Hunka Munka: Dedicato a Giovanna G (1972)

hunka munka dedicato giovanna g 1972Hunka Munka è lo pseudonimo del tastierista varesino Roberto Carlotto, oggi noto come componente dei Dik Dik, ma semisconosciuto al principio degli anni '70.

Carlotto era poco considerato in Italia non perché non fosse un abilissimo musicista, ma in quanto i suoi esordi nel professionismo avvengono in Inghilterra dove, tra le altre cose, fa da opening set nientemeno che per Rod Steward e i Colossseum.
Tornato nel belpaese, in cui aveva precedentemente fatto qualche comparsata con i Big 66 e i Cuccioli, si unisce per breve tempo all'Anonima Sound di Ivan Graziani nel 1970 e un anno dopo, intraprende la carriera solista con il suo primo 45 giri "Fino a non poterne più" per la prestigiosa etichetta Ricordi, presentato in anteprima al Festival di Mestre.
Asoltandolo, si ha subito l'impressione di trovarsi di fronte ad un artista particolare, dotato di un'ottima tecnica e soprattutto di una straordinaria voce che rasenta tonalità da mezzo soprano ricordando, a tratti, l'espressività di Jimmy Spitaleri.
In poco meno di un anno, nel 1972, Hunka Munka esordisce col suo primo album solista, "Dedicato a Giovanna G." che sia fa subito notare per la sua sofisticata copertina apribile a forma di water (con buona pace della Giovanna a cui era dedicato il disco).
Ospiti d'eccezione: Ivan Graziani e Nunzio "Cucciolo" Fava degli Osage Tribe.
Supportato dal 45 giri "Io canterò per te/Cattedrali di bambù", l'Ellepì rivela sin dalla prima canzone l'incombenza dell'impressionante artiglieria di tastiere (tutte tecnologicamente avanzate e alcune modificate dallo stesso Carlotto) e da un sound particolare di batteria che si rivelerà essere una della prime drum-machine a nastro mai utilizzate in Italia.
hunka munka dedicato giovanna g. 1972Tuttavia, non sempre tutto questo ben di Dio viene sfruttato nel migliore dei modi: il primo brano del disco, per esempio, ("Nasce un giorno") è un motivetto leggerino il cui attacco ricorda "Che Sarà", ed è infarcito fino al parossismo di tappeti di tastiere e armonizzazioni vocali.
Stesso discorso vale per la title-track "Giovanna G."e per "L'aeroplano d'argento": due indiavolati Boogie-rock dalla struttura quantomeno ovvia e dai testi adolescenziali.
Il brano migliore del disco è sicuramente "Ruote e sogni" dove l'artista scopre tutte le sue carte più forti: struttura melodica complessa, voce ai confini del pentagramma e soprattutto un turbine sinfonico che raggiunge l'apice nella metà del brano, per mezzo di numerose sovrapposizioni di tastiere e dell'interfacciamento con la batteria a nastro.
"Cattedrali di bambù" e "Io canterò per te" abbracciano invece la melodia pura con tanto di incisi altisonanti e maestosi ("fiume che vai…ti prego salvami.") e le consuete parti sospese tra pop sinfonico e grandi orge barocche di tastiere che richiamano a tratti le pompose scorribande di Rick Wakeman.
hunka munka dedicato giovanna g. 1972"Anniversario" agggiunge al disco toni da ballata popolare con ottime parti vocali e una bella coda di organi modificati che ricamano tessiture elettriche su un basso cadenzato.
Poco da dire riguardo agli ultimi due brani "Il canto dell'amore" e "Muore il giorno muore" che nulla aggiungono e nulla tolgono al resto del lavoro.
Terminato l'ascolto, ci si accorge in fretta che "Dedicato a Giovanna G" lascia subito un vuoto nelle orecchie e nell'animo dell'ascoltatore: di fatto, dopo tanta magniloquenza e ripetitività, in cui tutte le frequenze sono state sistematicamente occupate da suoni e percussioni, il silenzio che segue alla fine del disco pare quasi un sollievo.
Pur se affascinante per il sound (certamente inedito per un solista italiano), l'album di Hunka Munka pecca di una sontuosità al limite dell'invadenza, che si concreta nel voler a tutti i costi riempire gli spazi vuoti con sonorità, anche innovative, ma non sempre necessarie.
Forse, una migliore "gestione dei silenzi", avrebbe reso l'album più godibile.

