Tempo di percussione: Tempo di percussione (1975)

tempo di percussioneNella seconda metà degli anni settanta il timpanista napoletano Antonio Buonomo era già piuttosto noto negli ambienti musicali: pupillo di Nino Rota, compositore, fervido promotore della musica d’avanguardia, nonché raffinato didatta al punto di aver introdotto i corsi di percussione nei Conservatori italiani.

E anche se al suo esordio negli anni ‘60 le percussioni erano ancora considerate semplici strumenti d’accompagnamento o da insonorizzazione, Buonomo non si fece alcuno scrupolo a renderle protagoniste di interi concerti trascrivendo brani di Bartok, Beethoven e Stockausen.
Una sorta di “Jaco Pastorius della batteria” dunque, che stimolato dal grande fermento culturale degli anni ’70, decise ad un certo punto di oltrepassare i limiti del convenzionale fondando una vero e proprio ensemble costituito esclusivamente da percussioni.

Il succo dell’idea venne ben spiegato nel 1974 in una sorta di “manifesto teorico” in cui si sottolineava come, contestualmente ad un orchestrazione, non vi fossero poi grandi differenze tra suoni definiti (come ad esempio quello di un flauto) e quelli indefiniti delle percussioni, anzi: si evidenziava come queste ultime avessero in più il fascino di possedere un notevole numero di armoniche naturali non sempre sfruttate in modo melodico.
Un territorio inesplorato quindi, dove qualunque partitura poteva essere trascritta per esempio per campane e vibrafoni: era solo una questione di volontà e di codificazione mentale.

Antonio Buonomo Tempo di PercussioneCosì, da una società complessa e multietnica come quella di Napoli dove le differenze sono all’ordine del giorno, Buonomo lanciò una provocazione del tutto nuova e nel 1975 i suoi “Tempo di percussione” licenziarono il loro unico album eponimo.
La copertina venne disegnata da Lino Vairetti degli Osanna e almeno secondo Augusto Croce fu “una delle più belle cover dell’intera produzione italiana”.

Ora, è certamente vero che a Napoli non mancarono mai percussionisti anche stravaganti: ricordiamo quel Gegè di Giacomo che si presentò a Renato Carosone suonando piatti e bicchieri con le posate perchè “nun tengo ‘a batteria”.

Il 1975 poi, teneva a battesimo il primo LP di Toni Esposito che da piccolo suonava le pentole con i mazzuoli perchè sofferse della stessa povertà di Gegè.

C’erano inoltre un’infinità di batteristi bravi e famosi che non citiamo nemmeno tanto sarebbe lunga la lista (Tullio de Piscopo, Massimo Guarino, Agostino Marangolo ecc.). Eppure, in tutto quel marasma creativo che fu il Pop nostrano, a nessuno venne mai in mente di registrare un disco per sole percussioni.

Dunque, negli ultimi mesi del ‘74, armati di batteria, vibrafoni, campane, xilofoni, marimbe, wood blocks, tumbe, bonghi e quant’altro, otto strumentisti più la cantante Loredana Neri entrarono negli studi della Phonotype Records (gli stessi di Gigi Pascal & PCM) per incidere brani di Cage, Bach, Desidery, Frock, Williams e dello stesso Buonomo, dividendoli idealmente in tre categorie: musica popolare e primitiva, classica e contemporanea.

locandina tempo di percussione 1985All’ascolto, va da se, il risultato è straordinario se non altro considerando l'originalità dell’idea.

Tutto ciò che era preposto alla ritmica diventava armonico e ad essere onesti, fu anche piuttosto divertente (se non addirittura sconvolgente) ascoltare in veste percussiva composizioni concepite con ben altri intenti: da quelle di Bach sino al popolare spiritualDeep River” che a mio avviso resta una delle cose più avvincenti dell’album.

Per giudicare un’operazione simile però, credo occorra necessariamente riportare le lancette della storia all’epoca della sua concezione, quando cioè fece scuola e rappresentò una reale novità nel panorama italiano.
Alla distanza infatti, si potrebbe osservare che l’Lp assomiglia molto più a un disco dimostrativo che non ad un’opera strutturata e l’eccesso di stili potrebbe esserne la dimostrazione.

