The Trip: Caronte (1971)

the trip caronte 1975Storicamente parlando, "Caronte" è a tutti gli effetti uno dei primi album di Progressive Italiano in buona compagnia con "Concerto grosso n°1" dei New Trolls, "Collage" delle Orme, “In the beginning" dei Nuova Idea, “L’uomo” degli Osanna e, se vogliamo, con quel meraviglioso racconto pop che fu "Terra in Bocca" dei Giganti.
"Caronte" ha però una marcia in più rispetto agli altri.
Pur se ancora attaccato a modelli anni '60, specie nell'utilizzo delle tastiere e per via di qualche reminescenza tardo psichedelica (“Little Jane” ricorda ad esempio i Pink Floyd di “Green is the colour”), il secondo album dei Trip riserva delle sorprese straordinarie che, se rapportate alla data di pubblicazione, ne certificano il suo valore assoluto.

Per cominciare, la vulcanica traccia di apertura "Caronte I°" - reputata dallo stesso Sinnone una delle cose migliori del gruppo - suona come una vera e propria dichiarazione artistica: il Beat è finito ed è cominciata definitivamente la stagione dell'Underground Italiano.

La leading-track infatti, non solo oltrepassa senza mezzi termini quella fase “post beat” fatta di onirici arpeggi di chitarra elettrica e di testi intrisi di sognanti valori esistenziali, ma pone concretamente le basi di nuovo linguaggio inedito: un massiccio hard-blues che è tutto un inseguirsi di tastiere, mescolanze ritmiche, e selvaggi breaks sottolineati da chitarre saturate che volano su una grintosa base pulsante.
trip caronte 1971Inoltre, a differenza del Beat che cercava di distanziare acusticamente ogni singolo strumento, qui la notevole complessità del sound viene omogeneizzata da una produzione a dir poco magistrale che accorpa ogni possibile sonorità con rivoluzionari sistemi di filtraggio delle frequenze.
Infine, le parti vocali non sono più orientate alla trasmissione di un messaggio o all’abbellimento del canto tramite gli interventi corali, ma assurgono a veri e propri strumenti musicali (es: “Two brothers”).

Certo, è innegabile che molte parti del disco si rifacciano ancora al rock britannico - in “Two Brothers” c’è un forte retrogusto di Led Zeppelin e Deep Purple, in “Little Jane” affiora prepotente l’anima blues dei Floyd e degli Stones e in molti solismi di chitarra è evidente il tocco di Hendrix - e il cantato in inglese certamente non contribuisce molto a italianizzare il prodotto, però c’è anche di notare che tutti i brani di “Caronte” sono originali e quindi anche in questo caso, si tratta di un passo avanti rispetto alle covers del periodo Beat.
Una “personalità nuova” quindi, che emerge in tutta la sua trasgressività soprattutto nel brano “L’ultima ora” dove un’originale struttura blues in 3/4, sviluppa un’organicità sonora da far invidia ai New Trolls di Concerto Grosso tra stacchi di sapore barocco, rumori concreti e un personalissimo finale Hendrixiano.
Il tempo di riprendere il tema principale dell’album nella dura e organica “Caronte II”, e si deve restare un attimo in silenzio per tirare il fiato.
Abbiamo appena ascoltato uno dei migliori dischi di progressivo italiano mai pubblicati nei primi anni ‘70: solido, ritmico, perfettamente prodotto, innovativo, conflittuale, personale, incisivo, calibrato, complesso, strutturato e perfettamente eseguito.
vescovi sinnone andersen grayCaronte “ è insomma la dimostrazione che, come dice il mio amico scrittore Gianni Lucini, l'arte è frutto di "osmosi progressive", ma in questo caso c’è anche di più.

I “Trip” non hanno soltanto operato una sintesi di stilemi pregressi, ma li hanno centrifugati al punto di astrarne uno stile del tutto nuovo e personale. Hanno iniettato nel suono degli anni sessanta dei codici così pregnanti, da superare non solo i limiti della loro cultura e del loro tempo, ma assurgendo a paladini di una nuova dialettica sonora.
Certamente, il percorso da intraprendere per creare un “nuovo prog italiano” era ancora lungo, ma in questo senso "Caronte" fu sicuramente un’imprescindibile catalizzatore.
Più tardi, il Banco e la Premiata si posero su un’altro livello, ma si consideri che i Trip pubblicarono Caronte nel 1971 e nulla mai si era sentito in Italia di così straordinariamente "prog".

