Valerio Negrini (1946-2013). Un affettuoso ricordo.
Ecco, io invece mi colloco in quel 10% che non lo farebbe: ma non per disistima o per sminure le sue indiscusse capacità, quanto perché non mi sono mai piaciute né la sua poetica da “uomo per tutte le stagioni”, né la sua politica.
Di fatto, gli ho sempre preferito altri autori che, pur se spesso vincolati a un inteprete - o anche solo a se stessi - si sono maggiormente avvicinati alla mia idea di comporre e di comunicare: Ivano Fossati una spanna sopra tutti, Guccini, Bennato, Daolio, Battiato, ma anche l'accoppiata Pace e Avogadro per tutto il loro particolarissimo lavoro svolto con Alberto Radius.
Colui che però non ha mai cessato di sorprendermi è stato Valerio Negrini: da un lato per non aver (quasi) mai banalizzato neppure le tematiche più semplici, e dall’altro, per aver sempre coltivato quella filosofia beat-libertaria pur appartenendo a un gruppo ritenuto da sempre conservatore.
Ricordo ad esempio quando nel 78 - anno in cui il movimento femminista fu sottoposto ad attacchi feroci da clero e borghesia a causa della legge sull’aborto - lui se ne uscì con “Quaderno di donna” che, pur senza possedere la forza di “Piccola storia ignobile” di Guccini uscita due anni prima, o la dolcezza della “Fata” di Bennato (1977), prendeva comunque una posizione chiara e netta a favore delle rivendicazioni femminili, tracciando oltretutto un raffinato profilo umano della protagonista. Diciamo pure che si fece perdonare l’inciampo maschilista di “Tanta voglia di lei” (1971), anche se in quel caso,ci fu un probabile concorso di colpa da parte del playboy Daniele Pace.
Altro straordinario affresco psicologico di un incontro tra due ex, poi riconfluito nelle rispettive solitudini, fu “Ci penserò domani”, in cui la donna sembrava quasi la piccola Katy ormai adulta. E’ un brano dalla tensione emotiva enorme, là dove vecchie nostalgie e nuove seduzioni si alternano a ripensamenti e ineluttabilità, scanditi dall’incessante rumore della pioggia. Detto tra noi, lo annovererei tra i più bei "vis a vis" della canzone italiana insieme a “Incontro”.
Infine, nello stesso album “Boomerang”, spiccò anche “Classe 58”: altra piccola gemma che, in un Italia altamente militarizzata per un motivo o per l’altro (era l’anno di Fausto e Iaio, dei NAR di Acca Larenzia, delle BR e di Aldo Moro), tracciava l’angosciata figura un giovane soldato di leva, allora obbligatoria, che “buttava via un anno di vita aspettando la guerra appoggiato a un fucile”.
Versi mai aggressivi ma neppure innocui, quelli di Valerio ebbero insomma il pregio di descrivere quarant’anni di storia italiana in modo induttivo e personale. In forma certamente semplice, ma altrettanto unica e consapevole nel suo modo di approcciarsi ai vari mutamenti del costume e della società: trattò a modo suo il fenomeno delle fughe di casa adolescenziali dei tardi anni Sessanta con “Piccola Katy”, lambì le fantasie progressive negli album dal 73 al 76, celebrò pur se di rimbalzo persino il fenomeno Punk in “Tutto adesso” dall’album "Viva" (1979), ritornò allo stile autorale quando era il momento di farlo, e uscì indenne anche da quegli anni Ottanta che, oltre a tanta allegria, produssero anche la musica più lubrica della storia italiana.
Personalmente, l’ho conosciuto tardi Valerio, e non abbiamo mai avuto il tempo di incontrarci per approfondire la nostra amicizia. Quanto basta però per riitenerlo una persona gentilissima, colta e sempre spiazzante per le sue geniali intuizioni. Conversare con lui, era come fare una crociera su Marte.
In più, da "analista di sistemi urbani" quale sono, mi ha sempre colpito quella sua maniera di compenetrare luoghi, persone e sensazioni come fossero una sola imprescindibile entità. E in questo senso, una delle canzoni che ho amato di più è “Una donna normale", storia di un addio come tanti altri, ma talmente intriso di elementi materici e spaziali, da sembrare essi stessi spettatori, se non addirittura complici del commiato: il quartiere, le finestre, le radio, lo strano sole dell’ora legale, i rumori dei ragazzi sulle moto, i "pezzi di prato" delle sommesse periferie metropolitane, e quell’impietoso incedere del tempo che cambia tutto e tutti, e ci costringe volenti o nolenti a trovare ogni giorno nuove prospettive.