Inoltre, non fosse che a tessere l’orchestrazione ci sia stato un Maestro indiscusso come Buonomo, vi si potrebbe scorgere anche un lato vagamente folcloristico. In realtà, l’assoluta valenza dei musicisti e delle loro lunghe e rispettabilissime carriere, fuga ancora oggi ogni dubbio.
In sostanza, “Tempo di percussione” fu si un esperimento, una provocazione per far uscire una certa tipologia di strumenti dal loro ambito convenzionale, forse persino un gioco, ma sicuramente di gran classe.
Quella “classe” e quella “libertà espressiva” che solo gli anni ’70 hanno saputo restituire appieno e con modalità insuperate da molto tempo a questa parte.


SI RINGRAZIA IL SITO WWW.PERCUSSIONIBATTERIA.IT PER LE INFORMAZIONI E LE IMMAGINI

8 commenti :

Anonimo ha detto...

Disco strano. Originale ma molto "dimostrativo" come ha detto jj.
Troppi stili sovrapposti, troppe cover...
Con tutto rispetto, ma se lo leggiamo con la mentalità di oggi sembra un po' il disco di una banda di paese...

Moludd ha detto...

Ciao John. Hai in vinile questo album?
Mi piacerebbe fare delle ricerche approfondite in quest'ambito, essendo del settore. Per il momento posso aggiungere che innanzitutto nel 1974 c'era un altro grande ensemble italiano di sole percussioni: Percussione 4 di Guido Facchin, il percussionista veneto che dieci anni dopo ha fondato i più famosi e ancora attivi Tammittam, nonché autore dell'enciclopedico volume "Le percussioni". Non sono al momento a conoscenza di altre formazioni, ma non sono al corrente di altre registrazioni all'infuori di quella del Tempo di Percussione.
Rispetto ai nomi che leggo in locandina, nel loro disco li sento molto più legati alla sfera popolare e jazz, quindi distante anni luce dalla musica che suonavano già i percussionisti di Strasburgo o probabilmente quelli dell'ensemble di Facchin (conoscendo i suoi gusti). Nonostante ciò, questo gusto partenopeo per il ritmo mediterraneo (che unisce africa-e-derivati alle proprie radici) ha reso l'intera registrazione assai più godibile della maggior parte del repertorio per percussioni dell'epoca, nonché assurdamente più originale: là dove la scrittura per ensemble di percussioni negli anni 70 era affidata ai più estremi compositori europei, questo disco trae la propria ispirazione da altre musiche in maniera del tutto inedita per l'epoca.
Tralascio pareri più tecnici, e chiudo con una foto storica trovata su internet:
http://www.beniaminoforestiere.com/foto/1/images/06%20AUDITORIUM%20DI%20POTENZA-Ensemble%20Tempo%20di%20percussione-.jpg

Moludd ha detto...

Fra parentesi, se interessa, ho una registrazione (di fine anni 80 penso) presente sul primo CD del Tammittam Percussion Ensemble di una composizione di event music di Alfredo Tisocco del 1975 scritta con notazione grafica e raffigurante una gioconda sommersa dai pentagrammi; la partitura è all'interno del booklet.
Personalmente non mi piace, ma può interessare.

Anonimo ha detto...

No, non possiedo il vinile e questo disco è stato recensito su "gentile richiesta". Francamente poi, rappresenta -a mio avviso -una costola del pop italiano non così interessante da apporfondirla oltre.
Grazie comunque per la bellissima foto. JJ

Anonimo ha detto...

Non dimentichiamoci Andrea Centazzo!
:D
JJ sei un grande!

rael ha detto...

ma alla fine si chiama Buonomo o Bonomo?

J.J. JOHN ha detto...

Buonomo.

Anonimo ha detto...

Disco difficile ma affascinante

Copertina bellissima

Michele D'Alvano