Cherry Five: Cherry five (1976)
di Fabio Capuzzo
Cherry Five è uno degli album più travagliati di tutto il panorama prog italiano. Basti pensare che, concepito nel 1973, ha visto la luce solamente nel 1976, dopo essere stato registrato almeno quattro volte (tra demo e versioni in studio), addirittura da tre cantanti diversi.
Ma non solo, il disco, nato come album d’esordio degli Oliver di Simonetti e Morante (con Morante che nel primo demo esegue le parti di chitarra elettrica e vocali mentre Simonetti suona tutti gli altri strumenti), viene inciso dai Goblin di Simonetti, Morante, Pignatelli, Bordini e Tartarini ma pubblicato a nome dei mai esistiti Cherry Five.
Nonostante le premesse si tratta di un ottimo album prog, privo di sbavature, compatto nelle scelte musicali e suonato in modo impeccabile. Il gruppo non guarda al panorama pop italiano ma a quello anglosassone e decide, con l’incoscienza tipica della gioventù, di misurarsi sullo stesso terreno dei propri idoli: Yes, ELP, Gentle Giant, Genesis,.tentando persino la trasferta nel Regno Unito per un’audizione con il celebre fonico Eddie Offord e riuscendo a tenere un pugno di concerti nei college inglesi.
Le registrazioni della versione dell’album poi pubblicate, risalgono al febbraio-marzo del 1974 con l’otto piste presente negli studi Titania, mentre le parti vocali in sostituzione di quelle già incise da Clive Haynes vengono eseguite da Tony Tartarini, ex L’Uovo di Colombo, probabilmente nel giugno del 1974.
L'album inizia con Country grave-yard il cui testo dimostra la ‘naturale’ predilezione dei Goblin per tematiche horror. L’aspetto musicale è quanto mai frastagliato, parte con riff jazzati di chitarra elettrica ma si evolve tra continui stacchi e cambi di tempo, dominati dall’Hammond e dal piano elettrico del funambolico Simonetti.
L’intro di The picture of Dorian Gray, (come il ‘vecchio’ gruppo di Simonetti e naturalmente ispirato al romanzo di Oscar Wilde) è assolutamente fantastico con l’organo, dolci arpeggi acustici, la chitarra elettrica genesisiana ed un mellotron incantato. Il brano percorre poi altre strade, più convulse, tra stacchi e contrappunti che dimostrano la perizia cristallina dei musicisti.
The swan is a murderer , divisa in due parti, spazia tra atmosfere diverse, percussioni africane e spinetta, aperture classiche ed incursioni horror. La prima parte si conclude su carillon, vento di ‘minimoog’ e sugli striduli vocalizzi di Morante: una sezione che Dario Argento vorrà utilizzare anche per la colonna sonora di ‘Profondo rosso’, mentre Fabio Pignatelli si prodiga in un assolo al basso Rickenbacker.
Basterebbe poi solamente Oliver per porre Simonetti nell’olimpo dei migliori tastieristi italiani. Il brano si estende, tra repentini cambi di tempo, per una decina di minuti e dà modo al musicista di utilizzare l’intero parco tastiere.
Questo è senza alcun dubbio l’album che meglio testimonia la classe ed il talento di Simonetti ed a chi ritenesse che il risultato finale sia merito di un abile lavoro di studio, ricordo che Haynes mi riferì che “la band dal vivo aveva lo stesso ottimo sound del demo, erano musicisti eccellenti. Claudio otteneva tutti i suoni che voleva”.
L’album si chiude con la favolistica My little cloud-land il cui finale, di grande effetto, è ancora frutto dell’esuberanza tastieristica di Simonetti che non sembra voler smettere di suonare, tanto da finire ‘sparato’ negli ultimi solchi del vinile.
Come dicevo, la Cinevox pubblica l’album in completo silenzio solamente nei primi mesi del 1976.
L’etichetta, ritenendo il disco non commerciale, fa di tutto perché non sia associato ai Goblin che in quel periodo sono primi in classifica con ‘Profondo rosso’ e stanno lavorando a ‘Roller’.