Qualcuno potrà dire: "c'erano le Orme di Collage" che, reduci dall'isola di Wight avevano deciso di "ricalcare" il sound di Emerson Lake & Palmer.
D’accordo, ma una cosa è “imitare”, un'altra è “definire”.
I Trip hanno d.e.f.i.n.i.t.o e anticipato il groove di una generazione a cui resteranno fedeli fino alla fine e passando almeno per un altro capolavoro : "Atlantide" del 1972.

Poi, che altri abbiano avuto più successo…. beh…quella è tutta un'altra storia.

CARONTE E' STATO DICHIARATO DAI LETTORI DI CLASSIC ROCK IL DISCO NUMERO UNO
NELLA CLASSIFICA PONDERATA DEI MIGLIORI ALBUM TRA IL 1967 E IL 1971.

THE TRIP - Discografia 1970 - 1973:
1970 - THE TRIP
1971: CARONTE
1972: ATLANTIDE
1973: TIME OF CHANGE

29 commenti :

Gianni Lucini ha detto...

Son d'accordo con l'analisi.
Non trovi che Vescovi faccia un po' il verso a Rick Wakeman? Poi finirà nei Dik Dik. Furio Chirico, invece darà vita agli Arti & Mestieri confermando la regola che nin natura nulla si crea e nulla si ditrugge, ma tutto si trasforma...

V I K K ha detto...

a me i 4 ricordano fisicamente i grandissimi Karma :D

Anonimo ha detto...

Disco bellissimo e pioneristico come il Gruppo che lo ha partorito! Io non capisco come mai si è sempre detto che Le Orme siano la copia Italiana di Emerson Lake & Palmer!!! Cavolo ragazzi, ELP erano piu' tecnici de Le Orme, Tony Pagliuca con tutto il rispetto e l'amore che nutro per lui... non era Keith Emerson! Io penso che per dire che un Gruppo o un'Artista copi l'altro, bisogna guardate per bene le similitudini: Le Orme l'unica cosa che li collega a ELP è la formazione a tre elementi, che poi muterà e si espanderà dal 1975 in poi! Le Orme non hanno mai riproposto un intera opera classica come ELP, ma solo piccoli frammenti all'interno delle composizioni (vedi "Collage" e "La Ciaccona" Bachiana di "Una Dolcezza Nuova"). Io non ci vedo nulla oltre la formazione a tre, che li colleghi a ELP! E' vero si che dopo averli visti all'Isola Di Wight Le Orme deciserò di cambiare lo stile Musicale e mutarlo alla maniera del Prog Inglese, ma chi non ha cominciato ispirandosi a qualcuno? Io poi sinceramente non ho mai visto un Video Live degli Anni'70 in cui Tony Pagliuca prende a coltellate l'Hammond alla maniera di Keith Emerson!

Nicola Andreani ha detto...

Un gruppo che non utilizza la sua lingua madre, ma l'inglese - che anche se "Cool" e più orecchiabile dell'italiano, non ha permesso una vera sperimentazione vocale - dovrebbe essere messo tra gli ultimi in classifica e non tra i primi, nonostante il notevole sound(vanno contro il principio della trasgressione JJ).

Nicola Andreani ha detto...

Intanto ti ringrazio tantissimo per questo blog che sto consultando assiduamente, lo trovo molto utile per conoscere la scena progressive italiana molto più di altri siti (qui c'è una contestualizzazione e una classifica). Con la tua classifica ponderata ho cominciato ad ascoltare quei dischi che mi mancavano (non tutti) e la trovo molto valida, ci vorrebbe però una classifica anche dal 71 in poi. Per una mia classifica ti farò risapere perchè ci sono alcuni dischi che devo riascoltare.

