BUONE FESTE E BUON 2021 A TUTTI !!!
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J.J. JOHN
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Il Balletto di Bronzo |
Meno celebrati furono invece i napoletani Fabio Celi e gli Infermieri che (se è vero che pubblicarono nel 1969) contestualmente alla pubblicazione del libro Morire di Classe di Franco Basaglia e Franca Ongaro, affrontarono anch’essi l’annoso tema della detenzione psichiatrica, il militante antiriformista Ivan Della Mea autore di Il Rosso è Diventato Giallo e il futuo leader dei Numi Guido Bolzoni che nel suo Happening importò Dylan nelle brume pavesi.
La vera modernità attenne però a quel nugolo di complessi che, superando i limiti del beat e facendo propria la lazione psichedelica,posero le basi del nuovo Pop Italiano: i napoletani Balletto di Bronzo con la loro indemoniata Neve Calda, la Formula Tre, prodotta da Lucio Battisti e numero quattro in Hit Parade con Questo folle sentimento, i futuri Nuova Idea che col nome di J. Plep esordirono con La Scala, i milanesi Quelli che poco prima di diventare PFM spararono le ultime cartucce melodiche con Lacrime e Pioggia e Dici e infine i milanesi Alusa Fallax col single Tutto Passa, versione italiana di All My Sorrows degli Shadow.
Attentati vili ed efferati per i quali vennero sospettati gli anarchici, ma che già dal giorno dopo alcuni intellettuali tra cui il milanese Primo Moroni attribuirono ad elementi di estrema destra al soldo di organizzazioni deviate dello Stato. E fu una convinzione determinante poiché, al di là della sua effettiva dimostrabilità (si consideri che il processo durò più di trent’anni), innalzò definitivamente i conflitti in corso a livello militare. In più, radicalizzò a tal punto gruppi e movimenti, che questi – tra i molti altri provvedimenti – esclusero immediatamente da pratiche e programmi qualsivoglia ipotesi libertaria o creativa, musica compresa.
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Banca dell'Agricoltura, Piazza Fontana 12 Dicembre 1969 |
E fu questa una delle principali motivazioni per cui, il Pop Italiano fu sostanzialmente disimpegnato sino alla fine del 1972 (il cosiddetto periodo Underground): perché mancava il terreno fertile per comunicare messaggi politici in chiave non istituzionale, ma anche perché, comprensibilmente, nessuno se la sentiva di confrontarsi con una situazione politica intricata, oscura e a questo punto pericolosa.
Il coinvolgimento artistico e la militanza musicale sarebbero tornati ad interfacciarsi solo dopo la storica ricomposizione del 1973 tra gruppi politici e creativi, ben illustrata da Andrea Valcarenghi sul numero di gennaio di Re Nudo (vedi anche La stagione della Controcultura).Al 1969 seguirono dunque tre anni di Prog Italiano puro, e suonato solo per la voglia di farlo, prima in modo embrionale e ancora molto legato al blues lungo tutto il 1970 (Blues Right Off, Circus 2000, Mucchio…), più contaminato e poliforme nel ’71 (New, Trolls, Nuova Idea, Osanna, Trip ecc.) sino ad arrivare alla piena maturità nel biennio 72-73. Poi il mondo diventò mancino, ma quella è un’altra storia.
Vi lascio con una domanda: SECONDO VOI,
COME SI SAREBBE EVOLUTO IL ROCK ITALIANO SE LA STRAGE DI STATO NON FOSSE MAI AVVENUTA ?
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J.J. JOHN
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Sul rock progressivo italiano è stato detto e scritto ormai di tutto.
Tuttavia, trattandosi di un genere di nicchia e spesso alimentato dal passaparola, non c’è da stupirsi se, ancora oggi, emergano nuove testimonianze ad arricchirne la storia.
Per esempio, poco si è parlato in questi anni di Vittoria Lo Turco, classe 1937, in arte Fiamma: giovane e bellissima cantante genovese che, nei primi anni Settanta, alcuni giornali annoverarono - a torto o a ragione - negli Jacula insieme ad Antonio Bartoccetti, Charles Tiring e Franz Parthenzy, e che quindi potrebbe corrispondere a quella Fiamma dello Spirito, che comparve nei credits dell’album Tardo Pede In Magiam Versus pubblicato nel 1972.
Personalmente, ho sempre associato lo pseudonimo "Fiamma dello Spirito" a Doris Norton, compagna del band-leader Antonio Bartoccetti, ma non solo io: è scritto in qualunque testo di prog italiano (incluso il mio e di Michele Neri), lo hanno affermato colleghi ben più autorevoli di me, ed è una tesi tuttora condivisa.
