I Flashmen: Pensando (1972)
UN PICCOLO GIOIELLO, MA SENZA EREDI
Il quartetto cremonese dei Flashmen si forma intorno al 1967 intorno a Silverio “Silver” Scivoli, tastierista carrarese già esibitosi dal vivo con I Corvi prima del loro debutto discografico
.
La band, il cui nome deriva dal film Flashman (1967) del regista Luciano Martino, propone un beat melodico non particolarmente originale, ma quanto basta per attirare l'attenzione della Decca (all’epoca discografica dei Delfini, del debuttante Julio Iglesias, ma anche dei Rolling Stones), che nel 1969 pubblica il loro primo 45 giri Il mondo aspetta te.
Il disco fa cilecca, e a quel punto, essendo già piuttosto conosciuti nelle sale da ballo, i quattro musicisti decidno di affidarsi alla Kansas di Miki Del Prete, etichetta più affine alla musica leggera con la quale rimarranno per ben cinque anni in compagnia tra glia altri di Camaleonti, Capricorn College ed E.A.Poe
Arrivano così i primi due 33 giri Cercando la vita e Hydra, più quattro nuovi singoli: sempre in stile easy listening, ma con un crescente impiego di sonorità più complesse che raggiungerà il suo apice nel 1972 con l’Lp Pensando, ritenuto unanimemente il capolavoro del gruppo, ma curiosamente anche l’unico album che si spingerà oltre il pop melodico.
E in effetti, ascoltandolo, si resta davvero sorpresi nell’appurare come sin dalla prime note, il sound tipicamente mellifluo dei Flashmen abbia lasciato il posto a un rincorrersi di atmosfere gotiche (Ingresso; Maria), hard blues (Ma per colpa di chi), rock (Ma pugno di mosche; Fortuna E mente), progressive (Sogni e delusioni; Sortita), e persino ad una bossa in salsa psichedelica (Amo mia madre).

Un prodotto notevole insomma, ulteriormente avvalorato da un’esecuzione limpida e decisa, da un’incisione sopra le righe, dai testi graffianti e moderni, nonché solido e originale nella sua struttura di dieci brevi canzoni racchiuse tra un Ingresso e una Sortita, proprio come nei migliori concept album.
Diciamo quindi che, nella sua complessiva convenzionalità, le rarissime volte la Kansas decise di pubblicare lavori d’avanguardia come ad esempio Generazioni degli E.A.Poe, centrò pienamente il bersaglio. Questo anche se, per un motivo o per l’altro, non riuscì mai a dare alla sua piccola scuderia progressiva un minimo di visibilità, lasciandola alfine in balìa di un mercato notoriamente impietoso nei confronti dei gruppi minori.
E di fatto, anche se i Flashmen parteciparono a diversi Festival Pop tra cui il Davoli Pop del 72 a Reggio Emilia, non riuscirono mai ad imporsi nel circuito alternativo, tornando ben presto al sound delle origini.
Un vero peccato perché Pensando fu un album perfettamente allineato a quella sete di nuovo ad ogni costo che pervase il 1972, e forse, un minimo di soddisfazioni in più avrebbe potuto convincere il gruppo a proseguire sulla strada del rock . Magari perfezionando quelle carenze di cui Pensando evidentemente soffriva.

Tutte migliorìe che non sarebbero state difficili da realizzare considerando l’abilità e l’intuito dei Flashmen, ma chissà: forse prevalsero motivazioni di sopravvivenza commerciale, forse il gruppo si rese conto di non potere (o volere) tenere il passo con la velocissima evoluzione del prog italiano, o forse ancora, si accontentò di dimostrare, anche per una volta soltanto, di essere stati in grado di affrontare il “nuovo che avanzava” alla pari se non meglio di certi loro colleghi ben più blasonati.
E in effetti, se paragonato a Id dell’Equipe 84, a Suite per una donna assolutamente relativa dei Dik Dik, ma anche a molti altri lavori contemporanei, Pensando merita ancora oggi tutte le note d'encomio gli vengono tibutate da qualunque appassionato di Pop italiano..