CIAO ALBERTO!

Come saprete ci ha lasciato Alberto Radius.

Vi lascio una cosuccia fatta con lui tanti anni fa, e le schede di due album che insieme a "Gente di Dublino" fanno parte di me.

... per ora troppo triste per scrivere altro.

Formula Tre - 1972: l'avventura in Brasile - parte 3
Intervista ad Alberto Radius

A CONCLUSIONE DELL LUNGO ARTICOLO SULL'AVVENTURA DELLA FORMULA TRE IN BRASILE NEL 1972, PUBBLICHIAMO IN ESCLUSIVA UNA CONVERSAZIONE DI JJ John CON ALBERTO RADIUS.

Si parla di 40 anni fa e, come vedrete, qualcosa si è perso anche nella memoria dei protagonisti. Almeno però possiamo dire che al momento, solo Classic Rock ha cercato di ripercorrere questo importante frammento di storia del Prog italiano.

Un grazie di cuore ad Alberto per la sua disponibilità e per la sua straordinaria cortesia.



- Come siete arrivati in Brasile?
Era intorno al '72 non ricordo bene. Stavamo registrando il disco e facemmo sentire dei nastri a un tizio che si occupava di una trasmissione televisiva internazionale e lui ci invitò a Rio de Janeiro sempre nel 71 - 72, una cosa del genere.
Noi ce la prendemmo molto comoda perchè pensavamo che fosse una cavolata qualsiasi, però poi ci siamo resi conto della sua importanza e ci siamo divertiti.
Dopo il Festival siamo rimasti lì un mese ancora e abbiamo fatto una ventina di concerti nelle università di San Paolo.

- Voi non conoscevate il Brasile prima di andare lì?
 

No, nulla o molto poco. Però sai... avevamo poco più di vent'anni... venticinque... per cui tutto quello che capita, capita.

alberto radius formula tre

- Vinceste anche un bel premio se non erro...
Eh si. E lì quando si vince si vince veramente! Ci hanno dato 10.000 dollari a testa. Oddio: sono arrivati quando sono arrivati... pensavo che non arrivassero più, ma comunque nel ’72 erano una gran bella cifra.

- All'epoca il Brasile era nel momento peggiore della dittatura.
Ve ne siete accorti?

No.[lunga pausa] beh... in realtà c’era un po’ di tristezza...
Comunque la realtà l'abbiamo vista subito. Abiamo notato grosse differenze tra ricchi e poveri e di vie di mezzo non ce n'erano proprio: o erano miliardari o erano morti di fame insomma.
Comunque è stata un'esperienza interessante.

- Com'erano i tecnici del festival, gente preparata?
Si, si, anzi, c'era un tecnico del suono che mi ricordo si chiamava Mario. Uno bravissimo. Noi avevamo portato addirittura i nostri strumenti, l'impianto e un organo Hammond che era anche abbastanza grosso come situazione.
L'Hammond però lì non andava bene, ma non per una questione di corrente ma di cicli che qui vanno a 50 e li a 70.
Una malformazione della macchina che si poteva ovviare solo avendo un diapason e mettendolo tra la presa di corrente e l'organo Hammond e poi quando si riusciva a farlo partire suonava bene mantenendo l'altezza.

- E questo lo fece il Mario?
Si lui lavorava con i più grossi del Brasile e aveva proprio una bella esperienza... poi dopo l'abbiamo anche risentito un paio di volte per lettera.

- Ci sono testimonianze audio o video della manifestazione?
Eh sai, allora i video non esistevano proprio. C'era qualche giornale, ma chissa' dov'è andato a finire. Poi c'era Rede Globo ed era la prima trasmissione a colori che facevano.
E poi sai... era una cosa che interessava credo solo localmente. In Italia non lo sapeva nessuno.
Si c'è stato un trafiletto sul Corriere della sera di Luzzato Fegiz, poi chiusa e morta lì.
Come se uno vincesse il Festival di Sanremo una volta e poi viene dimenticato... altri tempi.

- Senti, sulla classifica finale c'è un po' di confusione. Voi siete arrivati primi a pari merito con Clayton Thomas dei Blood Sweat and Tears?

 No. Noi abbiamo vinto e basta. Poi secondo è arrivato Demis Roussos, terzo Clayton Thomas.

formula 3 alberto radius- Perchè secondo te "Aeternum" ha fatto così presa sui brasiliani?
Mah... non so... è certamente un pezzo molto bello che adesso stiamo anche rimontando e ogni tanto lo facciamo. Poi forse era una musica così differente da quella che veniva propinata dagli altri, Rock Progressivo al massimo insomma, che ha fatto un grosso effetto.
Aeternum è piaciuta molto e quando sono venuti a portarci il risultato è stata una cosa davvero emozionante.
Poi il pubblico faceva una buriana pazzesca...

