Pfm: Chocolate kings (1975)

chocolate kings 1975Dopo due dischi cantati quasi interamente in inglese (“The world became the world”, “Live in Usa”), uno strepitoso successo oltreoceano e un cambio di nome in funzione del mercato estero, era ormai palese che le attenzioni della Premiata Forneria Marconi (ora P.F.M.) si rivolgessero molto più all’America che non all’Italia.

Di fatto, per realizzare il nuovo LP, la band si dotò finalmente di un cantante di ruolo che non solo aveva vissuto a lungo negli States, ma che possedeva una notevole dimestichezza con la lingua e la pronuncia anglofona: Bernardo Lanzetti degli Acqua Fragile.

Inoltre, a conferma delle intenzioni colonizzatrici di Mussida e soci, questa volta il nuovo album “Chocolate Kings” venne cantato completamente in inglese, lasciando all’Italia la sola distribuzione nazionale.
Tutto il resto, era appannaggio di un’organizzazione molto più ampia che, oltre all’Inghilterra, gli Usa, il Canada e la Francia avrebbe incluso anche il lontanissimo Giappone.

In Italia, la Pfm cominciò a farsi vedere sempre di meno anche dal vivo, dividendosi tra due tournées all’estero (in Giappone dal 19 al 30 novembre 1975 e in Canada dal 5 al 12 dicembre) e circa 18 date italiane tra luglio e agosto, ma prevalentemente in luoghi di villeggiatura.
La vera e propria tournèe italiana del '75, si limitò a sole sei date in Lombardia e in Veneto tra il 23 e il 30 dicembre.

Comunque, malgrado l'enorme dispendio di mezzi e di fatica che la band profuse per conquistare l'America, non tutto andò per il verso giusto e sorprende ancora oggi come il gruppo avesse optato per alcune soluzioni che si rivelarono davvero inopportune.

La prima, fu sicuramente il tono sarcastico impresso al nuovo lavoro che, tanto per cominciare, si presentava con una copertina piuttosto irriverente nei confronti della bandiera americana: una tavoletta di cioccolato rivestita dalla “Stars and Stripes”.

E se per “chocolate kings” si intendevano bonariamente i soldati americani che quando liberarono l’Italia dal fascismo, entrarono nelle città distribuendo barrette di cioccolata, il resto della canzone era invece tutta protesa a dipingere l’America come la culla della decadenza capitalista.

The chocolate kings arrived / to feed us full of good intentions /and fatten us with pride [...] so sorry /they've packed her bags [...] hope she takes a look in the mirror /while she is on her way home [...] her supermarket kingdom is falling / her war machines on sale [...] her tv gods have failed [...] musclemen are out of business / the chocolate kings are dying [...]

Il secondo inciampo, fu poi la partecipazione della Pfm ad un concerto in favore dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Una scelta politicamente al passo coi tempi, ma per altri versi sciagurata visto che tutto il management americano della Pfm era in mano agli ebrei ("... anche un po' sionisti", aggiunse Pagani).
Questi, non solo tagliarono i ponti con la band, boicottarono la distribuzione del disco e diedero vita a una caustica campagna denigratoria a mezzo stampa (“La Pfm supporta i terroristi”), ma misero anche il veto a qualunque eventuale successiva tournèe americana.

Ora, pur avallando le posizioni movimentiste di Pagani e di Lanzetti che avevano scritto i testi, non si comprende davvero come la Premiata pretendesse di conquistarsi un mercato prendendosene gioco.

Morale, “Chocolate Kings” scontentò tutti: gli americani per ovvi motivi, gli italiani che si sentirono traditi da uno dei loro gruppi di punta e gli stessi musicisti che non solo videro infrangersi il sogno statunitense, ma per questa ed altre ragioni, patirono di li a poco la dipartita di Pagani che si sentì politicamente incompreso.

Un vero peccato perchè, in fondo, l’album del 1975 era un lavoro ben strutturato e sicuramente avrebbe potuto aprire nuove porte al sestetto ma, si sa: a volte tenere i piedi in due scarpe non paga.

Furono quindi snobbate le solide atmosfere di “From under”, il poderoso boogie-prog di “Chocolate Kings”, le splendide evocazioni di “Out of the roundabout” e, a posteriori, possiamo purtroppo rilevare che quelle furono le ultime cartucce della Pfm in chiave progressiva.

Già a partire dal successivo Jet Lag, il gruppo entrò in una profonda crisi artistica che sarebbe sfociata nel giro di pochissimo nelle forma canzone di “Suonare suonare”.
Un percorso quasi sicuramente inevitabile, ma che forse, avrebbe potuto essere gestito più serenamente.


PREMIATA FORNERIA MARCONI - Discografia 1972 - 1978:
1972: STORIA DI UN MINUTO
1972: PER UN AMICO
1973: PHOTOS OF GHOSTS
1974: L'ISOLA DI NIENTE
1974: THE WORLD BECAME THE WORLD
1974: COOK - LIVE IN USA
1975: CHOCOLATE KINGS
1977: JET LAG
1978: PASSPARTU'

68 commenti :

Anonimo ha detto...

Provo a dir la mia su un album controverso come questo, che a quanto vedo in giro per i vari blog divide un pò il giudizio delle persone....c'è chi lo ama e chi lo considera trascurabile....

La prima volta che lo ascoltai (qualche annetto fa) stavo per gettare il cd dal finestrino della mia auto dopo i primi minuti.....la voce di Lanzetti (troppo simile ad un big come Gabriel) e l'inizio strumentale (dal vago sapore yessiano) mi avevano decisamente colpito in negativo. Mi son subito chiesto come poteva essere che un gruppo come la PFM avesse potuto presentare un album come questo per il mercato internazionale.....e per di più nel 1975. Mi sembrò un errore da provincialotti.....

A riascoltarlo poi nel tempo però l'ho rivalutato, anche se solo in parte. La PFM è un gruppo dall'incredibile preparazione tecnica, che però secondo me dopo "Per un amico" ha perso la verve e l'indiscutibile capacità compositiva melodica degli inizi. In questo "Chocolate kings" mi dan l'idea di non saper bene che cosa fare e quindi secondo me si limitarono a proporre quanto di buono già detto in Inghilterra da qualche anno.....è non importa se proprio in quest'album mostrano un'amalgama di gruppo indiscutibile, una tecnica individuale sopraffina ed un cantante con una bella voce ed un'ottima pronuncia. Nel 75 questa è roba già sentita, trita e ritrita.....tra l'altro la title-track a me ricorda mooooolto "è festa". L'ultima impressione che ho avuto è che forse la stessa PFM si rese conto della scarsa originalità del lavoro, visto che mi sembra che durante tutto l'arco dell'album puntino quasi tutto sulla tecnica e sulla velocità dell'esecuzione.

Nonostante tutto, rispetto però a molti lavori usciti in quegl'anni qui da noi, credo che proprio la tecnica eccelsa sia la cosa che oggi renda gradevole l'ascolto di quest'abum.....o almeno per me è così. Peccato per la voce di Lanzetti, oggettivamente bella, ma che fà il verso ad un certo cantante dei Genesis.....

alex77

marta ha detto...

