Goblin: Il Fantastico Viaggio del "Bagarozzo" Mark (1978)

GOBLIN 1978
  Il 1978 fu un anno-chiave sia per la società che per la musica italiana. Volsero al termine le lotte politico-produttive e iniziarono quelle per il controllo del consenso e la conquista degli spazi urbani.

La Controcultura si era ormai dissolta sotto il peso delle sue diversità, l'Autonomia stentava anch'essa ad arginare personalismi, spontaneismi, e un'ormai cronica confusione ideologica, però si affermavano senza sosta le occupazioni a scopo abitativo o culturale. Spazi liberati e autogestiti nel cuore delle grandi città che, pur se pcontinuamente minacciati dalla cosiddetta eroina di stato "spacciata a quintali per minare una generazione", diceva Finardi, sarebbero diventati le roccaforti del contropotere anni Ottanta
Il cambiamento insomma era nuovamente d'obbligo, e anche le storiche leve del Prog dovettero prenderne atto.

Il Banco ad esempio, lo fece inglobando classica e fusion in un disco magistrale ma molto diverso dal passato, la PFM si appoggiò su Manfredi e Lanzetti per rinverdire un parco idee ormai fermo dal 74, Le Orme regredirono alla musica da camera, mentre gli Area si congedarono da tutto e tutti con un capolavoro di dignità e coerenza
 
E mentre le nuove leve irrompevano devastanti (Faust'O, Chrisma, i neo punk italiani ecc....) e gli autori si affidavano a una comunicatività più diretta (da Sorrenti a Cattaneo, da Finardi alla Nannini), anche i Goblin, gruppo storicamente legato alle colonne sonore, decisero di cimentarsi con un altro lavoro a sé stante.

Nella fattispecie, un concept album interamente cantato in italiano in cui un abitante della terra di Goblin [tale Mark, personificato da uno scarafaggio] riusciva a redimersi da vizi e droghe anche grazie al rock. Titolo: Il Fantastico Viaggio del 'Bagarozzo' Mark.
 
Goblin Bagarozzo Mark
 Trainato dal compianto Massimo Morante, per l'occasione trasformatosi in autore e cantante, la band iniziò a lavorarci su nell'estate 1977 non appena terminata la colonna sonora del film La Via della Droga di Enzo Castellari. Lo registrò poi in autunno nei nuovissimi studi Trafalgar della Cinevox sotto la guida del fonico Giorgio Agazzi, e dopo aver onorato una marea di impegni inclusa la residua promozione di Suspiria, lo concluse finalmente il 5 aprile 1978, data ufficiale del master mixato da Gaetano Ria

  Eppure, malgrado i Goblin fossero entusiasti del loro lavoro al punto di allestire una nuova e costosissima tournée a base di effetti spettacolari e un impianto da mille e una notte, una volta messo in commercio, l'album fece miseramente cilecca: vendette poco, fu snobbato da radio e Tv, e a parte qualche critica benevola come quella di Piergiuseppe Caporale sul Ciao 2001, ottenne un riscontro così deprimente da provocare lo scioglimento della band. 
Ma perché? 
 
Goblin, Discoring 1978
DISCORING con Bagarozzo -  28.5.1978
 Perché malgrado la tecnica sopraffina, il sound prodigioso, e un'energia invidiabile [e chi non ci credesse si ascolti "La Danza" con tanto di ostinato à la Baba O' Ryley, o anche il finale di "...e suono Rock" che sembra condensare il meglio del Rovescio della Medaglia in neppure tre minuti], il “Bagarozzo” conteneva tante di quelle tare da trasformarlo in un monumento alla supponenza.
 
E anche se non tutti se ne accorsero, di sicuro lo fece la stampa specializzata che, per rispetto o per scelta, si comportò addirittura  come se il disco non fosse mai esistito.
 
Ma vediamo nei dettagli cosa accadde, e come influì sulle sorti del gruppo.
 
Promozione. Stando alle parole dello stesso Simonetti, la Cinevox, specializzata esclusivamente in colonne sonore, non si occupò abbastanza della band nella sua dimensione autonoma. E questo condannò il disco all'anonimato.
 
 Immagine. Il pubblico non era abituato a considerare i Goblin come gruppo a sé stante, tantomeno in una dimensione narrativa come quella del concept album. E siccome già Roller non convinse a sufficienza, è chiaro che “Mark” avrebbe avuto bisogno di un maggiore sostegno.
 
 Autarchia. Ma il problema maggiore fu che, pur se oberato di lavoro, il gruppo volle fare tutto da sé. Declinò dapprima l'offerta di collaborazione da parte di Giovanni Tommaso del Perigeo che si offrì di aiutarli negli negli arrangiamenti, e anziché avvalersi di un autore professionista si affidò al solo Morante che, con tutto rispetto, non si dimostrò all'altezza.
 