- Eravate in uno stadio... al Maracanazinho...
Si era quello accanto al Maracanà che adesso è stato distrutto o lo stanno rifacendo. Mi sembra di aver letto una cosa del genere.

- Ma avete fatto solo "Aeternum" quella sera?
Beh, "Aeternum" è la canzone che ha vinto. Poi nello spettacolo erano in tre.. aspetta eh... porca miseria non mi ricordo i nomi... è una cosa troppo lontana (ride).
Dunque... c'era quel fisarmonicista che è morto (Astor Piazzolla ndr.) con la cantante che era bravissima.
Poi c'era questo "jazzista-flautista" famoso nel mondo e io già lo conoscevo di nome... quello coi capelli bianchi...

- Era per caso quello albino, Hermoeto Pascal?
Esatto, Hermoeto Pascal! Aveva un gruppo fantastico che ha avuto anche molto successo, ma sai, la nostra è una musica molto meno raffinata sotto quel punto di vista ma molto più di presa.

- Poi siete diventati un mito in Brasile. Ci siete tornati dopo quell'esperienza?
No non sono più stato in Brasile anche perchè... siamo partiti e siamo stati via tre mesi
Il primo mese abbiamo fatto le prove e tutto quanto, poi c'è stato lo spettacolo e poi abbiamo lavorato in giro.
Quindi era abbastanza dura stare al di fuori dall'Italia. Non è come adesso che c'è il telefono, c'è Skype. Forse avrò giusto fatto una telefonata a casa in tre mesi.

- Quindi un po' di "saudade" al contrario diciamo...
Eh si. Molta. Forse per quello non sono più tornato. Però ci siamo divertiti proprio. Poi un sacco di amicizie. C'era proprio da divertirsi... quello si.
Mi chiedei se lo rifarei? Ha ha ha... guarda... mi cercano al telefono... te lo dico un'altra volta...


L'AVVENTURA IN BRASILE DELLA FORMULA TRE:

Prima parte - Seconda parte

Alberto Radius: America Good-Bye (1979)

america good-bye
Nel 1979 il rock progressivo era ormai acqua passata, e molti dei suoi interpreti lo avevano da tempo rinnegato per un posto al sole. La PFM incubava il cantereccio Suonare Suonare, Alan Sorrenti deliziava le casalinghe, l'ex Rovescio della Medaglia Michele Zarrillo vinceva Castrocaro, e le Orme, chissà perché, regredivano al XVII° secolo

Gli aromi di un tempo però, erano pur sempre indispensabili per insaporire qualunque nuova produzione. Non a caso Gino Paoli chiamò a raccolta Elio d'Anna degli Osanna, Franco del Prete dei Napoli Centrale e Tony Esposito per il suo inestimabile Ha Tutte Le Carte In regola (omaggio all'amico Piero Ciampi appena scomparso).  

Pino Daniele reclutò Agostino Marangolo dei Flea/Etna, Tony Cicco della Formula Tre, Francesco Boccuzzi del Baricentro, e James Senese dei Napoli Centrale, mentre Paolo Conte registrò Un Gelato Al Limon insieme all'ex Locanda Delle Fate Ezio Vevey, a Renato Mantegna dei Dedalus, a Francone Mussida della Pfm, e al fu Area Patrick Djvas.  

Rino Gaetano intanto si era preso Gaio Chiocchio dei Pierrot Lunaire, e Guccini i Pleasure Machine al gran completo, più Antonio Marangolo dei Flea e Gianfranco Coletta della RAM

Eppure, mentre gli alfieri del pop italiano si accasavano sotto nuovi tetti, anche a costo di rinnegare il loro passato, c'è chi invece mantenne la propria coerenza, e tradusse quel momento di transizione in un album-capolavoro

alberto radiusParliamo di Alberto Radius che tra una produzione e l'altra trovò il tempo di pubblicare il suo quarto Lp da solista, America Good-Bye, sospeso tra il disincanto per un passato in dissoluzione, e i miraggi sponsorizzati dal nuovo ordine mondiale

Un disco geniale che prese a prestito le incongruenze del mito americano per sbatterci in faccia le nostre, e rivelò una ad una tutte le contraddizioni in una società solo apparentemente sana

Tecnicamente: otto brani firmati dallo stesso chitarrista su testi di Daniele Pace e Oscar Avogadro, qui in particolare stato di grazia.
Arrangiamenti del sopraffino jazzista Sante Palumbo, e ritmica d'eccezione: uno scatenato Tullio De Piscopo in overdose di Synare
Il tutto registrato nel nuovo e fiammante studio di Alberto che di lì a poco avrebbe ospitato Alice, Battiato, Faust'o, Giuni Russo e molti altri. 