E' vero che la lingua italiana non veniva sentita appropriata per il rock a quel tempo (ancora adesso purtroppo), ma io penso che è proprio questo canone che bisognava rompere per fare una musica diversa, per creare un background musicale e per sviluppare poi un nuovo modo di fare musica in Italia senza copiare dagli anglofoni. Uno degli esempi più eccelsi che mi viene in mente adesso è Aria di Alan Sorrenti (e credo sia sbagliato attribuirlo simile a Buckley) o come sono riusciti a fare un gruppo d'oggi: Il Bacio della Medusa. Entrambi un nuovo modo di fare musica e rompere gli schemi.
Che ne dici?

Domanda:
Nei testi si sente un pò in italia un certo "Complesso di Dante?" Ad esempio viaggi dell'anima, o storie universali ecc.. ?

Anonimo ha detto...

Grazie a te Nicola della considerazione.
Al momento c'è una sola classifica (1967-71) perchè ho terminato soltanto le recensioni di quel periodo.
Entro quest'anno dovrei finire il 1972 (con un altra classifica dedicata che sarà un bel casino) e poi, dall'anno prossimo si parte alla grande con il 1973 e le grandi hits..
Cmq, il piano dell'opera generale si trova grosso modo sulle "discografie essenziali".
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Riguardo alla faccenda della lingua, penso che ti piacerebbe il "Libro bianco sul pop in Italia" (oggi ahimè rarissimo)che parlava proprio di questa "colonizzazione" Anglofona in maniera molto dettagliata e alquanto impietosa.
In pochi si salvano...
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"Aria" è un capolavoro per il suo tempo. Avanti di mille anni...
Poi, a mio avviso, ad operare un'appropriazione completa della lingua Italiana ci sono voluti gli Area.
Loro, ancora più di Banco e PFM, hanno realmente saputo proporre una dialettica totalmente "liberata" da ogni schema, spianando la strada alla poetica dei primi cantautori progressisti che, non a caso, provenivano dallo stesso circuito.
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"Complesso di Dante".
Sai, come dice il mio amico Faust'o,"gli Italiani non hanno inventato nulla o quasi: si sono semplicemente 'lasciati scivolare addosso delle cose'".
Fino ai primi anni '70 abbiamo avuto la musica melodica napoletana (unico prodotto autoctono), il rock'n'roll importato dal piano Marshall, abbiamo assorbito il boogie e lo shake e svilito il beat fino al midollo.
La cosa più carina che abbiamo creato è stata il liscio.
Dopo il 76 abbiamo riciclato il Punk, la new Wave, i sintetizzatori e la musica con due accordi.
In pochi hanno inventato qualcosa.
L'unico periodo che salvo almeno in parte è proprio quello che va dal 69 al 76 in cui, perlomeno, un minimo di rielaborazione sincera è stata fatta: sia sociale che artistica.
In quest'ottica i "viaggi dell'anima" e le "storie universali" hanno avuto il loro doveroso spazio dal 70 al 72 e poi, si è cominciato ad eviscerare cose più concrete a partire dall'esperienza collettiva.
Un bel periodo insomma.

Il silenzio generalizzato che viviamo oggi, mi fa paura. Per non dire schifo.
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PS: Di gruppi Prog contemporanei non me ne intendo. Resto fondamentalmente uno storico.

Un caro abbraccio. John

Anonimo ha detto...

io l'album l'ho trovato superbo e molto ispirato sia agli elp(in alcuni passaggi delle 2 caronte) e ai deep purple anche se solo nello stile delle tastiere.
sicuramente i 2 brani di spicco son le 2 caronte vengono poi la mitica ultima ora e ode a jimi hendrix,la spettacolare two brother (secondo me molto legata ai riff zepppeliniani e dei who) ed infine little jane.
MITICI.
ciao francesco

Anonimo ha detto...

Secondo me quest'album è superiore a Collage, però oggi vengono considerate le Orme gli apripista del prog italiano e questi Trip vengono relegati spesso a gruppo minore....mah.....secondo me questo gruppo è il vero primo gruppo prog avuto in Italia (il primo album omonimo risale al 70).....ovviamente non considero le Stelle di Mario Schifano, che erano un gruppo psichedelico alla fine....

alex77

Marta ha detto...