25 commenti :

Anonimo ha detto...

A me questo disco fa letteralmente impazzire. Bellissimo.

Giangi

aldo ha detto...

il disco è BELLISSIMO
una pietra miliare del prog italiano
lavoce è bellissima
e tra hammond,clavient e MELLOTRON!! (suonato da IVAN GRAZIANI!!!) il disco è piacevolissimo

tra l'altro...cè in lavorazione un nuovo disco o un mini lp gia' da diverso tempo che potrebbe uscire a breve!
grande hunka munka!

DogmaX ha detto...

Forse un po' troppo stucchevole, ma comunque è abbastanza godibile nel complesso :)

Richard ha detto...

Io non lo ricordo nei Colosseum !!! e si che conosco personalmente Carlotto a cui produssi un disco in cui si faceva chiamare Karl Otto..
So per certo invece che ha suonato negli svizzeri Les Sauterelles (Le Cavallette.). Credo abbia anche un passaporto svizzero...credo..

Anonimo ha detto...

questa recensione non mi piace per niente, nel progressive non cè mai stata la RICERCA DEL SILENZIO (vedi il balletto di bronzo)
Il disco è Fenomenale, cantato da paura e SUONATO da paura, IVAN GRAZIANI alle chitarre. CUCCIOLO (anche con i TRIP) alle chitarre.
PAGANI ai TESTI e persino Califano come co/songwriter.
Un disco BELLISSIMO addirittura CULT per koreani e giapponesi
CONSIGLIO A TUTTI UN ASCOLTO DI QUESTA PERLA!

J.J. JOHN ha detto...

Se pensassimo che Prog non vi sia mai stata una "ricerca del silenzio" intesa come anelito all'equilibrio o come bilanciamento delle dinamiche e delle ambientazioni, negheremmo la sua stessa esistenza: dal "Silenzio del rumore" di Battiato, agli ammiccamenti di Stratos a John Cage.

Anonimo ha detto...

Ma cosa mi fate ascoltare? Una perla, disco bellissimo...
A parte i silenzi, non vedo come questo disco possa essere definito progressive. Non è prog e non è nemmeno rock; sono canzonette con testi infantili e ingenui, ridicoli (ma davvero li ha scritti Pagani?) e qualche virtuosismo sulle tastiere sparso fra i vari brani. Ma la voce è esageratamente invadente, asfissiante. Più dei silenzi, scarseggiano le parti non cantate, anche chi ascolta ha la sensazione di andare in debito di ossigeno. Il timbro della voce ricorda a volte Fortis (muore il giorno muore), altre Renga, quello di Sanremo (io canterò per te), belle voci fra il pop e il melodico, ma sicuramente non rock.
Basta qualche lontana somiglianza a Wakeman per definire questa roba un lavoro prog? o è per la cavalcata di 20 secondi nella seconda parte di Ruota e sogni che, tra l'altro, che ci azzecca con Wakeman?
E il resto dove lo mettiamo, il girotondo di Anniversario, la filastrocca di Giovanna G? anche queste sono prog?
La copertina che ritrae il giusto posto dove riporre il vinile dopo averlo ascoltato non è per niente originale; è copiata da quella che avrebbe dovuto essere la reale cover di Beggars Banquet degli Stones nel 68.
Statemi bene
Vanni

J.J. JOHN ha detto...

Vanni: mi raccomando! Se per caso ti capitasse per le mani l'originale del disco in questione, scrivimi prima di riporlo dove ti sei prefissato. E non ti venga il mente di tirare lo sciacquone, ok?

Anonimo ha detto...

ma figurati... conservo tutti i miei vinili con cura estrema. Se poi penso ai dischi che ho svenduto in passato e che oggi hanno quotazioni da urlo..Il Banco con il salvadanaio... solo perchè non entrava nello scaffale! Che pirla.

ugo ha detto...