E veniamo al disco. 
Attacco fulminante con un omaggio al prog, ed è subito una parata di stelle spente: eroi sconfitti dal loro stesso mito, ma anche da quel potere rancido ben fotografato nella successiva Poliziotto

È poi la volta di California Bill, splendido affresco di una California idealizzata, popolata di uomini e donne belli come nei sogni, di surfisti e di luoghi paradisiaci dove Dio stesso verrebbe a morire. Tutte balle.

America GoodbyeStop al primo lato con  Il Buffone, omaggio a Cassius Clay su una cassa ribattuta non particolarmente memorabile, e si riparte con la più grande leggenda metropolitana di Manhattan: i Coccodrilli Bianchi che qui incarnano magistralmente le fobie del vivere urbano in sala yankee, quasi fossero moderni Frankenstein o rifiuti tossici. 

Ed è nuovamente il turno di altri due gioielli Patricia e Giù. Nel primo c'è tutto il dramma delle minoranze latine immigrate nelle metropoli della West Coast, e nel secondo quello dei cosiddetti binge drinkers, fenomeno diffussissimo anche nei nostri weekend degli Ottanta. 

Chiude in bellezza l'ennesima icona a stelle e strisce: Las Vegas, Città posticcia e icona del gioco d'azzardo in cui si è benvenuti sinché si hanno soldi da spendere. “Fino all'ultimo gettone hai diritto alla moquette”, e dopo 35 minuti si ha la sensazione di aver ascoltato un lavoro eccellente sia musicalmente che per qualità poetica. 

Una riconferma di Alberto insomma dopo l'altrettanto avvincente Carta Straccia, che ci restituisce un Radius perfettamente a suo agio tra il suo passato di rocker progressivo e il suo nuovo ruolo di cantautore. Tanto di cappello infine alla preziosa copertina multistrato di un Luciano Tallarini al top della sua creatività.

Alberto Radius: Carta straccia (1977)

L'EX CHITARRISTA DELLA FORMULA TRE SI RICONFERMA ANCHE DA SOLISTA

Tra il 1959 e il 1969 Alberto Radius aveva militato nei White Booster, nell’orchestra di Mario Perrone, nei Campanino’s di Gigi e Franco Campanino, nei Simon & The Pennies, e infine nei Quelli. Poi, una volta incontrato Lucio Battisti nel 1969, entrò nel giro della Numero Uno dando vita prima alla Formula Tre con Toni Cicco e Gabriele Lorenzi, poi, dal 74 al 75, al sestetto del Volo
In altre parole, nel 1976 il chitarrista romano poteva vantare su un curriculum tale da far invidia a ben più di un collega. 

Gli mancava però un’esperienza soltanto: un album solista che fosse davvero tutto suo in quanto il suo primo Lp Radius del 1972 (prodotto dallo stesso Battisti sotto lo pseudonimo di Lo Abracek), fu più che altro una raccolta di jam session tra amici: un disco tra l’altro, in cui l’ingerenza di Lucio fu tale da causare persino qualche litigio

Alché, quando Alberto decise di mettersi in proprio, fu chiaro che avrebbe dovuto cambiare tutto: musicisti, discografica e produzione. In più, visto che uno dei suoi principali desideri era quello di misurarsi con la canzone d’autore, cosa di meglio che non allearsi con due parolieri del calibro di Daniele Pace e Oscar Avogadro? Artisti che avevano già nel loro palmares canzoni a iosa, per non parlare della tagliente vena satirica di Daniele Pace con gli Squallor?

Nacque così nel 1976 Che cosa sei, prodotto per la CBS dagli stessi Pace e Avogradro, arrangiato da Franco Monaldi, e nobilitato da una splendida copertina del designer Mario Convertino. Tra i nuovi musicisti, il bassista jazz Stefano Cerri, e due coriste d’eccezione: Loredana Bertè fresca del successo di Sei Bellissima, e Marcella Bella, allora in classifica con una versione dance di Resta cu'mme

Formula Tre
L’album a dire il vero non fu propriamente un capolavoro, ma almeno la title track e Il respiro di Laura (uscite sul medesimo 45 giri) dimostrarono che il Radius-cantautore poteva funzionare. E anche bene.

Conferma ne fu il successivo Carta Straccia del 1977, considerato dalla critica il suo lavoro migliore insieme ad America Good Bye (1979) e Gente di Dublino (1982).

