The Beatles: "Sergeant Pepper's lonely hearts club band" (1967)

Sergeant Pepper's lonely hearts club bandSERIE: LE RADICI DEL PROG N°4
("EVERYTHING IS POSSIBLE! WAH! WAH!")

Su “Sergeant Peppers” sono stati spesi miliardi di parole, fiumi di libri e un’infinità di trattati, analisi, tesi di laurea, articoli, considerazioni di ogni genere.
Un’imponente aneddotica reale e leggendaria circonda quello che fu l’ottavo album della discografia ufficiale dei Beatles, al punto da far apparire pleonastica qualunque ulteriore osservazione.
Non molto però è stato scritto riguardo alle sue influenze sul rock progressivo e dunque cercheremo di capirne qualcosa in più.

Siamo nella fiammante Londra del 1966 e precisamente nel mese di dicembre quando tutta l’Inghilterra è pervasa dalla febbre delle feste natalizie che da quelle parti sono una vera e propria istituzione.
I Beatles hanno fatto uscire “Revolver” da appena quattro mesi ma già qualcosa in loro è cambiato:
Ci siamo stancati di essere i Beatles”, dichiara Paul McCartney, “Ora siamo uomini, non più ragazzini”.

Evidentemente con queste parole il bassista del gruppo più famoso del mondo preludeva a un violento giro di boa: occorreva insomma produrre “qualcosa” che non fosse più il semplice rinvangare il passato o fornire una visione ludico-impressionista del mondo (e il singolo “Strawberry fields forever /Penny Lane” del febbraio ’67 sarebbe stato l’ultimo di quella categoria), ma dare un segnale forte e innovativo che fosse allo stesso tempo la sintesi del mutamento generazionale in corso e una porta aperta verso il futuro: un “contenitore ragionato” cioè, che traghettasse tutte le nuove esperienze dei quattro baronetti (il pacifismo, la politica, la meditazione orientale, il jazz, gli studi classici, l’avanguardia ecc.) in un solo kernel conflittuale e propositivo, capace allo stesso tempo di sedurre e comunicare, di conquistare il mercato ma anche di lanciarlo verso nuove immaginazioni.
Un’operazione che all’epoca solo i Beach Boys di “Pet Sounds” e di “Smile” avrebbero potuto permettersi, ma che venne impietosamente surclassata dalla forza propulsiva di Sergeant Peppers.

Ringo, John, Paul, GeorgeDa quel dicembre del 1966, i Beatles trascorsero sette mesi di lavoro in studio, pari a quasi 700 ore di registrazione di cui neppure 40 minuti entrarono a far parte dell’album. Tuttavia, dal primo giugno del ‘67, giorno della sua pubblicazione, quel disco cambiò definitivamente la storia del pop.

Sin dalla significante e variegata copertina - con in più la novità dei testi stampati sul retro - l’ascoltatore capiva di possedere qualcosa di esclusivo e se solo avesse avuto qualche dubbio, esso sarebbe stato immediatamente fugato sin dalle primi suoni della title track: una folla indiavolata che evocava un concerto dei “fab fours.
Siamo qui da vent’anni. Siamo stati “in” e “out”, ma speriamo almeno di avervi regalato un sorriso”.
L’uso del passato prossimo è quasi premonitore. Non siamo più i Beatles: siamo la band del sergente Peppers e “siamo sicuri che lo show vi piacerà!
E da quella frase in poi, tutto ciò che fu appartenne al passato, implose in un concentrato di arte tecniche futuribili che avrebbero mantenuto il loro senso ben oltre l’ultimo solco del disco.
Le porte dell’avvenire si erano spalancate: non serve cercarne altre.

The BeatlesCi sono gli “effetti modulari” che collegano il Wah Wah al Fuzz e al Leslie, il doppio multipista automatico del produttore George Martin (ADT) che ingigantisce il suono sino a farlo sembrare una montagna, il “Varispeed” che cambia la velocità del nastro per rinforzare il sound (una specie di "detune" ante litteram), i “patchworks” sonori che raggiungono la loro massima espressione nel finale di “A day in the life”, l'orchestra classica, i compressori e gli espansori del suono, i “loops” dei nastri che sembrano declamare messaggi subliminali, dei frammenti timbrici incisi con picchi particolari che paiono uscire dal vinile, riferimenti transnazionali, gli strumenti etnici e quelli convenzionali accoppiati tra di loro (es il pianoforte e il Lowrey organ, o il sitar di Harrison) sino ad ottenere sonorità mai sentite prima d’ora.

Le canzoni, dal canto loro evocano un ventaglio di sentimenti enorme senza però rinunciare al classico Beatle-sound. Sono brani innovativi ma classici allo stesso tempo, riconoscibili nel loro evocare scenari quotidiani (il parchimetro, il buco nel soffitto, la festa di beneficenza, la vecchiaia, la Lucy nel cielo con i suoi diamanti) ma che diventano metafisici nella loro interpretazione.
In altre parole, l’album più innovativo e conflittuale della storia del rock contemporaneo.

Ma cosa prese il Prog da “Sergeant Pepper’s”?
Il gusto per la meticolosità tecnica, per la destrutturazione di ciò che apparentemente si presentava inscindibile, per la ricomposizione delle diversità in una sola struttura sonora e concettuale, per la contaminazione tra ambientazioni in apparenza incompatibili, per la sequenzialità strutturale e soprattutto per il sogno.
Si, il sogno: quel germe vitale che un’intera generazione covava da tempo , ma che solo coi Beatles divenne realtà:
"Tutto si può cambiare. Basta volerlo!".

57 commenti :

aliante ha detto...

Ciao John. Grazie per questa recensione su un disco e una band che adoro. So che tanti mi criticheranno, ma quello che ho sempre amato dei Fab Four è il suono e lo stile di Ringo Starr che in questo lp emerge subito nella title track. Ci può stare anche una recensione di Strawberry fields forever?

J.J. JOHN ha detto...

La lavorazione di "Strawberry fields" e "Penny Lane", iniziata nel novembre 66 e completata nel febbraio del 67, fu per i primi tre mesi parallela a quella di Sergeant Pepper's.

Il singolo incarnò magistralmente il salto di qualità tra i Beatles nostalgici e adolescenziali (la piazzetta di Liverpool, l'orfanotrofio di Woolton) e quelli rigorosi e psichedelici.