Eppure, alcuni documenti d'archivio recentemente rinvenuti (prevalentemente ritagli di giornale tra il 72 e il 76, quindi materiale di dominio pubblico e ancora reperibile nelle relative emeroteche), attribuiscono proprio a Fiamma il ruolo di cantante del gruppo.
Certo, osserverà qualcuno, per fugare ogni dubbio sarebbe sufficiente leggere la recente biografia del gruppo, “Magister Dixit” per la Tsunami Edizioni, ma io non l’ho ancora fatto. Quindi, lascio a voi trarre le conclusioni, e mi limito ad offrirvi l'opportunità di fare un altro tuffo nel passato, e di respirare ancora un po' dell'atmosfera di quegli anni “magici”. Aggettivo che, in questo caso, mi sembra più che azzeccato.
E ora veniamo al dunque.
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J.J. JOHN
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Etichette: FIAMMA DELLO SPIRITO , JACULA
Il Baricentro in una rara foto del gennaio 1977 inviatami dal mio anico Piero Mangini, batterista della band, che saluta tutti i lettori di John's Classic Rock e ci chiede una cortesia:
C'E' NESSUNO CHE POSSIEDE O HA NOTIZIE di una possibile REGISTRAZIONE DEL CONCERTO del BARICENTRO alla MOSTRA D'OLTRE MARE di NAPOLI nel GIUGNO del 1977?
Il concerto durò parecchio e c'erano molte migliaia di persone perché, prima ci fu il comizio di Enrico Berlinguer.
Se qualcuno può aiutarci, grazie sin d'ora,
Piero e JJ
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J.J. JOHN
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Alighiero Boetti: "METTERE AL MONDO IL MONDO" |
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MARIO SCHIFANO |
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Un frame di EGO, il visionario cortometraggio di Bruno Bozzetto. |
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J.J. JOHN
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LA FINE DEL BIGLIETTO PER L'INFERNO E L'INIZIO DELLA COLLABORAZIONE DEL SUO TASTIERISTA CON UNO DEI MITI DELLA MUSICA COSMICA TEDESCA.
Nel 1978 il “progressivo italiano” o “pop italiano” che dir si voglia, era clinicamente morto, privato ormai di quel terreno un tempo fertilizzato dalla Controcultura e sepolto da nuove esigenze comunicative che lo marginalizzarono in poco tempo. Eppure, quel fuoco creativo che il prog aveva iniettato nella musica italiana non si era spento: stava semplicemente covando sotto le sue stesse ceneri, tenendole costantemente ardenti e influenzando ulteriori generazioni di musicisti.
Tra questi c’era Giuseppe Banfi detto “Baffo”, lecchese, classe 1954 ed ex tastierista dei Gee che durante e dopo la sua permanenza nel Biglietto per l’Inferno, non aveva mai abbandonato la propria passione per la tecnologia e la sperimentazione sonora: un sogno che lo portò a realizzare sotto l’egida di Klaus Schulze almeno due album solisti “Ma Dolce Vita” del 1979 e “Hearth” del 1981. La sua storia discografica però, ha inizio ancora prima. Verso la fine del 1975 infatti, a un anno dall’uscita dell’album “Biglietto per l’inferno”, la band di Mainetti e Canali era al massimo del suo splendore: aveva come nuovo impresario lo svizzero Freddy Honegher, veniva reputata uno dei gruppi di punta del prog italiano, aveva tenuto un brillante concerto a Lugano come spalla di Kevin Ayers dove attirò nientemeno che le attenzioni della Virgin Records e poteva contare almeno su un progetto molto allettante: quello di incidere per la prestigiosa discografica inglese un nuovo 33 giri con brani già pronti e raccolti in una demo intitolata “Il tempo della semina” (curata da Eugenio Finardi) che Honeggher aveva nel frattempo inviato a Londra insieme ad alcuni nastri di Banfi.
Di fatto Banfi, parallelamente all’attività col Biglietto, stava sperimentando già da tempo un proprio linguaggio appoggiato principalmente sulla sperimentazione elettronica: si era creato un proprio studio di registrazione domestico attrezzato con due Revox, un Mini Moog, un Gem, un Eminent Solina, uno dei primi organi con la programmazione ritmica e una serie effetti tra cui un eco Binson, wah-wah, distorsori ecc. e aveva anch’egli materiale per un disco completo che intanto aveva già fatto ascoltare all'etichetta milanese Red Records.
Purtroppo, per una serie di motivi, la nuova produzione della band - che nel contempo aveva subito anche il fallimento della precedente discografica Trident Records - non andò in porto e il sestetto piombò in una profonda crisi a cui si sommarono ulteriori problemi di militare, lauree, stanchezza, mancanza di soldi e soprattutto un forte disincanto che alla fine ne decretò lo scioglimento I lavoridel Banfi però finirono invece in mano a Klaus Schulze, storico pioniere della musica elettronica, membro della prima formazione dei Tangerine Dream, co-fondatore degli Ash Ra Tempel e in quel periodo, in forza alla stessa Virgin. Stregato da Banfi, Schulze non solo lo invitò in Germania per fare la sua conoscenza, ma stabilì con lui una solida relazione amicale e professionale destinata a durare a lungo.