Di fatto, il nuovo Lp, oltre a inaugrare un sodalizio con la CGD che durerà ben sei anni, fu caratterizzato sia da un maggior equilibrio tra parti vocali e strumentali, sia soprattutto tra quelle acustiche ed elettriche, complici anche dei musicisti di tutto rispetto, dei quali almeno due provenienti dall’area progressiva: il batterista Tullio De Piscopo (ex NT Atomic System) e il tastierista Roberto Carlotto, in arte Hunka Munka

Il riscontro fu più che lusinghiero e, grazie alla spinta delle neonate radio e televisioni libere, anche il 45 giri Nel Ghetto/Pensami ottenne la sua buona dose di popolarità. 

Carta Straccia 1977Oltre però alle musiche e agli arrangiamenti dello stesso Radius, ciò che contribuì al buon esito di Carta Straccia furono i testi, sempre firmati dalla coppia Pace-Avogadro: comunicativi, accattivanti, ben più pragmatici del passato, ma anche più astuti che consapevoli. E questo, credo, fu l’unico motivo di contraddittorio del disco. 

E in effetti, a monte di un’apparente coscienza sociale e politica che abbracciava miti e disillusioni della generazione del ’77, le liriche soffrivano di un certa ambiguità ideologica
Un doppiogiochismo cioè, che all’atto pratico finì per essere odiato o amato indistintamente sia a sinistra che sul fronte opposto: furbi cripticismi interpretabili a piacere (“io non ho partito ma non voglio stare male e si arrangi chi ha paura del caviale”), citazioni marxiane (“da perdere ho soltanto le catene”), ed altre quali “la tua rivoluzione che non è mai la mia”, buona sia per Ordine Nuovo che per l’Autonomia Operaia
La stessa Nel Ghetto ad esempio, fu tanto gradita alle destre quanto ai Fratelli di Soledad che ne fecero una cover “militante”nel 1994. 

Diciamo insomma che, a fronte di una musicalità ormai solida e matura, Carta Straccia peccò sicuramente di ambivalenza intelettuale. Un neo che probabilmente non passò inosservato e che infatti gli stessi autori rimosseronei lavori successivi: concentrandosi maggiormente su tematiche sociali e interpersonali, pur senza rinunciare a quello spirito impressionista che rimarrà sempre e comunque la caratteristica di tutti i lavori el terzetto Radius-Pace-Avogadro. Dalle struggenti figure di Rose e Biancaneve nell’album Leggende, all’impietoso ritratto della società americana in America Good-Bye, straordinaria metafora in versi e musica del declino della scocietà occidentale.

Incontri speciali...

 

Opus Avantra Loucos Il Luogo MAgico
FONDAZIONE MUDIMA, Milano 09.02.23

  C'è chi guarda Sanremo...

   ... e chi si trastulla in compagnia progressiva....

  Quello a sx sono io, 

  ma gli altri due sapete chi sono, vero?

  Di recente uscita il loro ultimo album

  "Loucos – Nel Luogo Magico"

  che riunisce, anche se virtualmente 

  tutti i componenti della prima 

  formazione storica...

 ... sempre avanti a tutti, 

  sempre bellissimi.

  




IL RITORNO DEL POP ITALIANO di Paolo Barotto (1989)

Paolo Barotto, Il Ritorno del Pop Italiano

DEAR SIS AND BROS, PROSEGUIAMO CON LA NOSTRA SERIE "BIBLIOTECA ROCK" CON UN LIBRO E UN PERSONAGGIO FORMIDABILI. L'ACCOPPIATA CIOÉ, CHE ALL'ALBA DEGLI ANNI NOVANTA HA RESUSCITATO LA GRANDE PASSIONE ITALIANA PER IL ROCK PROGRESSIVO, E LE CUI VICISSITUDINI NON SONO STATE SOLTANTO UNO SPACCATO DI VITA E COSTUME, MA UN VERO E PROPRIO CAPITOLO DELLA STORIA MUSICALE ITALIANA. PERCHÉ SENZA DI LORO, FORSE, IL NOSTRO PROG NON SAREBBE SOPRAVVISSUTO, O LO AVREBBE FATTO IN MANIERA MOLTO MENO SIGNIFICATIVA.
UN GRAZIEDI CUORE QUINDI AL MIO AMICO PAOLO BAROTTO PER L'INTERVISTA E LE FOTO ESCLUSIVE CHE HA VOLUTO CONCEDERCI. 

BUONA LETTURA E NATURALMENTE...
BUONE FESTE E BUON ANNO NUOVO A TUTTI. JJ.