Io credo che ormai nel '75 la tecnica fosse un fatto acquisito.
Se guardi bene, tutti gli albums di quell'anno erano ad un ottimo livello strumentale e sonoro per cui, eccellere su quel piano non significava necessariamente aver fatto un lavoro complessivamente interessante.
Il principale problema di Chocolate Kings fu - secondo me - nell'aver disatteso la sua funzione: doveva piacere agli americani ma non ci riuscì.
La Pfm volle esportare il suo lato più critico ed intellettuale quando non aveva ancora abbastanza confidenza con l'ambiente.
Tra l'altro, ad una certa intelligenza dei testi, non corrispose una musica altrettanto innovativa, scontentando un po' tutti.
Con tutto rispetto per chi lo ama, ma questo disco fu veramente un lavoro senza arte ne parte.
Politicamente non parliamone neppure: i ragazzi hanno voluto calare le braghe agli americani?
Beh, se la sono presa in quel posto e ben gli sta.

zanza ha detto...

Sono d'accordo con Anonimo quando dice che chocolate è un album che ha diviso gli appassionati. Personalmente non mi ha mai fatto impazzire perchè lo trovo disomogeneo nel suo svogimento. E forse è vero quello che dice John riguardo la fine delle cartucce progressive da parte del gruppo

piccic ha detto...

Io sto zitto, perché nella mia ignoranza, a parte la splendida "Impressioni di Settembre", non coinvolge neanche il primo album…

lenz ha detto...

lanzetti odia questo disco.. e anche una certa parte della pfm, lo sò per certo perchè un lontana sera di 12 anni fa me lo feci da lui autografare mentre sbuffava lamentandosi di non essere mai stato pagato dalla pfm.
a me il disco in parte piace e devo dire di averlo rivalutato proprio l'anno scorso. lo trovo una ventata fresca e vitale dopo quella palla allucinante dell'Isola di niente.. resta il fatto che per me la pfm non è mai stato il più grande gruppo prog italiano ma solo il più commerciale e famoso.

zanza ha detto...

dai ragazzi non esagerate non venitemi a dire che live in usa non è coinvolgente o è solo commerciale. Anche per me la premiata non è il gruppo prog italiano più grande però di momenti musicalmente intensi ce ne hanno dati parecchi

piccic ha detto...

Ci tengo a chiarire che io non faccio testo: non ho preparazione di critica musicale in senso stretto e non sono appassionato di rock progressivo.

Infatti il primo album che ho comprato della PFM è stato Serendipity, che non ha nulla di rock progressivo, ma che trovo interessante per diversi motivi (le partecipazioni di Fernanda Pivano, Battiato e Daniele Silvestri, originale la grafica di Massimo Pitis).
Mi resta il dubbio su chi abbia scritto "Nuvole Nere". Dopo le Gialle, le Rosse e le Bianche, Camisasca si contende il primato delle nuvole con la PFM… :-)

J.J. JOHN ha detto...

Oh, finalmente Lenz ha avuto il coraggio di dire quello che io non ho mai osato!
Sono stati certamente bravissimi e fondamentali per l'avvio della stagione Prog italiana ma, si sono "americanizzati" troppo presto.
"Live in Usa" era bellissimo, ma a mio avviso hanno sbagliato strategia dopo.
Come pretendevano di sfondare in America prendendosi gioco di quella società?

@ piccic

Se ricordo c'era anche una "nuvola" in "Suonare, suonare". Qualcosa tipo: "scontro frontale con una nuvola bianca, riapro gli occhi nella mia stanza..."

Poi ci sono quelle "Rapide" dei Subsonica, le "Nuvole a Vinca" degli Stormy Six, quelle di De Andrè, dei Pooh e di Renato Zero.
Quante nuvole!
Ci sarebbe da farci una tesi di laurea: "Le nuvole nella canzone italiana moderna".

Dario ha detto...

Ciao John.

Prendo spunto dai testi "movimentisti" di Chocolate Kings per farti una domanda più ad ampio respiro da storico del prog.
Perché in Italia il prog è diventato un genere "impegnato politicamente" mentre all'estero è rimasto solo su tematiche fantasy?
O meglio, il perché in Italia era impegnato è chiaro, era la musica di moda in anni in cui l'impegno politico era una realtà molto presente tra i giovani.
La mia domanda è più sull'estero: perché ad esempio in Inghilterra tranne forse i Pink Floyd e pochi altri esempi i testi non parlavano mai "alla gente"?
Vedi gli Yes o in parte gli stessi Genesis...

Perché il prog straniero e molto di più il neoprog ha finito col parlare solo di unicorni, mentre da noi gli esempi di prog andavano ben oltre la nicchia venuta dopo del RIO?

È una curiosità che ho sempre avuto anche perché spessissimo negli ambienti prog all'estero mi sento un pesce fuor d'acqua per le tematiche di cui cerco di parlare nella nostra musica...

Grazie e scusa la divagazione.

J.J. JOHN ha detto...

@ Dario:

In Italia abbiamo avuto un movimento artistico così politicizzato perchè, a differenza di molti altri stati del mondo, si verificò dopo il ’68 un’inedita alleanza tra studenti, operai e subculture antagoniste, che costituì un movimento rivendicativo enorme.
Il maggio francese, invece, fu rapidamente riassorbito in quanto gli operai ottennero i vantaggi contrattuali che si aspettavano e si ritirarono dalle barricate. L’America era affaccendata nelle Guerra del Vietnam, mentre in Inghilterra la “bolla sociale” sarebbe esplosa circa 7 anni dopo il ’68 con l’avvento del Punk, quando anche là si verificò, l’unione delle sottoculture trans-razziali con il proletariato.
Forse solo in Germania il dopo ’68 prese una piega simile a quella Italiana, ma con un impatto minore e a carattere più autoctono (es: “Amon Duul”).
In questo senso, la politicizzazione della musica italiana non va letta come una “moda”, ma come un processo storico.

Dario ha detto...

Purtroppo di quel fermento oggi è rimasto poco o nulla a tutti i livelli.
Grazie mille per la puntuale risposta John. Le tue analisi mi aiutano a capire quell'epoca. Comunque a scanso di equivoci, per "moda" intendevo quella della musica prog, non della sua politicizzazione che in quel contesto era inevitabile. In fondo in Inghilterra, secondo le coordinate che dai tu, la musica "politicizzata" fu il punk. In quest'ottica capisco The Clash e, facendo tutti i distinguo e mettendo virgolette d'obbligo, gli stessi Sex Pistols.
Un po' è un peccato, perché il prog in mano ad eterei cantori fantasy si è convertito nel tempo soprattutto all'estero in una nicchia vagamente "freak". E la qualità della musica prog non lo meritava davvero.

piccic ha detto...

Però forse considerandola a questo modo si rischia di dare una lettura "unidirezionale" ai fenomeni musicali.
Oggi la politica da molti giovanissimi (ma anche non) come una cosa contorta, spesso corrotta, e inutile, mentre sappiamo benissimo che non è così: è l'arte di conduzione della "polis".

Quindi il fatto stesso che la musica sia vista come una "moda" mi dà sempre più da pensare: non è che la gente prende sempre troppo "alla leggera" la musica perché prende troppo "alla leggera" tutto il resto della propria esistenza in comune con gli altri?

In questo senso, l'allergia che io avevo per il rock progressivo era dovuta solo a un "gusto" musicale (essendo io cresciuto con la new wave), perciò basta avere la chiave per entrare in un genere, e spesso si supera il problema del "gusto", mi pare…

Poi non vorrei dire sciocchezze, ma se il rock progressivo ha avuto anche altre espressioni in paesi non-anglofoni e non-italici, in questi paesi deve avere certo incarnato dinamiche diverse. Penso alla new wave: andando alla scoperta della new wave di tutto il mondo ho avuto delle bellissime sorprese (es. i Marc Seberg o Jad Wio in Francia, o i Radio Macau in Portogallo).

piccic ha detto...

errata corrige: volevo scrivere «Oggi la politica è percepita da molti giovanissimi (ma anche non) come una cosa contorta»

zanza ha detto...

