Hero: Hero (1974)
Anche se scavassimo profondamente nei meandri dello scibile progressivo, degli Hero troveremmo ben poco: un po’ perchè con il Prog italiano e il relativo movimento antagonista non ebbero nulla a che fare e un po’ perchè il loro unico Lp fu una produzione men che marginale, pubblicata solo in Germania e per giunta da una discografica specializzata in dischi per bambini.
Nondimeno, nel 1974 la gente aveva ben altri grilli per la testa che non andarsi a comprare un sottoprodotto tedesco: per le masse c’erano già il publicizzatissimo Autobahn dei Kraftwerk e per i più raffinati, Soon over Babaluma dei Can piuttosto che Blackdance di Klaus Schulze.
Degli Hero sappiamo solo che furono un trio veneto costituitosi presumibilmente intorno al 1972 e il cui chitarrista Massimo Pravato militò con almeno due gruppi beat del padovano: negli anni 60 col quintetto dei Bart’s Group formato da tali Claudio, Bobby, Luciano, Roby e dallo stesso Pravato e nel periodo 70-71 con i Delfini di Padova, come confermato dallo stesso bassista del gruppo Sergio Capovilla.
Esaurita l’esperienza coni Delfini, Pravato migrò negli Upupa di Udine in cui suonò per due anni e in quei frangenti incontrò il tastierista inglese Robert Deller che sarebbe stato il suo futuro compagno di viaggio negli Hero.
Infine, e a questo punto dovremmo essere nel 1971, avendo avuto l’opportunità di suonare in Germania, Pravato e Deller si staccarono dagli Upupa, costituirono un trio ancora senza nome col batterista padovano Umberto Maschio e si trasferirono in quel di Monaco dove grazie al padre di Deller diventò la resident band di uno dei tanti locali della capitale bavarese.
Come in uso all’epoca, l’album venne completato in pochi mesi ma tra la sua stesura definitiva e la sua pubblicazione avvenne la tragedia che segnò inesorabilmente la fine del gruppo: Massimo Pravato morì nel 1973 in un incidente stradale e per gli Hero non ci fu più nulla da fare.
Il disco uscì quindi postumo e solo in Germania nel 1974 per la Pan, sottoetichetta della Poliband. Data la situazione, nè il gruppo potè promuoverlo, nè tantomeno la discografica se la sentì di investirvi in pubblicità e così, sia gli Hero che il loro Lp finirono nel dimenticatoio.
Francamente direi che fu un vero peccato perchè sia per il livello degli arrangiamenti che per la sua solidità compositiva, i 45 minuti di “Hero” avrebbero meritato molta più considerazione: almeno quanto quella che venne riservata agli Atlantide, l’altro gruppo “migrante” per eccellenza del pop italiano.
Ognuno di noi sa però che quando gli imprevisti della vita giocano brutti scherzi, non tutti hanno la voglia o le possibilità per reagire. Accadde così ai anche Free Love, ai Libra e, per motivi meno tragici ma altrettanto drammatici, al Rovescio della Medaglia.
Pur se annoverato negli annali della musica Pop italiana dunque, nella realtà nessuno in Italia conobbe mai gli Hero almeno sino al 2006 quando la Ams ristampò il loro Lp, lasciando come unica strada percorribile per la sua disamina quella delle supposizioni.
Personalmente, sono dell’avviso che in un contesto come quello italiano del 74, gli Hero non avrebbero fatto molta strada, nè come prodotto italiano anglofono, nè come prodotto estero importato: molto cuore sicuramente, ma poca originalità. Un sound certamente più che accettabile a livello europeo fatto di Floyd ("Merry go round"), Crimson ("Crumbs of a day") e Van Der Graaf ("Seminar"), ma già inflazionato in un’Italia che stava progressivamente spostandosi verso contaminazioni più autoctone e raffinate.
Una dialettica poco aderente alle nostre trasformazioni dell’epoca e a dirla tutta, un sound anche piuttosto datato.
Nulla da dire sugli arrangiamenti, sull’inventiva e sul loro variegato hard prog ma in assenza di conflittualità, gli Hero non potranno che restare materia per gli speleologi degli anni settanta.
Il loro disco soverchia ricordi, restituisce indubbiamente emozioni, riporta la mente a tempi più coraggiosi e sinceri e solo per quello vale la pena di essere ascoltato.
Qualunque ulteriore congettura analitica però, rimarrà sempre e solo un azzardo.
GRAZIE AD AUGUSTO PER LE INFO E A SERGIO CAPOVILLA (BASSISTA DEI DELFINI DI PADOVA TRA IL 1968 E IL 1976).
1 commento :
Buon disco con una bella copertina
Saluti
Michele D'Alvano
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