  Quando comprai questo libro, nel lontano 1989, il Prog italiano stava gradualmente riprendendosi dopo quasi dieci anni di letargia, sia come musica, sia come riscoperta del suo mezzo di diffusione principale: il vinile. Una passione ufficializzata dalla prima edizione di "Vinilmania" il 6 settembre 1986 nella "Sala Venezia" di Via Cadamosto a Milano, e che prosegue ancora oggi grazie a un continuo florilegio di mostre, mercatini, pubblicazioni, concerti, union, reunion eccetera.
 
Ma torniamo all'89. Tra i dischi più ricercati dell'epoca c'erano Ad Gloriam, Tardo Pede e Scolopendra; il pubblico delle fiere era numeroso e curiosissimo, ma non sempre a tanto interesse corrispondeva altrettanta preparazione musicale.  Molte discografie erano lacunose, gruppi quali i Blues Right Off, il Richard Last Group e gli Psycheground Group non si sapeva neppure chi fossero, e c'era pure chi credeva che il Biglietto Per L'Inferno fosse di Lucca anziché di Lecco.

Allo stesso modo, vendere e acquistare vinile era un campo minato, grading e quotazioni si davano un po' a spanne (io ad esempio non ho mai capito la differenza tra un VG++ e un NM-), e il mondo era pieno di gente che aveva in casa dischi rarissimi e neppure lo sapeva.

Poi naturalmente c'erano gli espertissimi che sapevano (quasi) tutto: Franco Brizi, Raoul Caprio, Vinyl Magic, Augusto Croce, Mathias Scheller,  ma il primo che pensò di immortalare le sue conoscenze progressive nero su bianco, fu un ventiseienne di Luserna San Giovanni, appassionato di musica sin da tenera età, e che da teenager faceva incetta di riviste pop e dischi "strani".

Paolo BArotto, 1989
Paolo Barotto, 1989
Il suo nome era Paolo Barotto, ribattezzatosi per l'occasione Paul Bareight.
E fu così che nel 1989, redatto in proprio con una Olivetti Lettera 35 e stampato in 700 copie presso la tipografia Stiligraf (gestita da compaesani dell'autore) uscì "Il Ritorno del Pop Italiano".

In tutto 190 pagine in formato A5 contenenti oltre 200 monografie di gruppi pop tra il 1969 e il 1978, foto, interviste, alcune brevi osservazioni critiche e storiche, e naturalmente le discografie di ogni artista con tanto di grado di reperibilità del supporto. A = disco comune, D = disco raro, G = disco praticamente impossibile da trovare.

Malgrado qualche trascurabile refuso, non appena il libro entò nei circuiti di vendita (principalmente fiere e negozi specializzati), si capì subito che avrebbe rivestito un ruolo centrale nella conoscenza e nella diffusione del Prog italiano.

Innanzitutto perché era il primo di quella che sarebbe stata una lunga serie, ma soprattutto perché A) l'autore  intercettò perfettamente le esigenze di neofiti e collezionisti e B) lo fece esattamente nel momento in cui il mercato del Prog inziava la sua fase virale, contribuendo così a sviluppare sia un mercato che una cultura. Che non è da tutti.

Paolo Barotto Lettera 35
La  mitica Olivetti Lettera 35 con cui
  Paolo ha scritto Il Ritorno del Pop Italiano

E di fatto, la prima edizione del libro sparì in fretta dal mercato (oggi una copia originale tenuta bene costa intorno ai cento euro), prontamente sostituita da una seconda riveduta, ampiata e corretta, e con tanto di Cd audio allegato, prodotto dalla Vinyl Magic di Milano.

... e per quanto riguarda il resto... direi di rivolgerci direttamente all'autore che sono orgoglioso di avere qui con noi, in esclusiva per i lettori di John's Classic Rock.


JJ. - Carissimo, tu sei stato proprio il primo a mettere nero su bianco biografie e discografie dei gruppi pop e prog italiani. Puoi raccontarci un po' la genesi "intima" di questo libro.

P.B. - Io ho iniziato a catalogare i dischi e le discografie dei gruppi italiani su di un agenda nel 1979 ritagliando recensioni e fotografie e articoli dalle riviste specializzate dell'epoca in auge dal 1970 al 1977 cioè Nuovo Sound, Super Sound, Ciao 2001, Qui Giovani ecc.
Molti altri gruppi come i Procession ed i Metamorfosi me  li fece conoscere il mio compaesano Enrico Noello, ed altri ancora, quando venne il momento di scrivere il libro, li contattai telefonicamente dopo una ricerca sulla guida telefonica (all'epoca non c'era Internet) per farmi dare la formazione del gruppo e la città di appartenenza .

Paolo Barotto manoscritto originale
L'agenda originale di Paolo Barotto (1979)


JJ. - Passione allo stato puro...