Si pensi che per le basi definitive di "Strawberry" furono utilizzati addirittura due take tonalmente diversi e miscelati insieme. Un'operazione sostanzialmente irripetibile sia dal vivo che in studio.

"Penny Lane" era invece il pardosso poetico per eccellenza, nobilitato infine da quel meraviglioso assolo di tromba ispirato ai concerti brandeburghesi di Bach.

Tutti ingredienti che si sarebbero fusi nel magma definitivo di Sergeant Peppers.
Tutti fuori che uno:la nostalgia.

Sergeant Peppers era il futuro.
Il resto era già storia.

aliante ha detto...

Grazie john per l'analisi come sempre dettagliata e mai banale di Strawberry fields forever. Permettimi una domanda: faccio male a considerare Ringo Starr un grande batterista ed amare così tanto il suo suono? Ciao.

JJ John ha detto...

Ma no, perchè dovresti far male? Mi sembra persino una domanda curiosa.

aliante ha detto...

Beh sai John, è talmente poco considerato Ringo Starr come batterista che ho quasi pudore a dichiarare la mia stima nei suoi confronti. Poi certo, non sarà stratecnico come i vari Bruford,Peart,Moon etc però credo che nella sua epoca qualcosa di valido lo ha espresso anche lui(lo sostiene anche Franz Di Cioccio in un'intervista). Non riesco ad immaginare i Beatles senza il suo suono.

JJ John ha detto...

Ma infatti. La mia risposta era un po' provocativa, però ho capito perfettamente cio' che volevi dire.

Allora, io non credo che "un grande batterista" debba essere per forza Kenny Clarke o Giulio Capiozzo.
Un musicista, oltre che ad essere capace (e Ringo come Charlie Watts lo sono)riveste anche un ruolo: deve coprire un groove, deve essere tutt'uno con il suo gruppo e il suo sound, deve essere "l'immagine pubblica" della sua band.

Alchè: se fa un tempo ribattuto piuttosto che scomporlo in mille modi, chi se ne frega.
L'essenziale è che serva tecnicamente e umanamente "quel" sound: di "quel" gruppo.
Altrimenti non ce ne frega niente... fa il turnista. Non so se mi spiego.

Io non ce li vedrei mai i Beatles senza Ringo, i Rolling senza Charlie, i T. Rex senza Bill o senza Micky. Non sarebbero più la stessa cosa.

Un gruppo si basa più spesso sull'armonia che sulla tecnica, anche se questa potrebbe essere infinitamente più raffinata.
Ma ce li vedete voi i Dire Straits con Steve Gadd... no, vero?

Anonimo ha detto...

Gli Yes senza bill buford o alan white... come dice Jj ognuno ha il suo ruolo e ringo lo faceva perfettamente. ho visto la reundion degli zep con jason bonham e quella degli yes col figlio di wakeman. bravissimi ma a m mancava comunauque qualcosa

aliante ha detto...

Ti sei spiegato perfettamente John. Grazie per le tue analisi sempre precise.

Giampaolo ha detto...

Album carino...mi piace poi francamente se è un capolavoro o no questo non lo so.....
però tra il prog e quest'album ci passano anni luce.......
4 ragazzi di Liverpool più George Martin più se non sbaglio 40 ingegneri musicali.....un album brutto non poteva uscire....:)
A me Ringo Starr come batterista fa un pò ridere......E Bill Bruford non è ipertecnico giusto per chiarire......ma ha un gran tocco!
un'ultima cosa: "Revolver", l'album precedente a questo praticamente non riesco ad ascoltarlo....mi piace poco nonostante sia recensito come un superalbum!!!!!
Buon weekend!

Anonimo ha detto...

Chissà perchè ma sono tanti i giovani che snobbano i Beatles.
Io questo proprio non lo capisco. Gianna

JJ JOHN ha detto...

@Giampa.
Beh, i Beatles non sono prog, ovvio.
Sono stati però doverosamente inseriti tra quei gruppi che lo hanno influenzato per i motivi che hai letto.

Per quanto riguarda "l'ipertecnica", non mi sono mai trovato troppo a mio agio, specie nel rock.
Preferisco davvero un sound pulito (che so, un bell'assolo di Gilmour) che non una valanga di note. Credo che per esempio tra i chitarristi, i miei modelli preferiti potrebbero essere Howe, Hackett e Page.
Ma forse è un discorso un po' troppo lungo non credi?

@ Gianna.
C'è anche una mia amica che dice "a me i Beatles fanno schifo", ma cosa vuoi? Io le consiglio sempre di non confondere il gusto personale con l'aspetto artistico, ma forse quel suo atteggiamento è solo pigrizia mentale.
O semplicemente non ha curiosità per la storia, cosa che poi ti porta a dire delle benemerite fesserie.

Regolo ha detto...

Quello che una volta era considerato il capolavoro dei capolavori, a mia personalissima opinione, non è invecchiato particolarmente bene. Il disco risente in modo fortissimo del periodo e dell'ambiente nel quale fu creato e non avendo, a parte " A day in the life" e, forse,"A little help form my friends", canzoni particolarmente memorabili, al giorno d'oggi si lascia preferire da opere precedenti quali Revolver e Rubber Soul e da successive come il "doppio bianco".
Comunque ciò non toglie nemmeno un briciolo all'importanza e soprattutto all'influenza musicale che ha avuto negli anni e che, in un certo modo, ha tuttora.
(non fucilatemi, vi prego, ma lo stesso discorso lo applicherei benissimo anche a "Dark side of the moon").

PS: C'è qualcuno a cui i Beatles fanno schifo? Si vede che Scaruffi ha fatto scuola :-))

Daniel ha detto...

Probabilmente l'album più influente di sempre e sicuramente uno dei migliori. Con buona pace di Scaruffi.
Fu anche l'inizio della fine per i Fab Four, visto che dopo la morte del loro nume tutelare Brian Epstein le tensioni cominciarono a farsi sentire, le differenze fra le quattro individualità ad accentuarsi e il gruppo a disgregarsi un po' alla volta. Fu palese fin dal disco successivo, l'album bianco, che personalmente è il mio preferito ma che molti, incluso George Martin, criticarono perché troppo frammentario e qua e là inconsistente. Infatti ogni componente scrisse le proprie canzoni praticamente per conto proprio e ne venne fuori un miscuglio di cose l'una più diversa dell'altra, dai Beach Boys a Bob Dylan a Stockhausen, che messe insieme sembravano non avere né capo né coda. Eppure io forse lo apprezzo proprio per questo, perché in quell'album doppio (che se fosse stato scremato fino a diventare singolo sarebbe stato un capolavoro) c'erano proprio tutte le anime dei Beatles.
Discorso completamente diverso per Sgt. Pepper, che all'inizio avrebbe dovuto essere un concept album (da cui l'idea della Lonely Hearts Club Band) ma poi non se ne fece nulla.