INNANZITUTTO NON SEI UN PIRLA SENNO IO SAREI UN GRAN RICCHIONE QUANDO PENSO CHE NEL 1980 CEDETTI ALMENO 60 45 GIRI IN CAMBIO DI TRE SOLI LP(PINK FLOYD/DEEP PURPLE/KISS)E LI C'ERANO COSUCCE INTERESSANTI!IL PRIMO DEL BANCO ME LO REGALò UNA MIA CUGINA CHE è SCOMPARSA RECENTEMENTE.ADESSO QUEL DISCO LO TENGO CARO E MI ASCOLTO LA VERSIONE DELLA LINEA ORIZ.PERò PER QUALCHE VINILE + RARO TIPO FABIO CELI O GLI EXPLOIT UNA PARRUCCA ME LA METTEREI....IL SOLITO UGO AAAAHHHHH!

Anonimo ha detto...

ecco... gli exploit. Ok per la side 1, la Crisi suite, ma la seconda? è prog? allora anche i Jalisse.
Non voglio passare per rompicoglioni, il Perigeo è stata un' ottima band ma di musica jazz, il disco degli Analogy un bell'esempio di psych garage made in italy, Elektroktus un coraggioso tentativo di elettrokrautrock, ma di progressive in questi dischi c'è ben poco, anzi niente. Ma visto che non si deve solo criticare ma anche proporre, consiglio a tutti di fare un giro sul blog stratosfera dove ci sono oltre 30 compilations di singoli di gruppi progressive, da Lidya e gli Hellua e gli Scorpyo già recensiti da JJ ai Crash di Meditation, i Pulsar e un centinaio di altri nomi fra cui i Vermi (ascoltate La Collina - 8 minuti secondo me ben spesi) e un certo Roberto Righini (Mondo malato). Se avete voglia e pazienza, fra alti e bassi, individuerete senz'altro del materiale interessante, qualcuno anche di valore. Buon ascolto.
Vanni

J.J. JOHN ha detto...

Vanni, hai ragione, ma mi dai anche l'occasione per ribadire un concetto importante che riguarda il mio lavoro in questi 5 anni.

Classic Rock è nato e si è evoluto per relazionare per quanto possibile, tutti gli aspetti che stavano alla base del nostro pop - rock italiano anni '70: sociali, politici, di costume ecc.

Non necessariamente per parlare di "prog" quindi, ma dare un senso storico alla musica alternativa di quegli anni attraverso un percorso analitico preciso: il pop italiano fu frutto di una trasformazione sociale e si estinse quando le condizioni mutarono nuovamente. Quindi circa nel 1976.

E' logico dunque che in quest'ottica entrino anche lavori che con il progressive avevano poco o nulla a che fare, ma è importante sottolineare che furono comunque determinanti per una cultura e per delle passioni oramai, ahinoi, estinte.
Quelle stesse energie insomma, che come mi diceva il mio amico Paolo Tofani: "chissà mai dove sono andate a finire..."

Io cerco l'anima di questi sentimenti anche nelle produzioni più infime, quelle più locali, meno pubblicizzate e anche meno "prog" perchè furono anch'esse il sintomo di un cambiamento in atto, di un grande spitito sovversivo anche al di là delle loro contraddizioni.

Certo che il Perigeo era jazz fusion, ma hai presente cosa voleva dire per quell'epoca?

Roby della Stratosfera, mio grande ammiratore di cui ricambio con rispetto ancora maggiore ciò che ha detto di me, sta facendo un lavoro fuori dalle righe.
Talmente eccezionale che io stesso sono orgoglioso di essere stato citato da lui.

Vuol dire che il progressivo italiano non è morto, non morirà mai e che da quel lontano 1997 in cui nacque Classic Rock, le visuali continuano ad espandesri, la documentazione è sempre maggiore e voi potete farne sempre più tesoro. Gratuitamente.

Perchè la cultura e la comunicazione come diceva Demetrio "crescono nello stesso momento in cui so parlando con te. Ora."

