Roberto Colombo: Sfogatevi bestie (1976)

roberto colombo sfogatevi bestieSe è vero che nel 1976 “tutto cominciava ad essere il contrario di tutto” e le contaminazioni stilistiche avevano ormai raggiunto un punto di non ritorno verso la globalizzazione, allora anche un disco quale “Sfogatevi bestie” del tastierista milanese Roberto Colombo ebbe sicuramente un suo senso storico, vista pelomeno la sua levigatezza e la sua poliedricità.

All’epoca della release del suo primo album, Colombo ha 25 anni ed è già abbondantemente inserito nel giro musicale per aver già collaborato a due album di Patti Pravo ("Mai una signora" e "Incontro"), collaborato più volte con la Premiata Forneria Marconi e rivestire un importante ruolo di compositore - arrangiatore presso la discografica Ultima Spiaggia di Ricky Gianco.

Tanto quanto basta insomma, per mettere insieme sette brani di grande spessore tecnico e compositivo ed assemblare una line up di musicisti tali da abbracciare tutto il passato e il futuro del jazz-prog italiano tra cui il chitarrista Ricky Belloni, i batteristi Walter Calloni e Flaviano Cuffari, il sassofonista Claudio Fasoli, i bassisti Paolo Donnarumma e Gigi Belloni, il vocalist Marco Ferradini e persino il produttore discografico Nanni Ricordi in veste di cantante.
E se questa formazione può sembrare già numerosa, nell’album successivo si sarebbe ancora ulteriormente dilatata a dimostrare che sin già dal suo esordio discografico, il Colombo aveva le idee chiare sul concetto di “musica estesa” che voleva produrre. E in effetti, all’ascolto, “Sfogatevi Bestie” restituisce un compendio di sensazioni tanto vasto quanto estremamente moderno e raffinato.

roberto colomboCertamente, come spesso accade per le opere d’esordio, le influenze esterne (diciamo un certo gusto avanguardistico di matrice “newyorkese”) e una certa contrazione creativa – o “timidezza”, se vogliamo - hanno avuto un certo peso, ma in ogni caso Colombo e soci dimostrarono di non aver nessun timore reverenziale nei confronti di un genere che, si sente, avevano nel dna ed erano comunque in grado di giostrare con smisurata scioltezza.

Nel groove generale comunque, spicca una certa predisposizione al jazz-rock con poco spazio alle improvvisazioni e molto levigato nei suoni al punto da richiamare il rigore di certi lavori strumentali di Frank Zappa.
C’è anche però molta inventiva mediterranea nell’esplicito riferirsi ad un certo prog di casa nostra, specie in quella vivace scomposizione metrica che fu propria in particolare della Premiata Forneria Marconi.
Non mancano neppure strizzate d’occhio alla sperimentazione (“Assurdo”), anche se più ammiccante e infinitamente meno provocatoria di quella che proposero Battiato o i Dedalus negli anni che furono.

Del resto, da lì a pochi mesi il Progressive italiano sarebbe stato riassorbito dalle nuove mode o parzialmente addomesticato da cantautori quali Finardi, Gianco, Camerini o Cattaneo (di cui lo stesso Colombo sarà arrangiatore) , per cui (forse) era anche lecito iniziare a proporne una versione meno politicizzata o avulsa da un ambiente che non esisteva quasi più.

roberto colombo botte da orbiSi profilava dunque la figura del “produttore-turnista” o comunque di un ruolo tale da invertire i riferimenti consolidati da almeno cinque anni di pop italiano, nel senso che la responsabilità creativa di un prodotto sarebbe passata da un livello collettivo di gruppo, a uno più gestionale in cui il peso del manager, dell’ideatore e dell’arrangiatore e in generale del marketing, avrebbero gestito e diretto tutto il percorso produttivo.

Questo naturalmente, portò a una spersonalizzazione di molte realtà progressive che da quel momento in poi cessarono di esistere.
Il fatto che poi, come disse Alberto Radiusla riconversione / non mi sembra una ragione / per confondere lo schiavo col padrone”, quello fu un altro nodo cruciale che però non si risolse facilmente, anzi: stando ai successivi sviluppi della storia, possiamo dire che non si risolse affatto.

Almeno nel ’76 però, c’era ancora la forte consapevolezza di aver lottato a lungo e di dover continuamente rimettersi in discussione per non soccombere all'incalzante spettro della "musica in serie" a cui anche Colombo cedette nell'arco di pochi anni diventando uno dei principali produttori italiani di technopop.

7 commenti :

Anonimo ha detto...

Ottimo album, rappresenta secondo me un valido tentativo di dire qualcosa di nuovo in ambito jazzrock.

Ottima tecnica degli strumentisti presenti e molto buone anche le composizioni.

Oltretutto in rete presentano questo lavoro come fortemente debitore verso Frank Zappa. Io personalmente tutte queste influenze non le sento.

Roberto Colombo mi sembra presenti un lavoro molto più originale di quei gruppi italiani di jazzrock che si formarono intorno alla metà degli anni 70, che puntavano molto (se non tutto) sulla tecnica e che assomigliavano in maniera disarmante ai gruppi anglo-americani del periodo.

alex

rael ha detto...

bel disco davvero..così come "Botte da orbi" anche se l'influenza di Zappa a mio parere è troppo accentuata...

Unknown ha detto...

Tutto sommato niente male, secondo me da riscoprire..

Moludd ha detto...

La parte di sperimentazione che dici, io la sento in "Metronomo 138", non in "Assurdo". Considerando che possiedo solo degli mp3 di questo disco, non è che per caso è errata la tracklist o la divisione delle tracce?

J.J. JOHN ha detto...

Si, può darsi. Io possiedo una cassetta vecchia e logora, ma magari ho trascritto male io le tracce.
Ad ogni buon conto, la sperimentazione c'è... e si sente.
Grazie Moludd.

Anonimo ha detto...

Grande Roberto Colombo !

Sfogatevi bestie e Botte da Orbi sono due dischi a cui sono molto affezionato.

Piacevolissimi da ascoltare , con grandi arrangiamenti e con musicisti straordinari , in bilico tra jazz-rock e sperimentazione tipica della gloriosa etichetta Ultima Spiaggia per cui sono stati incisi .

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Tutto sommato ho una leggera predilezione per Sfogatevi bestie, sebbene anche Botte da Orbi sia un disco sensazionale come il precedente lavoro di Colombo .

Michele D'Alvano