Daniel ha detto...

Qui la mano che guidò i fili fu quella di Paul McCartney, che riuscì a imporre la propria creatività su quella degli altri come tentò di fare anche in seguito con Let It Be, ma con un successo decisamente più contenuto.
Sue sono 7 canzoni su 13, più She's Leaving Home scritta con Lennon, che sono in media più valide di quelle scritte da quest'ultimo. Tra di esse si contano classici intramontabili come Fixing A Hole, When I'm Sixty-Four (che Lennon detestava per la sua melensa "nostalgia", nel senso inglese del termine) e With A Little Help From My Friends, riproposta con enorme successo da Joe Cocker a Woodstock un paio di anni dopo.
La premiata ditta Lennon/McCartney si espresse in maniera congiunta solo in una traccia, il che è un chiaro campanello d'allarme.
Solo che quel geniaccio di John non si mise il cuore in pace, proprio non gli andava giù di lasciar fare tutto a Paul. E così il ragazzo ti sputa fuori due perle come Lucy In The Sky With Diamonds e, soprattutto, A Day In The Life, che da sola supera tutte le altre meraviglie di McCartney e rimane uno dei migliori pezzi mai incisi dal quartetto.
Ritengo che il più grande contributo che Sgt. Pepper diede alla nascita del prog e all'evoluzione della musica cosiddetta "leggera" fu che all'epoca, quando per la prima volta si metteva la puntina sul vinile e si sentivano quelle orchestrazioni, quegli ottoni, quei suoni dissonanti, quella varierà così nuova e ben amalgamata, non si poteva fare a meno di pensare: "Cazzo, ma allora si può fare davvero di tutto."
I Beatles elevarono il pop a forma d'arte, alzarono l'asticella non di una, ma di infinite tacche, dimostrando che si poteva andare ben oltre le melodie canticchiabili e il mercato zuccheroso degli adolescenti, pur mantenendo un'enorme potenzialità commerciale.

Daniel ha detto...

Naturalmente dalle mie constatazioni si capisce che dissento praticamente su tutto dal pensiero di Giampaolo, non me ne voglia.
A parte i soliti, sacri e intoccabili gusti personali, credo sia viziato il metro di giudizio.
Dire "tra il prog e quest'album ci passano anni luce", da quel che ho capito, significa giudicare un genere di musica con il metro di un altro genere che piace di più, il che è senza senso.
Perché se questo dev'essere il criterio (la tecnica, la complessità della composizione, del metro musicale ecc.) allora anche il prog rispetto a gran parte del jazz o, ancor di più, della musica classica, diventa una ciofeca.
Metti il drumming di Bill Bruford, eccellente con Yes e King Crimson, al servizio di una canzone dei Beatles e il risultato sarà ridicolo.
No, è necessario dare a Cesare quel che è di Cesare senza fare paragoni assurdi e fuori luogo che lasciano il tempo che trovano e possono sembrare anche un po' superficiali.
Quando ascolto il prog lo amo per certi motivi, il metal per altri, il pop per altri ancora e così via. Se qualcosa proprio non mi va giù o lo critico nel suo contesto, oppure riconosco che "non è nelle mie corde", ma dal paragonare Starr (che pur non essendo un mostro di tecnica riuscì a seguire l'evoluzione del sound del proprio gruppo in maniera eccelsa) a Bruford, a Billy Cobham, a Max Roach, a Hellhammer, o anche a John Bonham, non me ne viene in tasca niente.
Infine non signicano molto nemmeno George Martin e i suoi 40 ingegneri perché, per quanto possa essere impotante la confezione, se alla base non ci sono idee valide ne verrà fuori soltanto un album pacchiano e straprodotto, di esempi ce ne sono a miriadi nella storia della musica. Invece a dimostrare la validità delle canzoni di Sgt. Pepper ci sono le infinità di cover e reinterpretazioni realizzate nelle chiavi più diverse nel corso degli anni, ma sotto le quali pulsa sempre il cuore potente dei Beatles.

J.J. JOHN ha detto...

Quoto Daniel al diecimila per cento e mi inchino alla sua lucidità.

"Everything is possible! WAH,WAH!"

Unknown ha detto...

Ma qualcuno per caso ha mai sentito il primo disco dei Pink Floyd?
O l'esordio dei Velvet o dello stesso Hendrix?
I Beatles stanno un anno (dicasi 1 anno !!!!) in sala d'incisione per incidere con tutti i mezzi possibili e immaginabili e illimitata disponibilità finanziaria questo che è si un bel disco ma che:
1) Non cambiò definitivamente la storia del pop (?!)
2) Mai esguito dal vivo, chissà perchè ?
3) sentito oggi appare pure ingenuo e nemmeno tutto bello
Ma tantè guai a toccare i Fab Four

Daniel ha detto...

Per carità, si può toccare tutto quel che si vuole, tant'è vero che i Beatles sono stati macellati peggio che in una loro famosa copertina, per esempio da quel simpaticone di Scaruffi. Solo che io fatico a capire quella strana componenete antropologica che spinge l'uomo a voler distruggere i miti che egli stesso crea, quindi dico almeno, prima di iniziare a tirare pomodori, pensiamoci due o tre volte, perché:

1) Che Sgt. Pepper non abbia cambiato la storia del pop lo devi argomentare, perché i fatti sembrano dire proprio l'opposto.
2) La decisione da parte dei Beatles di non esibirsi più dal vivo risale a tempo addietro e prescinde dalla realizzazione dell'album. Fu deciso così perché si rischiavano scontri e tafferugli praticamente ovunque i Beatles andassero, per via dell'isteria di massa, e perché all'epoca la tecnologia live non era in grado di riprodurre in modo sufficientemente fedele la complessità del suono che il gruppo stava perseguendo.

Daniel ha detto...

