1975: Dopo il Prog, il Punk - Londra brucia
Se è vero che il Punk americano (“Protopunk”) e quello inglese furono delle vere e proprie rivoluzioni, specie a quello britannico andrebbe aggiunta una forte valenza autorappresentativa.
Il Punk inglese infatti non solo scardinò i canoni estetici e produttivi di un decennio musicale ormai al tramonto, ma racchiuse in se tutta una serie di codici che ben incarnavano il fallimento dei precedenti ideali politici e controculturali.
Al di là della “moda punk” attraverso la quale il sistema si riappropriò (svilendola) della sua carica eversiva, le prime autentiche manifestazioni della subcultura inglese intorno al 1975, furono di fatto un concentrato di disillusioni che a seconda delle diverse sensibilità soggettive, includevano nella propria auto-mortificazione: anarchia, anticapitalismo, movimentismo (anti-razziale, vegetarianesimo, animalismo ecc) situazionismo, ideologie e postmodernismo.
Allo stesso modo, il “punk rock” fu esso stesso l’estrema epitome sia del rock’n’roll anni 50 che delle garage bands americane anni 60, del glam e delle nuove tendenze della East coast dei primi anni ’70.
E se da un lato è innegabile che il lancio del punk inglese fosse stato progettato a tavolino da Malcom Mc Laren (produttore degli Swankers poi diventati Sex Pistols) e dalla giornalista Caroline Coon, (ideatrice del Bromley Contingent di cui ffecero parte tra gli altri Siouxsie e Billy idol), è altrettanto vero che la sua carica sovversiva attecchì immediatamente a un intera generazione diventando allo stesso tempo sia un solido modello (sub)culturale, sia un un nuovo mezzo espressivo.
Infatti, malgrado l’apparenza a volte complessa e di difficile lettura, la semplicità dei codici punk era basicamente disarmante condensando in un solo nucleo ogni tipo di classe, cultura e tendenza politica.
In più, nei due anni in cui questo kernel rimase compatto, ebbe senza dubbio una potenza eversiva ed una carica immaginifica davvero inaudite.
Nessuno poteva girare per il mondo senza accorgersi del Punk!
Parimenti, quando nel 1977/78 il nocciolo esplose, diede vita a centinaia di filiazioni policrome note come “The british intelligence” che fecero dei primi anni ’80 inglesi una fucina di idee a scala mondiale.
Musicalmente, la prima mossa del punk inglese fu sicuramente il ricorso ad un marcato individualismo che disprezzasva il valore di mercato come metro di definizione del successo artistico.
Opponendosi frontalmente al dominio delle majors Emi, Cbs, Polygram, Decca, Wea ed Rca, alle loro mega tecnologie ed al loro irrorare il mercato con compilations (es: la "K-Tel") o prodotti poppysh, il punk rock rispose da subito con due concetti base: “D.I.Y” e “One chord wonders”, ossia il “fai da te” e la negazione di qualsiasi tecnicismo a favore del minimalismo metrico e armonico.
Gli stessi contenuti dei brani, ancor prima di quella consapevolezza politica che fu per esempio di Stranglers, Crass, Clash o Smiths, si concentrarono innanzitutto sulla “prima persona” ribaltando il concetto relazionale che invece risiedeva in oltre la metà delle canzoni del mainstream.
Sentimento individuale e critica sociale portata sino al disgusto sono dunque gli assi portanti di una musica in cui persino le relazioni interpersonali nuotavano in acque infette: “Outside is hostile”, ebbero a dire più tardi gli Einstuerzende Neubauten.
E mentre Londra bruciava, i Damned e gli Stranglers stravolgevano il romanticismo in godimento personale (“New Rose”) e in feticismo (“Peaches”).
Difficilmente si potevano incontrare brani propositivi perchè a questo punto - a parte un sano senso iconoclasta - non c’era più nulla da proporre: “No Feelings”, “No more heroes”, "No Future”.
Parallelamente a questi aspetti dialettici, il punk sgretolò anche decenni di ricerche discografiche volte ad rafforzare il mercato: le sue tecniche di registrazione per esempio, anzichè collocare i suoni in maniera reciproca (come nel caso del PROG, per esempio) , preferirono condensarne l’aspetto drammaturgico nel minor tempo possibile, intensificandolo e facendolo apparire più possibile antitetico rispetto al linguaggio convenzionale.
Gli stessi nomi degli artisti restituivano aspetti cupi del sociale (hell, rotten, vicious, scabies, ignorant, libertine) in netta opposizione a ciò che sinora erano stati i cavalli di battaglia del mainstream (stardust, glitter ecc.).
Abolendo insomma quella distanza che si era creata tra pubblico e musicista, il punk inglese iniziò così nel 1975 il suo sogno impossibile. Talmente impossibile da radicarsi però in una società che stava spingendo parte dei suoi stessi attori in condizioni impossibili e come tale, assunse un profonda ed incancellabile valenza rivoluzionaria.
VEDI ANCHE: Le origini del Punk
11 commenti :
Ottima disamina.Tutta farina del tuo sacco o ci nascondi qualcosa? Eh eh eh eh
Ma no, copia pure l'articolo.
