Automat: Automat (1978)

automatFino alla seconda metà degli anni ’70, l'idea di produrre un disco italiano di sola musica elettronica non aveva molti adepti.

E’ vero che in epoca progressiva artisti come Battiato, Hunka Munka, Roberto Cacciapaglia, Gianni Leone e Giuseppe Banfi fecero ampio uso di sintetizzatori, ma è altrettanto vero che sino al dicembre del 1977 i dischi per soli suoni sintetici mancavano all'appello e di motivazioni per tanta timidezza ce n’erano sicuramente ben più di una.

Un primo limite supponiamo fosse quello economico, dato che il costo degli apparecchi allora circolanti (la linea degli ARP, il VCS3 e soprattutto il Moog), era inizialmente piuttosto elevato e solo pochi musicisti potevano sostenerne la spesa.
Non secondariamente, il ruolo del synth durante l’epopea progressiva non fu quasi mai da protagonista assoluto, ma da comprimario in organici più ampi o per connotare certi passaggi là dove gli strumenti convenzionali non potevano arrivare (es: l’inciso di “Impressioni di Settembre”).

Inoltre, mettendo per un attimo da parte i limiti tecnici degli strumenti e delle tecnologie di registrazione multipista, la ragione più plausibile di quest’uso “funzionale” del sintetizzatore, fu anche e sostanzialmente imputabile alla scarsa ricettività del mercato.
Certamente negli anni precedenti il ’77 la “Kosmische musik” aveva fatto breccia anche da noi attraverso la distribuzione della PDU, un gruppo come i Kraftwerk aveva conquistato le platee nostrane prima con Autobahn (1974) e poi con Radioactivity (1975), tuttavia finché non arrivò dall’estero uno stimolo più che concreto che potesse sdoganare anche in Italia il suono sintetico verso l’airplay, a nessun produttore sarebbe mai venuto in mente di investirvi una lira.

MCS 70 Mario MaggiNel 1976 però, qualcosa cambiò nel momento in cui il disco di un ventottenne francese di nome Jean Michel Jarre sbancò i botteghini del pianeta, dando inizio secondo “The telegraph” alla rivoluzione dei sintetizzatori negli anni 70.

Il disco si chiamava “Oxigene” e constava di sei brani eseguiti interamente da un solo performer e da strumenti elettrici: ARP 2600, EMS Synthi AKS, VCS 3, RMI, Farfisa, Eminent, Mellotron e un Korg Minipops-7.

Le parti n°6 e soprattutto la n°4 furono hits planetarie e sicuramente il loro indotto gigantesco contribuì a sciogliere ogni riserva anche presso le discografiche italiane. Ci si metta anche il trionfale riscontro di Trans Europe Express (1977) dei Kraftwerk e se vogliamo anche di “Spiral” di Vangelis e anche il nostro mercato era pronto per qualcosa di autoctono.

A dire il vero, come al solito l’Italia non si gettò da subito nella mischia, ma perlomeno nel 1978
la nostra Emi Italiana ebbe finalmente il coraggio di pubblicare un album integralmente elettronico e soprattutto tecnicamente attendibile, visto che i suoi protagonisti erano un progettista di sintetizzatori, un tastierista già noto al pubblico e un musicista classico.

Il disco in questione si chiamava “Automat” e nacque grazie alle ricerche dell'ing. Mario Maggi che nel 1977 aveva creato l’ MCS 70: il primo synth monofonico completamente programmabile della storia.
Dotato di una tastiera a 4 ottave con un doppio filtro, tre oscillatori e due inviluppi l'MCS 70 era in grado di sintetizzare non solo sinusoidi ma forme d’onda particolarmente complesse, generando alfine suoni così originali da suscitare persino l’invidia di Tom Oberheim in persona.

automat 1978Per dimostrane le possibilità, Maggi chiamò allora accanto a se i tastieristi Romano Musumarra (Bottega dell’Arte) e Claudio Gizzi ai quali diede il compito di orchestrare alcuni suoi patterns, producendo così un master completo che poi la EMI pubblicò grazie alle spinte dello stesso Musumarra, già in forze alla stessa discografica.

