70, “Two Boys” è un metal ante-litteram che richiama gli Uriah Heep, esattamente come “Fog in my mind”.
Quest’ultima ha però ha al suo interno un lungo assolo di percussioni di Valicelli che comunque, sembra più un filler aggiunto in postproduzione che non parte integrante della stesura originale.
L’orientaleggiante “Promised Land” è imputabile alle visioni del solo Elio d’Anna, mentre in “Fiume”, ritorna la lingua Italiana circondata però questa volta, da una delle migliori armonie di questo Lp.
Infine, la formazione storica degli Osanna si congeda dal Pop italiano con la splendida “Somehow, somewhere, sometime”: un variagato affresco di sensazioni e di ambienti che ce li farà rimpiangere ancora per molto.
In sintesi, “Landscape of life” non fu un “brutto” disco, se mi si passa il termine: le capacità esecutive e la grande fantasia creativa dei musicisti è fuori discussione, così come la produzione tecnica. Fu purtroppo un lavoro frammentato e poco progettuale che ebbe anche la sfortuna di succedere a una pietra miliare come Palepoli.
Evidentemente, anche per gli Osanna era venuto il momento di voltare pagina.
OSANNA - Discografia 1971 - 1978:
1971: L'UOMO
1972: PRELUDIO, TEMA, VARIAZIONI E CANZONA
1973: PALEPOLI
1974: LANDSCAPE OF LIFE
1978: SUDDANCE
8 commenti :
Che non sia brutto è verissimo, anzi: anche a me piace molto il pezzo finale che citi. E poi la title-track, "Il fiume", "Il castello dell'es", avercene! Loro sono sempre grandi, sia in blocco che...a pezzetti :-)
Ma dorse è destino degli artisti di genio non riuscire a convivere più di tanto, no?
Peccato.
Ciao grande capo.
Direi che la tua analisi è estremamente logica e ben argomentata. Anch'io ovviamente ascolto molto più spesso L'Uomo e Palepoli di quanto non faccia del disco in questione (Per assurdo mi piace di più anche la colonna sonora di Milano Calibro Nove), però come dice Armando....avercene.
Ciao
@ Armando
Chissà, Armando.
Bisognerebbe chiederlo a Mick Jagger che non è Lino Vairetti, o a Keith Richards che non è Elio D'Anna.
Prima di "Suddance" gli Osanna sono stati ragguardevoli fino alla fine e i tre brani che hai citato sono davvero i più rappresentativi dell'ultimo periodo.
Personalmente, ho amato molto "L'uomo" e soprattutto "Palepoli" che rimane uno dei più bei dischi degli anni '70. Il resto non mi ha mai fatto impazzire.
Grande abbraccio anche a te.
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@ Magar
Innanzitutto ti ringrazio per il complimento e per il contatto.
Certo, i capolavori sono tali per un motivo e a "Landscape" è mancato un "qualcosa".
Giusto una confidenza: "Dialogo" da "Milano calibro 9" mi piaceva da impazzire.
Insieme a "Sogno risveglio e..." dei QVL e al finale di "Via Lumiere"della Premiata, l'ho usato per decine di ambientazioni video.
Chissa' perchè. Forse sono davvero un fotttuto sentimentale.
Album discreto, secondo me superiore all'album fatto dagli UNO.
Ottima registrazione e produzione....peccato che un album come PALEPOLI non abbia ricevuto lo stesso trattamento....
Grande Rustici, che secondo me rimane uno dei migliori chitarristi degli anni 70.
alex77
Io ho sempre pensato che per la copertina Guarino fosse stato ispirato dal ritornello della title track, che fa "Landscape of life / born from the melting prison / of the dying cosmic whale / Cosmic whale…".
Sicuramente sarà così.
Chissa però a cosa o a chi si riferiva la "morte della balena cosmica"
La title track e' una ballad rock eccezionale. L'asso lo di chitarra,uno dei più' belli del prog italiano. Fabio 60
Bel disco !
Non è ai livelli di Palepoli ma Il Castello dell'Es, Fiume e Somehow, somewhere, sometime sono bellissimi brani .
Saluti
Michele D'Alvano
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