Napoli Centrale: Mattanza (1976)

napoli centrale mattanzaNel 1976 il movimento è più che mai attraversato da soggettività diverse e se da un lato questa policromia sociale ne avrebbe in breve tempo minato la stabilità, dall’altro ne arricchiva sicuramente la potenza sovversiva e la complessità delle sue produzioni.

Intanto, nelle grandi metropoli post-industriali quali Milano, Roma o Torino, il flusso immigratorio si è assestato. Molte delle diffidenze del primo periodo si sono appianate e il tessuto umano delle città sta gradualmente assumendo quella poliregionalità che negli anni successivi assumerà connotati transnazionali.

In un contesto del genere, è dunque piuttosto chiaro come in molte città fossero ormai pienamente praticabili (se non necessari) discorsi a livello "regionale" e questo non solo a livello di feste poplari o per intrattenere nostalgicamente un pugno di immigrati, ma con lo spirito di modernizzare un linguaggio proseguendo sulla strada da tempo inaugurata dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare e dal Canzoniere del Lazio.

Di fatto, da un punto di vista musicale cominciano a consolidarsi realtà che sino ad allora avevano faticato ad imporsi e che tecnicamente, si pongono come il superamento del Prog classico ormai contaminato da altri generi tra i quali funk e musica etnica o popolare.

In sostanza non si tratta più, di superare l’antitesi “avanguardia-tradizione” in maniera colta come fecero gli Opus Avantra o i Pierrot Lunaire, ma di adeguare un idioma sino ad allora reputato “folclorico” alle nuove domande di una società in trasformazione.
A partire dal 1975, il gruppo che testimoniò meglio l’efficacia di questo mix tra "vox populi" e modernità, fu sicuramente Napoli Centrale che reduce da un primo riuscitissimo album nel 1975, arrivò l’anno successivo alla seconda prova su vinile: “Mattanza”.

james seneseRispetto al disco d’esordio, resiste lo zoccolo duro della formazione composto da Senese e Del Prete, mentre Tony Walmsley e Mark Harris se ne vanno per militare nel moribondo Rovescio della Medaglia.

Mark Harris venne sostituito dell’ottimo pianista catanese Pippo Guarnera e al posto di Tony furono valutati prima diversi bassisti tra cui Giovanni Ferla, Pino Daniele e Bruno Limone. Alla fine però, la spunterà il musicista di Trinidad Kevin Bullen, futuro apprezzatissimo session man.

A chiudere il cerchio e in perfetta linea quell’ottica “estensiva” di cui parlavamo prima, in “Mattanza” vennero impiegati anche numerosi turnisti che diedero all’album un sapore ancora più avvincente: Agostino Marangolo dei Flea e dei Goblin, Bruno Biriaco dei Perigeo e Marvin Smith, già allievo di Max Roach e di Elvin Jones.
Un cast di tutto rispetto che non solo licenziò un disco apprezzato e vendutissimo, ma che catapultò il gruppo direttamente dal Festival del Parco Lambro al prestigioso Festival Jazz di Montreux.
Pubblicato nel 1976 dalla Ricordi con una copertina apribile e levigato sino ai minimi dettagli, “Mattanza” non raggiunse forse il pathos del primo Lp, ma si rivelò certamente più maturo e compatto.

parco lambro napoli centraleI suoni sono curatissimi, il disco si prende pure un premio giornalistico per la “migliore registrazione dell’anno” e forse non tutti sanno che a pilotare la consolle del fonico c’era un certo Roberto Satti, allora proprietario degli studi Chantalain e più noto al pubblico col nome di Bobby Solo.
Pare che James Senese gli abbia detto: “anche se tu non sei un tecnico perfetto, hai l’orecchio musicale e noi ci fidiamo di te(fonte: ilpopolodelblues.com).

Musicalmente è stato detto che il disco “non aggiunge nulla di nuovo a quello precedente”, ma personalmente andrei cauto con certe affermazioni: basterebbe ascoltare solo un brano come “Sangue Misto” che oltre a rifarsi esattamente alla società di allora (conflittuale e diffidente), da segni di una compattezza e di una curiosità stilistica davvero non comuni.
Certamente sono forti i riferimenti ai Weather Report, ma la personalità di Senese e l’abilità collettiva del gruppo riesce a restituire un quadro "made in Italy" assolutamente degno del miglior panorama internazionale.

La mediterraneità e il sentimento sono invece affidati a “O nonno mio”: il ritratto di un funerale paesano in cui però "pietas" e concretezza si mescolano sino a superare i confini dell’anima, rendendo i Napoli Centrale una delle più valide realtà italiane di quegli anni.

Molti associarono "Mattanza" alla fine di un'epoca.
In realtà, ne stava cominciando un'altra.

9 commenti :

isidax ha detto...

io ho il cavallo tu hai la mattanza...stiamo messi bene ...

Anonimo ha detto...

Altro bel disco dei napoli centrale, secondo me però inferiore (come l'esordio) al terzo ed ultimo loro lavoro degli anni 70.

alex

Luchezard ha detto...

Ragazzi per caso qualcuno possiede qualche bootleg dei Napoli Centrale del loro periodo anni 70? Li sto cercando da parecchio. In caso contattatemi grazie.
Roberto

ravatto ha detto...

ho trovato questa puntata di Blitz del 1982 dove, tra gli altri, Troisi, Benigni, suonano anche i Napoli Centrale. ciao, gui
http://www.youtube.com/watch?v=dUgg9WkYgWE

Anonimo ha detto...

Il 13 Febbraio 2020 Franco Del Prete ci ha lasciati . R.I.P.

https://www.ilmattino.it/spettacoli/musica/franco_del_prete_morto_batterista_di_napoli_centrale_e_neapolitan_power-5050748.html

Cordiali Saluti

Michele D'Alvano

Unknown ha detto...

GRANDIIIIIIIIIIIIIIIII

Anonimo ha detto...

Grandi i Napoli Centrale !

Questo disco , insieme all'esordio omonimo e a Qualcosa ca nu' mmore , sono tre lavori di jazz-rock davvero straordinari a cui sono molto legato .

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Questo è il disco dei Napoli Centrale che ascolto più spesso !

Magnificamente suonato e stilisticamente eccellente .

Il brano O nonno mio mi commuove ad ogni ascolto .

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Simme iute e simme venute, O nonno mio e Sangue misto sono tre brani portentosi, intensi e vibranti .

Michele D'Alvano