Verso la fine del 1973, la casa discografica Island Records con sede nel cuore di Londra, era un vulcano in eruzione. In ottobre aveva pubblicato INSIDE OUT di John Martyn, a tutti gli effetti il suo disco più raffinato, BURNIN’ di Bob Marley, la cui Get Up Stand Up, fu insignita del disco d’argento e, poco dopo, l’eccellente STRANDED dei Roxy Music che raggiunse il primo posto delle classifiche inglesi.
E nei primi mesi del 1974, fu la volta di Seven Deadly Films, il primo singolo di Brian Eno. Ancora un po’ acerbo invero, ma comunque sia, l'esordio di colui che ancora oggi viene considerato uno dei massimi innovatori del rock.
Una serie di soddisfazioni notevoli quindi, per la label dell’allora trentaseienne Chris Blackwell, che non solo gli valsero una valanga di encomi, ma lo spinsero a cercare ulteriori talenti.
Cosa che fece, e tra coloro che approdarono alla sua corte, (The Sparks, Bryn Haworth, Ronnie Lane e il mitico jazzista Georgie Fame), ci fu anche il nostro Franco Battiato, all’epoca fresco di Sulle Corde Di Aries. In Inghilterra un perfetto sconosciuto, ma che con le sue sperimentazioni aveva conquistato il cuore del boss di Notting Hill.
E anche se il collega Giordano Casiraghi, sostenne che Battiato avesse già tenuto un concerto in terra d’oltremanica, precisamente a il Coventry il 13 settembre 1973, pubblicizzato, come “… an artist from Europe (Italy). Featuring vanguard Music Moog Synthesizer", si trattò sicuramente un evento sporadico.
Invece, il buon Chris Blackwell, che aveva già ascoltato tutta la sua produzione, ed era rimasto affascinato particolarmente da FETUS, aveva per lui dei piani molto circostanziati e a lungo termine: un disco subito, e una prima tournee di sedici date ad altissimo livello tecnologico, e a fianco di tre monoliti dell’avanguardia cosmica: Magma, Ash Ra Tempel e Stomu Yamash’ta.
Un tour straordinario in cui il nostro avrebbe utilizzato “nove casse ad alta fedeltà comandate da una sofisticata centralina elettronica” (tipo l’azimut dei Pink Floyd), e avrebbe esplorato nuove e fantastiche sensazioni. Prima mossa quindi, e siamo all’inizio del 1974: registrare la versione inglese di FETUS (cosa che avvenne presso gli Island Studios di Basing Street.), pubblicarla, e infine promuoverla non appena Franco avesse terminato le registrazioni del suo nuovo album CLIC.
Un planning perfetto quindi, peccato che andò tutto a scatafascio.
Perché, se le basi di FOETUS (questo il titolo della versione inglese) non diedero problemi, trattandosì perlopiù di quelle italiane leggermente rimaneggiate, la voce e i testi presentarono delle criticità macroscopiche.
Una pronuncia aberrante innanzitutto, e dei testi tradotti talmente alla lettera che neppure con tutta la buona volontà sarebbe stato possibile definire accettabili.
E questo perché, se da un lato la rigidità della traduzione aveva prodotto un inglese irreale, in fase di trasposizione si perse anche tutta quella raffinata fluidità fonetica che connotava invece i testi italiani.
Così, la splendida intro di Energia, “Ho avuto molte donne in vita mia / e in ogni camera ho lasciato qualche mia energia”, diventava un’orrenda e impronunciabile
“I bought a lot of women in my life / On all the beds I left a lot of sweat”,
mentre il cuore concettuale del brano
“Se un figlio si accorgesse che per caso /
è nato fra migliaia di occasioni /
capirebbe tutti i sogni che la vita dà / con gioia ne vivrebbe tutte quante le illusioni.”
venne massacrato in
“If a child undesrstood that by chance /
it is born a chance in a million /
he would understand all the dreams that life offers /
he would live each illusion full of life, full of confusion”.
Non oso neppure immaginare cosa pensò Chris Blackwell quando ascoltò quei provini da lui tanto agognati, ma di certo gli bastò per mettere una pietra sopra il progetto FOETUS, e non volerne parlare mai più.
Per sostituirlo si inventò una versione ibrida di CLIC che vide la luce verso fine anno, e il 13 febbraio 1975, Battiato partì finalmente per il sospirato tour inglese. Anzi, il “disastroso” tour inglese, come lo definì lui stesso.
Pubblico ubriaco che lo scambiava per un tecnico di sala, gradimento a fasi alterne, e peggio che mai, un grave incidente d’auto che, dopo il concerto del 23 febbraio alla Roundhouse di Londra, lo costrinse a rimpatriare anzitempo.
Saltarono così tutte le undici date con Stomu Yamash’ta, l’Inghilterra rimase un brutto ricordo, la sua lingua anche, e a giudicare dalla versione inglese della hit Up Patriots To Arms (circa 1980) non mi sembra che Franco abbia fatto molto per migliorarsi.
O forse, non gli interessava neanche...