Goblin -  Bagarozzo Mark
Dialettica
. In sostanza, proprio come fece l'anno prima Battisti con Images, anche i Goblin sottovalutarono l'importanza dei testi, e sciaguratamente lo fecero proprio nel momento in cui la comunicazione verbale era all'apice del suo potere conflittuale. In un periodo cioè, in cui il pubblico soppesava ogni singola parola alla ricerca di un significato o di un messaggio e le banalità o le inadeguatezze venivano severamente punite.
 
Titolo. Allo stesso modo, virgolettare in copertina un termine come 'bagarozzo' nel momento in cui si tentava di reintegrare i termini dialettali nella lingua italiana [vedi Gino Paoli del 1975 con Ciao Salutimme Zena del 1975, RepubblicA di Gianco nel 1976 e il primo Pino Daniele] sembrò uno snobbismo del tutto fuori luogo.
 
Narratio. Curiosamente, i cinque brani che narrano la storia di Mark, non sono né contigui né in ordine narrativo.
Tecnicamente la sequenza corretta avrebbe dovuto essere 1) Mark Il Bagarozzo 2) Terra Di Goblin 3) Notte 4) La Danza e 5) Un Ragazzo D'Argento, mentre fuori contesto c'erano Opera Magnifica, Viridiana ed "...e suono Rock". 
Invece le componenti del concept che gli outsider vennero mischiate tra loro senza alcuna logica, facendo perdere all'album continuità, senso e coerenza stilistica.
Un esempio per tutti; l'estatica "Terra Di Goblin" compressa tra il funky un po' guascone di "Un ragazzo d'Argento" e la pomposa psichedelia di "Viridiana". 
 
Grafica. Colpo di grazia, la trama ci parla di un reietto marginale con problemi di droga (che visti i tempi era quasi sicuramente eroina, sostanza dall'effetto notoriamente devastante), mentre il bagarozzo che lo rappresenta sembra quanto di più sano, simpatico e felice possa esserci al mondo. Era Mark che si era redento? Chissà.
 
I Goblin insomma pretesero di avere una coerenza espressiva che scoprirono di non avere, i già labili rapporti interni si incrinarono ancora di più, come se non bastasse, tra maggio e luglio Morante e Simonetti furono colpiti da due lutti familiari, e dopo un concerto al Teatro Ariston di Sanremo, il Morante se ne andà. sostituito da Carlo Pennisi.

Per chi volesse sapere tutto, ma proprio tutto sui Goblin, vi consiglio i siti:
SETTE NOTE IN ROSSO del mio amico Fabio Capuzzo, 
e il dettagliatissimo TERRA DI GOBLIN.
 
Per coloro che invece volessero leggersi una delle biografie più complete e dettagliate della band romana, scrivete a Fabio goblinsettenoteinrosso@gmail.com e dite che vi manda JJ.

8 commenti :

Anonimo ha detto...

Ciao John !

Disco carino e ben suonato, ma che non mi ha mai convinto del tutto a causa soprattutto delle parti vocali di Morante

Per il resto, concordo con la tua brillante analisi del lavoro in questione, che io ritengo inferiore a tutti e tre i precedenti dischi del gruppo

Michele D'Alvano

ugo ha detto...

be confesso il mio limite ho questo disco nello scaffale ma non lo ancora SENTITO però mi fido della critica di john ma cosa volete siamo nel 78 in piena era disco e punk per cui già aver partorito un disco in quell'anno mi sembra cosa ardita e coraggiosa o no?
inoltre ricordo perfettamente che avevo 13 anni e mi ero accostato alla musica due anni prima all'epoca compravo molti 45 giri ed era il tempo in cui ai negozianti di dischi venivano dati gli adesivi che poi distribuovano ai loro clienti e ricordo perfettamente che questo dei GOBLIN assieme a quello dei PINK FLOYD di WISH YOU WERE HERE andavano a ruba solo che come un coglione non li trovo più...del resto dopo tanti anni....! ah nostalgia canaglia come direbbe qualcuno
U G O

Anonimo ha detto...

Ugo, se ti può consolare io ho perso l'adesivo autografo di Giulio Capiozzo (Area) che mi aveva fatto al SIM quando faceva il dimostratore per la Simmons... J.

ugo ha detto...

ciao john capisco che il tempo è tiranno per tutti e specie per te ma per una questione di completezza io direi che quanto prima tu debba creare una scheda pure sul disco SUSPIRIA DEL 77 cosi giusto per chiudere la prima fase del gruppo dei GOBLIN facci sapere ugo

Red Goblin ha detto...