Prendo spunto dai vostri commenti per permettermi di dire che non è del tutto vero che all'estero il prog parlava e/o parla solo di unicorni ed eroi con lancia e cavallo bianco. Cito a solo titolo di esempio i Genesis di The battle of Epping forest o di get'em out by friday. Certo non siamo ai livelli di impegno sociale degli Area, ma d'altro canto non dimentichiamoci neppure che anche da noi non tutti i testi erano socialmente impegnati.

J.J. JOHN ha detto...

@ Piccic:
per usare parole che ti piacciono si potrebbe anche dire che "la musica è l'arte della comunione".
Evidentemente però, le varie fasi storiche hanno prodotto "comunioni" di valore diverso e oggi, a mio avviso, è genericamente molto basso.

@ taz:
Se ben ricordo anche "Gates of delirium" denunciava le malformazioni della società.
Il fatto è che l'Inghilterra ha vissuto, almeno fino al 75, un periodo conflittualmente differente dall'europa post '68 e quindi i referenti erano diversi.
Non per altro, quando il Punk riportò la musica a valori quasi "intestinali" accadde la vera e propria seconda rivoluzione dopo il Beat.

zanza ha detto...

Sono d'accordo con te John sull'analisi storica inglese dal 68 al 75; sulla rivoluzione punk un pò meno ma solo da un punto di vista musicale. Voglio dire che senz'altro l'accentuata conflittualità dell'epoca veniva ampiamente traslata in musica e pertanto questa senz'altro, almeno agli inizi, rifletteva pienamente il sentire dei ragazzi dell'epoca. Tuttavia da un punto di vista strettamente tecnico, secondo me, di innovativo c'era ben poco tant'è che nel giro di qualche anno rimasero in vita solo quelli che fin dall'inizio, pur approffittando della corrente punk per emergere, di punk avevano ben poco (vedi Stranglers, Television Police e Clash)

J.J. JOHN ha detto...

Dunque, mi permettete di fare un po' d'ordine su alcuni nodi cruciali?
Così poi ne parliamo.

1)"Il Punk non era innovativo".
E' un'affermazione falsa a metà perchè, anche se molte bands seminali facevano sostanzialmente Rock'n'Roll come i Ramones, ce n'erano anche altre completamente sovversive come i Television o i Suicide. E questo solo per parlare di punk americano che poi è quello originale.
Vero è comunque che l'80% del sottobosco era più energia che tecnica.

2) "I Punks non sapevano suonare".
In molti si, tant'è che certi gruppi hardcore ne hanno fatto una filosofia (es: i Minuteman), ma nel giro c'erano anche musicisti eccellenti, es. Captain Sensible dei Damned, Marco Pirroni degli Ants, Steve Severin dei Banshees, gli Stranglers, solo per dirne alcuni.

3)"In molti approfittarono della corrente punk per emergere anche se di punk avevano ben poco".
No, non sarei così malevolo: sicuramente non per gli Sranglers, i Clash e i Television.
Io ho visto nascere il Punk inglese e posso dirti che chi bleffava veniva peso a bottigliate o peggio, per cui i posers non si azzardavano nemmeno a mettere piede in certi locali.
Il problema a mio avviso furono le discografiche che ne approfittarono etichettando come punks anche quegli artisti che non lo erano. Ricordo per esempio Elvis Costello, Police, Joe Jackson che furono tirati dentro il calderone pur facendo cose diverse.
E poi... i Generation X erano punks? Mah, io ho dei dubbi, eppure vennero sempre presentati come tali.

Poi, tieni conto che dopo la botta iniziale tra il '75 e il '76, nel 1977 c'era già chi stava complessificando il linguaggio Punk verso altre direzioni, che so, Siouxsie & Banshees che furono anche violentemente contestati (ero pure presente).
Certo è, che un fenomeno del genere non poteva andare avanti con lo spirito iniziale per tutta una vita.

zanza ha detto...

Forse mi sono espresso male o mi hai frainteso perchè quando ho detto che di punk avevano ben poco intendevo dire che rispetto alla maggior parte degli altri gruppi, fin dall'inizio avevano molto da dire e da esprimere con la loro musica che quindi non poteva rimanere imbrigliata soltanto nei canoni (ammesso che si possa dire così) del punk. Poi sono perfettamente d'accordo con te sull'uso spudorato che le case discografiche hanno fatto del termine punk affibbiandolo a tutti quelli che potevano.Comunque per ciò che concerne l'innovazione in campo strettamente tecnico, con le eccezioni precedentemente indicate, rimango della mia idea

J.J. JOHN ha detto...

Si Zanza... diciamo che la musica classica è un'altra cosa :-)
Cmq grazie perchè mi hai dato modo di buttare giù due idee e di tornare con la mente a quando pesavo 40 chili e avevo i capelli gialli.
Mio Dio... che casino!

Dario ha detto...

@zanza

Ottima puntualizzazione quella sui Genesis (che tra l'altro sono tra i miei preferiti).
Ovviamente ho generalizzato un po' e ho analizzato più la deriva del neo-prog che il prog originale e si sa che le derive finiscono sempre con l'estremizzare gli originali, di cui loro malgrado diventano tristi parodie.

Un po' di tempo fa vidi un concerto di un buon gruppo prog capitanato da un signore di mezza età che si faceva chiamare Frodo e cantava di folletti nei boschi. Con tutto il rispetto e la simpatia per il personaggio (tra l'altro direttore di un'importante webzine) mi ha fatto un po' tenerezza e un po' tristezza.
Il mio intervento voleva sottolineare che il prog oggi troppo spesso è legato solo al fantasy ed è musica di nicchia per gente un po' "freak", la qual cosa per me è sicuramente un peccato.

zanza ha detto...

Ragazzi che meraviglia, ma vi rendete conto che siamo partiti da chocolate e dalla PFM e siamo arrivati a parlare di punk, derive, e quant'altro? Mi sembra di essere tornato indietro di almeno 25 anni quando si andava nel negozio di dischi più per parlare e confrontarsi con gli altri che per acquistare qualcosa. Che nostalgia e che pena per tutti quelli che non hanno vissuto così la passione per la musica!!

piccic ha detto...

Uh, John, hai detto un sacco di cose interessantissime che desidero approfondire.

Ad esempio che il punk, alla radice, "è americano"? Cosa si intende? Allora tu consideri "punk" i Suicide? Perché capisco il senso. Nella mia ignoranza mi pare che i Television siano stati 1) innovativi musicalmente; 2) "punk" senz'altro come immagine e approccio, ma musicalmente molto più accessibili del punk con il suo grido "nichilistico", anche musicale;

Probabilmente è necessario distinguere tra il punk come fenomeno giovanile e il punk come musica. Certamente John Foxx e J.J. Burnel, come anche Tony James, Johnny Rotten o Ian Anderson, avevano idee diverse al riguardo.

In ogni caso, io con gli Stranglers (di cui ho tutta la discografia) sono partito da "Always the Sun" (che tutt'ora considero un capolavoro), e per me il vero album che definisce la svolta in maniera geniale è "The Gospel according to the Meninblack", insieme ovviamente a "The Raven".
Senza nulla togliere ai primi album, che certo documentano meglio il disagio di cui parli, ma che trovo molto più limitati.

piccic ha detto...