3) Non credo si possa imputare a un artista di essere ben inserito nella propria epoca, che era per l'appunto intrisa di una speranzosa e, sì, a volte un po' ingenua, felicità. Inoltre questo era anche il lato più pop dei Beatles, che da sempre li aveva caratterizzati.

I gruppi da te citati all'inizio erano o emergenti o di nicchia quindi, pur essendo più innovativi, il loro impatto a breve termine non è paragonabile a quello che ebbero dei titani come i Beatles, verso cui tutti gli occhi del mondo musicale e non erano puntati e che dettavano legge a ogni piè sospinto. Per questo l'uscita di un album di questo genere da parte loro ebbe una grossa importanza.

Unknown ha detto...

Diciamo pure che dal vivo (dove si misura spesso la bravura di un guppo) i Beatles erano veramente scarsini come tutti sappiamo.
I Rolling e non solo loro sono dieci volte meglio e non si vergognano a far uscire anche qualche live così così.
Ma l'importanza di Sgt.Pepper quale sarebbe non si è capito bene, a me sembra un disco di psichedelia come molti altri usciti in quel periodo (66-69) sicuramente bello ma forse sopravvalutato proprio perchè dei Beatles.

Daniel ha detto...

A me non sembra sopravvalutato, la cura dei particolari e l'abilità del songwriting si sentono. Che poi non tutte le canzoni contenute nell'album siano dei capolavori ci può stare. Poi come sempre... de gustibus. E poi a me piace di più il White Album, come ho già detto.
Per via dell'abilità dei Beatles dal vivo ok, c'erano sicuramente un sacco di band più brave... ma proviamo un attimo a pensare cosa voleva dire esibirsi in uno stadio stracolmo di ragazzine urlanti che coprivano letteralmente ogni nota che usciva dai miseri amplificatori dell'epoca, tanto che John e Paul non riuscivano nemmeno a sentire la propria voce, figuriamoci gli strumenti degli altri componenti. E ci terrei a sottolineare che comunque, in quell'inferno, lo "scarso" mr. Starkey non sbagliava una battuta.

J.J. JOHN ha detto...

Allora, io la vedo così:
1°) Insisto: a parte il livello tenico, ci sono dei gruppi che hanno rivestito innanzitutto un determinato "ruolo".
Questo al punto di compenetrasri con un mutamento storico, sociale, generazionale, diventandone essi stessi simboli e artefici. Rolling e Beatles ad esempio.

2°)In questo senso "Sergeant" fu la risultante di un percorso che, come ha detto Daniel, va distinto da un'opera prima.
I Floyd furono per esempio gli unici a poter assistere alle sessions di "Sergeant" e rimasero stupefatti dal totale controllo che i Beatles avevano a livello di produzione. Cosa che ai Floyd era in parte negato.

3°)Cosa abbia avuto di innovativo e conflittuale Sergeant, mi sembra di averlo accennato nell'ultima parte del post, ma se non siete d'accordo siamo qui per parlarne.

Ultima cosa. Preciso che queste schede non sono state concepite per "parlare" di determinati albums, ma per capire "se e come essi abbiano influito sul prog".

Ecco, tutto li.

Giampaolo ha detto...

@ Daniel
Ho detto che l'album è carino mica un album di cacca........vado a cercarmi nel dizionario la parola carino...
John sa che ascolto tutti i generi musicali, quindi....
credo che l'apporto dei 40 ingegneri si senta troppo e non penso che senza quelle 40 persone e l'immancabile George martin si sarebbe ottenuto lo stesso risultato...la tecnologia è essenziale per l'evoluzione della musica.....penso che l'album abbia influito sulla storia della musica ma parlando in ottica prog due anni dopo arrivò il punto di rottura devastante dei King Crimson cioè non parlo più di evoluzione ma di rivoluzione.....
comunque John cosa intendi con "per la ricomposizione delle diversità in una sola struttura sonora e concettuale, per la contaminazione tra ambientazioni in apparenza incompatibili"?
Ciao e grazie!

JJ John ha detto...

@ Giampa:
Insomma, però anche la produzione fa parte della storia di un disco. Come per "Dark side of the moon", per intenderci.
Poi, bisogna anche aver fatto un certo percorso, avere la solvibilità e l'attendibilità per ottenere una produzione del genere e per mettere tutta la EMI a tua disposizione.
Altrimenti fai la fine dei Laser :-)

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"...per la ricomposizione..." eccetera... ma come, non si capisce?
Certo che ogni tanto vengo fuori con delle frasi che nemmeno De Gregori negli anni '70.

Intendevo dire che se da un lato l'idea di "concept", piuttosto che quella di "organicità" stava solo nell'impiego di una singola struttura portante (che so, la narrativa in "Days of future passed" o semplicemente una sola argomentazione - le automobili - come in "Little Deuce Coupe" dei Beach Boys),in Sergeat i Beatles riescono a strutturare in un solo nucleo tematiche differenti.
Forse un tantino artificialmente (il grande concerto della Band del Sergente Peppers) ma ci riescono.

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Una cosa:
ho creato questa rubrica le "radici del prog" per capire "se e che cosa detrminati dischi abbiano apportato al progressive maturo": quello che come dice Giampa, troverà la sua forma compiuta in "The court of the Crimson King" e in particolare in "21st Century schizoid man".

Dai Moody Blues ai Crimson ci passano due anni però e voi non mi state aiutando molto.
Allora vi faccio una domanda precisa:
"Quali sono i dischi che secondo voi hanno più influenzato la corrente progressiva?"
Voi suggerite, io analizzo e poi ne discutiamo insieme.
Mi sembra praticabile, no?

Dai, aspetto vostre!

Giampaolo ha detto...

@ John
credo che bisognerebbe chiederlo ai musicisti stessi quali sono i principali album del protoprog, si fa prima!:)....forse anche qualcosina dei Doors potrebbe essere inclusa come protoprog.....e penso anche qualcosina di Hendrix....poi il tutto ha preso forma in Inghilterra con i King Crimson e l'America ha continuato a fare più jazz-rock......
Non mi sembra inoltre che i due continenti si siano parlati molto musicalmente.....forse se non fosse morto Hendrix i due continenti si sarebbero contaminati maggiormente.....
Cioè mi sembra che abbiano iniziato a parlarsi soprattutto dagli anni 80 in poi....confermi o dico cavolate?
E comunque i 4 album di cui hai parlato credo che siano stati influenti......
poi io d'altra parte ho ascoltato bene l'album dei Beatles, gli altri neanche una volta....forse una-due volte quello dei Nice.....
Buona serata!