P.B. - E infatti è proprio in quel decennio, dal 1979  al 1987, che mentre studiavo a Torino, frequentavo sia le bancarelle dell'usato che i negozi di dischi.

In particolare DOREMI di Moncalieri, a poche centinaia di metri dalla scuola, dove il marito della proprietaria era un rappresentante della Rca e periodicamente mi faceva trovare per 5.000 lire  degli lp che all'epoca erano invenduti come Sirio 2222 del Balletto di Bronzo, Io come Io del Rovescio Della Medaglia, (col medaglione, ovviamente) o Atlantide dei Trip.

E Sempre in quel periodo, c'era alla stazione di Porta Nuova una bancarella di un tizio che veniva sopprannominato Noé, ed io in attesa del treno spulciavo nei dischi da 3.000 lire per scoprire quei gruppi italiani di cui non si erano mai avute notizie nemmeno sulle riviste specializzate.

JJ - E cosa trovasti nella bancarella del Noé....


P.B. Leo Nero, "Vero", Metamorfosi "Inferno", dai Murple a Ninni Carucci. Essendo pero' uno studente squattrinato (rinunciavo alla merenda a scuola tutta la settimana per comprarmi un disco). ne lasciai molti. Mi ricordo una svendita per chiusura del Discolo di Torino con 5 copie per tipo sigillati di molti titoli prog a 3000 lire! E io ne prendevo a fatica una copia  per me. Se  avessi preso tutti i dischi che mi sono passati tra le mani, oggi potrei avere un panfilo in Costa Azzurra.

JJ - E siamo arrivati negli anni Ottanta, in cui inizia il fenomeno del collezionismo prog.

Paolo Barotto
Il libro con la classica grafica Macintosh II
 P.B. - Esatto. Dunque... verso la seconda metà degli anni Ottanta, sul Ciao 2001 c'era una rubrica dove potevi pubblicare gli annunci, e così i vari collezionisti del genere si misero in contatto tra di loro nei posti più disparati d'italia. Ricordo i primi contatti con Franco Gentile di Bassano Del Grappa, con Gioacchino Astarita da Napoli, o Vittorio Zingales da Pozzo di Gotto. Molti mi chiedevano tramite lettera quanti dischi aveva inciso quel tale gruppo, se avevano fatto dei 45 giri inediti, se precedentemente suonavano in qualche gruppo beat, ecc..

E fu a quel punto che decisi di pubblicare un libro a livello amatoriale. In partenza, pensavo di pubblicarlo in 200 copie almeno per rientrare delle spese e per paura di non venderle, poi però il mio amico d'infanzia e tipografo Luca Perrachino fortunatamente mi spinse a stamparne almeno 500, perché il grosso costo era di impostarne uno e non tanto il costo della carta.

JJ - E alla fine quante copie stampasti?

Settecento.

JJ - Usasti il Macintosh, Plus vero? La grafica è inconfondibile.

P.B. - No, il libro lo scrissi con la macchina da scrivere Olivetti Lettera 35 e successivamente lo dettai sul computer al mio amico in tipografia (ricordo le sere fino a tarda ora sia per trascriverlo che per impostarlo ). E anche per le foto mettevamo gli originali in un macchinario, ed usciva un l'immagine bianco e nero che avremmo usato sul libro.

JJ - La copertina però era a colori.


P.B. -
Diciamo che avevo le idee abbastanza chiare, e scelsi infatti una copertine a colori che ritenevo migliore, e questo fece da "traino" alle successive prime fiere del disco in particolare Vinilmania.

Paolo Barotto, Il Ritorno del Pop Italiano
LA FAMIGLIA BAROTTO FESTEGGIA
  IL NUOVO ARRIVATO (1989)

JJ - C'era una distribuzione o hai venduto tutto di persona?


P.B. - Non diedi il libro in distribuzione ma li spedivo in ogni parte d'Italia e qualche centinaio di copie le diedi in conto vendita ai negozi di dischi specializzati come Rock'n'Folk di Torino, La Casa Del Disco di Varese. Disfunzioni Musicali di Roma.

All'inizio molti standisti compravano anche il libro perchè avevo inserito il grado di difficoltà in base alla rarità, e quindi gli serviva come strumento di lavoro. E nel frattempo molti privati iniziarono a chiedermelo anche dall'estero, in particolare dal Giappone, ma anche da Belgio , Germania e Francia.
Il libro lo terminai in un paio di mesi, dopodiché mi accordai con la Vinylmagic di Milano per le edizioni successive, ma questa è una altra storia.

JJ -  E cosa ne pensarono gli stessi musicisti del tuo lavoro? Credo che molti di loro si stupirono nel vedersi menzionati dopo anni di oblio. 