Perfettamente d'accordo con Alex77.
Forse il primo dei Trip era ancora un po' troppo psichedelico per essere considerato Prog, ma le buone intenzioni c'erano tutte.
Anche le Orme hanno fatto cose ottime - ricordo Cemento Armato - ma i Trip secondo me erano molto più onesti. Marta

Cristho70 ha detto...

Anche io voglio dir la mia : Album Fondamentale per il Progressive Italico .

Saluti a Tutti !!!

piccic ha detto...

Sembra davvero un disco cda sentire, però, avendo letto il commento di Nicola mi trovo completamente d'accordo con lui.

Il discorso sull'uso della lingua non è facile: penso che moltissima gente, quando inizia ad ascoltare musica da ragazzo, sia "esterofilo", nel senso che si ama questo "esotismo", e il trovare la propria lingua riscoprendo la specificità della propria cultura nella sua originalità, è un procedimento di maturazione.

Io, per dire, sono un caso disastroso: fino a 34 anni faticavo ad amare la musica italiana allo stesso modo di quella "anglofona".
Posso dire che quello che mi ha aiutato a uscire da questa limitazione è stato il Gen Rosso, che se musicalmente non si può definire "originale" secondo i criteri della critica musicale, nel 1968 già cantava in diverse lingue.

Ascoltando gli Area, quel che mi ha colpito di Stratos, è probabilmente legato ai suoi esperimenti con la voce. Per ora ho sentito l'inizio di "gerontocrazia".

A me un elemento chiave pare la capacità di esprimersi in altre lingue, e non per motivi strettamente "commerciali", quindi non è l'inglese in sé a non andare – a me pare – ma l'esterofilia che impedisce di incarnare la propria cultura e rinnovarla costantemente…

JJ JOHN ha detto...

Nicola ha davvero ragione Piccic, però tieni anche conto che il processo di "italianizzazione" del Prog fu molto lento, anche per la strutturazione molto più complessa della metrica rispetto, per esempio, al Beat.
Ecco perchè dico che "Come come come" della Nuova Idea fu un miracolo.

piccic ha detto...

Grazie John. Tra l'altro mi viene da pensare ai Timoria: ricordo che inizialmente fu travagliata la scelta di cantare in Italiano (affermata poi da "Milano non è l'America").

Per venire alla precedente new wave penso all'analogo processo di adattamento da parte dei Diaframma ("Albori" è ancora pesantemente influenzato dai Joy Division), e a Giancarlo Onorato con i suoi Underground Life, i cui primi singoli sono in Inglese.

Io non sono mai riuscito ad ascoltare le prime produzioni di questi gruppi, tanto che i Neon, tra gli esponenti della scena fiorentina che cantavano in Inglese, non riescono a "catturarmi"…

Forse fatto il salto il difficile è tornare all'Inglese, ma semplicemente perché non ci appartiene, non come prima lingua almeno.
Un po' come festeggiare Halloween… :-)

P.S. Tra l'altro leggevo che Renga ammirava Demetrio Stratos, e che la copertina del secondo album dei Timoria è realizzata da Gianni Sassi. Ma come è possibile: Sassi è geniale (essendo un grafico, anche quando non conoscevo gli Area restavo ammirato per le loro copertine) e quella copertina mi pare proprio… brutta.

Boh?!

J.J. JOHN ha detto...

Visto che me li hai ricordato, i Timoria li ho conosciuti agli esordi e visti dal vivo diverse volte tra il 1986 e l'88 quando poi Francesco Caprini gli ha prodotto "Macchine e dollari".
Provavo un'antipatia viscerale per Pedrini e, anche se loro erano bravi, me ne sono sempre tenuto alla larga. Questione di pelle.
Sono contento per il successo di Francesco che anche allora, era il più simpatico di tutti.

taz ha detto...