Daniel ha detto...

JJ ha già espresso la mia opinione, sottolineo soltanto che, a mio parere ma non solo mio, non è corretto attribuire troppo merito ai tecnici e agli arrangiatori dei brani betlesiani, e ancora meno alla tecnologia. Questo perché la competenza degli addetti, il capitale e gli strumenti tecnologici sono certamente molto importanti per la riuscita di un pezzo (un arrangiamento mediocre può uccidere una canzone potenzialmente egregia), ma non sono l'anima del pezzo stesso. Sono solo mezzi, contributi, strumenti nelle mani dell'autore che però deve metterci la ciccia, la canzone vera e propria, altrimenti non se ne fa niente.
Altrimenti, se fosse gran parte merito della tecnica, prendiamo tutto il lo-fi, il delta blues e altre tonnellate di musica registrata con mezzi di fortuna o scarsità di produzione e tiriamo allegramente lo sciacquone.
Inoltre non credo abbia senso parlare di King Crimson, visto che questi post si riferiscono ai pro-pro-progenitori del prog, mentre i King sono già prog al quadrato.

E qui chiudo le divagazioni, JJ giustamente ci riporta all'ordine e ci ricorda di cosa parla questa recensione. Cerchiamo di rimanere sul pezzo.
Però così su due piedi è difficile fare nomi e cognomi di album precisi... sicuramente se mi chiedessi da dove arriva il prog penserei alla psichedelia per prima cosa, ma per restringere il cerchio mi ci vuole un po' di riflessione. Spero di trovare il tempo.

Daniel ha detto...

Ma poiché sono pignolo e scassamaroni mi permetto di fare un paio di appunti al discorso di Giampaolo. I King Crimson sono stati sicuramente il primo grosso gruppo a diffondere il verbo del prog, ma generalmente si può far risalire la nascita del genere almeno a due o tre anni prima con la scena di Canterbury.
Ma a parte queste finezze, che USA e GB non si siano contaminate a vicenda musicalmente è un'eresia un po' grossa. Ti basti pensare che i miti di Lennon e soci erano Elvis Presley, Chuck Berry, Buddy Holly, Roy Orbison ecc. Probabilmente i Beatles nemmeno sarebbero esistiti senza di loro. E Bob Dylan che si fuma le canne con i Fab Four in qualche hotel di New York? E che dopo aver ascoltato She Loves You comincia a sentire l'elettricità del rock che lo chiama, mentre nello stesso momento i Beatles cominciano a scrivere canzoni folkeggianti come Norwegian Wood? E sempre lo stesso Bob che se ne va per un po' in Inghilterra a frugare nel folk inglese prima di incidere il suo Frewheelin'? Oppure i rockettari inglesi come Clapton o Mayall che dopo il folk/blues revival americano dei primi '60 inventano il blues-rock e innalzano Robert Johnson, Skip James e molti altri al rango di loro divinità?
Ecc. ecc. ecc.
Diciamo che, anche se il mercato americano è sempre rimasto piuttosto freddo e inospitale per la maggioranza degli artisti europei (che per questo spesso venivano svenduti dai loro produttori e manager nella speranza di "sfondare", con risultati penosi), USA e GB non hanno mai smesso di comunicare fra loro, forti dei loro punti di contatto linguistici, storici e culturali.
Si potrebbe ben dire che spesso l'America dava il via, inventava, rompeva il ghiaccio, e poi l'Inghilterra rielaborava, raffinava, evolveva la materia prima avvalendosi della millenaria cultura europea.

Mi scuso per la digressione e non mi dilungo oltre, sono rimasto tentato dall'appetitosità dell'argomento.

Daniel ha detto...

Scusate anche gli errori di battitura, ma a volte scrivo un po' di fretta :P

Comunque JJ, anche se siamo un po' pasticcioni e caciaroni, avrai capito che questa rubrica ci piace un sacco! Almeno per quanto mi riguarda :) Ciao!

J.J. JOHN ha detto...

Daniel, si parlava di King Crimson proprio perche nel 69 fisano la data del prog maturo.
Ma la mia domanda era:" dal '67 al '69 che ci mettiamo?" Io lo so, ma volevo qualche suggerimento soprattutto da voi.

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Per il resto Daniel è ormai diventata l'estensione del mio pensiero :-)

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Giampa, in cosa vedi qualcosa di prog nei Doors e in Hendrix?
Non prenderla come provocazione. Mi sembra interessante questa cosa.

Giampaolo ha detto...

Guarda avevo sentito qualcosina dei Doors e avevo sentito qualche pezzo un pò lungo...tutto qui......
Hendrix con il bassista e il batterista avevano un modo di suonare già avanti ovvero rispetto ad altri erano riusciti a creare un amalgama tra basso, batteria e chitarra che poi è stata messa in evidenza con il prog......ovvero la mia sensazione che ho avuto con il progressive è il mettere in evidenza il basso e la batteria che prima onestamente erano in secondo piano.....poi sarà un caso, forse si forse no, ma Hendrix voleva venire in Europa a fare prog ed era rimasto affascinato dai King Crimson...credo che volesse completarsi come musicista!
poi il genere prog ha preso piede in Europa, mentre in America si è fatto jazz-rock.....
@ Daniel
ma tu hai parlato degli anni 60 ma negli anni 70 America e Gran Bretagna quanto si sono parlati, se in un luogo si faceva Jazz-Rock e nell'altro si faceva prog?????
A me sembra che durante gli anni 70 si siano parlati poco e si siano parlati di più negli anni 80 con il metal giusto per fare un esempio....
se non sei d'accordo narra pure!
Buonanotte a tutti e a sentirci a domani!

Anonimo ha detto...

Da una parte il Pop Sinfonico di Nice, Moody Blues, Procol Harum (parlando di opere quintesenziali Il primo dei Procol NON è certo inferiore al Sgt.Pepper's), poi la Psichedelia vera e propria dei "Pink floyd", e degli americani (Doors, GD, JA, e tutti gli altri), infine la riscoperta del Folk Britannico da contrapporre al Country/folk USA. Parlo di Fairport Convention e altri.