P.B. - Caspita, si. Stupiti quando li contattavo, felici e orgogliosi di essere ricordati, e di raccontarmi le loro avventure.
Mi ricordo che quando contattai Pino Sinnone dei Trip e Daniele Ostorero degli Alluminogeni per le le interviste allegate al libro, mi dissero che dall'epoca (QUINDI PER QUASI 15 ANNI!) nessuno li aveva mai più contattati.
Adesso mi dicono che sono contattati quasi periodicamente, anche se la gran parte lo fa per chiedergli se hanno ancora dei dischi originali da vendere. Ricordo che molti vennero  appositamente in fiera per prendere il mio libro come Joe Vescovi dei Trip, uno dei miei miti giovanili!
 
JJ - Dovessi dare oggi un giudizio alla tua opera oggi?

P.B. - Ovviamente, guardandola a distanza di 30 anni rimane  un opera incompleta ma all'epoca, senza internet, penso di aver fatto il massimo.  

JJ - Ultima cosuccia. In che misura il pop e il prog italiano degli anni Settanta hanno cambiato la musica italiana?

 P.B. - Beh! è una domanda che fatta a me ti dà già la ovvia risposta. Ovviamente si anche se molti non la pensano così  

JJ - Quindi ha senso fare prog ancora oggi?  

 P.B. - Certo che si, incoraggio sempre i gruppi giovani a proporre peszi propri e proseguire  a suonare, anche se al momento in Italia,  se non fai cover non ti chiamano a suonare  da nessuna parte . Anche se il new prog  in Italia non ha un grande seguito rispetto ad altri paesi  è un genere di musica che spero non morirà mai. 

(PAOLO BAROTTO, JOHN N. MARTIN 12/2022) 

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Goblin: Il Fantastico Viaggio del "Bagarozzo" Mark (1978)

GOBLIN 1978
  Il 1978 fu un anno-chiave sia per la società che per la musica italiana. Volsero al termine le lotte politico-produttive e iniziarono quelle per il controllo del consenso e la conquista degli spazi urbani.

La Controcultura si era ormai dissolta sotto il peso delle sue diversità, l'Autonomia stentava anch'essa ad arginare personalismi, spontaneismi, e un'ormai cronica confusione ideologica, però si affermavano senza sosta le occupazioni a scopo abitativo o culturale. Spazi liberati e autogestiti nel cuore delle grandi città che, pur se pcontinuamente minacciati dalla cosiddetta eroina di stato "spacciata a quintali per minare una generazione", diceva Finardi, sarebbero diventati le roccaforti del contropotere anni Ottanta
Il cambiamento insomma era nuovamente d'obbligo, e anche le storiche leve del Prog dovettero prenderne atto.

Il Banco ad esempio, lo fece inglobando classica e fusion in un disco magistrale ma molto diverso dal passato, la PFM si appoggiò su Manfredi e Lanzetti per rinverdire un parco idee ormai fermo dal 74, Le Orme regredirono alla musica da camera, mentre gli Area si congedarono da tutto e tutti con un capolavoro di dignità e coerenza
 
E mentre le nuove leve irrompevano devastanti (Faust'O, Chrisma, i neo punk italiani ecc....) e gli autori si affidavano a una comunicatività più diretta (da Sorrenti a Cattaneo, da Finardi alla Nannini), anche i Goblin, gruppo storicamente legato alle colonne sonore, decisero di cimentarsi con un altro lavoro a sé stante.

Nella fattispecie, un concept album interamente cantato in italiano in cui un abitante della terra di Goblin [tale Mark, personificato da uno scarafaggio] riusciva a redimersi da vizi e droghe anche grazie al rock. Titolo: Il Fantastico Viaggio del 'Bagarozzo' Mark.
 
Goblin Bagarozzo Mark
 Trainato dal compianto Massimo Morante, per l'occasione trasformatosi in autore e cantante, la band iniziò a lavorarci su nell'estate 1977 non appena terminata la colonna sonora del film La Via della Droga di Enzo Castellari. Lo registrò poi in autunno nei nuovissimi studi Trafalgar della Cinevox sotto la guida del fonico Giorgio Agazzi, e dopo aver onorato una marea di impegni inclusa la residua promozione di Suspiria, lo concluse finalmente il 5 aprile 1978, data ufficiale del master mixato da Gaetano Ria

  Eppure, malgrado i Goblin fossero entusiasti del loro lavoro al punto di allestire una nuova e costosissima tournée a base di effetti spettacolari e un impianto da mille e una notte, una volta messo in commercio, l'album fece miseramente cilecca: vendette poco, fu snobbato da radio e Tv, e a parte qualche critica benevola come quella di Piergiuseppe Caporale sul Ciao 2001, ottenne un riscontro così deprimente da provocare lo scioglimento della band. 
Ma perché? 
 