Bene: questo è stato il "mio" Valerio Negrini. Ora, ditemi il vostro.
E visto che è un periodo in cui parlate molto dei Pooh, penso abbiate molte cose da raccontare.
12 commenti :
Anch'io mi onoro di appartenere a quel 10%! Valerio Negrini ha regalato le pagine di poesia più belle della storia del pop italiano, surclassando tutti gli altri, Mogol compreso. Valerio era nato beat ed hippy e lo è rimasto. Mai servo del conformismo, sempre con la sua idea in testa e la sua visione del Mondo. Ha condito i suoi testi, fin dalla più giovane età, di fatti e persone e non di ciancie. Piccola Katy era una persona, non un'idea, così come la ragazza abbandonata nel letto dal marito pentito di "Tanta voglia di lei". Un'altra persona in carne ed ossa di cui Valerio ha parlato nel lontanissimo 1966 è stato il carabiniere assassinato in Alto Adige ("Brennero '66"). E mi sto limitando a citare solo tre brani, che mi vengono in mente. Fin da bambino (ero piccolo ai tempi dei primi grandi successi dei Pooh), i testi di Valerio erano legati a storie che vedevo scorrere nella mia mente, nel momento in cui ascoltavo le canzoni. Valerio ha parlato dell'omosessualità quando era un tabù, di aborto, di prostituzione, di galeotti in libertà, di zingari, di ragazze quindicenni che abbandonavano casa e vivevano nelle stazioni, di indomiti guerrieri che deponevano le armi per amore.
Desidero menzionare la bellissima: "La Strada, le Stelle ed il Vento" scritta per Genova&Steffan, dove Valerio sembrava raccontarci la storia del Dean Moriarty di "On the Road". Storia che lui ha letto e vissuto nei suoi lunghissimi ed avventurosi viaggi. Valerio aveva la strada davanti a sé, le stelle sopra di sé ed il vento dietro le spalle. Le sue canzoni sapevano di vita. C'era odore di carne e di sangue nelle sue storie. Alla faccia di chi ha sempre, superficialmente, trattato i suoi testi come "roba da ragazzine", probabilmente non avendoli mai né letti e né ascoltati.
grazie x questa bellissima scheda stavolta mi hai piacevolmente spiazzato!è giusto il caro VALERIO(IL QUINTO POOH) come alcuni critici lo definirono è stato davvero quel DEUS EX-MACHINA senza il quale(ma ci aggiungo pure GIANCARLO LUCARIELLO)i primi POOH non sarebbero divenuti quei grandi artisti che poi negli '80 si son un pò persi banalizzando la loro proposta in braqni stucchevoli e quasi demenziali(CHI FERMERA LA MUSICA E NON SIAMO IN PERICOLO SU TUTTE).a parte PARSIFAL(mi riferisco al testo) adoro ricordare questi tre brani: 1)PER TE QUALCOSA ANCORA dove il lui del contesto si rende conto che in quella storia avrebbe potuto dare ..qualcosa ancora poi 2) è BELLO RIAVERTI davvero magica la sensazione di gioia nel riavere la propria amata e infine un gioiellino spesso dimenticato quel 3)QUEL TANTO IN PIU dove ROBY duetta con DODY come se fosse la sua coscienza a risponderlo con una musica davvero ispirata!grande VALERIO speriamo che i ns.POOH chiudano la loro carriera(ed io lo spero perche pur amandoli credo sia giunto il momento di scrivere la parola FINE alla loro discografia)con un disco meno romantico ma + tecnico con qualche brano strumentale dove sanno dimostrare quanto valgono senza scadere nella banalità di testi ovvi! da UGOLOGO il POOHOLOGO!
spero tanto un giorno il ns.carissimo JOHN organizzi che ne so un incontro un app.to dove inviti tutti i lettori del suo blog magari in un ristorante(così uniamo il cibo alla musica)cosi giusto per conoscerci e conoscere i vari partecipanti del blog per me sarebbe davvero una bellissima esperienza sia umana che culturale! ciao ugo.h il menù lo deciderà JOHN
... hai spiazzato anche me ;) ! Il "mio" Valerio è quello di Dammi solo un minuto, una canzone "sghemba" e meravigliosa. Confesso, non ho mai apprezzato troppo i Pooh, ma concordo con Ugo che se dessero alle stampe un album "prog" ammazzerebbero tutti. Ma - ahimé - mi sa che quei tempi sono definitivamente tramontati :( ...