Ma se proprio vogliamo essere onesti il cambiamento nel rock avvenne ani prima di quella fatidica "summer of love" del 1967.

e senza dubbio uno dei primi "singoli" a spingersi ben al di là dello "Yè Yè" allora in voga (Beatles docet) è stata proprio quella "The House of the rising sun" degli animals datata 1964. Che ruppe anche la barriera psicologica della canzone da 2/3 minuti massimo. Durava infatti 4 e passa minuti....
Poi arrivarono altri fenomeni, come Yardbirds, Byrds, Small Faces, Troggs, Zombies (il loro esordio fu al fulmicotone con la superba she's not there e time of the season) .

Ecco, tutto questo portò alla nascita del Progressive.

George Martin, prima di iniziare a prendere sempre più peso nella produzione dei Beatles, e per cercare di accontentare i 4 scarrafoni sempre più liberi creativamente si accorse di un semplice fatto. Invero era un segreto di Pulcinella che Martin sapeva bene, ma che fino ad allora non aveva mai indagato. Le tecniche di registrazione in Europa facevano pietà. Nemmeno la BBC e la EMI potevano competere con la qualità delle incisioni americane, le cui tecniche si erano forgiate proprio con la seconda guerra mondiale. Elvis Presley, Beach Boys, Gene Vincent, Paltters e tanti altri (senza scomodare i mostri sacri del Jazz) incidevano in un modo che era sconosciuto in Europa. Basti ascoltarsi sino ad oggi "Only You", datata 1955 per capire che intendo. Fu proprio Martin dopo un viaggio in america a scoprire gli arcani..Maggiori e minori...e rimase schokato. Assenza di strumenti quali mixer multitraccia, tape delay e soprattutto assenza di chi li costruiva. In america queste "macchinette" si usavano già da perlomeno 2 lustri....Basti ascoltare gli album dei "Ventures" per comprendere che intendo. Fu grazie alla vacanza americana che Martin forte del carisma e della stima di cui godeva presso la Emi ribaltò gli STUDI di ABBEY ROAD. Ininiò prima ad importare tonnellate di materiale dagli USA, fino a quando gli ingegneri europei iniziarono a costruire "in loco" le attrezzature. Eh si, perché oggi un ragazzo che entra nel primo negozi di musica potrà sorridere, ma un tempo nel mondo "Pro" Non esistevano MARCHI. I mixer, i compressori, tutte le attrezzature venivano commissionate dalle case discografiche ad equipe di ingegneri che le realizzavano spesso su specifiche...Niente Neve, Behringer, Apogee, Adam, tizio, caio e sempronio...
Con Martin tutto questo cambiò.E cambiò prima della realizzazione del Sgt.Perpper's Ed è per quello che a LUI, solo a lui dobbiamo dire grazie. PErché poi gruppi come Nice, Pink Floyd (tra l'altro ricordo che il primo synth è sempre stato inventato da un americano, il Moog appunto), King Crimson, Yes poterono eruttare con tutta la loro creatività e bravura. Così come Rudy Van Gelder (Americano) fu il "sound engineer" più rivoluzionario nella storia del Jazz, Martin lo fu per quella del Pop/rock...

Scusate lo sproloquio...Ciao a tutti

Coolermaster

Martino ha detto...

sempre curioso, almeno a mio avviso, come si ignori la produzione pre 1970 dei "The Who".
per quel che mi riguarda anni avanti ai Beatles (e a tanti altri...).
Saluti.

J.J. JOHN ha detto...

Forse perchè qui si parla di Prog.
Con rispetto parlando per gli Who.

roberto ha detto...

Ciao a tutti e buon anno... continuo la gita fuori tema, mi son trovato preso dalla discussione sulla tecnica e sul suo apporto ai grandi dischi, sia questo apporto decisivo o meno alla grandezza stessa dei dischi.
Vorrei portare un esempio concreto, riallacciandomi ai Beatles e al buon vecchio Sir Starkey.
Certamente batterista non tra i migliori di sempre in quanto a capacità e talento, ma con un suo perchè più che evidente, che contribuiva in maniera decisiva al groove che lo stesso John ricordava.
Non credo che questo possa essere accantonato solo per i limiti del baronetto, dato che proprio la tipicità del sound beatlesiano era data dal SUO modo di suonare.
Insomma, se la musica fosse tutta tecnica, allora oltre a Portnoy, Satriani, il Michael Kiske degli Helloween, e pochi altri musicisti, non dovremmo comprare nient'altro, nè tantomeno ascoltarlo.
Invece non è tutto qui per fortuna, la musica è anche un pugno nello stomaco, una scopata, un trip.. e meno male.
Volete un esempio concreto?
Prendetevi in mano il disco "One night in New York City" dei Yellow Matter Custard, supergruppo con, tra gli altri, Portnoy (Dream Theater), Paul Gilbert e Neal Morse (Spock's Beard), che tributano a modo loro i Beatles.
Bravissimi tutti per carità, ma, per dirla alla Di Pietro, "che c'azzecca non si sa". Insomma, un chilometrico e abbastanza fracassa-zebedei solo di Gilbert in "While my guitar gently weeps" non migliora di certo la canzone, così come il drumming di Portnoy che pur si contiene, non mi fa certo sognare quanto sarebbe stato bello se ci fosse stato lui invece di Starr.
Questo secondo me perchè il groove quello è ed è sostanzialmente intrapiantabile, insomma, Bonzo stava bene negli Zep come Krieger nei Doors e così via per qualsiasi grande gruppo, e l'unico che non fa testo è Zappa ma solo perchè lui è di un'altra categoria.
Personalmente son parecchio rockettaro ma non sbavo di certo dietro a quante pennate al secondo riesce a fare Petrucci perchè, e l butto lì, da suonatore di chitarra, una tecnica smisurata si può raggiungere applicandosi molto, ma il tocco di Hendrix puoi star sulla chitarra 2 anni e non riesci a riprodurlo...
Tornando in tema, John, parlando di precursori, dici che qualcosa dei Vanilla Fudge può essere inserito in questa sezione come esempio di Proto-prog, o i vecchi eran troppo (e solo) psichedelici?
Alachetuè!
roberto

aliante ha detto...

Ciao Roberto, buon anno.
Noto con piacere che sul discorso Ringo Starr siamo sulla stessa lunghezza d'onda.
Hai proprio ragione, ben venga la velocità, la tecnica etc...però a volte in un gruppo il groove, il tocco sono essenziali.

Alachetuè!