Grazie quindi sempre per le vostre osservazioni. Noi siamo sempre qui.

stratospheric captain ha detto...

Ciao a tutti. Intervengo nella discussione, prima di tutto per ringraziare John dei complimenti, che vorrei condividere con gli altri collaboratori del blog: una banda di amici virtuali che ha collaborato a far crescere esponenzialmente il gradimento della stratosfera, in questi circa 2 anni e qualcosina dalla sua fondazione.
Per quanto riguarda il tema della discussione, di altro solo marginalmente avvicinabile ai canoni del prog ne è stato pubblicato parecchio anche sulla stratosfera, a volte anche di periodi storici diversi da quelli citati da John qui sopra.
Tutto questo per cercare di dare un quadro del prog che potesse essere il più completo possibile (più a livello musicale che a livello di approfondimento e contestualizzazione storica, cose per le quali John Classic Rock rimane imbattibile ed imprescindibile accompagnamento all'ascolto). In quest'ottica rientra anche la pubblicazione di bootlegs: quelli degli anni d'oro per il loro imprescindibile valore storico, i più recenti per mostrare come molti grandi artisti prog dell'epoca, sebbene negli anni abbiano subito derive varie a base di pop facile e affini, oggi ripropongano, in maniera più o meno dignitosa, certe sonorità sopite a lungo. Insomma, come dice John, il prog italiano "non è morto, non morirà mai". E gli strascichi sono tantissimi ancora oggi.

claudio65 ha detto...

Mi sono preso la briga di ascoltare con notevole curiosità questa piccola opera pop-rock. Il mio parere è che si tratta di un disco molto interessante, ma forse già datato quando è uscito nel 1972. In effetti, c'è poco prog e molto post-beat psichedelico. Ma l'uso delle tastiere è a tratti sensazionale. A chi piace (come a me) sentire organi con suono "spaziale", mellotron ed altri aggeggi dell'epoca è un disco imperdibile. Non è un capolavoro, ma si ascolta con piacere dal primo all'ultimo minuto, forse perché è anche molto melodico (le influenze di Ivan Graziani sul disco sono notevoli e pregevoli e l'impasto pop-rock è indubbiamente il suo). Secondo me, avrebbe meritato maggior successo. Ma, forse, come ho detto, è uscito con almeno un anno di ritardo rispetto alla sua giusta collocazione temporale.

ugo ha detto...

...a proposito di IVAN GRAZIANI secondo voi qual'è il suo capolavoro da solista e se,nell'arco della sua carriera,secondo voi sarebbe riuscito a produrre un disco prog? o sarebbe rimasto com'era ossia ...solo tosto rock'n'roll?

claudio65 ha detto...

Rispondo a stretto giro di posta (da vecchio fan di Ivan).
Il suo capolavoro da solista è stato, secondo me, "Lugano Addio", la ballata perfetta. Subito dietro: "Agnese" ed al terzo posto la tostissima "Angelina".
Non penso che Ivan sarebbe stato capace di comporre un disco di rock sinfonico e progressivo. Si era formato con il rock'n'roll ed il beat. Il suo orizzonte erano canzoni di tre-quattro minuti. Però, un brano come "Parla tu", eseguito nel 1967 quando era ancora negli Anonima Sound è un ottimo esempio di rock psichedelico molto in anticipo sui tempi, dove la sua robustissima chitarra ben spicca nel ritornello.

PS: la PFM quando cercava un cantante era stata incerta se scegliere lui o Bernardo Lanzetti. Preferirono Lanzetti. Non so se i "fornai" hanno fatto una cosa azzeccata.

aliante ha detto...

Ciao Ugo e Claudio, anch'io come voi adoro Ivan Graziani, uno degli artisti più sottovalutati in Italia secondo me.

E' difficile dire qual'è il suo capolavoro, a me piaceva addirittura la svolta quasi metal di "Ivangarage" con la dura "Ora Et Labora" del 1989.

Ecco, di lui forse ho sempre apprezzato le sue folli genialità che in un certo senso lo accomunavano un po' a Rino Gaetano, tipo lo strumentale "Trench" del 1976 con un Walter Calloni spaziale alla batteria, l'ironia di "Digos Boogie" del 1981 o la storia da bar de "Il chitarrista" del 1983.