..tutta un'altra storia...hai ragione JJ...come al solito tra i bravi ci sono anche i più bravi, e i Trip lo erano...tra i primi a proporre una musica Rock molto personale....tra l'altro con una copertina stratosferica...condivido quello che dici e non aggiungo altro...leggevo che Billy Gray ormai canta e suona in paradiso....cmq album fondamentale per la discografia e personale e italiana...ciao

Anonimo ha detto...

Joe Vescovi è indubbiamente molto bravo tecnicamente, di certo più vicino a Emerson di Toni Pagliuca (vedi Time of Change)...qui però in realtà lo accosterei, stilisticamente, molto di più a Dave Greenslade dei Colosseum (vedi il riff di hammond su Caronte il brano) oltre che a Jon Lord citato più sopra da J.J. John...ritengo poi Atlantide leggermente sopravvalutato, secondo me non è il momento più isprato di Joe Vescovi...

Luciano

Anonimo ha detto...

Su italianprog si parla di una riunione dei mitici trip in formazione triangolare con Chirico alla batteria. E sembra anche che entro fine anno torneranno a fare dei concerti......davvero grandi trip.....

alex77

Anonimo ha detto...

Adoro questo disco!
Anche se non è originalissimo al 100%(ci sento alcune cose dei king crimson,e in Little Janie sembrano fare il verso ai Beatles),stiamo parlando comunque di qualcosa di assolutamente pionieristico nella storia musicale del nostro paese.
Il disco mi piace nella sua completezza,e non me la sento di citare un brano piuttosto che un altro,ma posso dire che il tutto è suonato in modo impeccabile ,con un rigore tecnico davvero eccellente.
Oltre all'immenso Joe Vescovi(grande il suo apporto in questo disco), citerei anche il batterista Pino Sinnone,che suona in modo preciso,senza sbavature di alcun tipo.E poi è della provincia di Torino come me!

Denis

Anonimo ha detto...

disco sublime.

Seby

alexino ha detto...

grandi!! non vedo nella raccolta del 70 i Psycheground Group

JJ ha detto...

Hai ragione, grazie! Provvederemo.

Claudio ha detto...

Finalmente viene riconosciuta l'importanza di una band spesso poco considerata nell'ambiente prog ma che ha realizzato alcuni lavori fra i più belli e innovativi di quegli anni. Complimenti davvero per l'ottimo lavoro che svolgi anche in fase di recensione, sempre puntuali e circostanziate critiche e apprezzamenti, te lo dice un vecchio appassionato, anche anagraficamente purtroppo, ma ho scoperto che chi ama la musica e il progressive in realtà non invecchia mai, e se invecchia lo fa bene.

J.J. JOHN ha detto...

Grazie Claudio, è bello sentirsi dire certe cose, specia se si ha compiuto gli anni da qualche giorno.

Anonimo ha detto...

Qualcuno sa dove si possano trovare i testi di quest'album??
Peccato per la lingua inglese,è una nota che stona in quest'opera...
E' doveroso dire che il bassista Andersen è morto il 31 Marzo di quest'anno, in Svizzera.

Complimenti all'autore del sito per il suo lavoro di recensione...veramente molto dettagliato e il migliore sul prog italico.

Andrea

DogmaX ha detto...

Bella rogna i testi... ho provato a chiederli sulla pagina ufficiale di FB e mi hanno detto che "potrebbero lavorarci".

Io stesso provai a trascriverli dal primo album ma ho avuto non pochi problemi e molte parole sono "saltate" in un certo senso.

Stanno su lyrics wikia ma molti testi sono sbagliati e sono solo quelli del primo album ti avverto :)

ugo ha detto...

tra l'altro da questo disco fu tratto un 45 giri il cui lato a "believe in yourself" era un pezzo inedito mentre il retro "little jeanie" figura sull'album....il solito ugo!

Anonimo ha detto...

Un altro grande del prog italiano ci ha lasciati…Riposa in pace Joe.

Anonimo ha detto...

Gran disco, musicalmente potente e coinvolgente !

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Riascoltato oggi, si conferma un disco intenso e magnificamente suonato .

L'ultima ora e ode a Jimi Hendrix è un brano straordinario, epico e dirompente

Michele D'Alvano