Circus 2000: Circus 2000 (1970)
INTERVIENE NEI COMMENTS: GIANNI BIANCO
(bassista dei Circus 2000)
I torinesi Circus 2000 si formano verso la fine degli anni ‘60 per opera di Marcello Quartarone detto “Spooky", (chitarra, voce), Gianni Bianco (basso) e il batterista Roberto “Johnny” Betti.
Al primo nucleo si unisce poi la ventenne cantante/percussionista Silvana Aliotta che, considerando l’età, aveva già un’invidiabile esperienza sia nel mondo musicale che in quello discografico.
Silvana infatti, non solo cominciò ad esibirsi dal vivo come imitatrice a 9 anni, ma partecipò ancora a numerosi concorsi canori e neppure maggiorenne, già firmava nel 1965 il suo primo contratto discografico con la Odeon a seguito di una brillante esibizione al Festival di Castrocaro.
Seguiranno partecipazioni alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia, a “Un disco per l’estate”, una tournée in Grecia e la bellezza di sette quarantacinque giri tra il ’66 e il ’69 di cui alcuni stampati sotto lo pseudonimo di Silvia Grissi.
Assestatisi dunque a quartetto, i neonati “Circus 2000” iniziano a farsi le ossa suonando prevalentemente standards jazz allo “Swing Club” di Torino, dove verranno in breve notati dalla discografica Ri-FI che li porterà in sala d’incisione.
Qui, il gruppo acquisirà uno stile più maturo e personale dando nel contempo vita ai dieci brani del loro primo album omonimo del 1970, considerato a tutti gli effetti uno degli apripista del Pop Italiano.
Ad essere onesti, il sound del quartetto torinese non era proriamente originale, debitore com’era alla West Coast californiana e in particolar modo ai Jefferson Airplane. Tuttavia, occorre anche ammettere che sino a quel periodo, ben pochi artisti erano riusciti a produrre qualcosa che si distaccasse dalla classica melodia italiana superando allo stesso tempo i vecchi stilemi del Beat.Ci avevano provato con notevole convinzione Le Stelle di Mario Schifano nel 1967, Le Orme di Ad Gloriam e gli Infermieri di Fabio Celi due anni dopo e finalmente, sotto la spinta dei primi movimenti alternativi, la situazione iniziò a sbloccarsi nel 1970 quando Balletto di Bronzo, Gleemen, Formula Tre e soprattutto i Trip diedero alla luce lavori ben più innovativi.
E per inciso, non si dimentichi neppure il coraggioso singolo degli Alluminogeni: "L'alba di Bremit".
In ogni caso, nel 1970 il Prog Italiano vero e proprio era ancora in fasce e, pur con tutta la buona volontà, anche i primi raduni sul modello di Woodstock (es: Caracalla 10/10/1970) erano ancora limitati da fattori regionali e assestati per lo più su uno spirito "post-Acquariano".
I Circus 2000 comunque, a costo di prendrere pesantemente a modello stilemi già collaudati altrove, si ritagliarono in ogni caso una loro dimensione che non passò inosservata.
Il disco ebbe un certo riscontro e già a partire dal suo anno di pubblicazione fu seguito da un primo singolo in cui comparivano due pezzi dal 33 giri, ma questa volta in lingua italiana (“Io la strega” e “Pioggia sottile”).
Tra l’altro, si noti che l’album fu innovativo anche per la sua cover-art (un ritratto stilizzato del gruppo a colori fluorescenti su fondo vellutato nero) che non solo anticipava a suo modo le follie grafiche della decade successiva, ma che si sarebbe valorizzata nel tempo diventando la croce e la delizia di molti collezionisti i quali sarebbero oggi disposti a sborsare almeno 600 euro per una copia mint.
in ogni caso, dal 1971 la band iniziò la sua carriera vera e propria affascinando il pubblico del Viareggio Pop 1971 (dove si presentarono alloggiando in una storica tenda rossa di dimensioni familiari), piazzando in RAI il brano “Regalami un sabato sera” scelto come sigla finale della popolare trasmissione “Teatro 10” e pubblicando un’ulteriore 45 giri in inglese tratto dal primo LP (“I can’t believe”/”I am the witch”).Tornando al lavoro d’esordio, dicevamo che “Circus 2000” si presentò più come un disco americano che non come un prodotto nostrano.
In copertina, la Ri-Fi non aveva menzionato nè i nomi dei componenti, nè tantomeno fornito informazioni aggiuntive e non furono in pochi a credere che i ragazzi fossero davvero californiani.
Tra questi lo scrittore Vernon Johnson che nel suo libro “The Flashback” del 1988 li annovererà addirittura tra i gruppi psichedelici americani.
Il groove dei brani era nel complesso riflessivo, inquieto e sicuramente, non riferibile a nulla di già sentito in Italia: la chitarra a tratti Hendrixiana, il basso cavernoso e una voce talmente giovane e prorompente da ricordare a tratti quella sincopata e saltellante di Mina (“Try to live”).
In un’atmosfera sostanzialmente coerente e ben amalgamata, si incontrano poi trame bucoliche quasi irlandesi in "Sun will shine", diverse cose “freak”, qualche citazione ai Beatles ("Try all day"), fino a che il solco d'uscita non pone fine a questo breve album a mezza via tra gli It's a beautiful day, i Jefferson e i Grateful Dead.
Non certamente memorabile da punto di vista dell’originalità, ma sicuramente interessante per coraggio e novità, “Circus 2000” si pone dunque tra gli apertori di un genere che in capo a due anni sarebbe esploso in tutta la sua coerenza: regalandoci certamente altri cloni, ma anche alcuni tra i momenti più alti della musica italiana contemporanea.
CIRCUS 2000 - Discografia 1970 - 1972:
1970: CIRCUS 2000
1972: AN ESCAPE FROM A BOX
LEGGI L'INTERVISTA ESCLUSIVA A GIANNI BIANCO, BASSISTA DEI Circus 2000