Lo pubblica pertanto a nome ‘Cherry Five’, mantenendo la bella copertina gatefold ma con le foto dei soli Tartarini e Bordini (che nel frattempo non fanno più parte dei Goblin) e senza indicare la formazione del gruppo.
Applicando sino in fondo questa logica perversa, lo fa stampare dalla Fonit in una tiratura ridottissima che provvede poi a distruggere quasi completamente per recuperare l’imposta SIAE anticipata.
A tutt’oggi presumo che ne siano sopravissute poche centinaia di copie (300?), molte delle quali prive del timbro SIAE sull’etichetta, pur trattandosi comunque di originali.
Logico, vista anche la qualità oggettiva del lavoro, che ‘Cherry Five’ abbia raggiunto quotazioni stratosferiche, ormai ben superiori ai 1.000 euro, visti anche i recenti prezzi di aggiudicazione di altri dischi di progressivo italiano assai meno rari.
Considerazione finale: ritengo che la storia di quest’album incarni alla perfezione l’essenza di ogni ‘rock’n’roll dream’, basato su grandi aspettative e cocenti delusioni, mesi passati in cantina ad esercitarsi ed ottusità dei discografici, desideri di affermazione all’estero e mesti rientri a casa, successo conquistato ed amicizie tradite.
Insomma il soggetto ideale per un romanzo di formazione ambientato negli anni ‘70: chissà che un giorno mi venga voglia di scriverlo.
(un articolo di Fabio Capuzzo, autore del libro "Goblin, sette note in rosso", 2011)
13 commenti :
Non conoscevo l'esistenza di questo disco.La copertina con il manichino in bilico, mi sembra quanto mai emblematica.Grazie per l post.
Non avevo visto,un grazie dovuto a Fabio Capuzzo, autore dell'articolo.
Si, l'articolo è di Fabio, sicuramente la massima autorità italiana sui Goblin.
Suo è il libro "Goblin, sette note in rosso" che qualunque cultore di Simonetti & co. dovrebbe assolutamente possedere.
Io l'ho fatto e devo dire che ne son rimasto stupefatto dalla mole e dalla qualità del materiale.
Per acquistarlo, andate qui:
http://goblinsettenoteinrosso.blogspot.com/
Un grazie ad Overthewall91 ed uno speciale a JJ per l'amicizia e l'ospitalità. Fabio.
Album molto bello, assolutamente ben suonato, ma molto derivativo.
alex
Avete viso quanto è stato pagato in un asta e-bay? Circa 5000 euro! Di questo e di altri mi accontento della ristampa in CD. Che ne pensate? E' solo feticismo per il vinile o ci sono altri motivi per certi prezzi? Sarò limitato ma certe cose proprio non le capisco.
Non ho seguito l'asta, ma se la copia fosse stata M o NM, quello caro Marco credo sia il suo prezzo.
Condivisibile o no, il modernariato del Prog Italiano è consolidato da quasi trent'anni.
Certamente ha fluttuazioni notevoli e spesso poco chiare, ma ormai tutti sanno quali sono i dischi per cui certi acquirenti farebbero follie.
Come poi andrà il mercato nei prossimi anni?
Ti rispondo alla maniera di John Lennon: "Tomorrow never knows".
Però, intanto che siamo in gioco... giochiamo.
son d'accordo con te!come è pure squallido vendere a caro prezzo le cersioni cd che alla aloro uscita si vendevano al mx 20.000 lire ed oggi una copia in cd della mellow(ad es.dei baricentro"sconcerto"la vendono a 65 euro!basta con questa speculazione che arricchisce i soliti venditori senza scrupoli che si ergono a "guru"del fenomeno pensando che gli altri siano tutti fessi!x me vanno bene le ristampe in vinile a 20 euro e al massimo spenderei 100 euro x una ristampa limitata senno che se li tenessero pure!e ve lo dice uno che ne ha spedo soldi x i dischi ma quann'ètropp è tropp!