P.S. Tra te e me ci sono meno di otto anni di differenza, ma sembra che ci sia un secolo…

Trovo molto stimolante, questa cosa, ma naturalmente il meglio è dato dalla tua erudizione. :-)

JJ JOHN ha detto...

"Alt! Riflessione, due passi indietro",come disse Lenin.

1) Il Punk è un movimento che nasce in america e più precisamente da quel gruppo di aristi di New York che ruotava intorno al CBGB's. Tra i primi c'erano proprio i Television che alle pime apparizioni erano tutt'altro che accessibili.
La scheda dettagliata la puoi vedere qui.

http://classikrock.blogspot.com/2009/07/1958-1975-le-origini-del-punk.html

2) I Suicide fecero parte di quel movimento ma, a a mio avviso, erano molto più avanti. Un po' come i Talking Heads.

2) Il Punk americano (che oggi viene chiamato proto-punk) era un fenomeno spontaneo e reattivo, quello inglese, pur se importato, attecchì immediatamente come movimento sociale.

Mi spieghi meglio "avevano idee diverse al riguardo".? Mi sono perso il concetto, scusa.

3) Degli Stranglers ho tutto anch'io, 45 giri inclusi! Li adoro al limite di ogni decenza e me li sono pure visti dal vivo a Battersea Park!
Guarda qua:

http://classikrock.blogspot.com/2008/06/stranglers-live-x-cert-1978.html

Su Meninblack, d'accordissimo, ma rimango un "topo norvegese".

4)Darei un rene per avere 38 anni, anche se, in fondo, oggi sono molto più sereno di allora.
Più preoccupato... ma felice di essere vivo.

piccic ha detto...

John, innanzitutto di ringrazio della bella risposta, poi passo a rispondere con calma.

In realtà ho fatto male il conteggio: ci sono solo sei anni di differenza, il che è ancora più incredibile (almeno per me, che sono un po’ "fuori dal mondo" :-)

Rattus rimane un gran bel disco, ma in Meninblack c'è una “originalità assoluta". Riflessione sulla "estraneità" dell'uomo dal creato, sguardo stralunato alle deliranti religioni ufologiche, e , come B-side, (direi) la prima campionatura del parlato di Karol Wojtyla, e pergiunta in Polacco, in quella rumorosa, ma garbata “presa in giro” che è “Maninwhite”.

piccic ha detto...

Eccomi. Allora, in ordine:

1) Dei Television purtroppo conosco solo "Adventure", anche se ricordo cosa ne diceva Federico Fiumani, e penso di dovere sentire anche le prime cose. Esistono delle registrazioni bootleg di questi primi tempi, precedenti a "Marquee Moon"?

2) Non mi oriento sulla definizione di punk. Pensavo che come caratteristica il punk dovesse avere non solo un sentore o un commento sociale condiviso, ma anche una struttura musicale. Originali i Suicide, ma la musica mi sembra più una revisione del rock'n'roll che del pop/rock "demolito" dal punk.
Magari mi sbaglio: di musica non capisco molto, vado "a orecchio"…

Con "idee" non pensavo a un pensiero preciso, più a una differente provenienza come contesto, a parte l’essere inglesi.
Per dire, i testi di Ian Anderson sono radicalmente diversi da quelli di Foxx. Quelli degli Stranglers all'inizio sono piuttosto rozzi (da "I've got to lick your little puss /
And nail it to the floor" a "When I rest my weary head / After all my words are said / When my eyelids close with the weight of a hundred years” c’è un bel salto…), e – per dire – gli Human League nel 1978 scrivono “Blind Youth”, che è un brano che ironizza sul disagio del punk, eppure non provenivano da un contesto così diverso (ricordo Ian Craig Marsh o l’altro parlare di suo padre e della fatiche da lui sostenute come operaio: per questo volevano uscire da Sheffield).
Poi mi viene in mente la “no-wave”, che bisogna un po’ andare a conoscere: per certi versi mi sembra un rigetto quasi più virulento del punk inglese…

4) Vado per i 41… :-)

J.J. JOHN ha detto...

Caro Piccic,

1) I Television furono la prima band in assoluto a presentarsi sul palco (quello del CB’s a New York) con i vestiti laceri e le spille da balia. Poi, quel look è diventato una moda, ma lo hanno inventato loro.
Devi assolutamente ascoltare/possedere/acquistare “Marquee Moon”. Di bootleg sel periodo 75/76 ce ne saranno sicuramente ma, al momento, non so aiutarti.

2) Il Punk non è una “definizione”, è una “tendenza” che si è sviluppata a New York e che, per tutta una serie di circostanze, è stata esportata in Inghilterra dove si è radicata come movimento sociale e artistico.
In America questo movimento era multiforme in origine. Accanto al “rock’n’roll demolito” (come dici giustamente tu) dei Ramones, Richard Hell o delle New York Dolls, c’erano già delle schegge impazzite come Suicide, Talking Heads e la Patti Smith (moglie del compianto Fred Smith degli MC5).
In Inghilterra invece, attecchì solo il lato più nichilista della wave newyorchese, facendo breccia in una situazione sociale più conflittuale che in America non esisteva. Spero di essermi spiegato.

3) Grosso modo, tutti quei protagonisti che hanno complessificato il Punk inglese primigenio (cioè quello che andava dal 75 fino al 77 circa) erano inizialmente nello stesso calderone. Anche politico. Venivano tutti da aree artisticamente marginali come Leeds, Manchester, Sheffield o Brixton.
Semplicemente, l’intelligenza del mercato inglese (e l’infinita vastità di luoghi dove esprimersi), dava la possibilità a tutti di dire la loro, alchè, anche quando il Punk imperava, ne si poteva già aprezzare una sua complessificazione.
Una “new wave” appunto che dai giornali di allora veniva chiamata “British intelligence”.
Quello che è essenziale rilevare, è che il terremoto Punk fu talmente imponente, che costrinse tutto il sistema discografico inglese a considerare e promuovere seriamente qualunque novità ci fosse: dai Soft Cell ai Dexy’s Midnight Runners.
E’ così che vennero fuori tutti i protagonisti del post-punk, molti dei quali sono giustamente in giro ancora oggi.

4) La “No-Wave” fu il contraltare americano all’evoluzione del loro “Proto-Punk” ma non ne so quasi nulla.
Rileggendo il mio diario dell’epoca, li avevo dipinti come “fighetti del cazzo”. Molti miei amici me ne parlavano come una roba intellettuale che il mio povero cervello inacidito non avrebbe mai potuto comprendere.
Su questo tema quindi, passo la mano.

5) Auguri per i 41!
Io ero tornato a vivere!
Sono passato dal "sesso, alcool droga e rock'n'roll" al "sesso e rock'n' roll". Direi che ho fatto un ottimo affare.

piccic ha detto...

Grazie molte, John.

Una precisazione: con “definizione” non intendevo una parola, o un termine coniato a posteriori dai giornalisti o da chi per essi. Lo intendevo appunto nel senso di “ciò che ha definito il fenomeno”, le sue caratteristiche proprie, ovvero quello che hai spiegato: un fenomeno musicale/artistico e di associazione.
Possiamo quindi definire “post-punk” il grosso degli artisti che, troppo giovani o non ancora coinvolti, hanno definito meglio il proprio stile dopo il 1977? Es. Killing Joke, Human League, e una parte della musica industriale successiva al 1977?

