Gigi Pascal e la Pop compagnia meccanica: Debut (1973)
Gigi D'Auria, in arte Gigi Pascal è un camaleontico cantante napoletano che ebbe una buona visibilità locale per quasi un ventennio a partire dal 1969, quando pubblicò il suo primo singolo da solista "Alla fine della strada" per la minuscola etichetta Danvox.
Lo stile originale era melodico e tale rimase fino alle pubblicazioni più recenti: il singolo "Un amore è nato già" inciso con il nome di "Gigi Pascal e i Nuovi Gemini" (etichetta Zeus, 1975) e l'album "Frammenti" con lo pseudonimo di Jaco (Dischi Sorrano, circa metà anni '80).
Tuttavia, anche Pascal ebbe il suo momento Rock e di fatto, l'unica parentesi per cui lo si ricorda nel mondo del Pop Italiano fu per il solo album "Debut", pubblicato nel 1973 con la sua "Pop Compagnia Meccanica".
Come per molti suoi contemporanei, Pascal non era rimasto indifferente al richiamo del Progressive e per sperimentarlo di persona, aveva chiamato intorno a se quattro musicisti di cui il più noto era il batterista Fulvio Marzocchella, già turnista per Patty Pravo, Umberto Bindi, Nico Fidenco, Orietta Berti e, tra le altre cose, è attivo ancora oggi.
Del resto del quintetto non si sa molto altro, eccetto che per i nomi degli altri tre componenti: Arturo (chitarra), Franco (basso) e Mario (organo).
Distribuito a scala locale e stampato in meno di 500 esemplari, quindi rarissimo, il 33 giri "Debut" viene pubblicato con un'interessante copertina argentata su cui però non compare praticamente alcuna informazione.
L'unica deduzione logica che si può trarre a prima vista, è solo che il disco non fu inciso per la consueta etichetta del Pascal da solista, la Zeus, ma per la misteriosa Fans Phonotype.
Il che fa pensare non solo ad un'autoproduzione, ma anche al fatto che il contenuto musicale si distaccasse talmente tanto dai canoni melodici della Zeus (Gagliardi, Achille Togliani, Mario Merola) che la Zeus non abbia voluto metterci il nome.
In effetti, spulciando i 26 minuti dell'album qualcosa di particolare emerge da almeno quattro delle otto canzoni che lo compongono.
Si parte in sordina con "La tua voce" che, tra ampi tappeti di organo e una voce che è praticamente la fotocopia di Nico di Palo, paga un debito davvero troppo eccessivo ai primi New Trolls. E fin qui, la Zeus avrebbe anche potuto compromettersi.
Si cambia registro però, con il secondo brano "Ormai" dove affiora pur timidamente la genialità del gruppo: la vocalità ricorda la Formula Tre di Dies Irae, ma negli arrangiamenti iniziano a comparire timidi stacchi ritmici, qualche pennellata rock, dei cori e persino un micro assolo di batteria in forma di fill che introduce un breve finale che potrebbe essere l'imbastitura di una canzone di Mina.
"Fuga in Si minore" è invece il brano più Prog di tutto l'album in cui risaltano sia le buone velleità classiche dell'organista Mario (io mi chiedo a questo punto chissà mai perché non se ne sappia neppure il cognome) e le non trascurabili doti del batterista Mazzocchella che questa volta ci regala un assolo molto più dilatato e interessante. Il tutto, condito a sprazzi da un minimo di effettistica (le onde del mare) utilizzata, tra l'altro, con equilibrio e discrezione.
Chiude il lato A la selvaggia "Crescente" che ci riporta nelle atmosfere psichedeliche degli anni '60 ma con una ritmica decisamente più indiavolata che alterna il canto di Pascal con dei notevoli fraseggi organo - chitarra - batteria.
Folle e veloce è anche la title-track "Debut" che centrifuga in porzioni di tempo relativamente brevi momenti melodici, rimbalzelli, citazioni barocche e grandi galoppate rock: tutte le sue parti non sono necessariamente originali o particolari, ma il loro assemblaggio è davvero degno di nota.
Con "Oriente" e soprattutto con "Un concerto", l'album però comincia ad appesantirsi sia per una certa coazione al ripetersi, sia per un indesiderato ritorno alla forma canzone più classica ("Un concerto") che, onestamente, poteva anche essere evitata.
La conclusiva "Io mi diverto" è infine la maestosa sommatoria di un disco certamente non fondamentale per il Pop Italiano ma dal sound perlomeno interessante.
Un buon esempio di come, anche un cantante votato alla melodia, potesse produrre musica meno supina al mercato, ed anche in maniera molto più convincente di quanto lo avessero fatto altri suoi colleghi più blasonati.
9 commenti :
scusa se divago...
è stato bello trovarti a bologna
gabri
Splendido anche x me... davvero! JJ
Un'autoproduzione??? Argh...la Phonotype è la più antica casa discografica italiana, fondata nel 1901 da Raffaele Esposito, come puoi leggere qui http://it.wikipedia.org/wiki/Phonotype Saluti, Vito
Per carità Vito. Non voglio togliere nulla al valore della stimabilissima Phonotype. Ci mancherebbe.
Ho solo azzardato che Pascal possa essersi appoggiato su di loro (a partire da mezzi e/o matrici proprie) perchè la sua discografica di allora, la Zeus, non se la sentì di pubblicare un Lp così anomalo.
Ancora una cosa: tu sai per caso perchè sulla pagina di wikipedia della Phonotype il disco della PCM non compare?
Grazie per il tuo intervento. JJ
Giancarlo D'Auria, alias Pascal, alias Jaco è stato anche un pranoterapeuta. In realtà, aveva abbandonato la sua carriera di musicista per intraprendere la strada che gli aveva dedicato Dio donandogli questo dono... Almeno così diceva!
Ultima sua fatica discografica: ANIMA per l'etichetta Visco Disc...
Qualcuno sa che fine ha fatto? Lo ricordo in preda alle sue sedute dopo le quali prescriveva pollo bollito, tisane e pillole varie per far dimagrire i poveri pazienti ai quali spillava poi centinaia di migliaia di lire... Bah!
Chiedere a Striscia la notizia...di solito sono loro che si occupano di "maghi"...Era pubblicizzato dalla Mellow records ....ma è un cd non di facile reperibilità...credo...ciao
Il pranoterapeuta con la sua bravura ha continuato a curare moltissime persone e si è spento serenamente il 10 agosto 2019
A mio avviso un disco assolutamente trascurabile .
Michele D'Alvano
Tutto sommato, disco carino ma non particolarmente significativo
Michele D'Alvano
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