Evocato dal grande JJ, rieccomi su questo prestigioso sito. Ciao a tutti, sono Fabio Capuzzo, l’autore del libro Goblin sette note in rosso (2011) e di Goblin seven notes in red (2017), versione US riveduta e aggiornata.

Il Fantastico viaggio del ‘bagarozzo’ Mark è un po’ il canto del cigno prog della band, una specie di missione suicida affrontata con caparbietà e orgoglio al grido di Banzai Goblin!

Musicalmente l’album è ‘fantastico’, suonato benissimo da musicisti che sono il top che il panorama musicale nostrano ha da offrire in quegli anni. E credo che questo non sia mai stato sottolineato abbastanza dagli snob italiani del prog che hanno sempre considerato con sufficienza i Goblin, non perdonandogli il colossale successo di Profondo rosso e la fama internazionale. Marangolo, Morante, Pignatelli e Simonetti (in rigoroso ordine alfabetico…) per tecnica, gusto e abilità compositiva non temono il confronto con nessuno di quei musicisti solitamente celebrati nelle classifiche di settore.

Anche l’idea di raccontare in un concept album, la storia di un ragazzo che nell’Italia violenta di fine anni ’70 si dà alle droghe pesanti e infine si riscatta, poteva avere un suo perché.

Quello che non funziona sono i testi e la scelta favolistica di ambientare la storia nel mondo degli insetti, con il protagonista che è uno scarafaggio. I Goblin non sono Edoardo Bennato e questa scelta la pagano carissima.
Non è un caso se Il Fantastico viaggio del ‘bagarozzo’ Mark è un album che trova ampio favore all’estero, da appassionati che, in tutta evidenza, non capiscono o comunque non prestano attenzione ai testi. Ha ragione JJ quando afferma che invece in Italia ai testi si prestava attenzione, eccome, specie in quegli anni.

Non aiuta nemmeno il cantato di Morante che sfodera birignao da trapper per piegare l’italiano alla metrica prog rock dei brani. Morante ha spiegato che la scelta di usare la voce in modo così particolare, nasale ed un po’ robotica, fu imposta da Carlo Bixio (il produttore della Cinevox) mentre il chitarrista avrebbe voluto seguire linee più melodiche. Probabilmente aveva ragione Morante, sta di fatto che è palese lo scollamento tra le esaltanti parti strumentali e le imbarazzanti liriche.

Non è nemmeno vero che la Bixio / Cinevox non fece nulla per promuovere il disco. Innanzitutto fu proprio la casa discografica a chiedere ai Goblin di realizzare un album cantato, per cercare di ampliare il mercato della band. L’uscita del disco (con copertina gatefold, busta interna ed etichette personalizzate), fu poi accompagnata da una campagna pubblicitaria non proprio minimale, con la realizzazione di locandine (se guardate Saxofone di Pozzetto ne vedrete una esposta all’entrata di un negozio Ricordi), adesivi circolari (quello che si è perso Ugo ma che io ho conservato gelosamente…), partecipazioni a Discoring e ad un paio di manifestazioni in Teatri Tenda.

Il Fantastico viaggio del ‘bagarozzo’ Mark, pubblicato nei giorni del rapimento di Aldo Moro da parte delle brigate rosse, alla fine vendette 30.000, troppo poche per le ambizioni dei Goblin e soprattutto di Morante, che lascerà la band qualche mese dopo aver completato le registrazioni dello sensazionale score di Zombi (versione rimaneggiata e corretta da Dario Argento di Dawn of the Dead di George Romero) per intraprendere una carriera solista.

Gilberto Fangazio ha detto...

Ma scusate tanto. Che gli prese mai a Pignatelli (ed anche a Walter Martino che fu in questo storico gruppo prima di Marangolo) ad accettare di andare tempo dopo in tour con quello scrauso malefico di Claudio Baglioni? Mamma mia quanto lo odio, con quella vociaccia rauca afona sguaiata e gutturale. Possibile che non ebbero opportunità professionali alternative altrettanto ben pagate?

Anonimo ha detto...

GF, il fatto che detesti Baglioni non significa che non sia un nome prestigioso da avere nel proprio curriculum. Specie nel 78 quando feceva miliardi, lavorava per una multinazionale americana ed era prodotto in modo megagalattico. Insomma, soldi a parte si trattava di un'esperienza professionale alla quale dire di no sarebbe stato proprio da pazzi. Non trovi?
JJ

PS: Non ditelo a nessuno, ma a me "Giorni di Neve" e "E tu come stai" - specie nella versione di Mina in Si Buana - mi piacciono tuttora a dismisura.

Pietro ha detto...

E non dimetichiamoci di Vangelis che ha arrangiato "E tu".