Gramigna: Gran disordine sotto il cielo (1977)
Anno eclettico per antonomasia e ricco di contrasti, il 1977 produsse una pluralità di stili musicali a livello europeo raramente riscontrata prima - punk, new wave, dark, disco music, electropop ecc -, peraltro ben supportata da una miriade di nuove label indipendenti.
Più o meno, accadde così anche in Italia dove il vuoto lasciato dal rock progressivo venne colmato in parte dalla definitiva affermazione dei cantautori, e, dall’altra, da una pur breve stagione di sperimentalismo volta ad esplorare tutti i nuovi generi possibili: etnico, popolare, sperimentale, elettronica, fusion e via dicendo.
In altre parole: là dove il prog faceva coincidere tutto in un solo stile, ora si assiste a una molteplicità di situazioni, ciascuna specializzata nel proprio discorso artistico, sociale, politico. Uno scenario insomma, che sembra coincidere con le linee teoriche della neonata Autonomia, là dove il personale è politico, mentre ironia e provocazione sembrano essere i mezzi espressivi più gettonati.
Alfieri di questa nuova linea musicale sono: l'inossidabile Cramps di Gianni Sassi, la neonata Ascolto di Caterina Caselli e l’Ultima Spiaggia di Ricky Gianco e Nanni Ricordi.
Quest'ultima in particolare, in due anni di attività ha già sfornato 11 album di cui alcuni decisamente interessanti: il Disco dell’angoscia, il primo splendido album del trasformista Ivan Cattaneo (tra i primi esempi di musica omo), quello dei transnazionali I.P. Son Group, ed altri lavori dal sapore libertario firmati Ninì Carucci, Paola Pitagora che propone un disco radicalmente femminista, Gianfranco Manfredi, Roberto Colombo e, ultimo in ordine di tempo, Francesco Currà.
Ed è in questo contesto decisamente stimolante, che fa capolino una band di otto elementi che prende il nome da una pianta infestante ma allo stesso tempo curativa, la Gramigna, nella cui formazione, oltre ai classici strumenti della tradizione rock, compaiono anche mandolini, sitar, cetre, salteri (altro tipo di cetra), violini, un fagotto e un oboe. Quest’ultimo suonato da Mario Arcari che di lì a poco diventerà un ricercato session men. Tra l’altro, particolarmente gradito a Ivano Fossati che con lui realizzerà i suoi dischi e i suoi concerti più significativi.
Capitanato dal chitarrista Maurizio Martelli, il gruppo non avrà molta fortuna, ma ciò nulla toglie al suo unico album, Gran disordine sotto il cielo, edito nella primavera del 1977, che non solo è tecnicamente e artisticamente convincente, ma ben coerente con la società di allora.
Musicalmente, siamo sulla linea del movimento Rock in Opposition, ma con i suoni molto più levigati.
Gran Disordine è sostanzialmente il racconto di una donna, Alice, che prima analizza la sua e l’altrui condizione di donna per scoprire di essere schiava di ruoli e cliché (amante, ma succube di un uomo; seducente ma ingabbiata nella propria bellezza). Poi, raggiunge la consapevolezza di non voler niente e nessuno al di sopra di sé, né regine, né re, e da quel punto in poi, è tutta un’analisi sulla società e i suoi modelli.
La speranza, naturalmente, è che un giorno arrivino dei “nuovi barbari rossi” a far piazza pulita di qualunque ipocrisia.
Mario Arcari |
I testi del poeta Paolo Farnetti sono criptici quanto basta ma ben scanditi dalla voce di Françoise Goddard e, fondamentalmente, l’intero assetto del lavoro regge su basi più che solide.
Unico neo, ma di non poco conto, è l’ineluttabile temporalità del disco che, dicevamo, non potrebbe appartenere a nessun altro momento storico se non alla seconda metà degli anni 70. E se da un lato ciò gli conferisce una certa coerenza, dall’altro lo renderà un prodotto museale nel giro di veramente pochissimo tempo.
Di fatto, terminata l’intensa ma breve esperienza del Movimento del 77, troppi dei suoi protagonisti verranno travolti dal buco nero degli anni ’80 e del suo neoliberismo. I “nuovi barbari rossi” si ritroveranno, nel migliore dei casi, a prendere “un té con lo spazzino” (cfr: “Ultimo mohicano”, Gianfranco Manfredi) e a rinvangare mestamente i gloriosi giorni della rivoluzione.
Chissà se torneranno. “Forse quest’altr’anno?”... chissà...
4 commenti :
Che dici John: torneranno i "nuovi barbari rossi" a fare un po' di piazza pulita?
ciao john sono ugo e mi congratulo,come sempre,con te per quest'altra bella scheda sui GRAMIGNA! in effetti negli ultimi mesi ho comprato proprio quei dischi che tu citi qui dentro ossia:
-F.CURRA che trovo sia un disco originale sia per lo svolgimento dello stesso che per i suoni che mi ricordano a tratti il primo BATTIATO ma ci vedo pure qualcosa di J.CAMISASCA poi...
-I.P.SON GROUP gram bel disco di AFRO-JAZZ un pò W.R. e un po G.DEAD ed infine..
-GRAMIGNA che del lotto mi sembra il disco più originale sia per i testi ironici ma graffianti al punto giusto e per lo stile che mi ricorda qualcosa del FOLK-JAZZ inglese degli HENRY COW con la splendida voce della GODDARD.mi manca solo IL DISCO DELL'ANGOSCIA di cui non so se esiste una ristampa in cd dato che il vinile costicchia parecchio(credo sugli 80/100) euro!saluti UGO
Grande Ugo, come sempre.
***
Jenny, per così come siamo messi ora, non sono molto ottimista. Vedo molti "barbari", quello si: ma non sono rossi.
Buon disco di Rock in Opposition con influenze relative alla scena di Canterbury filtrate da un punto di vista militante
Michele D'Alvano
Posta un commento