be se non prog almeno un disco piu rock tipo POOHLOVER/ROT.RESP. purchè non un disco con canzoni idiote come quelle dei primi/metà 80's che son davvero riprovevoli e ASIA NON ASIA resta l'episodio da dimenticare era il 1985 esattamente 10 anni dopo il loro capolavoro del 75!immagina un album con due suites sulla scia di PRSIFAL e allora si ma mi sa che ANNUNZIATO ha proprio ragioen ugo
Beh...il mio episodio su quella volta che scopiazzai un testo di Negrini per fare un tema a scuola l'ho già raccontato nel thread di "Un Po' Del Nostro Tempo Migliore" poi quà e là in altri punti ne ho magnificato il talento come nel mio recente post su "Giorno Per Giorno".
Che dire ancora? Che ringrazio John per questo magnifico sito dove si parla degli Area, ma si parla anche dei Pooh con la stessa competenza e passione.
Merce rara un posto così e merce rara chi l'ha ideato.
(John, mi devi una birra)
Il "mio" Valerio Negrini è quello di "In diretta nel vento", splendida fotografia di un'Italia del 77 con le sue prime radio libere,tratta da "Rotolando respirando" che forse è l'album dei Pooh al quale sono più legato.
condivido pienamwente ALIANTE infatti quando mi trovo al KARAOKE la canto spesso però io son legato al 90% a questo disco mentre la mia passione infinita resta sempre POOHLOVER dal quale poi è nata tutta la mia passione discografica e non solo quella relativa ai POOH stessi! di ROT.RSEP. adoro pure ANCORA TRA UN ANNO dove fa eco di nuovo la steel guitar che DODY aveva usato pure in RISVEGLIO.mi pioacerebbe che quello strumento lo rispolverassero nel prossimo disco un saluto caro da parte mia UGOLOGO il POOHOLOGO e scusate la presunzione!
invece credo siamo tutti d'accordo nel definire "HURRICANE" una vera e propria "sola" un "fiasco" assoluto. un pò come fece L.BATTISTI qualche anno prima con IMAGES dove la pronuncia inglese era davvero ridicola in alcuni brani lo stesso credo abbiano fatto i POOH in questo disco di cui non mi piace ne la scelta dei brani ne la pronuncia,in taluni casi davvero imbarazzante!l'unico brano "passabile" era le english version di "in diretta nel vento" forse perche suonava piu americana mentre il resto fa quasi ridere!e pensare che nella versione JAPAN del disco c'è pure un inedito in stile "disco" davvero orribile(a detta stessa dei POOH forse il pezzo + brutto" quella LOVE ATTACK che il produttore TEDDY RANDAZZO volle escludere dalle edizioni europee!disco da dimenticare!
Per capire meglio la figura di Valerio Negrini, occorre leggere il suo libro "Le Guerre PoohNike" dove, a suo modo, rivedeva la storia dei Pooh alla luce delle canzoni da lui scritte per la band. C'è dentro tanta sapida ironia, un non prendersi mai troppo sul serio, ma anche una precisa analisi dei fatti e delle cose. Per raccontare cinquant'anni di storia dei Pooh, l'anno prossimo, ci sarebbe voluto lui. Ci avrebbe regalato aneddoti, battute, uno sguardo sulla sua creatura distaccato e, forse, anche un po' critico.
Io spero tanto che qualcuno sia in grado di raccontarla, la bella storia dei Pooh, come l'avrebbe raccontata Valerio, senza peli sulla lingua e senza agiografie. Ma, ahimè, temo solo che vedremo bolse rivisitazioni televisive con il Frizzi o il Conti di turno e qualche mediocre comparsa a far da tappezzeria catodica.
In fondo, per raccontare quella storia, basterebbero le loro canzoni, quelle più belle, quelle che hanno preso il cuore persino di tanti inguaribili rockettari, come il sottoscritto e come tanti che scrivono in questo blog.
Il tempo una donna la città, L’anno il posto l’ora, Città proibita, Dall’altra parte, Uomini soli.....Amore, Guerra, Pace, insomma ,Vita, e a summa di tutte Una donna normale...... poche pennellate e il mondo è prigioniero di una canzone, PIÙ GRANDE DEL MONDO in quanto riesce a contenerlo....... e le radio suonavano.......piano piano, l’aria di giugno si fece più viola......Eccolo il mio Valerio.
Un buon paroliere
Michele D'Alvano
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