La musica industriale, immagino vada considerata in parallelo. Mi pare ci siano molte più relazioni tra l’industrial e la no-wave, piuttosto che col punk britannico. I Throbbing Gristle e i Cabaret Voltaire (soprattutto questi), potevano in effetti essere definiti “intellettuali” (e fighetti). Il rapporto tra la no-wave, Lydia Lunch inclusa, con William Burroughs o altri scrittori legati alla beat generation o alla controcultura USA di stampo narrativo li distanzia dal punk.

I Nervous Gender di cui ti ho fatto l’esempio, si possono considerare “synth-punk”. Tra l’altro alcuni dei Wall of Voodoo suonarono per alcuni anni insieme a loro dal vivo, prima di riformarsi con Andy Prieboy come leader (Prieboy e i primi Wall of Voodoo di Ridgway, insieme ai Devo, sarebbero new wave californiana).
Forse il primo gruppo di Prieboy, gli “Eye Protection”, qualcosa di vagamente punk ce lo avevano (anche se eravamo già nel 1979).

Hai mai sentito i due pezzi del 45 giri dei “Tiger Lily” (del 1975)? Erano la formazione embrionale da cui sono nati gli Ultravox!. Sono definiti “glam rock” ma per me (pur non essendo ancora punk) hanno ben poco di “glam rock”, e già preludono all’originale taglio del punk “diversificato” dei primi Ultravox!

P.S. Mi spiace: siamo andati completamente “off-topic”.

JJ JOHN ha detto...

Piccic,
vedo che se stra-figo sull’argomento, ma io posso solo darti qualche mia impressione “partecipata”.
Quando il Punk inglese, violento e nichilista, cominciò ad aprirsi a nuove soluzioni (circa ’78 - 80), ricordo che qualunque stronzo che passasse per la strada parlava di “post-punk”.
Credo dunque che sia come dici tu, ma noi allora non ne avevamo propriamente la percezione.
Quando andai a vedere Siouxsie che faceva per la prima volta “Happy House”, la fischiavano tutti perchè volevano sentire “Helter Skerlter”. Ian Curtis era morto e noi non sapevamo se essere eccitati o confusi.
Forse proprio questa tensione sospesa tra “post-orgasmo” e depressione è stata la radice del “post punk”.
Poi diventai un fan dei Soft Cell...

Mi piace sentirti parlare di tutti quei gruppi che facevano parte della new-wave, ma io davvero, dopo la prima onda persi la bussola, tornai definitivamente in Italia e ci volette un bel po’ per sposare la causa dei Centri Sociali.
Quel periodo è tutto molto confuso... mi capisci vero?

Un giorno ti racconterò di quando mi sono addormentato in piedi al concerto degli Ultravox!

piccic ha detto...

“Stra-figo” mi fa troppo ridere… :-)
Grazie di queste testimonianze! Sono fantastiche, per me è come leggere un libro di storia, io fra l’altro ho iniziato ad ascoltare musica assai tardi.

È chiaro che le definizioni sono sempre formulate a posteriori: lo sappiamo ma tendiamo a dimenticarlo. Penso che le etichette affibbiate così, spesso dai giornalisti, siano pessime. Oggi, almeno, è così. Credo si dovrebbe cercare di sfruttare delle definizioni, che si possono via via migliorare, per cogliere lo specifico dei fenomeni. Tutti i vari “post-” “pre-” e spesso anche molte etichette non dicono niente, però perdurano perché la gente è pigra e preferisce cose “pre-confezionate”.

Quando la musica ci coinvolge tanto, penso sia più che normale “perdere la bussola”, ci si sente in qualche modo “traditi” da quell’artista o gruppo che tanto ci è rimasto vicino nei nostri stati d’animo. Io un coinvolgimento così profondo l’ho avuto con “Black Celebration” dei Depeche Mode: all’epoca lo ascoltai fino a consumare la cassetta. Era come entrare in un mondo, più che come evasione, antico e remotamente futuro al tempo stesso, là dove tratteggia quella civiltà industriale disumanizzata che oggi, in buona parte, è reale (“let me hear you make decisions / without your television / let me hear you speaking just for me” recita il testo di “Stripped”).
Quasi sempre c’è davvero qualcosa di comune, in quel sentire condiviso, è al di là del tempo (come quel che avviene nell’incontro con una persona attraverso i suoi scritti, anche se è morta da secoli).

Se non lo conosci, oltre a “Black Celebration”, ti consiglio anche un altro album che mi ha accompagnato da più adulto: “Black Diamond” di Stan Ridgway (anno 1995). Ha delle atmosfere indescrivibili (e contiene anche un sentito omaggio a Johnny Cash, nel brano “Luther Played Guitar”).

OK, basta invadere l’articolo della PFM: queste belle discussioni non vanno forzate, e sono di pertinenza della pagina sulla storia del Punk. :-)

JJ JOHN ha detto...

OK proseguiamo il discorso sul Punk nella relativa scheda. Ce n'è da dire.
- - - - -
Stan Ridgway non l'ho più seguito dai Wall of Voodoo. Cmq. ascolterò con attenzione.

piccic ha detto...

Ti assicuro che "Black Diamond" è un album splendido. Forse il suo miglior lavoro, senz'altro il più raffinato.

lenz ha detto...

jj la cosa che più mi fa impazzire è questa: ok, i testi li hanno scritti lanzetti e pagani ma gli altri dove accidenti stavano? possibile che nessuno si sia preoccupato di leggerseli sti benedetti testi prima di registrare sto disco? io lo farei, vorrei sapere che parole vengono messe sulla mia musica e mi pare ovvio! non possono poi cadere dalle nuvole quando il danno è fatto.
se un gruppo ha un piano che persegue con ogni mezzo non può permettersi una leggerezza come questa. e se il gruppo è costituito da una parte che vuole ad ogni costo sfondare mentre un'altra per ragioni politiche boicotta, credo che il problema vada risolto a priori. personalmente sono d'accordo con le idee di questi testi ma mi rendo conto che un gruppo musicale inteso come attività commerciale (e la pfm lo è oggi come lo era allora) debba pianificare con cura tutto quanto, anche l'eventuale esclusione di membri in qualche modo sabotatori, siano pure amici.
se invece erano tutti quanti a conoscenza di sti benedetti testi.. allora non posso che applaudire a questa bella pensata donchischiottesca :))) accompagnata poi dalla pensata del concerto pro palestina (però li capisco, mannaggia!) avendo un management ebraico e addirittura sionista!!!

la morale quale potrebbe essere? troppo entusiasmo distrugge i sogni?

JJ JOHN ha detto...

Lenz, tu hai usato per la Pfm il termine "calcolatori" e io sono pienamente d'accordo. Ma qui si vede che hanno calcolato male.

Io ho ipotizzato dei possibili scenari e ho chiesto anche delucidazioni al sito della pfm ma, siccome non mi hanno mai degnato di una risposta, credo che gli vada bene quel che penso.

1) Pagani era il kernel politico del gruppo ed allo stesso tempo il "trait d'union" con la controcultura.
A fronte di un'operazione come questa però, il movimento italiano non c'entrava più nulla e allora Pagani decise di esportare in america la sua anima più "liberal".
Questo non considerando però, che i due livelli rivendicativi erano completamente diversi.

2)Il fatto che "altri" non abbiano notato la cosa, credo sia dipeso dal rispetto dei rispettivi ruoli all'interno del gruppo.
Nessuno si permise di interferire con le decisioni dei colleghi e questo atteggiamento, a mio avviso, fu la prolusione all'addio di Pagani e alla virata del gruppo verso il pop.

piccic ha detto...