Goblin, Discoring 1978
DISCORING con Bagarozzo -  28.5.1978
 Perché malgrado la tecnica sopraffina, il sound prodigioso, e un'energia invidiabile [e chi non ci credesse si ascolti "La Danza" con tanto di ostinato à la Baba O' Ryley, o anche il finale di "...e suono Rock" che sembra condensare il meglio del Rovescio della Medaglia in neppure tre minuti], il “Bagarozzo” conteneva tante di quelle tare da trasformarlo in un monumento alla supponenza.
 
E anche se non tutti se ne accorsero, di sicuro lo fece la stampa specializzata che, per rispetto o per scelta, si comportò addirittura  come se il disco non fosse mai esistito.
 
Ma vediamo nei dettagli cosa accadde, e come influì sulle sorti del gruppo.
 
Promozione. Stando alle parole dello stesso Simonetti, la Cinevox, specializzata esclusivamente in colonne sonore, non si occupò abbastanza della band nella sua dimensione autonoma. E questo condannò il disco all'anonimato.
 
 Immagine. Il pubblico non era abituato a considerare i Goblin come gruppo a sé stante, tantomeno in una dimensione narrativa come quella del concept album. E siccome già Roller non convinse a sufficienza, è chiaro che “Mark” avrebbe avuto bisogno di un maggiore sostegno.
 
 Autarchia. Ma il problema maggiore fu che, pur se oberato di lavoro, il gruppo volle fare tutto da sé. Declinò dapprima l'offerta di collaborazione da parte di Giovanni Tommaso del Perigeo che si offrì di aiutarli negli negli arrangiamenti, e anziché avvalersi di un autore professionista si affidò al solo Morante che, con tutto rispetto, non si dimostrò all'altezza.
 
Goblin -  Bagarozzo Mark
Dialettica
. In sostanza, proprio come fece l'anno prima Battisti con Images, anche i Goblin sottovalutarono l'importanza dei testi, e sciaguratamente lo fecero proprio nel momento in cui la comunicazione verbale era all'apice del suo potere conflittuale. In un periodo cioè, in cui il pubblico soppesava ogni singola parola alla ricerca di un significato o di un messaggio e le banalità o le inadeguatezze venivano severamente punite.
 
Titolo. Allo stesso modo, virgolettare in copertina un termine come 'bagarozzo' nel momento in cui si tentava di reintegrare i termini dialettali nella lingua italiana [vedi Gino Paoli del 1975 con Ciao Salutimme Zena del 1975, RepubblicA di Gianco nel 1976 e il primo Pino Daniele] sembrò uno snobbismo del tutto fuori luogo.
 
Narratio. Curiosamente, i cinque brani che narrano la storia di Mark, non sono né contigui né in ordine narrativo.
Tecnicamente la sequenza corretta avrebbe dovuto essere 1) Mark Il Bagarozzo 2) Terra Di Goblin 3) Notte 4) La Danza e 5) Un Ragazzo D'Argento, mentre fuori contesto c'erano Opera Magnifica, Viridiana ed "...e suono Rock". 
Invece le componenti del concept che gli outsider vennero mischiate tra loro senza alcuna logica, facendo perdere all'album continuità, senso e coerenza stilistica.
Un esempio per tutti; l'estatica "Terra Di Goblin" compressa tra il funky un po' guascone di "Un ragazzo d'Argento" e la pomposa psichedelia di "Viridiana". 
 
Grafica. Colpo di grazia, la trama ci parla di un reietto marginale con problemi di droga (che visti i tempi era quasi sicuramente eroina, sostanza dall'effetto notoriamente devastante), mentre il bagarozzo che lo rappresenta sembra quanto di più sano, simpatico e felice possa esserci al mondo. Era Mark che si era redento? Chissà.
 
I Goblin insomma pretesero di avere una coerenza espressiva che scoprirono di non avere, i già labili rapporti interni si incrinarono ancora di più, come se non bastasse, tra maggio e luglio Morante e Simonetti furono colpiti da due lutti familiari, e dopo un concerto al Teatro Ariston di Sanremo, il Morante se ne andà. sostituito da Carlo Pennisi.

Per chi volesse sapere tutto, ma proprio tutto sui Goblin, vi consiglio i siti:
SETTE NOTE IN ROSSO del mio amico Fabio Capuzzo, 
e il dettagliatissimo TERRA DI GOBLIN.
 
Per coloro che invece volessero leggersi una delle biografie più complete e dettagliate della band romana, scrivete a Fabio goblinsettenoteinrosso@gmail.com e dite che vi manda JJ.