Deshedus: Il Brigante (2021)
L'album di cui parliamo oggi si chiama invece IL BRIGANTE, prodotto da Mauro Paoluzzi, edito da Warner Chappel e dalla Divinazione Music di Francesco Caprini, e distribuito coraggiosamente ed esclusivamente in vinile ai concerti o negli store musicali.
Entrando direttamente nel merito, l'impressione generale è quella di un tuffo nel grande passato del rock italiano, quando Bacalov dirigeva gli Osanna e la poetica dei testi profumava ancora di sensazioni psichedeliche. Quando le grafiche degli album e dei singoli venivano spolpate per conoscere anche i minimi responsabili di un mondo magnifico, e noi amanti del rock riuscivamo ancora a distinguere una canzone dall'altra.
Certo, in questo caso più che di Rustici, D'Anna e Vairetti dovremmo parlare di un progressive più simile a quello dell'Equipe o dei Dik Dik e, scusatemi l'aggiunta, di una poetica talmente lineare da non lambire neppure i refusi di un Mauro La Luce.
Comunque sia, l'unione fa la forza, e il prodotto acquista coerenza solco dopo solco, proprio come un Palais Cheval o un mosaico sumero proiettato nel XXI° secolo.
E se il concept " brigante = icona dei mali della società contemporanea" non si svolge proprio con la fluidità di un Close To the Edge, l'icipit dei Deshedus annovera comunque elementi che brillano di luce propria. Se non altro per coraggio e forza espressiva.Provocazioni? Qualcuna. Per esempio: vogliamo davvero incolpare Dylan per averci lasciato "un mondo colmo di problemi" come sostiene Mister Tamburino? La risposta è si, se solo avesse ragione un Freud in scimmia d'assenzio.
Vogliamo davvero affidarci a Mogol per evocare solidarietà e partecipazione? Perché no? Ma solo se pensate che i “boschi di braccia tese” piacessero anche alle Brigate Rosse.
Vogliamo infine rendere eccessivamente pessimisti gli Yardbirds? Si, perchè gli addii, specie se irreversibili, fanno davvero molto, ma molto male. "Love Hurts", dicevano i poeti, e avevano ragione. Per cui tutto a posto.
E ora parliamo di cose serie.
ALESSIO MIELI, FEDERICO PEFUMI GABRIELE FOTI, FEDERICO RONDOLINI |
Per concludere, se proprio dovessero chiedermi qual'è il brano migliore del disco, direi sicuramente Il Matto che vale una vita.
Perché è là, a mio avviso, che risulta davvero tangibile il trasporto e l'impegno che la band riesce a iniettare nella sua musica. Un energia che naturalmente mi auguro sopravviva all'evoluzione del gruppo, e si traduca in soluzioni sempre più conflittuali. .
Anzi, in futuro auspicherei che i ragazzi pretendessero dalla produzione di essere maggiormente guidati nello sviluppo delle loro idee, e che abbiano così la fortuna di poter fare quello che veramente vogliono e piace loro fare.
Magari con un linguaggio meno retrò e che comunichi qualcosa della loro freschezza (anche progressiva, perché no) a una platea sempre più vasta.
So che oggi non è facile guardare al futuro senza cedere a questo mondo liquido, ma in questo caso le premesse ci sono.
Buona fortuna.
2 commenti :
Il brigante sta girando in tutte le testate giornalistiche,si parla molto di voi, nonostante siete stati fermi per via della pandemia ma ora si riparte e questo articolo di John Martin ha colpito in pieno il vostro obbiettivo ....daje!!! grandi voi Deshedus
Proposta interessante !
Un caro saluto e Auguri di buone feste !
Michele D'Alvano
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