Vedrai che di denunce non te ne arrivano.
Complimenti per il blog.Una fonte inesauribile di informazioni per chi vuole riscoprire decadi musicali che non ha vissuto.
Relativamente a quello che fu il primo punk in italia imperdibile perlomeno da un punto di vista storico l'antologia curata da Guglielmi e pubblicata dalla rediviva Cramps:
L’ANTHOLOGIA NEW WAVE "PUNK E POST PUNK, 1977 – 1980"
http://cramps.it/it/artist/14/album/107
(chrisma e leo nero mostrano un filo di continuità con il passato, ma il primissimo punk in italia sembra essere stato davvero un non movimento confusissimo ed alieno).
francesco
So che qualcuno non sarà d'accordo, ma per me l'espressione più attendibile del Punk Italiano è stato quello anarchico. Il "punx" insomma: Crash Box, Wretched, Negazione, Peggio Punx, Rappresaglia ecc.
Salverei poi i primi movimenti di pordenone e Bologna.
Per il resto, le Kandeggina e i Kaos Rock che andavano a fare i concerti per i socialisti craxiani, così come i Decibel, i Chrisma e molti altri cavalcavano semplicemente una moda. Chi meglio e chi molto peggio.
E poi, ma volete spiegarmi cosa diavolo c'entra "Strada" di Gianni Leone col Punk?
Sono d'accordo, anche secondo me,la vera incarnazione del punk italiano è l'hardcore-punk anni ottanta.In quanto è un movimento nato in Italia, che non prende le mosse da ciò che avveniva negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, anche se non voglio dire che fosse influenzato da gruppi come Black flag ed altri.Decibel e i Chrisma per me sono altro, orientati verso la new wave i primi, verso la sperimentazione, l'elettronica i secondi.
Non sono un esperto ma l'hardcore punk (o punx) degli anni ottanta è stato un movimento (centri sociali, riviste, pensiero anarchico) che musicalmente ha avuto anche punte di originalità, ma appunto si collega all'harcore principalmente americano, ai Black Flag, Dead Kennedy, Minor Threat, quindi siamo lontani (ovvio...) dal punk UK dei '70. E' vero del punk italiano '70 sono grandi alcune cose da Pordenone (UFO Dictators dei Tampax ad esempio) e da Bologna (gli Skiantos non erano strettamente "punk" ma Eptadone è la canzone punk all'italiana). Molti dei punks milanesi erano più che modaioli proprio scadenti ma le Kandeggina Gang (le migliori) erano forse le più vicine allo spirito (per non dire al suono proprio copiato)del primo punk inglese anche nell'essere politicamente ignoranti o strafottenti (o confuse, erano ragazzine e ragazzini, se non false, comunque avverse ai movimenti più politicizzati di quel periodo che davano ai punk dei fascisti (anche "grazie" alle immagini di Syd e Sioux con la swastika)). Decidel e Chrisma continuavano gli anni '70 dei Roxy Music e Brian Eno, ovvero pensavano al post-punk new wave. Comunque l'Italia era proprio provincia su queste cose, alcuni servizi rai visto su Youtube sui primi punk italiani fanno davvero tenerezza...
francesco
Le Kandeggina le ho viste personalmente in Piazza della Scala e nel famoso concerto in cui lanciarono i tampax insanguinati.
Ma non erano affatto politicamente ignoranti, anzi, erano molto ben agganciate con il Comune craxiano e questo le rendeva totalmente inattendibili. Basti vedere oggi dov'è arrivata la Giovanna.
Poi, si sa, Milano è uno dei cuori della moda mondiale, ma allora c'erano anche il Virus di Via Correggio e il Leoncavallo di via Leoncavallo che furono un grande crocevia transnazionale di Punks e affini.
Certo,c'era anche il Bar Concordia dove andavano i "posers", ma è proprio per queste diversità che, almeno qui a Milano, sapevamo fare delle distinzioni molto rigorose.
Non dovrei dirlo, ma ricordo di essere stato una volta a una festa di Maurizio Arcieri (allora sedicente punk). Credo che un quadro di casa sua valesse almeno 10 volte il mio monolocale.
Tornai a casa un po' perplesso.
Potete capirmi, vero?
La scena hardcore punk nostrana è a mio parere assai significativa sia dal punto di vista musicale(per quanto sempre derivativo, anche se agli autori interessava ben poco), sia per quello di coscienza politica.
In quanto lettore affiatato sarei assai grato a JJ se trattasse eventualmente anche di un altra pagina della nostra musica che ho scoperto da poco e mi ha affascinato tantissimo, ma nel frattempo invio sentiti complimenti per tutta l'analisi(storica e musicale) che ho trovato su questo blog.
M.R.
M.R.non ho capito quale sarebbe "l'altra pagina della nostra musica che hai scoperto da poco, che ti ha affascinato tantissimo" e che dovrei eventualmente trattare. Quella hardcore?
Scusa sai, ma qui a Milano è arrivato il caldo e sono un po' confuso. :-)
PS: Grazie davvero per la tua affezione. JJ
MATERIALE INFIAMMABILE STIFF LITTLE FINGERS.....UGO THE SAME
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