Triplo J: la notizia viene da "Goblin sette note in rosso". Non essere geloso se seguo anche altri blogger :)
Pur essendo della generazione anni '60 ho sempre creduto di più al bit che all'atomo. Quindi quello che mi importa è il contenuto e non il media sul quale arriva. iTunes non mi scandalizza e mi ha permesso di ampiare la base musicale, cosa che ben difficilmente sarei riuscito a fare in altri tempi.
E' per questo che non comprendo la ricerca "dell'oggetto" a tutti i costi/prezzi.
Ugo, se è per questo molti anni fa una prima ristampa di Jacula della Mellow la pagai 40 teste. Idem una di Ad Gloriam che poi trovai l'anno dopo in un cestone dell'autogrill a 5 euro.
Allora, per tornare al discorso di Marco, al di là del loro contenuto artistico,personalmente non sono sorpreso che ci sia un mercato del modernariato.
Del resto la Lettera 22 della Olivetti, una Vespa e una Ferrari sono esposte al MoMa di New York.
Recentemente l'Unesco ha dischiarato "beni dell'umanità" anche quelli "immateriali" come la musica e la gastronomia francese.
Quello che mi fa specie è la speculazione sulle ristampe i cui prezzi li trovo talora assurdi.
Eppure provate andare in Tailandia a comprarvi uno di quei perfetti oroligi falsi: scommetto che la copia di uno Chopard vi costerà più di un Patek Philippe.
SI JOHN"ONE"CONCORDO PIENAMENTE CON TE!FINCHE SI PARLA DI UN ORIGINALE FOSSE PURE UN G+ CAPIREI UNA CERTA QUOTAZIONE MA SULLE RISTAMPE(SPECIE QUELLE IN CD)LA SPECULAZIONE LA TROVO DAVVERO ASSURDA!BASTI PENSARE ALL'AKARMA L'ETICHETTA DI IMPERIA CHE FINO A DUE/TRE ANNI FA VENDEVA LE SUE RISTMPAE A 12.99 NUOVE SIGILLATE S/S POI COL SUO FALLIMENTO(A MIO AVVISO PILOTATO DA SITUAZIONI AL LIMITE DELLA MAFIA)TUTTE LE SUE RISTAMPE OGGI VANNO DAI 30 EURO MINIMO(PER CHI è UN PO PIU ONESTO)AI 100 EURO(VEDI IL DISCO DEI R.L.G.PER NON PARLARE CHE LO STESSO DISCO LO TROVI A DUE/TRE PREZZI DIVERSI!COMUNQUE IL MESE SCORSO COMPRAI(GRAZIE ALLE TUE SCHEDE)LE RISTAMPE DI BLUES RIGHT OFF(20E.)E QUELLA DEGLI UNDERGROUND SET A 18 E.!PECCATO CHE QUELLE DEI FREE ACTION INC.E DEI FOURTH SENSATION ANCORA NON ESISTANO!ASPETTERò DIO VOLENDO!CIAO JOOOOOOOOOOOOOOHN SEI LA NS.LUCE.GUIDA!PENSA SE ANCHE TU AVESSI INCISO UN DISCO PROG E POI TE LO SARESTI AUTORECENSITO MA SAI CHE SBALLO!
Huh! Attualmente l'unico disco che ho inciso va sui 50 euro, ma era un brano tremendo. Oggi fa parte della categoria "Italo-Disco".
Però se qualcuno volesse la lacca a 1.500, un test pressing a 800 o le bobine originali a 2.500... non gliele darei.
Al limite, glielo ricanto io dal vivo tre toni più sotto.
ah ah ah grandioso john e su quale etichetta era la JOHN JOHN PROG?AAHHHH FACCIAMOCI DUE RISATE!be poi la italo-disco non era affatto spregevole vedi i vari la bionda d d sound(che poi erano gli stessi)o gli easy going di claudio simonetti già goblin!
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