Ho dato una letta rapida ai testi: erano impazziti?
Immagino come dovesse suonare "Chocolate Kings" negli Stati Uniti: molto peggio di "Arrivano gli Americani" degli Stormy Six tradotta in inglese.

Quest'ultima almeno è più originale, e raffinata (a me è piaciuta subito la geniale lyric "garibaldini marziani"), e sebbene non tenga conto dell'effettivo sentimento di tutta la popolazione italiana (a fine guerra per i bambini, tra cui i miei genitori la cioccolata portata dagli americani, oltre a rappresentare la caduta del fascismo con quanto di peggio aveva dato, segnò la fine di un tempo incomprensibile di paura e di angoscia.
Gli Stormy Six, data la raffinatezza del testo, possono permettersi anche di scherzare sul presunto aspetto “miracolistico” dell’arrivo degli alleati, pur cadendo assai di tono con il loro ironizzare sulla fede popolare dei piccoli e dei poveri, ma la PFM qui è stata veramente fuori di testa… :-)

J.J. JOHN ha detto...

Si, specie considerato che proprio con quei testi volevano conquistare gli states.

lenz ha detto...

non so che dirti jj.. io credo che chiunque in un gruppo dovrebbe interessarsi sia a testi che musica, è prima di tutto una questione di rispetto, partecipazione ed interessamento al lavoro di un compagno di gruppo per come la vedo io. possibile che avessero così paura di perdere pagani da accettare una sicura disfatta con possibili (e confermate) disastrose conseguenze per loro? o semplicemente se ne sono fregati perchè presi da mille altre cose e dall'entusiasmo? in ogni caso.. un errore imperdonabile che sono sicuro che brucia loro ancora e lo farà anche nel fututo, visto anche la mancata risposta alla mail che gli hai mandato.
saluti!

piccic ha detto...

Sì, OK Lenz, "presi da altre cose", ma…

when i was born they came to free us / to heal our battle wounds / with photographs of big fat mama / the chocolate kings arrived / to feed us full of good intentions / and fatten us with pride / stars and candybars!

Andiamo, suvvia! :-)

(Per non parlare di her supermarket kingdom is falling / her war machines on sale / no one left to worship the heroes / her tv gods have failed / so sorry… e poi come dice “so sorry”, fa venire i nervi a me a 35 anni di distanza, figuriamoci a loro nel 1975…
Mica eravamo nel 1993, i Disposable Heroes of Hiphoprisy queste cose le han fatte egregiamente, dall’interno, e avevano perfettamente ragione. Sulla TV però nessuno li ha ascoltati (“Television the drug of the nation” resta uno dei pezzi più belli di musica USA degli anni 1990, anche a chi non piace l’hip hop).

Vabbé che io non faccio testo: a me non piace nemmeno “È Festa”, e “Chocolate Kings” ne sembra la brutta copia…

J.J. JOHN ha detto...

C'è anche da dire una cosa però.
E' anche vero che all'interno di un gruppo non sempre si interagisce completamente. Un po' per rispetto e un po' per ruolo.
Come dire: Peter Gabriel non disse nulla a nessuno della "testa di volpe" e non condivise con nessuno i testi di "The Lamb".
Ai Genesis ando' meglio che alla Pfm ma, anche lì, gli equilibri si creparono quando le cose cominciarono a vacillare.

Io credo che dopo "Chocolate Kings" siano tutti andati da Pagani a dirgli "Ma che cazzo hai scritto?".

lenz ha detto...

in questo caso piangere sul latte versato serve a poco e immagino che saranno volati anche degli "scappellotti" oltre alle parole pesanti ;) la situazione nella quale si sono trovati era davvero tetra ma se la sono cercata. personalmente continuo a condividerli quei testi e la musica mi piace.. chocolate kings e arlequin su tutte, per quanto siano commercialissime e voltagabbana verso l'italia.. i testi non lo sono affatto :D
questa cosa, in fondo, ha un certo sapore di "cuore rivelatore" di poe..

piccic ha detto...

John ha ragione: la crescita di un gruppo si basa su questo rispetto reciproco: sto considerando gli Area, che fatico ad assimilare musicalmente: si capisce la qualità di una ricerca condivisa, dove però ogni contributo individuale era perfettamente rispettato e preservato integro.

Una cosa simile me la disse Mario De Siati riguardo al Gen Rosso degli anni 1970: al di là della qualità musicale, l’esperienza di comunione portava al formarsi della canzone, che nasceva dalla intuizione del singolo, ma veniva poi sviluppata da un vero lavoro comunitario, e sempre in una tensione a liberarsi dall’aspetto negativo del soggettivismo.
Poi per tanti versi il Gen Rosso degli anni migliori può far storcere il naso ai critici musicali, ma la loro “scoperta dell’America” (“Someone Lets the Sun Rise”, uscito per il mercato americano nel 1982) è certamente una operazione più riuscita di “Chocolate Kings”.

A Lenz direi che, se certi aspetti dei testi sono apprezzabili, nel complesso sono un pochetto “grezzi”: un approccio critico ai mali della società americana è stato fatto in maniera egregia da una miriade di altri artisti, anche se forse è vero che il meglio si è raggiunto negli anni 1980 (penso a “Heartland” dei The The, o all’album “Outside the Gate” dei Killing Joke). Alla PFM va il merito, o quant’altro, di essere stati assolutamente incoscienti, e (forse) di aver fatto pensare che in Italia avevamo una strana schizofrenia nei confronti della cultura americana.

J.J. JOHN ha detto...

Si però, Piccic, non puoi mettere sullo stesso piano una canzone freak del GenRosso dell'82 con la Pfm del 75.

Comunque: che nella letteratura Rock gli americani siano imperialisti, brutti e cattivi lo sappiamo sin dai tempi dei Doors ma, come al solito, un conto è criticare un sistema "dall'interno", un altro è farlo da oltreconfine.
Io credo che la Pfm credette di poter esportare le proprie critiche facendo leva sui giovani "liberal", senza contare però che il filtro del management americano stava dalla parte opposta.
Il Gen era di tutt'altra pasta e trovò la strada spianata nei suoi circuiti che erano già consolidati.
Sono due situazioni davvero diverse.

piccic ha detto...

Ciao John,
giustissimo. No, non mi passava neanche per la testa di fare un paragone diretto tra la PFM ed il Gen Rosso, e neanche tra singole canzoni. Non riesco ad immaginare approcci più diversi. :-)

La mia osservazione, l’ho esposta male, li giustapponeva, e solo tenuto conto delle due distinte concezioni, o “obiettivi” in rapporto all’effettiva organicità del lavoro finale. Certamente non sono in grado di collocare adeguatamente l’impegno musicale della PFM nel periodo, ma a me pare che la PFM, come dici, si sentisse forte di una potenziale incidenza sulla vita politica dei giovani statunitensi, che ne avrebbero apprezzato la critica “caricaturale”.

Il Gen Rosso non credo pensasse di incidere culturalmente, portando cambiamenti nella società americana; non di tipo esterno, almeno. Pur potendo, probabilmente, come dici tu, contare sull’ospitalità di diocesi o parrocchie (è una mia supposizione che si basa sullo spettacolo “Streetlight” rappresentato anche in USA, perché sono stati poche volte negli Stati Uniti, ed allora era la loro prima volta), il lavoro fatto con “Someone” non si discosta dal respiro di universalità che sempre cercavano, che voleva comunicare più un vissuto di fede interiore, che “esportare” un messaggio in forma musicale, come ti dissi via email.