J.J. JOHN ha detto...

Io ho pensato spesso a questa cosa di Ringo, piuttosto che di Charlie Watts o di Micky Finn dei T.Rex: tutti musicisti mai troppo considerati per la loro tecnica.
Una "rock band" è però pur sempre un'insieme di persone: di musicisti che oltre a saper suonare condividono anche fatiche, contrasti, casini, litigi ecc.
Se ci pensiamo non è una cosa così scontata.
E allora, chi supera tutti questi ostacoli, dico io, diventa infine parte irrinunciabile di un gruppo, anche al di là della propria tecnica.
Non so voi, ma io i Rolling senza Charlie non riesco nemmeno a sognarmeli.
---------
Vanilla Fudge? Eccellenti psichedelici, ma non li metterei tra i precursori del Prog.
Almeno non in senso stretto.

aliante ha detto...

Ciao John, buon anno.

Ti quoto in pieno: mai i Rolling senza Charlie.

La stessa cosa mi è successa con gli AC/DC quando per un certo periodo se ne andò il batterista Phil Rudd.

Ebbene, il sound del gruppo ne risentì ed io feci fatica a seguirli con lo stesso entusiasmo.

Per mia fortuna è tornato Phil!

roberto ha detto...

Son d'accordissimo con aliante sugli Ac/Dc che adoro e che proprio del groove hanno fatto il loro caposaldo, anche se accusati di ripetitività hanno sempre il loro perchè.
e proprio loro sono un ottimo esempio di quello che dicevamo, se si pensa che Malcolm Young, la chitarra ritmica, che sembra poco tecnico perchè concentrato sulla sezione ritmica che non è di certo complessa, è in realtà un grande appassionato di jazz, che suona anche, ma nessuno lo sa e a lui non interessa esporsi in tal senso, si "sacrifica" per il groove del suo gruppo, a prescindere dalle sue capacità tecniche. Mi sembra un ottimo esempio di ciò di cui si parla.
ma parlando di genitori del rpog avrei un adomanda per il padrone di casa, volevo chiedere a John se pensa che il "Concerto for group and orchestra" di Lord e dei Deep Purple abbia dato qualcosa al prog o meno, una sua analisi sul disco citato...
Grazie e, ovviamente, alachetuè a tutti!
roberto

J.J. JOHN ha detto...

Diciamo che i Deep non sono mai stati un gruppo "originale" al 100%. Molti dei loro riff famosi provenivano da altri gruppi e anche l'idea di suonare con un'orchestra, nel 1969, non era più così innovativa.

roberto ha detto...

Keith Richards dice:
-"I Beatles era una grande band quando erano i Beatles. Ma non c'è molto di originale nella loro musica. Penso che siano stati traviati. Perché no? Se facevi parte dei Beatles negli anni '60, venivi semplicemente traviato - ti dimenticavi quello che volevi fare. Stai cominciando a incidere Sgt Pepper. Molte persone pensano che sia un album geniale, per me è un miscuglio di spazzatura".

Aggiungendo poi:

-"E quell'uva li', quell'uva si vede chiaramente che e' acerba"...

Alachetue'!

UGO ha detto...

sai roberto non son affatto d'accordo su quello che ha detto K.R. e ti spiego perchè!premesso che i BEATLES e i R.S. che ci piaccia o no resteranno per sempre i due gruppi che hanno fatto la storia del rock ma di quale rock? se parliamo dei BEATLES embè fino al disco HELP mi son sempre risultati banali e ripetitivi ad eccezione del brano YESTERDAY incluso proprio in HELP BRANO RIPRESO da mille altri artisti poi la loro musica è cambiata e dal disco del 1965(mio anno di nascita!) RUBBER SOUL la musica è cambiata e basti citare le sole MICHELLE/GIRL brani magari semplici ma di una poesia unica per non dire dei primi TRIP ACIDI di G.HARRISON!insomma da quel disco fino a tutto LET IT BE x me restano immensi compreso questo SGT.PEPPERS al quale gli ho sempre preferito il DOPPIO BIANCO più strutturato e variegato con almeno due brani monster:1)WHILE MY GUITAR GENTLY WEEPS + HELTER SKELTER dove i BEATLES sanno fare anche HARD-ROCK!RIGUARDO GLI STONES è pur vero che la loro produzione che va da BEGGARS BANQUET fino a GOTS HEAD SOUP è stata scintillante e perlomeno STICKY FINGERS + LET IT BLEED son dischi che tutti dovrebbero possedere ma come stesso loro in un disco del 74 si autodefinirono: IT'S ONLY R'N'R BUT I LIKE IT dunque il loro era e resterà un solido ROCK'N'ROLL ma nulla più!dunque trovo molto piu originali i BEATLES altro che miscuglio di spazzatura e ammesso che questo disco possa non piacere del tutto la sola "A DAY IN THE LIFE" ne vale tutto il disco stesso! meditate gente meditate................U G O.

roberto ha detto...

Ciao Ugo, son talmente in disaccordo col (pur grandissimo) K. Richards, che come battuta gli ho fatto recitare la parte della volpe nella fiaba di Esopo (molti psicologi mi dicono che non ho ancora superato il famigerato complesso di Esopo, ahimè..).

Durante la mia adolescenza ero un grande sostenitore degli Stones, poi con la maturitá ho imparato ad apprezzare anche gli scarrafoni, e devo dire che Sgt. Pepper's è ancora il mio album beatlesiano preferito, proprio per le ragioni che rendono White Album il preferito di molti altri, è la scintilla di un percorso che si deve ancora perfezionare da un lato, ma dall'altro presenta ancora (forse) le ultime tracce (non musicali) della loro produzione precedente (qualcuno ricordava come da qui in poi inizieranno a comporre canzoni per conto proprio, ecco, pur sentendo la mano dell'autore, qui ho ancora l'impressione di un'organicità di gruppo che poi si sfilaccia un po').

Continuo ad amare gli Stones però, beninteso.
L'album stonesiano che preferisco? (Lo so, nessuno me l'ha chiesto ma tant'è) Decisamente "Their Satanic Majestic Requests", che so che viene considerato una scopiazzata del Sergente di cui sopra, ma non riesco a non adorare, anche per il ruolo ancora importantissimo di Brian.

Ho divagato anche troppo,chiedo venia...

Alachetué!

roberto ha detto...