Il primo lato del disco venne orchestrato da Gizzi e il secondo da Musumarra la cui “Droid” ottenne un certo riscontro persino in Brasile.

Credo non sia opportuno dedicarsi ora alla disamina musicale del lavoro che fu sostanzialmente una demo dell’MCS 70 e il cui sound rimandava molto a quello di Jarre.
Certo è checonsiderata l’epoca, le sue sonorità erano davvero straordinarie, specialmente nei bassi che mai sino ad allora avevano ottenuto una corposità così piena e definita.
Sfortunatamente, il boom di Oxigène oscurò il lavoro di “Automat” e in più, l’avvento del nuovo synth “Prophet 5” pose fine al progetto MCS-70 di cui alla fine venne prodotto un solo esemplare che sarebbe poi stato acquistato Patrizio Fariselli degli Area (lo si può ascoltare nell’album “Tic & Tac” del 1980).

Presso gli addetti ai lavori comunque, il progetto “Automat” non passò affatto inosservato incoraggiando tutto un esercito di programmatori ad elevare le tecnologie musicali sino al punto in cui sono arrivate oggi.
Ascoltandolo, occorre naturalmente proiettarsi con la mente all'alba delle automazioni in campo musicale, ma lo sforzo vale sicuramente la pena. Grazie naturalmente all'ing. Mario Maggi.

COLLEZIONISMI: Automat non è raro o costoso. Malgrado il suo valore storico, se ne registrano transazioni appena assestate sui 40 euro sia per le edizioni straniere, sia per quella italiana.

8 commenti :

Davide ha detto...

bella recensione, però precisiamo: RMI, Farfisa, Eminent, Mellotron NON sono synth analogici; non sono neanche synth, bensì, nell'ordine, un piano elettrico, un organo, una string machine ed un campionatore analogico...
precisione futile forse per alcuni, ma la serietà ed l'altissimo livello qualitativo di questo sito necessitavano di una precisazione...

J.J. JOHN ha detto...

Grazie Davide. Corretta la forma.
Credo che così vada meglio.

... e grazie anche x i complimenti.

Anonimo ha detto...

Oxigene era il primo disco di jean michel jarre?

JJ John ha detto...

No, era il terzo.
Prima ci sono "Deserted Palace" del 1972 che era sostazialmente un disco di insonorizzazioni e "Les granges brulees" del 1973 che fu colonna sonora del film omonimo con Alain Delon e la Simone Signoret.

Diciamo che Oxigene fu il primo disco di Jarre ad essere concepito come "album a se" e quindi non preposto ad altre funzioni.

aliante ha detto...

Jean Michel Jarre agli inizi della carriera (credo nel 1972) ha realizzato una sua versione del brano "Pop Corn" ( in Italia reso celebre dal Guardiano del faro e dalla Strana società).

JJ ha detto...

"Pop Corn" fu una hit planetaria composta e incisa per la prima volta nel 1969 dal tastierista tedesco Gershon Kingsley per il suo album "Music to Moog by".

Come ha ricordato Aliante, Jarre effettivamente la riprese nel 1972 in un singolo sotto lo pseudonimo di "The Popcorn Orchestra and Jamie Jefferson".

Io ne ricordo anche un'oscura versione dei Kraftwerk (sempre negata dal gruppo) e una sua bella citazione da parte dei miei amati Prodigy nell'intro di "Charly"... ve la ricordate? Era proprio lei.

U G O ha detto...

DOPO LUNGO CERCARE E VAGARE HO TROVATO IN LP QUESTO DISCO!IL LATO A è SNMACCATAMENTE ISPIRATO A J.M.JARRE MI RIFERISCO AI DUE LAVORI,A MIO AVVISO,MIGLIORI DEL FRANCESE OSSIA "OXYGENE" DEL 76 E "EQUINOXE" DEL 78 IL LATO B INVECE HA UNA SUA PERSONALITà.OGGI QUESTO DISCO POTRà RISULTARE DATATO MA ALL'EPOCA è STATO QUALCOSA DI INNOVATIVO!THANKS UGO

Anonimo ha detto...

Disco godibile anche se molto derivativo .

Michele D'Alvano