Pangea: Invasori (1976)
“Invasori” del quintetto lombardo Pangea è un altro di quei dischi che fanno parte più del mito che della storia in quanto non venne mai pubblicato e distribuito se non in formato promozionale.
Riscoperto e ristampato solo dieci anni dopo dalla BTF di Matthias Scheller, venne pubblicato originariamente dalla Philips (n° catalogo 5001 501 – edizioni Babajaga) che ne distribuì solo un centinaio di copie omaggio imbustate in una copertina bianca.
Per inciso, l’ellepi comprendeva in tutto 10 brani di cui sei riempivano la prima facciata per un totale di circa 25 minuti e i rimanenti quattro la seconda.
A parte la consueta gerenza discografica, dal disco si evinceva solo che tutti i pezzi erano stati scritti da tale Mauro Paoluzzi e fu solo grazie a successive ricerche che si venne a saperne qualcosa di più anche perchè il compositore era tutt’altro che uno sconosciuto.
Paoluzzi infatti, non era stato solo il produttore dei Madrugada, batterista nei Four Kents, Ragazzi dai Capelli Verdi e nei Nuovi Angeli (formazione in cui avrebbe militato sino al 1978), ma sarebbe ben presto diventato collaboratore di personaggi di prima grandezza tra i quali Gianna Nannini con cui scrisse la splendida “America”, Pino Mango, Bruno Lauzi, Faust’O, Loredana Bertè e Roberto Vecchioni.
Nel 1976, contestualmente ai suoi ultimi impegni con i Nuovi Angeli, Paoluzzi decise però anche di avviarne uno per conto suo.
Chiamò a se i due ex Madrugada Gianfranco Pinto e Billy Zanelli, la vocalist - nonché moglie - Loredana Paoluzzi e il popolare fiatista triestino Claudio Pascoli, futuro PFM e già collaboratore di Bruno Lauzi, Ivano Fossati e soprattutto di Lucio Battisti in Anima Latina.
Le registrazioni dei Pangea pare avvennero contemporaneamente ad altri due albums curati più o meno dallo stesso staff, ovvero “Stasera Clowns” di Enrico Nascimbeni e il secondo lavoro dei Madrugada “Incastro”.
Senonché, proprio durante le sessions di quei lavori, subentrò alla direzione della Phonogram Italia il trentacinquenne ex direttore artistico della Ricordi Federico Monti Arduini (al secolo “Il guardiano del Faro” allora fresco dello strepitoso successo della sua “Amore grande amore libero”) che instaurò una sorta di controrivoluzione musicale bloccando tutti tre i progetti in corso a parte quello dei Madrugada che venne comunque mal distribuito.
Gli sforzi di Nascimbeni e soprattutto quelli dei Pangea, rimasero purtroppo allo stadio promozionale.
Poco dopo, il contratto dei Pangea terminò e il gruppo si sciolse.
Un vero peccato perchè in fondo, pur non essendo un capolavoro di originalità, “Invasori” avrebbe meritato almeno il giudizio del mercato.
In sostanza, si sarebbe trattato di una sorta di album concept a 10 movimenti sul tema del viaggio e come tale, comprendeva davvero molte coloriture interessanti.
C’erano il rock spaziale della title track (che a dire il vero sembrava un brano di Jean Michel Jarre), le suggestioni etniche di “Corallo” e di “Arcipelago”, le digressioni acustico - cosmiche di “Naufragio”, le liquide atmosfere di “Al Bazar” che riportavano alla mente i migliori Pink Floyd e persino una mini-suite da 10 minuti, “Xanadu”.
Evidentemente però, il mixaggio perfetto, il grande assortimento di suoni, la grande cura nella scelta delle varie timbriche e (va da se, vista la notevole caratura dei musicisti) un'esecuzione impeccabile, non bastarono a sciogliere il cuore del Guardiano del Faro che aveva in mente ben altre cose: per esempio quei due mostri di airplay che furono Samaracanda di Vecchioni e soprattutto “Sotto il segno dei pesci" di Venditti.
A questo punto molti osservatori potrebbero sentirsi in colpa. Si potrebbe dire che in fondo Pangea non era proprio originalissimo, forse un po’ discontinuo, magari non del tutto affine al nuovo mercato giovanile, forse un po’ fuori tempo, però non avergli dato neppure una possibilità è stato a mio avviso una scelta opinabile.
Forse, se il quintetto di Paoluzzi si fosse affrancato dalla potente multinazionale olandese a vantaggio di qualche discografica più piccola, che so, l’Ultima Spiaggia, le cose sarebbero andate diversamente. Pazienza.
Del resto, stava cominciando anche da noi l'era dei "grandi direttori artistici".
8 commenti :
Paoluzzi: tastiere, percussioni, produzione, arrangiamenti, realizzazione, metabolismo, musica.
tutto nell'unico album veramente newwave mai venuto alla luce in Italia. sicuramente l'album più anglosassone di sempre. ....
Io ho scoperto questo disco dei Pangea grazie alla riedizione su cd del 2010 e mi è piaciuto davvero tantissimo, specialmente "Invasori" e "Bazar". A mio parere la discontinuità è proprio la bellezza di questo album, nel senso che unisce atmosfere diversissime in brani tutti comunque legati tra di loro. Uno dei problemi di molti gruppi prog italiani è il cantante: pur non essendo eccezionale, la voce di Paoluzzi sta sempre bene nell'album, e non fa troppi abbellimenti e virtuosismi.
Acabo de comprar o vinil e estou encantado com o som da banda.
Non tutti sanno che i testi di tutto il concept album sono di Roberto Vecchioni.
Ci sono delle inesattezze nell'articolo:
1. Non era un quintetto, ma una produzione con un unica idea di Paoluzzi e Vecchioni con dei collaboratori.
2. Loredana Paoluzzi in realtà si chiama Luciana Paoluzzi.
3. Il sassofonista non è Claudio Pascoli ma Giorgio Baiocco (Tullio de Piscopo, Sante Palumbo, Sergio Farina ecc...)
4. Stasera Clowns (Nuovi Angeli) non era il disco di Enrico Nascimbeni ma era Maracaibo
5. Pangea non era una band
Se il brano citato di Jean Michel Jarre è oxygene non poteva avere nessuna influenza perché pangea è stato mixato nel 75' e in produzione nel 76' e oxygene andò in produzione nel 76'.
P.S.
Claudio Pascoli era nell'organico ma nella sezione fiati, gli assoli di sax erano di Giorgio Baiocco.
Grazie Alessio Mieli per le preziose informazioni.
Non era facile nel 2010 scavare nel propndo dell'underground.
Riguardo "Invasori", non ricordo quale brano di Jarre mi avesse ricordato. Forse L'Helicoptere, Le Juge o comunque qualcosa con un groove molto simile.
JJ
Disco gradevole
Michele D'Alvano
Notevole il brano Xanadu, elegante e onirico
Michele D'Alvano
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