Entrando nel 1982 in un paese dove il cattolicesimo era ed è una “minoranza con complessi di inferiorità”, penso abbiano tenuto lo stesso atteggiamento che avrebbero tenuto in un carcere sudamericano o in una favela brasiliana (hanno suonato spesso anche in posti del genere), senza nessuna particolare pretesa se non intrattenere il pubblico. Leggendo i testi, il grosso è di portata universale, come il vangelo ha da essere per definizione. Ma c’è un abisso tra questi ed il “christian rock” di stampo protestante.

Comunque la strada forse non era così spianata, tanto che la filiale statunitense di “Città Nuova” (New City Press), a momenti non ricorda neanche di avere avuto a catalogo un disco del genere, e si è dovuto attendere il 2006 per avere una nuova uscita discografica. Non a caso, discograficamente, è uno dei dischi più rari del Gen Rosso. E dubito anche che il pubblico USA ne abbia “memoria musicale” oggi.

Perché dici “freak”? In “Someone” il Gen Rosso direi che rientra nel genere della “rock opera”… :-)
Eppoi un pochino di prog c’è anche nel Gen Rosso del 1975.
Comunque come dici, il paragone è inappropriato, anche perché il Gen Rosso non è un gruppo, e la professione di musicisti è intesa nello stesso senso evangelico in cui Priscilla ed Aquila erano “fabbricanti di tende” (cfr. San Paolo).

Basta perché non voglio lordare il thread della PFM facendo l’ennesimo off-topic… :-)

J.J. JOHN ha detto...

Ok, vedo che ci siamo capiti.
Cmq dicevo "freak" nel senso dei valori esposti in quella canzone che si rifanno molto a opere tipo "Hair" e via dicendo. Ma con questo sito non c'entra nulla.

lenz ha detto...

piccic, vedo che non mi hai capito, evidentemente non sono stato troppo chiaro nell'esprimermi.. quando parlo di voler leggere un testo non è per rimaneggiarlo ma semplicemente perchè mi interessa conoscere quali parole ha ispirato la mia musica per assaporarle assieme e la considero oltretutto una forma di rispetto verso chi lo ha scritto oltre che di considerazione del suo lavoro.
come effetto secondario, in un caso come questo, potrebbe anche evitare un dramma come quello che ha vissuto la pfm e che ha portato alla fine del loro sogno. ma si tratterebbe di un caso estremo.
cmq credo che ne abbiamo già parlato in abbondanza di questa cosa, alla fine chocolate kings resta quello che è, amato o odiato che sia.
comunque anche io eviterei paragoni con generi musicali fuori tema dal prog italiano, personalmente trovo questi testi divertenti e a parer mio hanno l'effetto giusto (non sono uno statunitense). del resto non ho mai trovato le loro parole particolarmente belle o "levigate", ma io non amo molto la pfm e credo si sia capito ;)

piccic ha detto...

Ciao Lenz,
ma io avevo capito il tuo ultimo commento… Non ho capito invece se quel che hai detto adesso si riferisce alla PFM (a loro stessi), o all’ascoltatore che rilegge i testi a distanza di tempo. Io li conosco troppo poco (ho solo “Storia di un Minuto” e “Serendipity”), ma forse è come dici, la musica non mi piace tanto e allora è più difficile apprezzare questo disco, anche gradendo l’aspetto satirico.

Il paragone col Gen Rosso, come ho spiegato, non era un paragone, ma una giustapposizione, e non musicale.

Per il Gen Rosso il passaggio da ispirazione ad aspetto musicale è correlato in maniera diversa col risultato da ottenere, perché fondamentalmente l’ensemble nacque per intrattenere i visitatori di Loppiano. In realtà, la musica del Gen Rosso, che non è stata guidata da una ricerca strettamente musicale, è stata detestata sia in ambito di critica musicale, sia in ambito di conoscitori della liturgia, perché fraintesa per musica liturgica, quando l’aspetto delle “messe beat” con loro c’entra poco e niente.
Ho voluto solo esporre la giustapposizione perché, come fatto culturale ci sono elementi che entrano in gioco in entrambi i dischi (il confronto con la cultura statunitense, di stampo più protestante o un po’ “sionista”, l’uscita discografica primaria per quel mercato, e il rivolgersi direttamente ad un ambiente almeno parzialmente nuovo per entrambi). Ma niente di più.

@John: “Hair” è quel musical del 1967? Non capisco con cosa lo correli, al di là della forma-spettacolo del “musical” o “rock-opera” :-P
Allora ti chiedo una cosa: nel 1975, a parte gli Area, chi si manteneva seriamente sulla linea di ricerca del rock progressivo? Giustamente dici che non si deve vedere finito nel 1975, ma a me gli Area sembrano davvero tra i pochi ad aver portato avanti il discorso coerentemente…
Poi naturalmente devo sentire i dischi successivi, ma "Maledetti" mi piace molto…

JJ John ha detto...

Certo che se non ti piace "Storia di un minuto", non si può pretendere che apprezzi anche il resto.
-
Hair è un musical che per la prima volta celebrava sul grande schermo i valori della generazione freak-beat.
Un po' gli stessi del Gen Rosso in quella canzone che hai citato: pace, amore, fratellanza, uguaglianza, antiautoritarismo e via dicendo.
-
Nel '75 cominciano ad essere in pochi quelli che facevano Prog puro. Io direi E.A.Poe, Ibis, Maxophone, Libra. Il resto cominciava ad essere moto più contaminato con il Jazz e la fusion.

piccic ha detto...

Bè, io mi riferivo alla musica di "Chocolate Kings" (proprio il singolo pezzo). In realtà il mio apprezzamento di "Storia di un Minuto" è abbastanza discorde: amo moltissimo "Impressioni di Settembre", ma "È Festa" non mi piace. Anche in “Chocolate Kings” ci sono dei pezzi belli, ma per me il bello di “Storia di un Minuto” è la sua “italianità”.

Per il Gen io avevo citato l’album del Tour in USA, non un pezzo singolo. A quale ti riferivi? Comunque comprendo che si rischi di confonderlo con queste cose, o con musical tipo “Viva la Gente”. In realtà mi è impossibile spiegare a parole la sua diversità e unicità, proprio perché scaturisce dalla fede.

C’è però un legame, tra il tipo di smarrimento che il protagonista avverte in “Impressioni di Settembre”, e certe tappe invariabili del cammino di fede. Infatti io ho l’ho usata in una compilation sul limite dato all’uomo dai sensi, che è anche un po’ il tema affrontato da Bowie nell’album “Heathen”.

“E.A. Poe” come nome di gruppo mi ispira… :-)

piccic ha detto...

Un’ultima cosa: sai che rileggendo il post, forse il giudizio più equilibrato su "Chocolate Kings", a prescindere dalla appropriatezza dei testi, l'ha dato proprio Alex77 all'inizio?

Comunque non abbiamo chiacchierato per niente… :-)

lenz ha detto...

no piccic, mi riferisco alla vita di un gruppo in generale o almeno a come l'ho sempre concepita io. non leggere i testi del cantante, o di chi si occuoa di scriverli, mi pare un disinteresse ed una mancanza verso lui e il nostro comune lavoro. il che non vuol dire rimaneggiarli. il caso pfm è un caso limite che avrebbe invece richiesto una censura da parte del resto della band (per il suo stesso bene) che a mio avviso se ne è invece palesemte disinteressata
adesso però la chiudo qua con l'OT.
ciao

piccic ha detto...