E che #*%##!
Il mio disco degli Stones preferito e lo scrivo pure sbagliato...!!!
"Their satanic majesties request" ovviamente..

Alachetué!

ugo ha detto...

be in THEIR SATANIC...provarono con la psichedelia che a mio avviso non era il loro forte mentre io gli preferisco STICKY FINGERS ma pure EXILE ON MAIN STREET non scherza anzi..... ciao ugo

Marco Verpelli ha detto...

I primi Beatles erano così banali da essere l'unico (o quasi) gruppo in grado di incidere materiale proprio e di scrivere pure per altri, anche gli Stones!

Se nei primi album sono presenti delle cover penso sia dovuto all'enorme pressione generata dalla casa discografica che voleva due album all'anno oltre i singoli.

Mi dispiace proprio ma questa volta non è solo una mia opinione: i Beatles non furono MAI banali.

UGO ha detto...

premesso che i BEATLES di PROG non avevano nulla ma esiste,secondo voi,un brano che lo si possa definire tale? secondo me no ma volendo un pochetto lo è A DAY IN THE LIFE magari più PSYCH che PROG!

claudio65 ha detto...

Definire i primi Beatles "banali" è davvero inappropriato. Diciamo che, all'inizio, scrivevano canzoni di facile ascolto, ma mai banali. Non si deve confondere il facile ascolto con la banalità. Tutte le loro canzoni contengono almeno una scintilla del loro genio, assolutamente incomparabile. Per me, i quattro rimangono sempre i più grandi, idoli inamovibili e punti di riferimento assoluti anche per chi è venuto dopo di loro.
E' rimarchevole notare che i Beatles hanno aperto la strada a cose nuove, ma poi su quella strada ci si sono buttati i giovani della generazione successiva alla loro. Probabilmente, Sergent Pepper ha aperto la strada al progressive rock, ma su quella strada ci sono poi andati i Pink Floyd, gli Yes, Keith Emerson e gli altri. Che appartengono all'epoca successiva "post Beatles". Infatti nella musica rock c'è un "prima dei Beatles" ed un "dopo i Beatles", senza scomodare paragoni che possono suonare blasfemi ...

Marco Verpelli ha detto...

Certo con il prog non hanno niente a che vedere. Ma per esempio la "suite" di Abbey Road è una idea poi ripresa da molte band che con il prog ci azzeccano e parecchio.

UGO ha detto...

JOHN LA MIA NON è UNA PROVOCAZIONE MA USO QUESTO SPAZIO PER FARTI UNA RICHIESTA:SECONDO TE FARE UNA SCHEDA SUL DOPPIO COLONNA SONOROA "LA FEBBRE DEL SABATO SERA" SAREBBE ASSURDO? SE CONSIDERIAMO CHE TRA GLI ARTISTI C'ERANO I BEE GEES CHE COMUNQUE UN LORO POP MELODICO CON IMPASTO DI CORI LO PRODUCEVANO E POI QUEL DISCO(MA SOLO QUESTO!)è PASSATO ALLA STORIA NON SOLO PER L'OTTIMA DISCO-MUSIC IN ESSO INSERITA MA PERCH' NEL 77/78 PUNK A PARTE IL PROG ERA IN DECLINO E QUESTO DISCO,CHE PIACCIA O NO,HA FATTO STORIA ED IO AGGIUNGO CHE LO AMO ANCORA.DISSE A SUO TEMPO UN CRITICO MUSICALE CHE ESSO RAPPRESENTAVA LA GIOIA DI VIVERE E LO INSERI NEL SUO LIBRO DOVE ELENCAVA I SUOI 150 PIU BEI DISCHI DI ROCK! CIAO UGO
QUANTOMENO FARNE UNA SCHEDA CHE TRATTI DEL FENOMENO DELLA DISCO DI CUI OLTRE AI BEE GEES AMO CITARE I MAGNIFICI CHIC A MIO AVVISO UN GRANDE GRUPPO! UGO

JJ ha detto...

non mi sembra il caso.

MarioCX ha detto...

Parlare di un classico immenso come il Pepper è sempre impresa piuttosto insidiosa.
Sicuramente è un disco magnifico con una vetta assoluta che è "A Day In The Life" che resta una delle massime espressioni della musica rock, della musica del dopoguerra, della musica in formato vinilico, della musica tutta...fate un po' voi.
Ingabbiare l'arte in definizioni lessicali spesso lascia il tempo che trova.
Però.

Io preferisco di parecchie Yarde l'Album Bianco che è il mio disco preferito anche in assoluto.
Probabilmente.

Eclettico il Pepper, ma non sempre a fuoco in quanto a livello ispirativo e a qualità musicale, basti pensare a "Within you, without you", francamente una pizza, oppure a "Good morning, good morning", brano piuttosto insulso che al confronto "Hallo goodbye" sembra scritta da Mozart.

Meglio il Bianco quindi che coniuga eclettismo stilistico con un vago insieme concettuale più evidente che nel Pepper.
Ritengo sia il Bianco e non il Pepper il disco dei Beatles disco più significativo per il prog che verrà.
E' doppio, contiene cose sperimentali, divertissment anni '30, r'n'r, metal, valzer, testi favolistici, atmosfere che vanno dal minimale all'holliwoodyano ed è il vertice creativo della migliore band di tutti i tempi.

Come si suol dire: scusate se è poco.

UGO ha detto...

CIAO MARIO SON PIENAMENTE D0ACCORDO CON TE UGO

MarioCX ha detto...

Anche "Ogden's Nut Gone Flake" degli Small Faces ha in se molto prodromi prog...

Yossarian ha detto...

Se n'è andato anche George Martin...
R.I.P.

https://twitter.com/ringostarrmusic/status/707420462620381184

ugo ha detto...

si vabbè ma aveva pure 90 anni ci arrivassimo tutti a quell'età?!

Anonimo ha detto...

Grandissimo disco dei Beatles, per me il loro capolavoro !

Eccellenti anche i precedenti lavori Rubber Soul e Revolver

Ho trovato invece sempre un po' sopravvalutati i dischi successivi, tra cui il White Album e Abbey Road

Michele D'Alvano

Gigi ha detto...

I Beatles nel 66 cambiarono...e certo! Forse per via della morte di Sir Paul Mc Cartney sostituito da William Campbell detto anche Billy Shears!
Tutte le star hanno un sosia, anche Lennon fu sostituito.