E poi, come solo i grandi sanno fare, ti spiazzava con le sue ballate meravigliose come "Lugano addio", "Signora bionda dei ciliegi" o "Pasqua".

Mi manca Ivan, e mi addolora come è stato poco considerato all'epoca e dimenticato da tanti adesso.


ugo ha detto...

dimenticato dagli stupidi ma non certo da persone colte e sensibili come quelle di questo sito!be cosa dire di ivan? mi ricorda un pò un gruppo americano che adoro ossia i FOREIGNER che sapevano alternare brani tosti(hot blooded)a ballad stupende(waiting for a girl like you).riguardo ivan adoro "fuoco sulla collina" che per me è il pezzo più bello dell'artista(musica/testo).se vogliamo pescare nell'hard allora cito "veleno all'autogrill"con una chitarra hard oppure "dr.jehyll & mr.hide" davvero geniale con le due voci contrastanti.ma la ballata piu bella oltre alle solite "lugano addio/agnese/firenze/pasqua" per me resta CLEO una vera gemma presente nel disco del 81 seni e coseni.ciao a tutti ugo

aliante ha detto...

I Foreigner li conosco poco, però mi ricordo il primo album veramente tosto dove c'era un pezzo che mi faceva impazzire, dev'essere "I need you" o qualcosa di simile.

Mi sembra che c'era tra i componenti l'ex King Crimson Ian McDonald, giusto?

Album da riscoprire, grazie Ugo.

Notte.

ugo ha detto...

si ian mc donald vi ha fatto parte fino al terzo disco"head games" poi se ne andò via!be i FOREIGNER son sempre stati cosi alternavano brani har a ballad stupende! e comunque il loro capolavoro resta sempre FOREIGNER 4 del 81 ma tutti i loro dischi eccetto uno dove se ne andò LOU GRAMM il cantante perche ebbe un tumore al cervello poi miracolosamente guarito son belli. la sua voce resta inconfondibile per me e pure il chitarrista MICK JONES ha un suo stile molto personale.ti consiglio di ascoltare: 1)waiting for a girl like you 2)i want to know what love is e 3) blinded by science per la versione ballad mentre per la versione hard 1)hot blooded 2)dirty white boy 3)woman in black davvero energetiche ma sempre pulite.il loro hard era classico con bella inserzione di tastiere ascoltare per credere.ma di prog avevano poco o nulla!

claudio65 ha detto...

Io conosco i Foreigner. Erano un tipico gruppo "Adult Oriented Rock", come si diceva negli anni ottanta. Facevano pezzi molto solidi, quasi "metal" alternati a belle e morbide ballate. Di quei gruppi, ricordo ancora con piacere i REO Speedwagon di "Keep on loving you", che con le loro atmosfere rarefatte e le loro chitarre piene di effetti spaziali recavano parecchie tracce di progressive rock. Senza, ovviamente, dimenticare i Toto che al progressive rock si erano dichiaratamente ispirati, almeno nei loro primi dischi.
Riguardo ad Ivan Graziani, la sua musica anni '80 recava molte tracce di rock d'Oltreoceano ed è stato sicuramente influenzato da queste ed altre band. Ivan era personaggio di valore, uno di quelli cresciuti respirando la polvere dei palchi ed il fumo dei locali. Dal vivo, con la sua "Fender" in mano, aveva un'energia incredibile. Un tipo da rock, come davvero pochi in Italia. E chissenefrega se non era bello, non aveva look ed altre menate assurde che decidono la carriera di un musicista al giorno d'oggi.

UGO ha detto...

come dire niente apparenza ma tutta sostanza poi a me stava pure simpatico il bilancino IVAN

aliante ha detto...

Bilancino come me!

Anonimo ha detto...

Disco dignitoso ma musicalmente troppo stucchevole e parossistico

Anche la voce di Carlotto non mi ha mai convinto , troppo invadente e melodica per i miei gusti

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Nonostante tutto, disco piacevole e ben suonato

Michele D'Alvano