Ah, adesso ho capito. Grazie.
Bè, c’è da dire che in parte ha certamente ragione John (sul rispetto, i Genesis con Gabriel, etc.), poi quelle che facciamo restano più che altro supposizioni. Può darsi benissimo che anche agli altri membri del gruppo andasse bene così, di prendersi il “rischio”.
Non sei mica off-topic, ci sono andato molto di più io col punk e col Gen R.… :-)

piccic ha detto...

P.S. Prima intendevo dire che "non abbiamo chiacchierato a vuoto", non che "non abbiamo chiacchierato abbastanza"… :-P

Doveroso chiarimento perché la frase si può leggere anche così…

ludwig ha detto...

Beh ma (detto bonariamente:-)) “chissene” se il disco non ha avuto il successo sperato....anzi lunga vita a una band che ha avuto il coraggio da fuori di “provocare” in casa dello zio Tom, se poi la cosa è stata pagata in termini di popolarità USA, oh, saranno anche problemi loro. A livello musicale, la critica che mi sento di condividere è semmai che il disco pecca sul lato dell’innovazione e della personalità: la “novità” per la PFM è il cantante in pianta stabile, ma come sonorità qui si osa davvero poco e la proposta è fin troppo “anglossassone” e poco italiana, e non sto parlando della lingua usata nei testi (peraltro, a differenza di quasi tutti, a me la voce di Lanzetti -influenze a parte- non è mai piaciuta, con quella enfatizzazione del vibrato...). Il disco quindi appare "stanco", e alle bellicose dichiarazioni dei testi non corrisponde altrettanto coraggio nella musica... I dischi successivi dimostreranno comunque che era l’ispirazione a trovarsi in progressivo calo, e d'altro canto le cartucce per “la Storia” le avevano già sparate (e che colpi!) nei primi 3 dischi (che tra parentesi per me sono tutti capolavori...anzi dirò che preferisco il 2° all’esordio...ma questa è già un’altra storia...:P).

scorpione ha detto...

il piu' bell'album di PFM
veramente ben fatto con la voce di Lanzetti il miglior cantante di PFM

Unknown ha detto...

E' un ottimo album con qualche difettaccio come, ad esempio, la spasmodica ricerca del virtuosismo che penalizza gli adagi e le atmosfere di cosiddetto anti-climax. Circa il progetto di consacrarsi in America, non ci vedo nulla di male. Fosse andato in porto avrebbe aperto la strada a molti altri gruppi italiani meritevoli, che non furono mai apprezzati oltreconfine. La tentazione di parlar male degli americani a tutti i costi e la presunzione di sentirsi sempre superiori a questo paese, furono un grande boomerang per tutta quella generazione.

J.J. JOHN ha detto...

Nulla di male a tentare la carta americana? Vero, ma devi considerare anche il momento storico.
A parte quello, diciamo che non furono nemmeno molto diplomatici.

aliante ha detto...

E' scomparsa Shirley Temple, citata dalla PFM nel testo di "Chocolate kings".

R.I.P.

rael ha detto...

Fa ridere pensare agli USA e al loro perenne patriottismo, sapendo che quelli che si dichiarano "americani" in realtà sono ospiti in una terra non loro..e sono incroci di tante altre etnie europee e non; e fa ancora più ridere ascoltare le pesantissime accuse di Frank Zappa in ogni disco dal 66 in poi...e sentirli storcere il naso per una copertina così o per qualche frase del testo della title-track...

J.J. JOHN ha detto...

Già Rael. Ma del resto, come fece notare anche ai tempi Mauro Pagani, ogni "mercato" che c'è in America è in mano agli ebrei. Talora anche "sionisti", ribadì sempre Mauro. Per cui non c'è da sorprendersi se ci sia un gioco sottile su cosa bandire e cosa no.

Leggo oggi delle rinnovate tensioni nella Terra Santa che ho visitato di persona. Eppure io che ho viaggiato in lungo e in largo la Giordania e le Holy Lands, ho conosciuto persone Meravigliose (con la M maiuscola): cattoliche, giudaiche, armene e arabe. Persone che, esattamente come noi, agognano la pace senza nemmeno sapere cos'è la Cia, l'Intifada o il Mossad. Persone normali ma dal cuore grande. Un po' come la protagonista di "100 pensylvania ave" di Guccini, per intenderci.

E mai riuscirò ad esprimere il mio schifo per come interessi superiori riescano a dividere, fanatizzare, strumentalizzare e imbestialire popoli dalla cultura così immensa.

"Peace is just a dream away".
Ed io vorrei tanto una società che si riapproprasse dei propri sogni.
No Renzi, ma Blaise Pascal. Non so se mi sono spiegato.

Anonimo ha detto...

Per me è uno dei migliori album della PFM
Ciao Meo

Arnaldo ha detto...

Ciao a tutti.

Provo ad inserirmi, sperando di non ripetere cose già dette.

Mauro era il "movimentista" nella PFM ed era un po' che si lamentava perché riteneva che si stessero involvendo (troppi concerti, poco tempo per tentare di imboccare strade nuove, sovra/sovraincisioni in studio, ecc.) e "Chocolate Kings" fu un punto di mediazione: registrato praticamente dal vivo (Mussida: "poche sovraincisioni") e testi che si "avvicinavano" al "clima" del 1975 (un po' come Gaber nel 1976 con "Libertà obbligatoria", per sua stessa ammissione).

Il problema principale di questo negli USA fu la copertina: la bandiera è *sacra* per loro e vederla accartocciata (come nel retro di copertina) fu la cosa che diede più fastidio dei testi, a parte il concerto "Pro-Palestinesi".

È uno dei miei preferiti (li amo quasi tutti) per tecnica (ragazzi, se suoni devi saper suonare), fluidità dei brani: mi è sempre parso un disco di sano rock'n'roll camuffato (esagero?).

rael ha detto...

Un piccolo appunto sul primissimo commento: la voce di Lanzetti non somiglia a quella di Gabriel (inimitabile, alla faccia di Fish o altri emuli) ma è UGUALE a quella del cantante dei Family :) Lanzetti stesso lo reputava il suo idolo vocale, e un giono incontrandolo non lo riconobbe nemmeno!!

JJ ha detto...

Rael, tieni conto che l'epiteto di "Peter Gabriel italiano" venne affibbiato a Lanzetti più o meno nel 1973,epoca in cui i Genesis erano famosissimi, specie in Italia, e i Family stavano sciogliendosi. Chiamare Bernardo il "Roger Chapman italiano" sarebbe stato, forse, poco lusinghiero.

ugo ha detto...

J J mi sa tanto che quando potrai dovrai fare due schede una relativa al disco PASSPARTU che chiude l'era prog della PFM e CANTO DI PRIMAVERA del BANCO stesso discorso ciao ugo

rael ha detto...

@John ok le lusinghe ma le orecchie le abbiamo tutti :D Chapman era il suo idolo personale, e lo copiava spudoratamente :)

JJ ha detto...

Rael, hai ragione ma nel 1973 in Italia i Genesis erano un mito, i Family non se li filava più nessuno (Lanzetti a parte) e i giornalisti sceglievano gli accostamenti più abbordabili.

Anonimo ha detto...

Disco troppo derivativo e smaccatamente esterofilo, non mi ha mai convinto

Michele D'Alvano

Anonimo ha detto...

Nonostante tutto, rimane un disco godibile e ben suonato con la voce di Lanzetti al massimo delle sue potenzialità

Michele D'Alvano