Alché, confortato perlomeno da questa nuova prospettiva, nel 1977 il ventitreenne Giuseppe partì per militare sapendo che comunque al suo ritorno avrebbe potuto continuare la sua carriera musicale e per giunta con ottime prospettive. E non è tutto: poco prima del suo ritorno, gli venne comunicata anche una gradita sorpresa. Grazie infatti all’interessamento di un suo caro amico tecnico e disc-jockey (oggi scomparso), quei nastri allora consegnati alla Red Records, non solo erano diventati un album dal titolo “Galaxy my dear”, ma erano già stati addirittura stampati e distribuiti nei negozi di tutta Italia.
Ovviamente, quando Banfi ricevette il telegramma col quale gli si notificava l’operazione rimase di stucco (“Sono cascato giù dal pero”, mi ha detto testualmente in un’intervista), ma perlomeno ebbe la soddisfazione che nulla delle sue musiche era stato ritoccato in fase di produzione, come per esempio accadde invece agli sfortunati Alluminogeni che si videro il loro brani stravolti dalla Fonit.
L’unica nota curiosa è che sulle note di copertina non fu fatta alcuna menzione riguardo alla registrazione domestica originaria con i suoi ovvi limiti di dinamica, i suoi fruscii ecc., ma anche su questo, tutti sorvolarono bonariamente. Passando all’ascolto occorre ammettere che in effetti una certa ispirazione ai corrieri cosmici si sente e anche qualcosa di Jean Michel Jarre (es: in “Galaxy my dear”), ma nel complesso prevale la genialità e la passione con la quale Banfi ha saputo restituire un prodotto di alta classe a partire dai pochi mezzi a sua disposizione: cosa che forse occorse solo a Battiato nei primi anni ’70 quando un piccolo studio casalingo e una buona produzione potevano rivoluzionare la musica italiana. A volte, insomma, basta la sola abnegazione nei confronti di una propria idea per superare persino le temperie della casualità o le perplessità del mercato. E questa è sicuramente una delle migliori eredità del Pop italiano di cui Giuseppe “JB” Banfi fu sicuramente un protagonista di primissimo piano.
TRACKLIST: - A - 1.Galaxy My Dear 2.Audio Emotion 3.Paradox: streams - B - 1.Gang 2.Goodbye My Little Star
COLLEZIONISMI: “Galaxy my dear” nella sua versione originale su Red Records (VPA 123) è un disco non più così agevolmente reperibile come all’epoca della sua pubblicazione, ma neppure raro.
Le sue quotazioni Mint non superano di norma i 30 euro.
RINGRAZIO GIUSEPPE PER L'AMICIZIA E I SUOI MERAVIGLIOSI CONTRIBUTI PARTECIPATI.
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J.J. JOHN
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Etichette: BANFI Giuseppe
Quando si parla di grandi rivoluzioni contemporanee, si cita solitamente il Sessantotto, anno in cui studenti e libertari sfidarono ovunque baronie e istituzioni, e la fantasia si candidò a giustiziare privilegi e ipocrisie: il classismo nelle scuole innanzitutto, storico garante di quella subordinazione ideologica tanto cara alle classi dirigenti, poi lo sfruttamento sul lavoro, volano della crescita capitalistica ma non di quella salariale e non ultimo quel moralismo di matrice catto-borghese che costituiva ancora un formidabile strumento di controllo sulle masse.
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ALBERGO COMMERCIO, Piazza Fontana, Milano 1969 |
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JIMI HENDRIX - Woodstock Free Festival |
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STONEWALL 69 (foto: Harward University) |
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J.J. JOHN
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JJ e MAURIZIO ROSSETTI - Rock'n'Roll will never die. |
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J.J. JOHN
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E bravo il nostro Michele D'Alvano che ci ha azzeccato!
Le foto sono del 2002 circa, in occasione di un concerto milanese di Leroy Gomez (quello dei Santa Esmeralda) al quale avevo presenziato in qualità di aiuto tecnico - hostess - tuttofare, incluso scortare il Walter alla disperata ricerca di un tabaccaio. Con Mark invece ci eravamo già visti a cena di amici comuni.
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JJ con WALTER CALLONI (sx) e con MARK HARRIS (dx) |
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2020 JJ e FRANCESCO CAPRINI dello Studio Divinazione ...quelli belli siamo noi! |
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... l'amico e maestro Augusto Croce |
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J.J. JOHN
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